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Autore: Enchalott    03/12/2022    3 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a tutti! :)
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Dopo una guerra ventennale, i Salki vengono sottomessi dalla stirpe demoniaca dei Khai. Negli accordi di pace figura una clausola non trattabile: la primogenita del re sconfitto dovrà sposare uno dei principi vincitori. La prescelta è tanto terrorizzata da implorare la morte, ma la sorella minore non ne accetta l'ingiusto destino. Pertanto propone un patto insolito a Rhenn, erede al trono del regno nemico, lanciandosi in un azzardo del quale si pentirà troppo tardi.
"Nessuno stava pensando alle persone. Yozora non sapeva nulla di diplomazia o di trattative militari, le immaginava alla stregua di righe colorate e numeri su una pergamena. Era invece sicura che nessuna firma avrebbe arginato i sentimenti e le speranze di chi veniva coinvolto. Ignorarli o frustrarli non avrebbe garantito alcun equilibrio. Yozora voleva bene a sua sorella e non avrebbe consentito a nessuno di farla soffrire."
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Tradire se stessi
 
«Tradimento?»
Yozora si voltò, sfidando il sibilo impetuoso dell’aria per saggiare la serietà dell’interlocutore, ma lo sguardo di Rhenn era indecifrabile.
Altro che giocatore d’azzardo, accidenti a lui!
«Vi ho turbata?»
«Non più del consueto.»
Il principe fece balenare le zanne in una risata aperta.
«Scommetto cento manth che state pensando a qualcosa di immorale.»
«Beato voi che possedete immaginazione e denaro.»
«Un magnifico scantonare, il vostro. Rassicuratevi, non vi obbligheremo a scaldare il letto di un altro.»
«Pare vi dispiaccia!»
«Mh, in effetti mi sarei candidato volentieri.»
«Che spudorato! La mia kalhar non lo merita neppure per ipotesi!»
«Sempre per ipotesi, non ho compreso quale tipo d’uomo incontra i vostri gusti. Un valoroso ufficiale salki che illanguidisce quando v’incontra o un intellettuale di Seera, in grado di affascinarvi con la sua eloquenza?»
«Siete lontano dalla verità.»
«Non raccontatemi che prediligete i guerrieri khai.»
«Mahati corrisponde alla perfezione all’uomo che voglio.»
Rhenn alzò gli occhi al cielo per mascherare l’irritazione e la scacciò con un diabolico guizzo mentale.
«Davvero?» domandò candido.
«Lo ribadirei con il tylid indosso.»
«Ah, colpo basso da parte vostra!» i bracciali al polso destro del principe luccicarono come chiamati in causa «Certo non mi rendete semplice il lavoro.»
«La cosa vi riguarda?»
«Eccome. Oltre a voi, mi occuperò di mio fratello. La quarta asheat misura la fedeltà, il tradimento non va commesso. Verrete entrambi sottoposti a robuste tentazioni, resistere non sarà semplice.»
In opposizione alle occorrenze precedenti, Yozora si sentì sicura di sé.
Non mancherò di rispetto a Mahati! Nessuno mi sedurrà!
«Voi come entrate in scena?»
«Sceglierò personalmente l’uomo e la donna che mineranno la vostra dedizione.»
«Perché tocca al primogenito del re?»
«Come sommo celebrante di Belker presiederò la cerimonia. La mia parola a favore o contro il matrimonio è discriminante.»
L’aspettativa di Yozora vacillò.
«Avete già ricoperto lo sgradevole ruolo di arbitro?»
«Un paio di volte, gli sposi erano influenti membri del sangue. Non mi scomodo per chi è di basso rango. Però vi assicuro che non è spiacevole per chi, come me, si diletta nell’indagare le sfaccettature dell’animo umano.»
La principessa avvertì gonfiare la preoccupazione: aveva piena fiducia in Mahati, ma con Rhenn di mezzo le variabili si centuplicavano.
«Domande?» fece lui divertito.
«Avete mai espresso un veto?»
«No.»
«Allora per i Khai non è così arduo mantenersi irreprensibili.»
«Al contrario, le persone di cui parlo non hanno passato la prova.»
«E li avete sposati comunque?»
«Non guardatemi come se fossi un mostro, le alleanze tra clan comportano qualche sacrificio. Nessuno dei due avrebbe digerito sapere che l’altro si era trastullato prima dell’unione ufficiale. In fondo si piacevano, erano fatti della stessa pasta e hanno messo al mondo eredi invidiabili.»
«Avete la vanagloria di un autoproclamato filantropo!»
