Anime & Manga > Opere Go Nagai
Ricorda la storia  |      
Autore: Cladzky    03/12/2022    2 recensioni
Sayaka è tornata, tornata da un'esperienza drammatica che non riuscirà mai a passare del tutto. Tutto quello che può fare è riprendere la vita come l'aveva lasciata, riprendere la guida Aphrodite A.
Ho ritrovato una vecchia storia che scrissi di getto nel lontano Novembre del 2015, ispirata al personaggio di Sayaka Yumi, verso la quale ricordo di aver provato immensa pena come personaggio maltrattato dall'autore. Mi sembrava brutto buttarlo perché non era male per il me di tredici anni.
Questo era solo il primo capitolo di una storia che forse ho fatto bene a non raccontare.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Sayaka non perse tempo e corse ai comandi di Aphrodite A. Una volta entrata nell’abitacolo e accomodatasi sul sedile portò meccanicamente la mano alla chiave d’avviamento, premurosamente già inserita nel meccanismo. Un paio di forti giri, simili a strattoni e un potente ronzio invase l’aria.

Si risparmiò di assicurarsi che i parametri fossero nei valori corretti e di controllare la quantità d’olio nel serbatoio.

Voleva solo correre con Aphrodite.

Accese i fanali del robot, che altri non erano se non gli stessi occhi inespressivi della gigantesca figura femminile. Afferrò il  piccolo telecomando dal cruscotto sotto i comandi e premette l’unico pulsante presente che offriva, puntandolo contro il grosso portellone dell’hangar.

Ricevuto il segnale quest’ultimo si aprì a ventaglio, ripiegandosi su sé stesso verso un piedritto, liberando dopo pochi secondi l’apertura verso l’esterno.

Non esitò un istante e con quel fuoco di libertà dentro, spinse il robot in una corsa verso l’esterno, trasportata da un infantile, ma immortale voglia di nostalgia. 

Aveva nostalgia delle corse all’aria aperta, di ridere e scherzare, di rincontrare i familiari e amici, ma più di tutto voleva tornare a pilotare Aphrodite A. Si era interrogata poco prima se fosse un peccato mettere Aphrodite prima di chiunque, ma come spesso accade, quel veloce pensiero finì coll’essere dimenticato.

Con un sorriso stampato sul volto si accingeva a manovrare Aphrodite, con qualche piccola difficoltà ed incertezza, soprattutto nel mantenere l’equilibrio del robot. Sterzò all’ultimo istante verso destra in modo brusco, quasi da farla volare fuori dall’abitacolo, per evitare il gigantesco bacino idrico dell’Istituto.

Appena fu abbastanza distante tirò un sospiro di sollievo. Quel mese terribile l’aveva arrugginita coi comandi, ma adesso poteva di nuovo tornare a correre insieme alla sua Aphrodite in quello splendido paesaggio.

Era notte fonda, circa le undici e una candida luna rotonda si alzava in un cielo incoronato da innumerevoli stelle. Per un attimo provò a riconoscere le costellazioni, ma si arrese dopo aver rintracciato l’Orsa Maggiore, la Minore e la cintura d’Orione. In quel delicato cielo nero vi erano troppi astri, come non ne aveva mai visti, alcuni gli parevano addirittura nuovi.

Roteò la testa del robot verso il monte Fuji e, azionati i giusti comandi, scattò in quella direzione, trovando difficoltà a non cadere dal sedile per tutti quei rimbalzi causati da ogni passo di Aphrodite A.

Frenò bruscamente appena sul limitare dove iniziava la foresta di pini che circondava l’Istituto dell’Energia Fotoatomica, pestando una piccola macchia di arbusti col piede del robot.

Scrutò attentamente il paesaggio intorno a lei, aiutandosi con i potenti fari di Aphrodite e individuò ben presto la strada sterrata, imboccandola subito.

A circa pochi chilometri dal monte Fuji, notando il faro di una bicicletta, si strinse sul ciglio della strada, lasciando libero il passaggio. Curiosamente il ciclista si fermò davanti a lei e cominciò a gridare frasi di saluto ovattate dalle pareti dell’abitacolo.

Sayaka abbassò il viso di Aphrodite, centrando l’individuo con i fari del robot. Lo riconobbe immediatamente per la sua indistinguibile maglietta verde. Era Shiro, il fratellino di Ryo Kabuto.

Era l’unico che non era presente al suo ritorno questa sera all’aeroporto. Sayaka, felice di averlo incontrato aprì il vetro dell’abitacolo e attenta a non cader giù per venti metri, si sporse a ricambiare il saluto.

