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Autore: _Atlas_    04/12/2022    1 recensioni
1997.
Axel, Jake e Jenna vivono i loro vent’anni nella periferia di Mismar, ubriacandosi di concerti, risate e notti al sapore di Lucky Strikes. Ma la loro felicità è destinata a sgretolarsi il giorno in cui Jake viene trovato morto, spingendo gli altri nell’abisso di un’età adulta che non avrebbero mai voluto vivere.
Diciotto anni dopo, Axel è un affermato scrittore di graphic novel che fa ancora i conti col passato e con una storia di cui non riesce a scrivere la fine.
Ma come Dark Sirio ha bisogno del suo epilogo, così anche il passato richiede di essere risolto.
Genere: Generale, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo XVII
 
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Parte seconda

 
 
  
 
 
 
L’aria fresca di mezzanotte si posò salvifica sulle sue guance bollenti.
La calca intorno al locale era raddoppiata rispetto all’inizio della serata, anche se il concerto dei Losers Club era stato un disastro e la band aveva preso più fischi che applausi. Qualcuno si era lanciato in qualche discussione poco costruttiva sul talento musicale dei musicisti, altri avevano provato a difenderli, altri ancora volevano solo bere o fumare senza essere interpellati.
Prima che il concerto terminasse Jake aveva abbandonato il palco con uno scatto d’ira e Axel non era più riuscito a trovarlo. Non aveva capito esattamente cosa fosse successo, se a scatenare la rabbia fosse stato l’ennesimo errore tecnico del batterista o uno sbaglio commesso da lui stesso, sapeva solo che era da quasi un’ora che cercava Jake e non lo aveva trovato da nessuna parte. Anche Jenna si era defilata dal pubblico per cercarlo, così adesso aveva perso anche lei e non sapeva più da che parte girarsi.
Fuori dal locale c’era ancora troppa gente e dubitava che avrebbe trovato lì Jake, così si dileguò dalla strada principale, addentrandosi in un paio di vie parallele e più isolate.
 