«Adesso non esageriamo.»
L’espressione impunita di Rhenn raccontava a chiare lettere quanto si fosse svagato alle spalle degli interessati e quanto fosse abile a comprendere i reconditi desideri altrui. Non era da scartare l’idea che fosse stato lui a finire tra le coltri con le donne in questione.
«A voi com’è andata?» lo pizzicò «Siete rimasto vestito per più di dieci secondi?»
«Ah, così mi offendete!»
«Usuale che non rispondiate.»
«Adoro quando mettete il broncio. La vostra curiosità poi è come spezie sulla carne! La verità è che so resistere quando devo, non sono stato infedele a Rasalaje perché non sono un idiota. Non valeva la pena compromettere uno yakuwa quando prima, dopo e addirittura durante il matrimonio avrei potuto portarmi a letto qualunque femmina di mio gradimento.»
«Il solito arrogante!»
«Niente affatto, non ho mai ricevuto rifiuti e sono conscio del mio fascino.»
«È la squallida ammissione del vostro infrangere la promessa coniugale?»
«No, ma siete libera di pensare male.»
Yozora meditò in silenzio. Mahati era parimenti attraente e non gli mancavano le occasioni, però si collocava all’opposto del fratello. Forse non era del tutto conscio delle proprie attrattive. Certo non se ne serviva a sproposito. Se avesse scelto di concedersi l’ultima avventura lo avrebbe capito, ma sarebbe stata dura accettare la delusione.
Non accadrà. Ha giurato.
Si distrasse restituendo la questione a Rhenn.
«Tocca a voi. Qual è il vostro ideale di donna?»
«Che vi fa pensare che Rasalaje non lo sia?»
«Tutto. E me ne dispiaccio, non la state rendendo felice.»
«Non mi sono mai concentrato sul tema, tanto non avrei scelto» sbuffò lui.
«Ma se parlassimo per assurdo?»
L’Ojikumaar tornò serio: le sopracciglia sottili aggrottate, il viola delle iridi intensificato dalla domanda scomoda, la bocca serrata a scrigno dei ragionamenti. Eppure qualcosa balenò nel suo sguardo e gli piegò le labbra in sorriso.
«Se non foste una shitai infantile, idealista, puritana e petulante, penserei a voi.»
Yozora spalancò gli occhi, indecisa se offendersi o credergli.
«Siete un grandissimo screanzato! Sapete che incontrereste un no e battete in ritirata a priori, assicurandovi una parvenza di ragione!»
«Tipico vostro dare per scontato. Un atteggiamento insidioso, specie a Mardan. Vi avviso da amico, dovreste prestare attenzione a quanto vi circonda. Siete salda nei princìpi, ma talvolta è sufficiente un’incrinatura per far crollare l’intero castello e non avete sufficiente esperienza per saggiarla.»
«Continuate a sperare invano che fallisca la prova!»
«Esiste la possibilità.»
«Applicate a tutti il metro tarato su voi stesso e ciò limita il vostro giudizio.»
«No, ho una visione ampia. Per sindacare, siete più arrogante di me: presumere di non sbagliare è sciocco e vanitoso.»
Yozora fu colta dalla collera. In quel mondo ostile, nel quale faticava a trovare un posto senza sentirsi inadeguata, non aveva altro che coscienza e correttezza. Si sentì sminuita dall’uomo che suo malgrado ammirava.
«Vogliamo scommettere!?» ribatté furente.
Si morse le labbra. Davanti a Rhenn non era un modo di dire: una parte incoercibile lo sapeva e desiderava provocarlo con altrettanta veemenza.
Lui sogghignò. Trascinarla nel suo vicolo era di una facilità estrema, ma in quel momento non ne aveva l’intenzione.
«Sfondate una porta aperta. Qual è la posta?»
«Non… non ne vale la pena!»
«Gettare il sasso e nascondere la mano non vi fa onore. Ho accettato la scommessa, come vostro tutore mi trovo obbligato a ricondurvi alla correttezza che vantate.»
«C’è un conflitto d’interessi!»
«Prego?»
«Siete in una posizione di vantaggio come artefice dell’asheat e celebrante. Volete che io cada in fallo per umiliarmi e prendervi gioco di Mahati. Mandare a monte le nozze è elementare per voi.»
«A che pro?»
«Non lo so! Per divertirvi?»
«Come sottolineato, non sono un imbecille. Se doveste cedere alla passione carnale, lo terrei per me e officerei l’unione. Ne va degli accordi con Entin, trascurando il dettaglio che mio padre mi farebbe decapitare. Siete così poco sicura di voi?»