Shiro era insolitamente gioioso per essere in piedi a pedalare a tarda ora, ma bisognava capirlo. Lei era appena tornata in Giappone, dalla sua famiglia e dai suoi amici, dopo un mese senza sue notizie. Poteva facilmente immaginarsi quanto tutti, in particolare suo padre, il dottor Yumi, fossero stati pena per lei, domandandosi che le fosse successo.

-Sayaka! – Gridava allegro il ragazzino dal basso per farsi sentire –Sei tornata finalmente. Cosa ti è successo?

-Nulla di cui abbia voglia di parlare ora – Esclamò la ragazza cambiando discorso –Ci vediamo domani Shiro.

Muovendosi in direzione del monte Fuji, Aphrodite A fu presto fuori dalla vista di Shiro, che intanto si arrovellava contrariato e amareggiato.

-E io ho fatto una corsa fino a qui solo per sentirmi dire “Ci vediamo”?

***

Sayaka intanto aveva raggiunto i piedi del gigantesco vulcano. Dopo essersi data un’occhiata intorno, ammirando la pianura circostante, buia e silenziosa, aveva cominciato a salire la montagna.

Gli parve, durante la scalata, di sentire il suono di un secondo robot tallonarla, ma era tale il baccano delle sue stesse giunture che se ne dimenticò in fretta, ignorando quella sensazione.

Giunta ad un altezza considerevole, sollevò diritta in piedi Aphrodite A, per gustarsi la vista che offriva quell’altitudine. Da lì si poteva scorgere qualunque cosa nel raggio di miglia, anche la città di Tokyo, illuminata da migliaia di luci anche nella notte più buia come un faro.

Ma non era certo la Terra adesso ad interessarla, le interessava la vita. Dopo un mese di continui tormenti poteva finalmente tornare a vivere come un essere umano esigeva. Era tutto finito, era sfuggita all’Inferno ed ora ogni cosa, anche il giorno più triste le sembrava il Paradiso.

Stremata per il lungo viaggio dalla Grecia al Giappone si sdraiò sul sedile imbottito, accavallando le gambe e poté finalmente riposare. Non era nei suoi intenti, ma era così stanca che finì presto con l’addormentarsi.

Stava sognando, era un sogno lucido e meraviglioso. Puntava il dito verso il cielo sgombro di nubi e là dove indicava spuntava una scia di luce e stelle. Era felice come una bambina, la bambina che aveva sempre avuto dentro di sé e che cercava spesso di nascondere. Ma ora non aveva nessuna preoccupazione, era salva, era scappata ai supplizi e poteva tornare a sorridere, come una bambina.

Nulla avrebbe potuto più turbare la sua gioia. Si sentiva forte, di spirito e di corpo. Gliela avrebbe fatta pagare a quei maledetti, gli avrebbe fatto pentire di aver osato torturarla in un modo tanto disumano. Ma che ne potevano sapere quei mostri di umanità?

Ed ecco che come invocati, nel cielo gli apparvero, sogghignanti e dall’aspetto spaventoso i volti di quei tre boia. La guardavano e ridevano in un modo terrificante e insopportabile, non riuscendo a staccargli gli occhi di dosso.

Non poteva reggere quegli sguardi. Erano pieni di un odio e sadismo mostruoso, come mai ne aveva visto in un essere umano. Ma la cosa peggiore era che non la smettevano più di ridere, anzi aumentavano l’intensità della risata, fin quasi che sembrava un grido soffocato.

Gli tornavano alla mente gli scenari raccapriccianti che aveva visto e vissuto, le torture, i soprusi, i pestaggi che aveva subito da quei tre maledetti. Che fossero dannati, quelle tre carogne!

Maledetta vipera di un Dottor Inferno! Maledetti ancor di più le serpi che ti sei allevato in seno, il barone Ashura e il Conte Blocken, viventi ai limiti, se non oltre del diabolico.

Maledetti voi tutti, dannati!

-Sayaka!

Si risvegliò all’improvviso balzando sul sedile e guardandosi attorno spaesata. Chi la chiamava?

-Sayaka! – La richiamò la voce di Ryo dalla radio di bordo –Cosa ci fai qui a quest’ora?

Sayaka si guardò febbrilmente attorno alla ricerca del suo amico. Roteò la testa di Aphrodite A di centoottanta gradi e il suo abitacolo si ritrovò davanti a quello di Ryo, incastrato nella testa del possente Mazinga Z.

Sayaka si adoperò in modo frettoloso per rigirare l’intero corpo di Aphrodite verso Mazinga, in modo di ritrovarsi faccia a faccia con il suo amico. Era ancora un po’ intontita dal breve sonno e troppo tardi si rese conto con un sussulto che uno dei piedi del robot non aveva l’appoggio del terreno, che si era sbriciolato sotto il suo peso.