Passeggiare in quelle vite di notte era sempre stata fonte di ispirazione per i suoi disegni, Dark Sirio vi si addentrava durante i folli tentativi di spingere Liam Sullivan in un vicolo cieco e sparargli contro il proiettile definitivo.
Fu proprio in una di quelle vie che riconobbe la sagoma di Jake, curvo sui gradini di una scalinata che portava a uno scantinato. Al suo fianco c’era la figura esile di Jenna, che gli spezzò il respiro.
Si impose la calma, anche se aveva le gambe rigide e bruciava dalla voglia di rimanere in disparte e ascoltare la loro conversazione. Si avvicinò a passo lento cercando di carpire il più possibile di quello che si stavano dicendo, ma dovevano aver smesso di parlare da un pezzo perché Jake alternava un tiro di sigaretta a un sorso della birra che aveva in mano.
Jenna si accorse della sua presenza prima che potesse dire qualcosa, gli rivolse un sorriso spento e lo invitò a sedersi accanto a loro.
Solo in quel momento Axel si accorse di quanto irrequieto fosse Jake, di come non riuscisse a tenere ferme le gambe e cercasse di bruciarsi i jeans con l’altra sigaretta che aveva appena acceso. Guardò di sottecchi Jenna, che però mantenne lo sguardo basso.
«Jake…ma che è successo?» chiese infine, non riuscendo più a trattenere la domanda.
Lui non rispose subito, continuò invece a rigirarsi nervosamente la sigaretta tra le dita. «Niente» disse a denti stretti poco dopo.
«Niente?» Axel lo guardò perplesso, percependo la mano di Jenna posarsi appena sulla sua gamba, in un tacito invito a chiudere lì la conversazione.
«Niente, niente, Axel. Cosa cazzo vuoi che sia successo?»
«Sto cercando di cap-»
«Non c’è niente da capire! Abbiamo fatto schifo! La colpa è mia. Ho portato la band allo stremo, colpa mia di nuovo. Sono nervoso, anche questa è colpa mia. È che mi sono rotto il cazzo, ecco cos’è successo! Mi sono rotto il cazzo di portare avanti un progetto in cui credo solo io, perché cazzo continuano a starmi dietro?! Tanto vale chiuderla qui e togliermi di mezzo, visto che il problema sono io.»
«Forse insieme non funzionate, ma questo non vuole dire che il problema sia tu.»
A quelle parole Jake si infiammò e scaraventò la bottiglia di birra contro le scale, facendo sussultare sia lui che Jenna.
«Porca puttana Axel, ma mi hai visto?! Lo sai perché sono l’unico a credere nella band? Jimmy lavora da mattina a sera e non gliene frega un cazzo di starmi dietro con il basso, lui suona perché gli va, non certo perché deve farlo. E Michael? Lui ha il college, ha la ragazza, le vacanze in famiglia e le gite a Portland o dove cazzo se n’è andato per due settimane! A me cosa resta? Un fumetto del cazzo che stai scrivendo al mio posto! A parte questo non ho niente
«Hai noi!» si intromise Jenna alzando la voce «Ci siamo noi con te, Jake! Perché questo devi sempre ignorarlo?!»
«Ti sembra che lo ignori?!»
«Mi sembra che la cosa ti lasci indifferente! Sei sempre così…»
«Non mi lascia indifferente! Ma perché non capite?! Cazzo, eppure non è difficile!»
«Cosa non è difficile? Guarda che lo abbiamo capito che stai passando un momento di merda, ma se tu provassi a parl-»
«Io non voglio parlarne! Non voglio, cazzo! Io voglio solo riuscire a fare quello che fanno tutti, quello che fate voi, invece non concludo mai niente! Non ci riesco, non lo so fare!»
«Che cos’è che avremmo concluso, noi?» chiese Jenna con voce piatta, ed Axel colse nel suo sguardo un luccichio colmo di rabbia.
«Non sto dic-…mi sono spiegato male.»
«Spiegati meglio allora, perché se permetti finora non mi sembra di aver concluso proprio niente.»
«Sto solo dicendo che voi…per voi è più semplice.»
Axel ignorò risoluto la fitta di rabbia che stavolta colpì anche lui e che gli fece contorcere lo stomaco. Fu sul punto di ribattere, ma Jenna lo anticipò.
«Sei uno stronzo, se pensi questo. Per noi è difficile allo stesso modo, solo che a differenza di te proviamo a crederci davvero. Ma tanto per te queste sono solo cazzate, no?»
«Pensi che io non ci abbia mai creduto davvero, Jenna?! Devo forse ricordarti la mia situazione??!»
«La tua situazione non cambierà mai se non ti lasci aiutare!»
«Vaffanculo! Perché non capisci che non è di questo che ho bisogno??!»
«E allora parla, cazzo! Di cosa hai bisogno? Se non parli come facciamo a saperlo?»
«Pensavo che fosse evidente, ma mi sbagliavo.»
Axel si morse nervosamente le labbra, iniziando a sua volta ad agitarsi e rinunciando a cogliere tutti i punti della loro discussione. Avrebbe voluto dirgli che era presuntuoso da parte sua credere che lui e Jenna non avessero notato i suoi repentini cambi d’umore, i suoi silenzi, la sua allegria spesso eccessiva, e che scegliere di fingere davanti a loro rischiava di svalutare la loro amicizia.
Ma capì che non si trattava più di quello e che i problemi erano altri, più radicati e che avevano poco a che fare con il futuro della sua band.
«Non è solo la band, c’è dell’altro. Vero?» domandò quindi, regolando il tono di voce.
Jake, ancora in preda alla rabbia, si girò di scatto verso di lui senza riuscire a nascondere un’espressione colpevole. Durò qualche istante, ma Axel la colse nella sua interezza.
«Senti, Jenna ha ragione. Noi ci siamo, ma se non parli non possiamo aiutarti.»
«Ho già detto che non voglio l’aiuto di nessuno.»
«Piantala di dire cazzate, Jake. Ti ho sentito l’altro giorno mentre parlavi con Cody Harris. Gli devi dei soldi?»
Axel vide l’amico sussultare come se si fosse appena scottato; sperava in una resa da parte sua, invece fece ancora un altro passo indietro.
«Questi sono cazzi miei, se permetti.»
«Se non hai soldi possiamo aiutarti a…» tentò di dire, senza sapere dove stesse andando a parare, né se fosse stato poi in grado di aiutarlo davvero.
A un tratto gli sembrò che Jake fosse esausto, ormai sul punto di stroncare quella discussione e andarsene.
«Basta, cazzo, non vi sopporto più. Lasciatemi stare» disse infatti subito dopo. Gettò a terra la sigaretta ancora accesa, rivolse un ultimo sguardo a Jenna, chiusa nel suo silenzio, e si incamminò infine lungo la via, confondendosi tra i profili bui degli edifici. Axel lo seguì con lo sguardo fin quando gli fu possibile, cercando nel frattempo di rimettere insieme i pezzi di quello che era accaduto. Aveva bisogno di capire, di sapere quale fosse la verità, “la situazione” in cui Jake viveva e di cui Jenna a questo punto era al corrente.
Era in piedi dietro di lui e ne sentiva addosso lo sguardo, eppure l’idea di affrontarla lo pietrificava, risvegliando la paura di poterla perdere.
«Andiamo a casa…» la sentì mormorare dopo qualche istante. Aveva la voce spenta, ma quando si voltò il suo viso era tirato come se stesse trattenendo una furia emotiva. Sapeva che non era il momento giusto, per sé stesso e forse nemmeno per lei, ma quell’ennesimo tentativo di ignorare ciò che aveva a che fare con Jake lo convinse a chiedere spiegazioni.
«Jenna, quello che…» iniziò a dire impacciato «…c’è qualche problema con Jake. Ho capito. Non sono un cretino, vorrei solo che mi dicessi cosa c’è che non va, una volta per tutte.»
Rimase in silenzio, tesa, ma questo rappresentò per lui uno sprone per continuare.
«Chi è quel Cody Harris? Gli deve davvero dei soldi?»
«Axel…» tentò di frenarlo lei, senza tuttavia riuscirci.
«Dimmi quello che sai, Jenna. Jake è anche mio amico e non voglio che…»
«Non è facile parlarne. Jake non vuole.»
«Non vuole? Ma sono suo amico!» ribadì «Perché a te l’ha detto, allora? Jenna, se c’è qualcosa che devi dirmi…se tra te e Jake c’è qualcosa di più di un’amicizia…per favore…» le parole gli morirono in gola non appena si rese conto di come lo stava guardando e di come probabilmente la stava deludendo parlandole in quel modo. All’improvviso non fu più sicuro di quello che voleva sapere, né di quello che provava o di come sarebbe finita tra loro.
«Che cosa stai dicendo, Axel?» gli chiese Jenna con sguardo lucido di rabbia.
«Niente, lascia stare.»
«Lo conosco da quando avevo 12 anni, Axel, è come se fosse mio fratello! Non c’è mai stato niente tra di noi, se è questa la cosa che ti preoccupa di più al momento» gli spiegò duramente.
«Sto solo cercando di capire…»
«Mi sembrava una cosa ovvia! E potrei anche incazzarmi per la tua mancanza di fiducia nei miei confronti se non fosse che qui la questione è un’altra e non ha niente a che vedere con noi due.»
Axel incassò il colpo in silenzio, riuscendo tuttavia a riconoscere le sue ragioni.
«Per me non era una cosa ovvia. Mi dispiace.»
«Avresti potuto chiedermelo prima, se la cosa ti dava fastidio.»
«Lo so. Non ce l’ho fatta» ammise nonostante si sentisse schiacciare dal senso di colpa per averla ferita. In ogni caso aveva ragione, quella non era la priorità al momento. «Che succede a Jake? Puoi dirmelo per favore?» domandò.
«Non potrei,» ammise lei «ma forse hai ragione ed è bene che lo sappia anche tu.»
«Non lo dirò a nessuno.»
«Darryl lo sa. E anche sua moglie. Loro cercano di aiutarlo come possono.»
Axel annuì, ascoltando con attenzione le sue parole.
 