Lei si sentì in trappola con la frustrazione aggiuntiva di averla creata da sola.
«No. Solo non sono brava a patteggiare.»
«Questo lo dite voi! Siete qui al posto di vostra sorella, per tirarvi fuori la grinta conviene farvi arrabbiare. Come adesso.»
«E va bene! Se uscirò a testa alta dall’ultima prova, voi porterete Rasalaje in groppa a Delzhar! Questo è il patto!»
«Scherzate?» obiettò Rhenn preso in contropiede «Che ne ricavereste?»
«Il sorriso di un’amica. Ne sarei felice.»
Lui scosse la testa, ma la richiesta lo colpì: rallegrarsi per la contentezza altrui era un concetto bizzarro. Non si era mai sentito lieto per una congiuntura positiva occorsa a Mahati - piuttosto il contrario - o a sua moglie. Però comprese per astrazione l’effetto che la gioia avrebbe esercitato su di lui, qualora avesse avuto un’origine ben determinata. Il cuore iniziò a pulsare con intensità e ricondurlo all’ordine diveniva sempre più difficile.
Afferro con lucidità perché Belker sia Belker. Tuttavia non sono un dio, ma un Khai. Lui non segue le regole, le detta. Per me è diverso.
Yozora attendeva impaziente il rilancio. Rhenn era certo di sé, più ancora di non dover pronunciare il proprio reale desiderio. Il veto che si autoimponeva cancellava il buonsenso e le richieste che gli avrebbero portato vantaggio. Un singulto d’orgoglio lo cavò dagli impicci.
Non sono ancora rimbambito!
«Mi aiuterete a scoprire l’identità del comandante degli hanran
«Non sarò vostra complice contro quelle persone!»
«Allora non fallite l’asheat
«Se cedessi alle lusinghe, lo riferireste a Mahati?» mormorò lei assorta.
Lui tacque per un tempo tanto lungo da lasciarle credere che non avesse udito.
«No.»
«Per mettere al sicuro gli accordi di pace?»
«Tsk! Cosa me ne importa! Sareste indaffarata a lottare con la vostra coscienza, non varrebbe la pena aggiungere una manciata di shoo sulla ferita.»
Yozora trasse il fiato. La premura espressa in secondo grado le diede un colpo allo stomaco, trasmettendole un calore inaspettato.
«Neppure io vorrei saperlo, se Mahati preferisse un’altra.»
«Non ne dubitavo.»
«Lo considerate vile?»
«In parte.»
«Non vi seguo.»
Rhenn spostò le redini e il vradak virò, aggirando la torre orientale e preparandosi all’atterraggio. Come al solito la principessa accolse impreparata la manovra e si aggrappò alla sua uniforme scarlatta.
«Se non fossi un Khai e la mia donna si facesse sbattere da un altro, sarebbe preferibile per la salute di tutti non venirne a conoscenza. È uno spregevole tapparsi gli occhi, ma in caso contrario la testa di costui rotolerebbe nella sabbia e non è detto che lei conserverebbe la sua, a discapito dei dilemmi diplomatici. Invece appartengo al sangue daamakha e mi comporto diversamente.»
«Anche voi giustiziate chi lede l’onore del prossimo.»
«Certo. È una questione di dignità, non di gelosia o di infame ahaki
Yozora colse la sfumatura e non aggiunse altro. Lui sorrise.
«Non crucciatevi, l’integrità è punto di partenza e vale per entrambe le stirpi. A quanto ho constatato, voi e mio fratello ne possedete in abbondanza. Inoltre, dopo che vi ha assaggiata, dubito che ordinerebbe una pietanza diversa.»
«Grazie per la metafora nutritiva. Però è a senso unico, anch’io l’ho “assaggiato”.»
Rhenn socchiuse le palpebre e la luce abbagliante del Sole Trigemino rese il suo sguardo imperscrutabile.
 

 
Il sole cremisi del pomeriggio era basso, il cielo sereno preannunciava un drastico calo termico e l’aria gelida pizzicava nonostante il mantello.
Shaeta trascinò la ramazza lungo il sentiero libero dalla neve e prese a spazzare le foglie imputridite, esprimendo a gesti la scarsa allegria del momento.
Aveva inghiottito in esterrefatto silenzio la proposta di Dasmi, che gli aveva chiarito quanto fosse tenuto a reputarla perentoria. Non era riuscito a distogliere i pensieri, quegli occhi di giada gli avevano inciso nel petto un solco che bruciava. L’imminente arrivo di Kayran avrebbe segnato l’unica possibilità di scoprire quanto accaduto a sua madre, ma barattare l’informazione in quel modo lo destabilizzava.
