Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Cida    11/12/2022    9 recensioni
[BodyOfProof!AU]
Quando il detective Overland decide di tornare a casa, il medico legale Bleket non ne è particolarmente felice, soprattutto perché alcuni misteriosi omicidi li costringono ad essere a stretto contatto. Ferite mai rimarginate tornano a sanguinare, mentre un nuovo tipo di giustizia si fa largo in città.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Anna, Elsa, Kristoff
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 6

 

Quattro donne in elegante abito da sera ad occupare la sala di attesa di una stazione di polizia, nel pieno della notte, era uno spettacolo quanto mai curioso, capace di attirare ben più di uno sguardo. Tuttavia, bastava guardare il trucco disfatto e il viso disperato di una di loro per comprendere che, in quella scena, non ci fosse niente di divertente.
A nulla era valsa la corsa a sirene spiegate verso casa e l'aver chiamato un gran numero di rinforzi: la porta era spalancata e, nel vedere il corpo di Gerta riverso sul pavimento, il loro cuore aveva fatto una capriola di più nel petto, di Freja nemmeno l'ombra. L’avevano presa per davvero.
Elsa non aveva abbandonato le spalle della sorella neanche per un attimo, da quando Kristoff – assieme a Jack - era sparito all’interno dell’ufficio del capo della polizia, richiamato al suo posto con urgenza.
Il suo cellulare vibrò e istintivamente si irrigidì ma, questa volta, la chiamata era diretta al suo numero personale: l’ospedale. Si staccò appena per rispondere e, quando tornò da lei, Anna alzò lo sguardo distrutto nella sua direzione con una muta domanda sulle labbra.
«Gerta si è ripresa:» le spiegò «è ancora intontita e non ricorda bene cosa sia successo, la terranno in osservazione ancora qualche giorno.»
Proprio in quel momento anche i due detective tornarono da loro. Entrambi avevano il volto tirato ma su quello di Kristoff si poteva leggere la solita cupa paura della moglie, con l'aggiunta di una cosa: rabbia.
«Mi hanno sospeso dal caso!» quasi ringhiò.
Anna si alzò in piedi «Cosa e perché?»
Kristoff strinse i pugni «Sono troppo coinvolto…»
«Certo che sei troppo coinvolto!» sbottò l’altra di rimando «È tua figlia quella che hanno rapito! Nostra figlia! Non possono impedirti di cercarla.»
«È quello che ho detto al signor Bunnymund, infatti.»
Jack, al suo, fianco sospirò «Prenderlo per il collo non è stata una grande mossa…»
L’altro lo guardò truce «Che cosa avrei dovuto fare? Sembrava quasi contento che abbiano rapito mia figlia perché, così, hanno commesso un passo falso!»
«Il signor Bunnymund non è mai contento e, di sicuro, non ha tatto ma così facendo gli hai dato prova di non essere affidabile, di non saper tenere a bada le emozioni.»
«Ti assicuro che se qualcuno di questi Fearling torcerà anche solo un capello a mia figlia, le mie emozioni saranno l'ultimo problema di chiunque!»
«Questo lo comprendo perfettamente.» concesse Jackson con un sorriso spento «Per questo farò del mio meglio per trovarla al posto tuo e non avrò pace finché non ve la riporterò sana e salva.» Prese fiato, poi, continuò: gli occhi accesi dalla determinazione «Elsa,» chiamò «ospitali a casa tua per un paio di giorni, penso sia la cosa migliore.»
Lei annuì, rafforzando la stretta sulle spalle della sorella.
«Anche tu dovresti prenderti una pausa, stiamo pur sempre parlando di tua nipote.»
«Stai tagliando fuori anche me, per caso?» ribatté dura, presa in contropiede.
«No, ti sto dicendo di stare vicina alla tua famiglia perché ne ha bisogno. Se avrò necessità di un aiuto dal tuo dipartimento, ci sarà Jane a fornirmelo. Giusto?»
«Assolutamente sì!» rispose quella «Tutto quello che ti serve.»
«Vedi?» le spiegò «Inoltre so dove trovare te, se necessario.»
«Come ti muoverai?»
«Un passo alla volta:» le andò vicino «dammi il tuo telefono, per favore.»
«Perché?»
«È l’unico punto di partenza che abbiamo: Kristoff anche il tuo, non importa che sia rotto. Potete prendere le vostre schede personali ma, per il momento, quelle di servizio le terremo noi, così come i cellulari. È lì che vi hanno chiamato ed è da lì che partiremo.» Sospirò «Credo possiate andare a casa adesso, cercate di riposare un po’. Tu no, principessa...» richiamò all’ordine la più giovane del gruppo «Abbiamo del lavoro da fare.»
«D’accordo!» si rese subito disponibile lei, recuperando i dispositivi dalle loro mani «Ti aspetto nel mio ufficio. Non preoccuparti  Kristoff, se c’è una minima traccia la scopriremo.»
Lui annuì e la salutò con un cenno del capo. Anche Anna si alzò ma, anziché dirigersi verso la porta, andò verso Jack e, quando gli fu abbastanza vicina, alzò il suo sguardo arrossato su di lui «Riportala a casa.»
«Te lo prometto.»
Lei tirò su col naso «Andiamo?» esortò il marito. Prima che Kristoff potesse muoversi, però, Jack gli posò una mano su una spalla e lo attirò a sé, sussurrandogli qualcosa in un orecchio. Poi, distese il braccio e gli fece un cenno di coraggio col capo.
Per la prima volta in quella nottata da incubo, le labbra del detective Bjorgman si tirarono in un flebile sorriso «Grazie.»

