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Autore: Picci_picci    04/12/2022    2 recensioni
Non avrei saputo dire perché scelsi di tornare in quella scuola. Ero stata ferita, tradita, rapita, stregata e persino uccisa, ma suppongo che ci sia qualcosa di estremamente poetico in tutto questo.
Alla fine, volevo solo giustizia, e ora che Tyler è rientrato in possesso di tutte le sue facoltà mentali e decisionali, l'avrò.
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O Mercoledì che decide di tornare alla NeverMore, dopo le vacanze estive, visto che adesso Tyler ha sotto controllo l'Hyde. Dovevo dargli una fine e un confronto. Ed è nato ciò.
Mercoldì/Tyler
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non ho mai pensato che la vendetta fosse triste.
Ad essere sinceri, mi è sempre piaciuta. Il piano, la preparazione, l’intenso odore di paura della vittima. Quell’attimo di pace che si prova dopo aver vinto, dopo avergliela fatta pagare.
Pensavo che non sarebbe mai potuto cambiare.
Ma d’altronde non pensavo nemmeno di poter mettere piede a NeverMore. Invece, è iniziato tutto in quella maledetta scuola.
Strappo il foglio appena uscito dalla macchina da scrivere, i pezzi che cadono a terra come il terriccio dopo una bella esplosione. Tanto, li raccatterà mano o Lurch; ci sarà qualcosa di buono nell’essere tornata a casa. Lontana da quella scuola e da quel branco di adolescenti. Lontana da Enid. Lontana da Tyler.
Tyler. Un serial killer psicopatico.
Il suono di un campanello risuona nella casa e mi preparo mentalmente per la mia dose di socialità giornaliera.
«È pronta la cena!»
Scendo con calma le scale, come un prigioniero va al patibolo. Probabilmente sarei più contenta in quel caso.
Pugsley corre verso il tavolo, prendendo posto vicino a padre, mentre a me spetta quello vicino a madre. Che gioia.
«Che ha la mia nuvola temporalesca?»
«Niente di strano, padre, solo più scontenta del solito.»
Lui ride facendo muovere il tavolo, «oh, meraviglioso.»
«Tesoro, siedi dritta» si intromette madre con voce leggera, «abbiamo ospiti.»
Ora che ci faccio caso, indossa il suo abito nero, quello col pizzo francese, riservato alle occasioni importanti e la tavola è ricolma delle specialità della cucina. Cervello fritto, linguine in salsa rossa, spezzatino di agnello.
Inclino la testa, «chi aspettiamo?»
Suona il campanello, in quel preciso istante, e Lurch va ad aprire.
«Sceriffo! Non vedevo l’ora di condividere una bella cena con lei, ora che le nostre divergenze sono state sepolte.»
«Mio marito tende a mettere tutto a posto con un buon pasto.»
«Ma chère» sospira sognante.
Mi alzo di scatto, facendo stridere la sedia di proposito, purché loro non inizino con le loro smancerie. Non voglio avere la nausea, non oggi che hanno cucinato il piatto che prediligo: cervello fritto in salsa di sangue di bue.
«Che ci fa lei qui?»
La voce dello sceriffo Donovan è dura e sicura, ma a un’attenta analisi (come la mia) è possibile notare la stanchezza che indossa come un abito da lutto. Meraviglioso.
«Mi hanno invitato i tuoi.»
«Questo non spiega perché ha accettato.»
«Mercoledì, ti prego» il tono di madre rimane neutro, ma il suo sguardo è chiaro: contieniti. Li volto le spalle e riprendo il mio posto a tavola con lo sceriffo che siede di fronte a me.
Madre e padre portano avanti una conversazioni di convenevoli lanciandosi occhiate languide più di quanto sia socialmente consentito e passano otto minuti e trentasei secondi prima che posi la forchetta e ponga la mia domanda. Che non si dica che non mi sia contenuta.
«Sa qualcosa di Tyler?» Di suo figlio. Dello psicopatico che è riuscito ad ingannarmi. Dovrei odiarlo, ma non posso che essere ammirata: nessuno è mai riuscito a fregarmi. Scende il silenzio, tutti smettono di mangiare, tranne Pugsley che sta finendo la carne. Tutta la carne, per essere precisi.
«Dovresti chiederlo a tua madre, è per questo che sono qui.»
La faccia dello sceriffo è determinata, fissa, non ha paura. Stringo gli occhi. Sta dicendo la verità. Passo il mio sguardo accusatore a madre.
«Non guardarmi così. Oh, mi ricordi quando hai visto per la prima volta un arcobaleno.» Sventola una mano davanti al viso, «ricordi, caro?»
Lui ride di gusto, «era così imbronciata che gli ha lanciato una freccia contro sperando di farlo sparire.»
Alzo gli occhi al cielo, rimpiangendo i momenti in cui il mio unico problema era cercare un serial killer. Il mio più di un amico.
«Padre» il mio tono non ammette repliche, «madre. Che intende dire lo sceriffo Galpin?»
Il volto di padre diventa serio, madre sposta leggermente il piatto: non è un argomento di cui vogliono parlare con me. Bè, non mi importa.
«Volevamo aiutare lo sceriffo con le nostre...conoscenze, ecco.»
Li guardo torvi, in attesa che qualcuno si spieghi meglio. «Tua madre ha una conoscenza eccellente nelle piante.»
Niente di nuovo, è da quando sono bambina che passo del tempo con lei nella serra. Ho smesso di contare tutte le specie che ha dopo che ho raggiunto il numero duecentosedici. Ho preferito dedicarmi alle autopsie. Realizzo delle incisioni da paura.
«Ora che Tyler è senza un padrone, abbiamo pensato che magari...» mia madre si blocca, analizza la mia reazione. Che non ho. «...sì, ecco, magari riusciamo a tenere l’Hyde sotto controllo.»
Lo sceriffo beve un bicchiere di vino tutto insieme, più per dimenticare che per gustarlo, «nemmeno i sedativi riescono a calmarlo, ormai. Non riesce a gestire la creatura, non capisco se quello che mi stia parlando sia mio figlio o il mostro.»
«In entrambi i casi rimane suo figlio.»
La mia faccia rimane stoica, ma il mio cervello sta elaborando più veloce che mai. Tyler potrebbe essere salvato, potrebbe tenere il mostro sotto controllo e dirmi la verità. Raccontarmi di cosa è successo, quanto di quello che ha fatto è stato per il volere della Thornhill.
«E a che punto siamo con questa ricerca?»
Madre tampona leggermente le labbra scure con il tovagliolo bianco prima di spiegare, «penso di aver trovato la formula esatta. Ho controllato le ricerche della signorina Thornhill, o Gates, suppongo sia più adatto, e dovrei aver trovato l’antidoto.»
Lo sceriffo passa una mano sul volto, la stanchezza ormai evidente come la putrefazione di un cadavere dopo un mese, «domani sarei andato a trovarlo, se lei è d’accordo può venire con me e somministralo.»
I miei annuiscono ma io prendo quel segnale per andarmene. L’ultima cosa che vedo è il tovagliolo bianco macchiato dal rossetto scuro di mia madre e penso che l’anima di Tyler deve essersi sentita così dopo le prime trasformazioni. La vita sembra una poesia di ossimori.


