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Autore: EleWar    11/12/2022    7 recensioni
Ogni storia d'amore che si rispetti, ha i suoi alti e bassi, ma solo la potenza del sentimento fa superare tutti gli ostacoli. Quali difficoltà dovranno affrontare, ancora, Ryo e Kaori per essere finalmente e definitivamente felici?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Kaori Makimura, Nuovo personaggio, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Eccomi! Sono tornataaaaa! Sentita la mia mancanza??? Immagino :D
Vi propongo l’ennesima fic, una storia che ha uno strano effetto su di me, contradditorio direi: a volte la amo, a volte la reputo insulsa, però ormai l’ho scritta tutta e ve la voglio far leggere. Ho anche
paura di sollevare un vespaio non indifferente, ma ok, staremo a vedere.
Come sempre vi ringrazio in anticipo, per chi leggerà e commenterà, e per chi leggerà soltanto.
Ditemi cosa ne pensate…
Ah dimenticavo… ovvio questo è SOLO il primo capitolo ^_^

 
 
 
 
Cap. 1 - Il dopo…
 
Era una bella giornata di sole, e l’aria fresca del mattino riempiva la casa.
Kaori stava giusto riordinando il soggiorno, e si aggirava per le stanze leggiadra come una farfalla.
Non le era mai sembrato così bello, come in quel momento, rimettere ordine nell’appartamento che condivideva con Ryo, e per una volta non aveva da rimproverargli di essere stato sbadato o sciatto.
Un dolce sorriso le illuminava il viso e i pensieri fluttuavano leggeri; nulla avrebbe turbato la sua serenità.
 
Non era trascorso troppo tempo dai fatti della radura, dopo il matrimonio della sua migliore amica Miki, la sparatoria, il rapimento, l’attacco del generale Kreutz… ma soprattutto dalla confessione che le aveva fatto Ryo.
Stavolta non si era tirato indietro, non si era rimangiato le parole e, miracolosamente, nemmeno lei aveva perso la memoria, quindi tutto era stato detto e confermato e non c’era più modo di tornare indietro.
Era come se i due fossero cresciuti all’improvviso, e avessero smesso di essere due adolescenti riottosi, abituati a rincorrersi e a nascondere i propri sentimenti, anche davanti all’evidenza.
La paura di perdere l’altro era stata più forte dell’ennesimo giro di parole, dell’ennesimo giochetto atto solo a mistificare i fatti e le intenzioni, nel solito balletto dei rimandi.
Ryo aveva detto che sarebbe sopravvissuto per la donna che amava, che l’avrebbe salvata; e a chi avrebbe potuto riferirsi, se non a lei, l’unica donna presente, per giunta anche in pericolo, e pronta a morire per lui?
Si erano mostrati patetici, di fronte al nemico?
Forse, ma per due come loro, che non avrebbero ammesso i propri sentimenti nemmeno sotto tortura, quella era stata più che una dichiarazione: era la verità sconvolgente che li legittimava come coppia anche nella vita, di fronte a tutti i nemici e al mondo intero.
Inutile, d’ora in poi, nascondersi dietro un dito.
Ryo e Kaori si erano scoperti, si erano scoperti a loro stessi, e agli altri, nel modo più plateale possibile.
 
Kaori non avrebbe mai scordato la felicità provata in quel momento, quando, avanzando sicura verso Ryo, che per una volta le appariva totalmente spiazzato e disarmato, nonostante impugnasse ancora la sua pistola, si era sentita finalmente padrona del suo destino.
Non voleva più fingere che non fosse innamorata di quell’uomo meraviglioso, per cui avrebbe dato anche la sua stessa vita, se ce ne fosse stato bisogno; non voleva più fingere che a lui non importasse nulla di lei, non voleva più negare niente.
Ryo l’amava, a modo suo:un modo tortuoso, doloroso, forse; un modo che faticava a manifestarsi, ma proprio per questo più puro e incontaminato.
 
Quando gli era andata incontro, con i capelli leggermente arruffati, il viso lievemente sporco, con il vestito della festa stropicciato ma ancora intatto, a Ryo era apparsa ancora più bella di come la considerasse in realtà.
Il suo cipiglio fiero e sicuro, che nulla aveva a che vedere con la sicurezza sfacciata di certe donne che aveva frequentato in passato, l’aveva abbagliato.
A parole si era dichiarato, di fronte a lei e a quel topo di fogna del generale Kreutz che, fosse stato per lui, non avrebbe meritato l’onore di sentirlo parlare in quel modo, perché totalmente indegno di tali confidenze intime e personali, ma era stato necessario chiarire la sua posizione.
E per la prima volta Ryo aveva ammesso, anche a sé stesso, che lui non voleva più solo sopravvivere – e vivacchiare – come aveva fatto fino a quel momento:lui voleva vivere!
Sì, vivere!
Voleva un futuro, voleva poter invecchiare e smettere di attribuirsi solo vent’anni, come scaramanticamente faceva solo perché sicuro che alla vecchiaia, tanto, non ci sarebbe mai arrivato.
Voleva vivere per sé stesso, ma anche per colei che gli aveva ridato la vita, per colei che lo amava e che sarebbe morta di dolore perdendolo.
Soprattutto, voleva vivere perché c’era lei su questa terra, accanto a lui – aveva scelto lui! –, voleva vivere perché voleva stare con lei fino alla fine dei suoi giorni che, si augurava, sarebbero stati ancora tantissimi.
 