Non voglio e non è giusto.
«Ti hanno di nuovo bastonato, Minkari?»
Valka lo aveva sorpreso con la guardia abbassata, cioè in un contegno non tollerato durante l’addestramento.
«Se così si può dire» bofonchiò, attendendo l’ovvia punizione.
Il demone lo colpì con il fodero della spada. L’urto fu più forte del previsto, ma si mantenne eretto grazie al provvidenziale sostegno della scopa. Si sentì più patetico che mai.
«Scusami, reikan» biascicò.
«Da chi le hai prese stavolta?»
«N-no, era una metafora.»
«Ma piantala» ringhiò l’altro, indicandogli i recinti «Spostiamoci, non vorrei passare per la tua bambinaia.»
Il principe lo seguì a testa bassa, precipitando in un baratro più insidioso del precedente. Desiderava confidarsi, chiedere consiglio su come cavarsi d’impiccio senza inasprire Dasmi né perdere l’appiglio per trovare la madre, ma rivelare la gabola proprio a Valka sarebbe equivalso a corteggiare la morte.
«Allora?» lo incitò questi «Asta, pugni o lama?»
«Parole pesanti.»
«Dèi, che tormento! Non fartele strappare di bocca.»
Shaeta strisciò i piedi sul viottolo fangoso, preda dell’impasse.
«Ti è mai capitato di prendere una decisione sulla pelle di qualcuno?»
«Sono io che faccio le domande! Alludi a quella inutile che ti porti addosso?»
«È… complicato.»
Valka corrugò la fronte e lo spinse contro la paratia di una baracca.
«Si tratta di Dasmi?»
Il tono mutò, venandosi di sincera agitazione. Shaeta si sentì obbligato a rispondere per il rispetto che provava nei suoi riguardi, ma anche perché il bisogno superò la paura. Assentì.
«E di mia madre e di… te.»
«Giuro che la pelle te la strappo dalle ossa, se non ti spieghi!»
Il principe minkari sgranò gli occhi in quelli rubino del guerriero: sarebbe stato iniquo tenerlo all’oscuro e, se ne fosse venuto a conoscenza per bocca dell’amante, sarebbe stato un affronto peggiore.
Almeno a palazzo mi hanno insegnato a essere diplomatico, lei gli sbatterebbe in faccia la verità senza il minimo tatto.
«Dasmi mi ha trascinato nel suo problema con Kayran, dopo che le hai detto di no.»
«Fammi indovinare. Ha promesso di riportarti Amshula in cambio di un fytarei con quel bastardo, forte del fatto che ti infilzerebbe come uno spiedo, liberandola da te. Vuoi che ti alleni a morire con dignità?»
«N-no, veramente…»
«Intendi rifiutare? Sei tra i Khai, non puoi.»
«Lei ha detto…»
«Tsk, non ragiona quando è in collera! Accetterai la sfida, io intercederò presso il Kharnot con una scusa volta a non farla degradare. Avrai le tue informazioni e salveremo la reputazione collettiva.»
«Non ci sarà nessun duello.»
«È quello che ho detto, ragazzino. Non mi hai messo a parte per questo?»
«No, Dasmi vuole liberarsi di Kayran, io sono un danno collaterale. Perciò…»
«Pensa di farlo punire da sua altezza Mahati perché ti ha strapazzato, posticipando o addirittura annullando le asheat. Diamine, non ci avevo pensato.»
«Valka…»
«Spiacente, Minkari, dovrai impugnare la spada e beccarti almeno una ferita. Io arriverò giusto per salvarti il collo e…»
«Mi ha ordinato di andare a letto con lei!»
Il demone lo fissò a bocca aperta. Rimase immobile per un istante, poi lo afferrò per il bavero, scaraventandolo contro il divisorio. Lo sguardo era un oceano di furia, che lo rendeva terrificante come non mai.
«Cosa?» articolò con voce strozzata «Pensi di sbattertela?!»
Lo scrollò, tenendolo sollevato da terra e facendo scricchiolare il tramezzo. Il vradak custodito all’interno emise un verso intimidatorio.
«No! Io non so che fare!»
Valka gli portò l’avambraccio al collo e premette a fondo.
«Significa che non hai eliminato l’opzione e vuoi il mio permesso?»
Shaeta strizzò gli occhi. La visione oscillò e scurì per la mancanza d’ossigeno, le braccia ciondolarono lungo i fianchi. Ragionò febbrile prima di perdere coscienza.