«Non andrò, Mano, è inutile che continui a farneticare.»
Madre e Padre stanno salendo ora in auto per dirigersi nel centro penitenziario in cui è rinchiuso Tyler. Era l’unico posto sicuro in cui trattenere l’Hyde. Almeno si starà divertendo, ho sempre trovato interessante la compagnia dei prigionieri, soprattutto di quelli nel braccio della morte.
Mi hanno chiesto se volessi accompagnarli, i miei genitori, ma ho preferito di no. Quando rivedrò Tyler avrò delle risposte, in un modo o nell’altro. Se questo fosse un fallimento, non potrei perdonarmelo.
Lascio cadere la corda e la ghigliottina affetta in due il topolino, mentre mi affretto ad annotare la durata di tempo che ha impiegato per morire: tre secondi e venticinque. Un tempo migliore di quello precedente. Raccolgo il corpo della mia vittima e lo getto fuori dalla finestra, almeno è morto in nome della scienza, le ghigliottine vanno perfezionate. Atterra nel giardino con un leggero tonfo, i gatti randagi avranno cena in abbondanza anche per oggi.
Prima che possa riprendere in mano la penna, Mano sbatte contro il taccuino, le dita in fermento.
«Smettila. No, non parlerò dei miei sentimenti.»
Lo fisso con un sopracciglio alzato, sperando che la smetta. Ahimè, ha sempre avuto un istinto suicida. Come osa insinuare che io ami qualcuno?!
«Smettila, non dire un’altra parola o finirai rinchiuso nel cassetto per il resto della tua vita.»
La minaccia sembra ottenere il risultato giusto visto che salta via, offeso. Può fare lo schizzinoso quanto vuole, ma di certo non sentirò di nuovo la parola sentimenti per il resto della vita. I pochi che ho provato, abbiamo visto dove mi hanno portata.