Con il cuore in gola, Sayaka pietrificata per la paura vide Aphrodite cadere all’indietro, rischiando di rotolare giù per un versante della montagna, mentre le mani si stringevano vanamente sulla cloche per forzare l’apparato a riacquistare l’equilibrio.

Si sentì l’aria togliere dai polmoni e terrorizzata, il suo sguardo passava dai comandi al vetro, con una velocità tale che presto non riuscì a vedere altro che colori danzanti davanti agli occhi.

Tutto l’abitacolo vibrò violentemente e Aphrodite smise di precipitare. Sayaka trasalì, inghiottendo un groppo di saliva, domandandosi se fosse già arrivata a valle e quali fossero le condizioni del robot. Suo padre non glielo avrebbe perdonato se fosse rientrata da un’uscita non autorizzata e per giunta con Aphrodite danneggiata.

Chiuse gli occhi e si morse il labbro, pregando che fosse tutto a posto e che Aphrodite A fosse intatta. Se non c’erano segni evidenti poteva tornare all’Istituto di Ricerche senza proferir parola di quello che era successo.

Quando riaprì finalmente gli occhi ringraziò riconoscente il cielo. Mazinga Z, aveva afferrato la mano di Aphrodite, impedendogli di finire giù per la montagna.

Subito Sayaka rimise in piedi la sua Aphrodite A, tenendosi ben lontana dal ripido versante. Afferrò la ricetrasmittente della cabina e ringraziò Ryo con allegria.

-Sayaka – La richiamò lui seccato –Cosa ci fai sul monte Fuji?

Lei sussultò. Non si aspettava quel tono e non capendo come potesse essere diventato così aspro all’improvviso, reagì indispettita.

-A fare una passeggiata, no? – Rispose come se fosse una cosa ovvia, aggrottando la fronte.

-E dovevi farla con Aphrodite A? – Controbatté.

Sayaka si rese conto che Ryo non aveva tutti i torti, inoltre la sua non era neanche un’uscita autorizzata e poteva avere delle conseguenze gravi.

-Dopo tutto questo tempo non ho il diritto di riabbracciarla?

Seguì un interminabile silenzio, un silenzio assordante che avvolgeva loro due e il paesaggio circostante. I grilli avevano smesso di cantare e il vento di soffiare. Una terribile sensazione aleggiava nell’aria, mentre Sayaka era ancora in attesa di una risposta.

-Scusa…- Esordì Ryo con una delicatezza sorprendente –Devo lasciarti sfogare. In fondo hai passato un mese d’Inferno in mano loro. Io torno alla base, ti lascio sola, d’accordo?

Sayaka non si aspettava una reazione tale da un maleducato come Ryo Kabuto. Era una comprensione e pazienza che quasi mai dimostrava, che solo la più commovente delle storie poteva schiudere.

Si ammutolì, indecisa. Non sapeva cosa rispondere e disse la prima cosa che gli viaggiava per la testa.

-D’accordo. Io resto qui un altro po’.

Ottenuta conferma, Mazinga Z ritornò sui propri passi, percorrendo la strada del ritorno, sparendo dietro una parete di roccia.

Sayaka rimase immobile. Dopo una lunga riflessione roteò la testa di Aphrodite A di nuovo verso il cielo notturno.

La sua epopea come prigioniera del Dottor Inferno aveva commosso mezzo Giappone, movimentato la stampa. Per un bel po’ sarebbe stata al centro della cronaca, dell’attenzione generale pubblica.

Era così imbarazzante!

Lei non voleva la compassione di nessuno. Non sopportava che si provasse pena nei suoi confronti, voleva solo che tutto tornasse come un tempo.

Ora era di nuovo libera e sperava di riprendere le redini della sua vita. Lei era l’irriducibile ed ostinata Sayaka Yumi e non avrebbe permesso che il suo breve sequestro potesse cambiare la sua immagine, renderla una debole.

Quelle torture la avevano solo rinforzata. Quegli interrogatori avevano solo aumentato la sua autostima.

Non ne era uscita affatto turbata, o almeno di certo non quanto tutti pensavano. Li aveva sopportati, subiti e conclusi, senza mai cedere. Lei non voleva diventare una martire, una che era uscita scioccata da Auschwitz. 

Lei era Sayaka Yumi, pilota di Aphrodite A, coraggiosa e testarda. Ciò che aveva subito per mano del diabolico Barone Ashura non l’aveva neanche scalfita.

Si sentiva invincibile. Lei era invincibile.


   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Opere Go Nagai / Vai alla pagina dell'autore: Cladzky