«Non ho bisogno del tuo permesso» rantolò.
«Come!? Per gli dei, giuro che ti spezzo il collo!»
L’assito della recinzione cigolò. Il predatore alato saltò sulla traversa orizzontale, si allungò feroce e calò il becco, sfiorando la spalla del reikan. Poi lo puntò con il rostro socchiuso, preparandosi a un secondo attacco.
«Sadala, no… da bravo, torna dentro.»
La voce del principe, pur fioca, bloccò il volatile. Sporse le dita a rasentarne il collo e il vradak vi strofinò il capo, calmando i bollenti spiriti. Obbedì, ritirandosi nella postazione con un gorgoglio di sfida.
Valka mollò la presa in preda allo stupore.
«Soccorso da un uccello, non tuo per giunta. Non posso crederci.»
Shaeta ansimò, massaggiandosi la base del collo e appoggiandosi al divisorio per non piombare a terra. Gli tremavano le gambe e aveva le fiamme nel petto.
«Non sapevo come dirtelo» ansimò.
«Che ammaestri i volatili?» ironizzò l’altro.
«Ti chiedo perdono.»
«No, sei nella ragione. Non necessiti di permesso per portarti a letto una donna, mi sono lasciato trasportare da una gelosia indegna e la curiosità non è stata da meno. Pessimo per un Khai.»
«Non intendo approfittare di Dasmi.»
«Approfittare? Tu? È lei la mente perversa. Mi dispiace che ti abbia coinvolto, cioè…» si corresse «Che sia scesa tanto in basso.»
«Un demone non domanda venia.»
«Già e non prova rammarico. Oggi non è giornata.»
Il ragazzo riguadagnò il colore e il sorriso. Comprendeva il suo mentore e sentiva il suo dolore, lo scorgeva nel volto cupo e nelle membra tese. La prospettiva del matrimonio lo stava distruggendo, ma non l’avrebbe mai ammesso.
«È l’indignazione di un uomo onesto, reikan
«Ottima definizione, ma non risolve il problema. La domanda è una: quanto ci tieni a tua madre? La risposta suggerirà la soluzione.»
«Più della vita che mi ha dato. Però tengo anche a te.»
«A me? Tsk, se temi di farmi uno sgarbo, sei fuori strada. A prescindere dalla sbandata, non m’interessa chi si infila nel letto di Dasmi. Cerchi consiglio da chi ha più esperienza?»
«No!»
«Guarda che è compreso nei doveri di tutore. Non sei un bambino, hai l’età in cui un giovane uomo affronta le prime esperienze carnali. Tu a che punto sei?»
«Non è per inesperienza! Non è corretto da qualunque punto lo si osservi!»
«Non hai un punto di vista, a quanto sento. Non sei un Khai, ma i desideri fisici e le curiosità valgono per tutti gli adolescenti. Se siete entrambi d’accordo non hai ragione di reputarti irrispettoso.»
«Sono io quello contrario!»
«E perché mai? Guadagneresti la salvezza di Amshula oltre a divertirti parecchio. Lascia perdere le romanticherie minkari, qui non funziona così.»
«Io funziono così. Non è un gioco.»
«La serietà ti fa onore. Tuttavia non puoi saperlo se non provi.»
«Possiamo cambiare discorso?»
«Certo, ma non ne usciresti. Dubito di dissuadere quella testa dura, abbiamo litigato in modo pesante. Farebbe il contrario solo per dispetto e ti danneggerei.»
«Taygeta sa qualcosa, potresti avvicinarla.»
«Non mi farebbe neanche parlare, se poi subodorasse il motivo della domanda, mi strapperebbe i gradi. Dammi retta, accontenta Dasmi. Se Kayran pretendesse soddisfazione, interverrei con l’autorità del compito assegnatomi dal Šarkumaar
Shaeta scosse il capo. La sciarada era in realtà un triangolo equilatero: per come lo si voltasse, non avrebbe mutato aspetto e il vertice sarebbe rimasto esposto, ferendo qualcuno.
Valka serrò le braccia al petto: quel ragazzino gli piaceva. Aveva molta strada da percorrere e l’atteggiamento dimesso lo rendeva immaturo, fragile rispetto ai Khai, ma sapeva come rispondere, come comportarsi e serbava l’innata rettitudine.
«Dimentica il suo caratteraccio e sii sincero. Lei non ti piace neanche un po’?»
Il principe minkari esitò solo un istante.
«No.»
   
 
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