§

Jackson raggiunse Rapunzel con due tazze di caffè fumanti «Tieni principessa, ne avremo bisogno.»
Lei, già all’opera, soffiò un rapido grazie senza neanche staccare gli occhi dallo schermo. 
Si sedette sulla seggiola al suo fianco e ne seguì l’esempio di mettersi comodo: si liberò del papillon, sbottonò l’asfissiante ultimo bottone del collo della camicia e si liberò della giacca.
Punzie sistemò appena la felpa rosa che si era buttata a coprire le spalle e tamburellò i piedi nudi sul legno del soppalco, le scarpe col tacco finalmente abbandonate con grande sollievo «Ti avviso subito:» gli disse «dubito riusciremo a risalire a chi ha chiamato tramite il numero di telefono.»
«Quindi in mano non abbiamo nulla?»
«Oh no, qualcosa abbiamo!» digitò rapida una combinazione di tasti e una voce uscì dalle casse del suo computer.
Jackson sgranò gli occhi «Ma questo è…»
«La conversazione fra Kristoff e i rapitori, sì!»
«Ma com’è possibile?»
«Immagino non leggiate mai i termini e le condizioni dell’utilizzo del materiale di servizio, non è vero?»
L’espressione del detective fu abbastanza eloquente da fornirle una risposta anche senza bisogno di parole.
«Un classico…» commentò con una breve risatina «Anni fa, ben prima che cominciassi a lavorare qui, il nostro dipartimento seguì un caso in cui era coinvolta un’importante famiglia malavitosa. Molte delle persone coinvolte cominciarono ad essere contattate, minacciate, ricattate. Da allora, tutte le chiamate sospette vengono registrate in modo da poter essere consultate all'occorrenza. E' stata una fortuna che abbiano chiamato su questo numero. Purtroppo non abbiamo quella di Elsa, in quanto il dipartimento di medicina legale non fa parte del nostro ma, essendo stata una chiamata in contemporanea, la parte che ci interessa è esattamente la stessa.»
Jackson ci pensò un po’ su «Ma perché hanno chiamato proprio sul numero di servizio?»
«Perché volevano colpirli nelle cariche che ricoprono?»
«Possibile…» concesse «ma perché anche Elsa?»
Rapunzel lo guardò, non capendo «Queste domande retoriche ci aiuteranno come?»
«Giuri che non ripeterai quello che sto per dire?»
«O-ok» promise, perplessa.
«Non credo neanche io che lo stia per fare, per molteplici ragioni, ma il signor Bunnymund ha ragione.» affermò risoluto «Rapire Freja è stata una mossa avventata, come se avessero avuto paura. Noi siamo convinti di non avere nulla in mano ma se sbagliassimo? Sia noi che Elsa dobbiamo aver trovato qualcosa, altrimenti perché esporsi a questo modo? Fai andare di nuovo la registrazione, per favore.»
Lei obbedì.
Jack sospirò frustrato «Con i rumori della festa in sottofondo è impossibile risalire a qualche informazione sul luogo della chiamata.»
«Quei rumori si possono facilmente isolare ma, con un raggio di ricerca pressoché infinito, non credo che qualche semplice rumore possa esserci di grande aiuto.»
«Smettila di tenermi sulle spine e dimmi che cosa abbiamo!»
Rapunzel sorrise «Questa voce è contraffatta in maniera digitale, no? Con un bel po’ di lavoro e un discreto numero di ore di sonno perse, dovrei riuscire a risalire a quella originale.»
Jack quasi si ribaltò dalla sedia «Davvero puoi farlo?»
«Sono quasi certa di sì.»
«Principessa togli quel quasi e ti sarò riconoscente a vita!»
«A proposito di riconoscenza: visto che non potrò muovermi da qui per un po’, potresti andare a questo indirizzo, per favore? La mia coinquilina ti darà un cambio. Ah, anche del cibo sarebbe gradito, grazie.»
Le labbra di Jackson si tirarono in un sorriso mentre si alzava «Come desidera!» le disse con un profondo inchino «Avvisami in caso di aggiornamenti.»