Si era scoperto a parole quindi, inequivocabili sotto certi aspetti, e anche Umibozu, nascosto dietro il cespuglio a guardargli le spalle, aveva sperato che quella fosse la volta buona; ma ora, contavano anche i fatti.
 
Sapeva cosa avrebbe rappresentato, per Kaori, afferrare il bouquet che le aveva lanciato intenzionalmente Miki, all’uscita della chiesa; sapeva che Kaori desiderava sposarsi, e non era nemmeno un mistero su chi fosse lo sposo dei suoi sogni.
Probabilmente Ryo, se le cose non fossero precipitate, lì nella radura, avrebbe temporeggiato ancora un altro po’ e aspettato l’occasione giusta per fare un passo verso di lei, in quella direzione; forse avrebbe rimandato il momento, frustrando entrambi in quell’assurda attesa… forse… ma ora non aveva più senso quella commedia trita e ritrita.
Voleva mettere un punto al suo comportamento scellerato, voleva far capire a Kaori che era pronto, che anche lui voleva essere lo sposo dei suoi sogni, e per questo le aveva fatto credere di aver ritrovato un fiore di tricyrtis nello scollo della sua giacchina: il bouquet non era andato completamente distrutto dalla raffica di pallottole, la magia del matrimonio che chiama matrimonio era intatta, poteva ancora avverarsi il desiderio di Kaori, che ora era anche il suo.
Tuo per sempre, tua per sempre.
 
Era una scelta che lo terrorizzava a morte, più delle bombe e di quello squadrone che aveva appena affrontato e sconfitto; più del sapere la sua amata Kaori in pericolo e disperare di non poterla salvare, ma Ryo sapeva che quella era la scelta giusta.
Lo sapeva lui e lo sapeva anche lei, e il fatto che la compagna conoscesse la verità fin dall’inizio, lei più matura di quel vecchio balordo donnaiolo, lo spiazzava completamente.
 
“Sono così felice, Ryo, non mi avevi mai detto quelle parole. Adesso ho tanta voglia di saltarti addosso” gli aveva detto Kaori, e lui, lo stallone di Shinjuku, era stato invaso dalla tremarella: l’aveva abbracciata goffamente, perché ancora non riusciva a rilassarsi, percependo nell’aria gli ultimi echi di pericolo, in più perché totalmente impreparato.
Non era riuscito a rinfoderare la pistola, e l’abbraccio era venuto un po’ a metà; i baci che le aveva teneramente deposto fra i capelli, erano stati tutto ciò che, in quel momento di terrificante felicità, era stato in grado di donarle.
 
E più il senso di pericolo lasciava il posto ad una quieta serenità, più Ryo si sentiva svuotare dall’adrenalina prima, e dalla tensione poi: una tensione che però non aveva nulla a che vedere con lo scontro appena affrontato e vinto, ma aveva radici molto più lontane nel tempo.
Un’ansia che era cresciuta con lui fin dai tempi della guerriglia nella giungla, che non lo abbandonava mai, e che cercava di dimenticare stordendosi con l’alcol e con donne facili e disponibili.
Ma quei brevi attimi che riusciva a strappare al dominio del suo demone personale, erano solo una tregua effimera e passeggera, che rendevano ancora più stridente il confronto con l’esistenza che aveva sempre condotto, e che era convinto sarebbe stata così per sempre.
E se l’incontro con i Makimura gli aveva fatto intravedere una possibile svolta, un allentamento di quella terribile tensione, il doversi prendere cura di Kaori in seguito,il folle desiderio e l’amore devastante che provava per lei, lo avevano caricato di un nuovo fardello.
Perché tanto più avrebbe voluto lasciarsi andare al sentimento che provava per la giovane, e più si negava la felicità.
Dover fingere e trattenersi lo avevano sottoposto ad uno stress atroce che lo aveva portato al limite.
 
Quell’abbraccio vero, l’abbraccio di due persone che si amano e che possono finalmente permettersi di dimostrarselo, lo aveva affrancato dalla tensione e dai brutti pensieri, lo aveva redento.
E di una cosa era certo: non sarebbe stato più in grado di rinunciare a quel calore, a quell’amore, a quella donna.
 
E nonostante Ryo e Kaori si amassero da anni, e quel preciso momento rappresentasse una sorta di resa dei conti, tornare alla realtà non fu affatto facile per i due, troppo abituati a recitare ognuno il proprio ruolo – il mandrillo irriverente lui, la gelosa custode del pudore e dell’integrità lei – e faticarono non poco a trovare un nuovo equilibrio.
Passare all’improvviso da soci litigiosi a teneri innamorati sembrava strano anche per loro, eppure, nonostante vivessero insieme da tanti anni, di fatto, da quel punto di vista non si conoscevano affatto.
Non sarebbero tornati indietro per nulla al mondo, però, e smussando un pochino quell’intimità cameratesca che avevano adottato nel corso della loro partnership, nemica dell’erotismo e del sentimentalismo, muovendosi in quella nuova dimensione, cercarono di conoscersi un po’ di più.
 
