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Autore: Rosette_Carillon    08/12/2022    0 recensioni
[Serie 'Il convento di Santa Scolastica'.]
Una veglia di preghiera in una fredda notte di inizio dicembre e, mentre fuori tutte le luci sono spente, dentro, l'allegra fiamma delle candele illumina il buio.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'Il convento di Santa Scolastica'
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                         Veglia
 
 
 
 
 
 


 
In quella notte di inizio dicembre, mentre una luna lattiginosa splende candida sopra i colli, la neve cade soffice a imbiancare i dolci pendii e le case a valle.
L’aria profuma dell’ultimo alito di fumo soffiato fuori da un camino, di ghiaccio, di terra e legna.
È tardi, e molte luci sono già spente, ma i lampioni lungo le strade brillano ancora. Anche le lanterne dell’osteria sono ancora accese, così come qualche lampadina o lampada a olio nelle case.
Il mondo è immerso nella pacifica quiete di quella fredda notte, che già porta con sé l’algida stretta dell’inverno ormai sempre più vicino.
Le abitanti di Villa Serena sono riunite nella piccola chiesa, avvolte nei loro abiti più pesanti, in un’aria che profuma di carta e cera, inchiostro e incenso.
Le bambine dormono già nei loro letti, raggomitolate fra le coperte, o fra le braccia di una compagna di giochi accanto a cui sono cresciute. La loro stanza è buia, immersa in un sereno sonno che le terrà nella quiete fino al mattino, come l’incantesimo di una fata che si scioglierà alle prime luci del nuovo giorno.
L’intimo ambiente della chiesa, dove vegliano le suore, è invece acceso, e brilla della luce di otto allegre fiammelle. Forse ben poca luce in confronto all’ampio spazio che, attorno a loro, resta buio, ma le loro figure sono inondate dalla luce che le scalda, e illumina i breviari nelle loro mani.
Le loro voci si innalzano a riempire lo spazio, vibrano nel petto e nell’aria circostante, dialogano con la chiesa che le circonda in un canto che si leva nella notte.
Eulalie è con loro, al fianco di Hildegard. Tiene in mano una candela, e segue la preghiera dal breviario della sua compagna.
Circondate dalla luce e dalla musica, mentre tutto attorno a loro il buio divora ciò che trova sul suo cammino, sente mancarle la voce. Sente un peso sul petto, e le parole le rimangono bloccate in gola.
È come se il tempo si fosse fermato per lei, che continua a osservare il suo scorrere come una spettatrice.
Deglutisce a vuoto, e solleva la testa dal breviario per guardarsi attorno.
Alla tremolante luce delle candele, le ombre danzano sulla volta della chiesa e sulle pareti.
C’è tanto buio attorno a loro, e i contorni del mondo sono sfocati. Il buio sembra più cupo quando la luce non lo rischiara più.
I volti delle suore, però, immersi nella sfera di calda luce, sono nitidi.
Eulalie le guarda. Osserva la loro concentrazione e la loro serenità, le labbra che si muovono per cantare e pregare.
Guarda Hildegard, che le sorride continuando a cantare, e le si avvicina. Quello è uno di quei momenti in cui capisce perché la donna non abbia mai voluto lasciare le suore, e perché avrebbe tanto voluto indossare il velo.
Perché ha deciso di restare in quel piccolo mondo fatto di donne, che hanno deciso di dedicare la propria vita a qualcosa di più grande, lontana dalla frenesia dell’esterno.
Inspira, poi espira lentamente e riprende a cantare. Stringe fra le mani la candela bianca, la voce trema, e guarda la fiamma che brilla: ha l’impressione che quel calore riesca a raggiungerla fin dentro l’anima.
Quello non è davvero il suo posto, a vegliare assieme alle suore, ma si sente accolta e quella sensazione le piace: essere parte di qualcosa, essere importante.
Lontano, le campane della chiesa a valle battono le ore nella notte.
Hildegard le si avvicina, i loro corpi si sfiorano, protetti da strati di vestiti, e le due donne cantano spalla contro spalla.
Il gioco di luci e ombre che le circonda fa somigliare la giovane maestra allo spirito del Natale passato: una creatura ultraterrena che porta con sé il ricordo di gioie passate.
Lei di cose belle nel suo passato non ne ha avute tante, e Hildegard non fa nemmeno parte di quegli anni, eppure le sempre che ci sia sempre stata. Le sembra di averla sempre avuta accanto.
Quella notte non era più notte, e tutto ciò aveva dovuto subire negli anni sembrava finalmente aver acquistato un senso: se era arrivata lì, forse, dopotutto, ne era valsa la pena di vivere ciò che era stato.
 

 


 
  
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