§ 

Elsa socchiuse molto lentamente la porta della camera da letto alle sue spalle e tornò verso il salotto, dove il cognato era seduto.
A differenza di Anna, che aveva potuto usufruire di un morbido pigiama della sorella, Kristoff portava ancora i pantaloni e la camicia dello smoking di quella disastrosa serata.
«Si è addormentata?» le chiese, quando gli fu abbastanza vicino.
Annuì «Il calmante ha fatto effetto…»
«Era esausta.»
«Così come lo sei tu.»
Kristoff alzò gli occhi su di lei «Perché, tu no?»
Trovarono chissà dove la forza di sorridere entrambi «Che ti ha detto Jack prima di andare via?» chiese curiosa.
«Te ne sei accorta, eh?» le disse, guardandola di sottecchi «Mi ha detto che mi terrà aggiornato.»
Tipico suo, quello di andare contro alle regole pur di aiutare qualcuno a cui teneva.
«Stai sorridendo, per caso?»
Bastarono quelle parole per farle sparire la curvatura delle labbra «Tu hai bisogno di riposare.»
Kristoff sbuffò appena per la sua testardaggine «Mi sdraierò qui, tanto non credo proprio sarò in grado di chiudere occhio…»
«Dovresti prenderlo anche tu quel calmante e andare da Anna: non esiste che tu rimanga qui sul divano!»
«Ma è il tuo letto!»
«Letto dove c’è tua moglie: avete bisogno l’una dell’altro, ora più che mai.»
Lui cedette «Grazie, Elsa, cerca di riposare anche tu.»
«Ci proverò. Kristoff?»
«Sì?»
«Abbi fiducia in Jack, non mollerà finché non la troverà.»
Lui sbuffò appena «Sto morendo di paura, sapendo con chi abbiamo a che fare ma di Jack non ho dubitato nemmeno un secondo. Lo so, non si perdonerebbe mai se dovesse succederle qualcosa.»