Quella sera conobbe l’altra faccia di quello che considerava il suo migliore amico, forse l’unico. Venne a conoscenza dei suoi drammi familiari, passati da tempo ma ancora vividi e rumorosi, di quando Darryl gli aveva regalato la sua amata Fender Stratocaster e di come gli fosse venuta l’idea di mettere su una band; e poi la passione dei fumetti e l’iscrizione alla C.A.M., il lavoro come cameriere al Lenox Blue’s durato appena tre mesi. Venne a sapere dell’amicizia con Cody Harris e del brutto giro in cui era finito, della droga, dei suoi ricatti, dei debiti accumulati e della dipendenza in cui alla fine era caduto, a periodi alterni ma significativi.
Darryl cercava di non perderlo di vista e forse per qualche tempo ci era riuscito, mentre Jenna lo sosteneva come poteva, come amica e confidente. Qualche volta gli aveva prestato dei soldi per aiutarlo, smettendo poi quando aveva capito l’uso che ne faceva. Per qualche tempo sembrava che le cose fossero migliorate, ma erano ormai diversi mesi che il comportamento di Jake lasciava intendere altro.
Axel ascoltò ogni parola in silenzio, prendendo atto di quanto poco conoscesse Jake, di quante cose di lui gli fossero sempre sfuggite e di come, ora che Jenna le metteva in luce, fossero sempre state in realtà davanti a lui.
Non disse nulla e si chiuse ancora di più nel suo silenzio, riuscendo solo a sentirsi un idiota per essersi lasciato sopraffare dalle sue insicurezze a scapito di qualcuno che stava soffrendo molto più di lui.
 

 
 
__________
 
 
 
NdA
Buonsalve!
È passato un po’ più di tempo di quel che avevo sperato, ma comunque ecco finalmente la seconda parte di questo capitolo.
Siamo a un punto molto importante della storia, come spero si sia intuito, e confesso di avere un po’ di ansietta al riguardo soprattutto per le tematiche trattate. Ci sarebbero migliaia di cose da dire, ma per il momento preferirei non farlo; l’invito che vi do è solo quello di prendere la storia esattamente per quello che è: un racconto di pura fantasia che si limita a intrattenere (spero) e a far riflettere (spero tanto) su un paio o forse più questioni.
Ogni cosa a suo tempo, però.
 
 
Grazie come sempre a chi passa da qui <3
 
_Atlas_
   
 
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