Condividiamo la stanza per il semestre?
Perché ho accettato un telefono? Chiudo l’applicazione per i messaggi, decidendo che se proprio dovrò tornare in quella scuola, resterò in camera con Enid. È già stato difficile conoscere una persona e sopportarla, non voglio allungare la lista dei miei conoscenti.
«Quindi, te ne vai?»
«Pugsley, non ho ancora deciso» ripeto atona mentre finisco di legarlo alla sedia elettrica.
«Mi lascerai da solo di nuovo?»
Alzo gli occhi al cielo, «non farmi ripete, sai che lo odio.»
Faccio un segno a Mano, già in posizione sulla leva che agile butta giù, scatenando una scarica ad alto voltaggio. L’odore di carne bruciata mi ha sempre reso di buon umore.
«Vedo che avete iniziato a divertirvi presto questa mattina.»
«È nel silenzio dei primi raggi di sole che risuonano meglio le urla.»
«Niente di più vero, mia cara.»
Madre mi si avvicina, ma dal suo sguardo so già di cosa vuole parlare. Dell’argomento che rimando da più di un mese: la NeverMore.
«Mercoledì, la scadenza per le iscrizioni è per oggi a mezzanotte.»
Inizio a liberare Pugsley dalle sue catene, conscia che il mio divertimento è stato guastato. Riprenderò più tardi. «Ne sono consapevole, madre.»
«E hai preso una decisione?»
Mio fratello risponde per me, «no.»
Gli lancio una gomitata tra le costole e il suo guaito di dolore mi fa quasi sorridere. Quasi.
«Sarebbe un peccato non andare, non trovi? Visto come ti sei ambientata bene lo scorso semestre.»
Non vorrei dare ragione a madre, ma è vero. Sono stata inseguita, incantata, uccisa persino, e mi sono divertita come non succedeva da tempo. Ho trovato pane per i miei denti.
Ma ho dovuto affrontare troppi sentimenti.
«Prima di mezzanotte avrai la mia risposta.»
Lei annuisce, ma prima di andarsene lascia un plico di fogli sulla mia scrivania. Proprio accanto agli attrezzi di tortura.
«Di solito non sei così indecisa.»
«Taci, Pugsley.»
Lui sbuffa sonoramente, «dico solo che, se ti sei trovata bene, dovresti andare. Il mondo esterno non è pronto a Mercoledì Addams, ma loro...»
Lascia la frase in sospeso, proprio come sa che mi dà fastidio. Va via dalla mia stanza con il passo pensante, «mi mancherai.»
«Non ho ancora deciso.» Ma lui se ne va senza aggiungere altro.
Mi volto prima di sentire il suono fastidioso delle dita, «non sopporterei pure te.»
E mi ignora come sempre: fantastica su quanto gli piacerebbe tornare a farsi la manicure con Enid, mi ricorda che ho un possibile stalker alle calcagna e che devo diventare il capitano della squadra di scherma se voglio battere madre. Mi chiede anche se sono così pensierosa a causa di Tyler.
«Non ti ho mai ritenuto una Mano stupida, ma oggi mi fai dubitare che tu sia al livello di un Piede.» Si offende così tanto da lanciare i fogli su cui era poggiato per terra. Drammatico.
Li raccolgo sovrappensiero: Moduli di iscrizione – NeverMore Academy.
Oggi è decisamente un giorno terribile. E non un terribile buono.
Mi siedo alla scrivania, penso ai pro e i contro della mia decisione.
Rivedrei Enid: non so se sia un pro o un contro.
Potrei studiare mostri e piante di ogni genere, sia assassine che non: decisamente un pro.
Il probabile stalker che mi aveva mandato quei messaggi minatori potrebbe rifarsi vivo, visto che durante l’estate è sparito: un pro, non ho mai avuto uno stalker.
Potrei parlare con Tyler: un contro, presumo.
L’iniezione di mia madre si è rivelata un successo al secondo tentativo: adesso l’Hyde è sotto il controllo di Tyler ed è tornato in libertà. Il padre lo sorveglia giorno e notte, ma presumo che frequenterà la NeverMore, ora che il suo reietto interiore è stato liberato.
Non aveva il controllo di quello che stava facendo, è stata una vittima della Thornhill tanto quanto le altre.” Ecco perché non è più in prigione. Ma ricordo i suoi occhi, quella scintilla di sadismo alla vista del sangue, al sentore della paura. E mi ha terribilmente ricordato me stessa. Forse siamo più simili di quanto vogliamo, forse siamo entrambi pazzi. Con un solo difetto: io voglio la giustizia.
Per le persone che sono morte, per la promessa che ho fatto a Mano, per me stessa e per il mio...cuore, suppongo. Nero e deteriorato, ma è pur sempre un cuore.
Ci metto un attimo a prendere la penna, con i raggi del sole che spariscono all’orizzonte.
Nome: Mercoledì Addams.



Angolo autrice
Sono entrata in fissa, non posso farci niente, e le ff scarseggiano. Mi sono sentita in dovere di rimediare. Probabilemente, non sarà un capolavoro, ma sarà qualcosa, diciamo, e mi farà digerire quel finale.
Un bacio,
Cassie

   
 
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