 §

Jack fu di parola: a mezzogiorno in punto si presentò all'appartamento con un pranzo da asporto per tutti, Anna dormiva ancora.
Dopo aver aggiornato Kristoff sulla pista che stavano seguendo al momento e prima di congedarsi, inaspettatamente, aveva chiesto ad Elsa un favore.
«Grazie per essere venuta.» le disse, mentre entravano nell’ospedale «Sono certo che Gerta sarà più tranquilla nel vedere un viso conosciuto.»
Elsa inarcò un sopracciglio «Ma lei ti conosce, lavora per la mia famiglia da sempre!»
«Beh, sono un bel po’ di anni che non mi vede, non credi?»
Salirono al piano con l’ascensore, fuori dalla porta della camera c'era già il medico ad aspettarli «Per favore, fate che sia una cosa rapida: la signora è molto scossa, agitarsi non le fa bene. Sono certo capirete.»
Lei annuì «Certo, dottore.»
«Prego, entrate: tornerò fra dieci minuti.»
«Grazie.»
«Signorina Elsa!» la riconobbe subito la donna, era coricata sul letto ma sveglia «Che piacere vederla! La signorina Anna come sta? Le dica, per favore, che mi dispiace, mi dispiace di non aver saputo proteggere Freja!» le disse, la voce subito rotta dai singhiozzi e gli occhi pieni di lacrime.
Elsa le fu subito al fianco, prendendole una mano nelle sue «Gerta, non faccia così: non è stata colpa sua!»
«Sì, invece, io quella porta non la dovevo aprire!»
«Dubito molto si sarebbero fermati di fronte ad una porta chiusa, signora.» intervenne a quel punto Jackson.
La donna spalancò gli occhi arrossati «Jackson Overland! E' tornato! Quanto tempo è passato?»
Lui sorrise «Un bel po’, temo…»
Gerta tirò appena su col naso «Lo sguardo è sempre lo stesso.» l’affetto per quei tempi si lesse limpido nei suoi occhi scuri: giorni in cui Elsa ed Anna erano ancora ragazze spensierate e i signori Bleket ancora vivi. Poi guardò Elsa e fu folgorata da un’illuminazione «Ma voi siete tornati…»
«No, Gerta:» anticipò entrambe Jackson «siamo solo colleghi. Sono un poliziotto, il compagno di squadra del marito di Anna»
«Il signor Kristoff…» si rabbuiò «Anche lui sarà molto deluso da me…»
«Non dica sciocchezze…» cercò di rincuorarla Elsa.
«Non poteva fare nulla quella sera…» le spiegò Jack «ma può aiutarci adesso, cosa ricorda?»
«Non molto, purtroppo: avevo appena messo Freja a letto ed ero scesa a risistemare i giochi che avevamo lasciato in salotto, quando il campanello ha cominciato a suonare all’impazzata. C’era un uomo che gridava, chiedeva aiuto, un incidente… sembrava così disperato e io… io l’ho aperto!» riprese a singhiozzare «Appena entrato, mi ha aggredito e mi ha premuto un panno sul viso: ho lottato e lottato ma era troppo forte, ho perso i sensi...»
«Lo ha visto in faccia?»
«Di sfuggita, le luci erano basse ed era tutto sporco in viso, come se davvero avesse fatto un incidente.»
«Non saprebbe descriverlo, quindi…»
Lei scosse la testa, affranta «No, però mi ricordo che era molto alto.»
«Era solo?» chiese Elsa, questa volta.
«Sì… no!» scosse il capo, confusa «Non ho visto altre persone ma, ora che ci penso, mentre ero a terra mi è sembrato di sentire un’altra voce…»
«Signori, il tempo è finito!» li avvisò il medico, rientrando nella stanza.
«D’accordo…» concesse Jackson «Ci è stata molto utile, Gerta. Non si preoccupi: la troveremo e cattureremo i responsabili!»
Elsa le strinse più forte la mano «Pensi a rimettersi, torneremo presto a trovarla.»
La donna ricambiò la stretta «Grazie davvero per essere venuti!» e, quando Jack fu abbastanza lontano, aggiunse «Sono così contenta per lei...»
Lei sorrise «Riposi, Gerta…»
Quando lo raggiunse in corridoio, l’altro stava finendo di ringraziare il medico per la disponibilità.
«Una curiosità, dottore…» s’intromise con delicatezza fra i due «Avete per caso esaminato con cosa Gerta sia stata sedata?»
Lui annuì «Cloroformio: sembra, fortunatamente, non le abbia lasciato danni.»
«Di questo non posso che esserne felice.»
Il medico si congedò.
«Che ti ha detto Gerta?» le chiese Jack, mentre erano in attesa dell’ascensore.
A quanto pareva, non era la sola ad avere una buona visione laterale «Niente d’importante…» mentì «Non che ne avessimo bisogno ma, con il cloroformio, abbiamo la certezza che il rapimento sia collegato al nostro caso.» sviò l’attenzione.
«Esatto.» sospirò lui «Ma ho un dubbio: l’assassino che cerchiamo sembra sapere perfettamente quello che fa e nell’uccidere le sue vittime ha sempre denotato una certa freddezza. Rapire Freja è stato così impulsivo, se fosse stata la stessa persona dubito fortemente ci avrebbe fatto sentire la sua voce…»
«Ho capito.» lo interruppe bruscamente «È mia nipote e a questa eventualità non voglio nemmeno pensare. Stai dicendo che dietro a tutto questo ci potrebbe essere un gruppo di più persone che non agisce necessariamente assieme?»
«Perché no?» le aprì la porta per farle guadagnare l’uscita «Che cosa abbiamo scoperto per spaventare alcuni di loro a tal punto? Non abbiamo nulla in mano: il carico non aveva fenilciclidina, abbiamo i documenti del deposito, non abbiamo mezza traccia. E perché minacciare anche te? Cosa hai scoperto?»
Elsa scosse il capo «Niente: ho chiesto a Jane di ricontrollare minuziosamente le foto dei ritrovamenti ma senza alcun riscontro.»
Jack fece per aprire nuovamente la bocca ma venne bloccato dalla suoneria del suo cellulare «Overland!» rispose. Rimase in ascolto per qualche secondo, poi il suo sguardo s’illuminò «Sei un genio, principessa!» buttò giù «Rapunzel ha trovato la chiave per eliminare la contraffazione della voce, fra poco dovremmo riuscire a sentire il reale timbro del rapitore. Devo tornare al dipartimento, ti riaccompagno a casa?»
«Oh no, per carità,  non fare aspettare la tua principessa…»
Confuso, inarcò un sopracciglio «Sei sicura?»
«Sicurissima, c’è un posto dove devo andare prima.»

 §


Freja si rannicchiò nella sua coperta, seduta su di uno sgualcito nudo materasso. S’impose di non singhiozzare, nella poca luce di quella stanza spoglia, illuminata solo da una lampada di emergenza e da un datato televisore che trasmetteva un altrettanto vecchio programma. Era pur sempre la figlia di un poliziotto e una recluta a tutti gli effetti, doveva mostrarsi coraggiosa. Almeno non era sola, aveva due fidati aiutanti: Olaf e il Signor Bunny, rimasti avvolti assieme a lei nella coperta con cui l’avevano portata via. Si sentiva ancora tanto stanca, quando si era ribellata - nel momento di scendere dal furgone – quei signori l’avevano fatta dormire e doveva aver dormito davvero tanto, vista la grossa fame che l’aveva accolta al risveglio. Fortunatamente c’era un panino lì ad aspettarla e l’aveva divorato subito, senza pensarci. Così come aveva bevuto con avidità dalla bottiglia d’acqua che le avevano lasciato al fianco. Quando il pensiero tornò alla sua mamma e al suo papà, per forza di cose, gli occhi cominciarono a pizzicare e le lacrime cominciarono a scendere senza possibilità di fermarsi. Tuttavia non fiatò, sebbene non fossero stati poi così cattivi con lei, non ci teneva che quei tipi tornassero. Si strinse maggiormente ai suoi amici, per sentirsi meno sola e si sdraiò, sperando ardentemente che il suo papà arrivasse a salvarla il prima possibile.

 §


«Dottoressa Bleket, ma quale gradita sorpresa!» la accolse il dottor Kozmotis Pitchiner, con un mezzo sorriso «Mi era parso di capire che avesse deciso di non aver più bisogno dei miei servigi ma, prego, si accomodi.»
Elsa non fece un passo «Non ho cambiato idea.»
«Allora mi illumini: a cosa devo questa sua inaspettata visita?»
«Li richiami!» gli ordinò senza mezzi termini.
Lui inarcò le sopracciglia stupito «Chi dovrei richiamare, di grazia?»
«I suoi Fearling, o comunque gli piaccia farsi chiamare…» sibilò fra i denti.
Gli occhi castano-dorati di Kozmotis Pitchiner brillarono, quasi divertiti «Miei?» sorrise sarcastico «Temo stia facendo un grosso buco nell’acqua, dottoressa.»
Elsa lo guardò gelida «E’ inutile mentire con me, io lo so che c’è lei dietro a tutto questo: vuole arrivare a chi ha ucciso sua moglie e sua figlia, la capisco, ma non aiuterà a riportarle indietro…»
L’espressione sul viso di lui s’indurì «Lei non sa nulla.»
«Quello che so è che non c’è giustizia nel rapire una bambina dalla sua casa, strapparla all’amore dei suoi genitori e minacciare di ucciderla per attuare un vile ricatto: li richiami!» ripeté risoluta.
«Dottoressa…» sibilò lui gelido «Ammesso e non concesso che ci sia io dietro a tutto questo, crede davvero che bestie di quel calibro, una volta liberate, possano essere richiamate come cagnolini ubbidienti? La sua ingenuità mi delude.»
Elsa prese un grosso respiro e abbassò il capo, stringendo i pugni: mettendo a dura prova il cuoio della sua borsa «Sono certa che quello che sto per dirle non la deluderà…»
«Prego…» la invitò, curioso.
«Se succederà qualcosa a mia nipote,» cominciò a dire, rialzando lo sguardo «io la ucciderò!»
L’altro ghignò, piacevolmente stupito «Non ne sarebbe capace…»
«Non ci scommetta, dottore.» continuò lei «Lo ha detto lei stesso, chiunque può uccidere: basta solo la motivazione giusta. Sono certa non vorrà mettere alla prova la mia.»
«Dottoressa, lei è una sorpresa continua…» si complimentò quello, senza però l’ombra di un sorriso sul volto «Ma, se non le dispiace, la pregherei di andarsene, ho davvero ancora molto lavoro da portare a termine prima della fine di questa giornata. Arrivederci.»
«Ci può scommettere…» disse lei, voltandogli le spalle «Presto o tardi, io rivedo tutti


 §


Non appena aveva riconosciuto la voce del rapitore, Jackson aveva chiesto a Rapunzel due cose: una consisteva nel fare una consegna, l’altra attendeva paziente all’interno di una delle sue tasche. Parcheggiò l’auto sul retro dell’edificio, rimanendo lontano dalle telecamere di sorveglianza. Tirò ben su il colletto del suo giaccone scuro, poi sfoderò torcia e pistola. Scivolò rapido fra le ombre, sgusciando fra i muri come una folata di vento: ogni punto cieco fidato alleato nella sua avanzata. Gli ci volle qualche minuto per trovare un punto d’ingresso: il deposito, da quel lato, era completamente al buio, ad esclusione delle luci di emergenza che ronzavano quasi minacciose, conferendogli un’aria fatiscente. Decise di non accendere la torcia, non ancora almeno, tuttavia non abbassò la pistola. Si mosse circospetto fra quei lugubri corridoi, silenzioso come uno spettro, ma il cuore che gli rimbombava nelle orecchie all’impazzata lo rendeva vivo più che mai. Camminò per un tempo che gli parve infinito, in quei luoghi che non sembravano aver visto passaggio umano da molto tempo. Sperò seriamente che quei due balordi non avessero fatto il passo più lungo della gamba con qualcosa d’irreparabile. Mentre quel lugubre pensiero lo riempiva di paura, improvvisamente lo sentì: un jingle di un vecchio programma televisivo. Si avvicinò con cautela a quella porta chiusa, il cuore in gola: l’interno celato dal legno scuro. Saggiò la maniglia e la trovò chiusa a chiave. Gli sembrò di sentire del movimento, la TV si spense. 
«Chi c’è?» pigolò una vocina dall’altra parte.
Jackson sgranò gli occhi e si avventò sulla serratura, non si aprì. Prese la pistola e con il calcio la colpì una, due, tre volte – ogni colpo come un tuono nel silenzio del corridoio – e quella, finalmente, cedette.
«Freja!» esclamò, entrando. 
Nel vederlo, la paura sul viso della bimba si trasformò in un grande sollievo «Zio Jack!» lo chiamò in lacrime, correndogli fra le braccia.
Lui la strinse forte e le baciò la testa «È tutto a posto, piccola, ti ho trovato: torniamo a casa.»
Lei recuperò i suoi pupazzi, non li avrebbe lasciati per niente al mondo, e si lasciò prendere. Jack rafforzò la presa, mentre con la mano libera continuava a tenere ben salda la pistola. 
Ansioso di andarsene da lì il prima possibile, fu incauto: il braccio sporto in avanti venne colpito violentemente con un vassoio, dal basso verso l’alto, all’altezza del gomito. Il dolore gli fece perdere la presa sull’arma che svanì nell’oscurità, solo un istinto primordiale gli fece tirare indietro la testa quel tanto che bastava per essere preso in viso solo di striscio anziché in pieno, il metallo lo ferì comunque.
Questa volta reagì e spinse forte contro la porta, schiacciando il suo assalitore fra il legno ed il muro. Non perse tempo a decifrare l’imprecazione che ne seguì, corse via il più velocemente possibile. 
Fu allora che saettò il primo sparo. Il rimbombo gli raggelò il sangue, strinse Freja ancor di più e si nascose nella prima stanza disponibile: un vecchio spogliatoio in disuso. 
«Stai bene?» le chiese preoccupato.
Lei annuì, fortunatamente il colpo sparato alla cieca non era andato a buon segno. A quanto pareva, erano più pericolosi di quanto avesse ipotizzato: continuare a tenere Freja in braccio era troppo rischioso.
Si avvicinò ad un gruppo di armadietti malandati e fece scendere la bambina, stando ben attento a non perdere di vista la porta nemmeno per un secondo. Dal corridoio arrivavano voci concitate: litigavano? Da lì non riusciva a capire per cosa. Cercò nelle tasche «Freja, sai cos’è questo?»
La bimba fece segno di sì con il capo una seconda volta.
«Bene.» cercò di sorriderle «Questo permetterà a papà di trovarti presto. Tu, però, devi aspettarlo qui.» le disse spingendola delicatamente in un armadietto «Non preoccuparti, non ti cercheranno: saranno troppo occupati con me…»
Lei spalancò gli occhi dalla paura «Non chiudermi qui, zio Jack, non lasciarmi sola!»
«Non è facile, lo so… ma loro sono armati e non posso davvero lasciare che ti facciano del male. Chi lo sente tuo padre, altrimenti? O ancor peggio tua madre!» celiò per cercare di smorzare la tensione, sperando che la poca luce potesse mitigare la preoccupazione sul suo volto «Non ti lascerò sola, Olaf e il Signor Bunny veglieranno su di te come hanno fatto fino ad ora.»
«Ma ho anche tanto freddo…» protestò, piagnucolando appena.
Jack imprecò mentalmente, non aveva preso la coperta «Tieni la mia giacca e stai nascosta qui dentro: andrà tutto bene, te lo prometto. Qualsiasi cosa sentirai, non uscire per nessun motivo. Chiudi gli occhi e pensa solo a cose belle. Quando li aprirai di nuovo, ci sarà il tuo papà davanti a te.»
Freja tirò su col naso ma acconsentì, si lanciò al suo collo un’ultima volta e lui ricambiò la stretta con tutto il calore che era in grado di trasmetterle, poi, chiuse l’armadietto e se ne andò.


  §

Anna non si era ancora alzata dal letto: forse dormiva ancora, forse faceva finta, Kristoff non si era premurato di scoprirlo. Quando Elsa era uscita con Jack non aveva più avuto il coraggio di raggiungere nuovamente la moglie, d’altronde come avrebbe fatto a rassicurarla? Era lì, inerme, mentre sua figlia era in mano ai rapitori: con che coraggio poteva stringerla fra le sue braccia di vigliacco?
Il signor Bunnymund gli aveva tolto la pistola e il distintivo, per essere ben sicuro che non muovesse un dito… o che, almeno, non facesse sciocchezze. Nel tardo pomeriggio, sua cognata era rientrata a casa ma non aveva neanche avuto il tempo di togliersi le scarpe che il cellulare provvisorio le aveva notificato un messaggio: non aveva fatto un fiato, probabilmente credendoli ancora addormentati, e aveva composto un altro numero, uscendo da dove era appena entrata. Nascosto dalla penombra del salotto e dallo schienale del divano, gli era parso di sentire il nome di Jane, Elsa di lui non si era nemmeno accorta. Aveva piena fiducia nelle capacità di Jack ma non poteva davvero più stare con le mani in mano, perciò si era deciso ad accendere la luce e di smettere di attendere passivo il susseguirsi degli eventi. Aveva preso il suo taccuino, quello non si erano premurati di toglierglielo, e si era diretto all’ampia isola della zona cottura, acceso la luce e messo su il caffè, di cui aveva un disperato bisogno.
Richiamata dalla luce o magari dall’aroma, Anna lo raggiunse. Guardandola negli occhi, comprese: non stava dormendo affatto.
«Che cosa stai facendo?» gli chiese con voce roca, la gola chiusa dall’angoscia.
Non si stava riferendo al caffè. «Ripercorro il caso.» le spiegò «Mi hanno tolto tutto ma non questo!» disse, indicandosi la testa «Se c’è un modo per…»
«Ti aiuto!» si offrì sua moglie senza nemmeno farlo finire «Qualsiasi cosa, ti prego.»
Kristoff sorrise debolmente di quel legame che li univa in maniera indissolubile e se ne infischiò altamente del caso secretato: era di Freja che si trattava e loro avevano tutto il diritto di essere coinvolti. Parlarono a lungo e lui le raccontò ogni cosa: tremarono assieme ma facendosi anche forza l’un l’altro. Quando lui non ebbe più fatti da raccontare, Anna rialzò lo sguardo e diede nuovamente voce al quesito a cui, almeno per il momento, nessuno sembrava avere una risposta «Non ha senso, perché hanno rapito Freja? Di cosa mai abbiamo peccato per punirci a questo modo?»
«Hanno avuto paura: dobbiamo esserci avvicinati a qualcosa, per forza! Ma a cosa?» sbottò Kristoff, sbattendo il pugno sul piano «Tutti i possibili sospettati hanno un alibi, Rider ha mentito e dal deposito non abbiamo ricavato un ragno dal buco…»
«Avete i documenti, è vero... però... da come me ne hai parlato, questo Rider mi sembra, sì, un bel furfante ma non uno che abbia intenzione di fregarti…»
Di questo ne era sempre stato convinto: e se
Inarcò le sopracciglia, folgorato da un’illuminazione ma, proprio in quel momento, il citofono suonò. Sussultarono con il cuore in gola, per poi tirare un sospirò di sollievo quando scoprirono l’identità del loro inaspettato visitatore, o meglio, visitatrice: Rapunzel.
«Punzie, che ci fai qui?»
«Mi manda Jack:» gli spiegò, il volto tirato dalla stanchezza «mi ha pregato di darti questo.»
Kristoff capì immediatamente di cosa si trattasse «Lui dov’è?»
«Non lo so: sono riuscita a decodificare la voce di chi ti ha chiamato, appena l'ha sentita è come impazzito. Mi ha chiesto un rilevatore e di portare questo a te, non so altro.»
«Puoi farla sentire anche a me?»
«Certo, ho qui il mio portatile.» gli rispose, mostrando la sua tracolla. Prima ancora di riuscire a sfilarlo, però, il dispositivo nelle mani di Kristoff vibrò e cominciò a suonare ritmicamente: il rilevatore era stato acceso.
«Punzie!» esclamò, la voce nuovamente accesa dalla trepidazione «Devi cercare una persona per me, Anna dalle la password di tua sorella.»
«Quella la recupero in due secondi…» gli fece presente lei «Dove vai?»
Lui guardò la moglie dritta negli occhi «Vado a prendere nostra figlia!»
Anna drizzò di colpo il capo «Voglio venire con te.»
«No!» le intimò risoluto «Non so di preciso a cosa andrò incontro e non posso mettere in pericolo anche te. Abbi fiducia in me, ti prego.»
Lei si strinse le mani al petto ma annuì.
«Punzie, prenditi cura di lei.»
Uscì di corsa, praticamente volando giù dalle rampe di scale. Il telefono all’orecchio, pronto a chiamare i rinforzi: quel che non sapeva era che qualcuno era già ad attenderlo fuori.


  §


Il fatto di aver perso la pistola bruciava a Jackson ancor più della ferita alla testa. Sperò che Punzie avesse già consegnato il tracciatore a Kristoff e che Elsa avesse letto il suo messaggio. Se sì, entrambi lo avrebbero raggiunto al più presto e, con un po' di fortuna, accompagnati da un discreto numero di rinforzi.
Al momento, lui poteva contare solo sulla sua torcia, accesa come un faro per attirare su di sé le attenzioni dei rapitori e allontanarli da Freja il più possibile. Erano vicini, glielo diceva ogni fibra del suo corpo, tesa come una corda di violino.
Per questo, quando un nuovo attacco gli saettò di lato, non lo trovò impreparato: schivò rapido e colpì con il lungo manico della sua lampada. Dal rumore sordo e il grugnito che ne seguirono, capì di aver fatto centro. Roteò su se stesso per aggirare quell’alta figura, che con i suoi occhi ormai abituati a quella luminosità ridotta, riusciva chiaramente a vedere: pronto a sferrare l’ennesimo attacco. 
Ma, solo quando avvertì un cigolio dall'altra parte del corridoio, comprese di essere stato circondato.
«Faccia attenzione detective, da queste parti il ghiaccio è molto sottile…»
Neanche riuscì a chiedersi che cosa c’entrasse quella frase in quel momento: venne investito da un potentissimo getto d'acqua gelida in pieno viso. Il liquido gli entrò in gola, nel naso e lo mandò a sbattere violentemente contro il muro più vicino: tutto fu buio.

 

Sotto il ghiaccio del lago c’è solo freddo, c'è solo oscurità, c'è solo paura. 
L’aria fugge via dai polmoni, spodestata da infida acqua gelata. 
Non c’è più la forza di battere i pugni sulla superficie: le braccia, le mani e le gambe ormai rassegnate ad addormentarsi per sempre. 
Non resta che chiudere gli occhi e abbandonarsi al suono delle sirene.


Quando lo vide dietro al vetro della cella frigorifera, il cuore di Elsa scricchiolò. Spalancò la pesante porta, non senza sforzi, e corse subito al suo fianco.
«Jack, Jack!?» cercò di riscuoterlo, trascinandolo fuori.
Dapprima lui non si mosse, mandandola nel panico ma quando posò le dita calde sul suo collo gelido, per constatarne il flebile battito, le sue palpebre si aprirono di colpo, il terrore negli occhi.
«E' tutto ok, non sei nel lago, non sei nel lago.» cercò di rassicurarlo, tenendogli il viso fra le mani.
L'altro riuscì, finalmente, a metterla a fuoco «Fiocco di neve, sei tu!» balbettò, tremando «Sono lacrime quelle?»
Elsa trattenne a stento un singhiozzo, non era sicura di aver aperto quella porta in tempo «Stai bene?»
Lui mugolò appena «Ugh… ho bisogno di una respirazione bocca a bocca»
Le scappò una mezza risata isterica «Di un pugno in bocca hai bisogno, altroché…»
Le labbra violacee di Jack si tirarono in un piccolo sorriso «Freja?»
«L’ha trovata Kristoff, grazie al tuo segnalatore, sta bene.» lo rassicurò.
«Mi ha chiamato zio…»
«Era chiaramente sotto shock…» lo abbracciò per cercare di dargli un po’ di calore: un’impresa pressoché impossibile, visti i suoi abiti gelidi e zuppi. I suoi occhi si chiusero nuovamente, lei rafforzò la presa «Resisti, i soccorsi saranno qui a momenti.»

Freja è salva! ♥
No, non sono così sadica da permettere che le succedesse qualcosa, ringraziamo tutti zio Jack per questo (sì, ci sono un po' di nostalgiche Seasons vibes). Anche se, con la sua impulsività, è caduto con entrambe le scarpe nella regola numero uno: mai andare contro a dei sospetti da solo.
Proprio tutto dobbiamo insegnargli a questo benedetto ragazzo ù_ù
Elsa ben sa il motivo per cui a Jack non piace l'acqua gelata ma a quanto pare non era l'unica. Maggiori dettagli arriveranno in seguito ma chi conosce il personaggio di Jack Frost può farsi una vaga idea di quello che gli può essere accaduto in passato.
Ammetto che non è stato per niente facile scrivere dell'angoscia di Anna e Kristoff. Spero di essere riuscita a mostrare la loro disperazione e il loro senso d'impotenza anche senza essere entrata troppo nei dettagli, dato l'argomento delicato non volevo rischiare di creare un pasticcio.
Così come spero che la reazione di Freja sia risultata credibile, sia nella parte da sola che con Jack.
I nodi stanno venendo al pettine... tutti? Questo non credo!
Per cui se avete ancora tante domande, nei miei piani c'è l'intenzione di svelare tutte le risposte.
Per i doverosi riferimenti a Body of Proof, la frase con cui Elsa si congeda da Pitch è la stessa con cui Megan si rivolge a Trent Marsh in uno dei loro scambi. Mentre la richiesta di una respirazione bocca a bocca, con relativa risposta, viene da uno scambio fra Tommy e Megan.
Come sempre vi ringrazio per essere arrivati fin qui, per aver aggiunto questa storia in qualsiasi tipo di lista e per ogni parere che avrete il piacere di lasciarmi (scusate se non sono molto attiva con le risposte ma, prima o poi, arriverò).
Considerando che sono piuttosto certa di non riuscire a ripubblicare alcunché prima delle imminenti festività: vi faccio i miei migliori auguri per tutto! ♥
Alla prossima
Cida


  
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