I primi tempi, inevitabilmente, Kaori temette che la propria inettitudine data dalla scarsa esperienza, e la sua poca avvenenza, non aiutassero Ryo a spingerlo ad avere attenzioni più, come dire, concrete, perché un conto è far capire ad una donna che la si ama, un conto è approcciarsi a lei fisicamente; così almeno pensava la ragazza.
Del resto, come esisteva il sesso senza amore, e nel loro mondo ne aveva la riprova in continuazione – e non aveva bisogno di sorbirsi una lezione di sessuologia in seconda serata, da un tizio occhialuto che straparlava in tv – così esisteva l’amore senza sesso.
Platonico, ieratico, puro, romantico, cavalleresco, come ai tempi dei samurai; in fondo Ryo, alla radura, le era sembrato proprio il campione che scende in campo per difendere l’onore della sua dama…
“Troppi film di serie B, cara la mia Kaori?” si ripeteva la ragazza, quando, confusa cercava di far luce sui suoi timori.
Però, come avrebbe potuto anche solo immaginare che Ryo la desiderasse fisicamente e veramente, quando lui aveva passato anni e anni a rinfacciarle che lei era l’unica donna che non lo eccitava?
Che era per lui al pari di un travestito, di un mezzo uomo?
Kaori conosceva molto bene le bellone e le bombe sexy che lo mandavano fuori di testa, e lei non rientrava in questa appetibile categoria.
Lei invece lo desiderava, eccome, e se anche non fosse stato quell’uomo affascinante e innegabilmente bello qual era, si sarebbe concessa a lui anche senza amore… ci aveva pure provato quella volta in cui era stata minacciata di morte da Silver Fox, ma alla fine il suo rifiuto l’aveva profondamente ferita.
Okay, ne era passata di acqua sotto i ponti, si diceva, e se voleva progredire nella loro relazione, non doveva più guardare così morbosamente al passato.
Però che lui non le fosse saltato addosso fin dalla prima sera, era un fatto.
 
Il loro trasformarsi da semplici colleghi di lavoro, ad amanti, era stato un lento cammino, che a pensarci bene faceva quasi tenerezza.
 
Di ritorno dalla radura, erano filati dritti in ospedale, per vedere in che condizioni versasse Miki: l’avevano trovata scossa e un po’ acciaccata, ma decisamente fuori pericolo.
Le pallottole non avevano leso organi vitali e in sala operatoria gliele avevano già tutte rimosse.
Si sarebbe ripresa in breve tempo, del resto non era la prima volta che non usciva propriamente illesa da uno scontro a fuoco, anche se in questo caso non aveva potuto difendersi e men che meno attaccare.
Umibozu, che sedeva al suo fianco, le teneva delicatamente la manina esangue, posata sulla coperta; qualche tubicino ed una flebo erano ancora attaccati al suo braccio, ma il sorriso radioso con cui aveva accolti i due soci, anch’essi sani e salvi, aveva illuminato la stanza.
Erano tutti e quattro ancora lì, insieme, vivi e vegeti, e questo era ciò che più contava; Miki si era appena sposata, coronando il sogno della sua vita, il suo amore era lì accanto a lei, e in più aveva già capito che qualcosa era successo anche a quei due zucconi dei suoi amici, e ne gioiva segretamente.
 
Prima di entrare, in un eccesso di pudore, Ryo e Kaori avevano sciolto le mani, affinché non si vedesse che erano arrivati fin lì mano nella mano.
Perché quando erano scesi dalla macchina al parcheggio, gli era venuto naturale intrecciare le dita dopo che, camminando fianco a fianco, non avevano fatto altro che sfiorarsi in cerca del coraggio di afferrare la mano dell’altro.
Ma nonostante fossero stati veloci nell’allontanarsi, proprio lì, sulla soglia della porta, la bella barista aveva fatto in tempo ad accorgersene, come pure il suo gigantesco marito che, dietro gli occhiali scuri, aveva sogghignato di soddisfazione.
 
E se anche Miki e Falcon non avessero notato quel veloce gioco di mani, si percepiva nell’aria che in loro qualcosa era cambiato: le aure erano se possibile ancora più allineate, e palpitavano all’unisono.
Quella di Ryo era più calma e benevola, quella di Kaori quasi bruciava dall’amore che sprigionava.
E gli sguardi li stavano tradendo, o meglio, l’assenza degli stessi: i due soci stavano attenti a non guardarsi mai direttamente, a non interpellarsi mai, nemmeno di sfuggita, e questo era molto più eclatante di qualsiasi altra cosa potessero fare.
Quei due erano abituati a dialogare con gli occhi, con lievi sguardi accennati, si capivano telepaticamente e avevano un linguaggio tutto loro che escludeva gli altri; questo quando non strepitavano, urlavano, si insultavano o rideva sguaiatamente l’uno e si arrabbiava l’altra, rendendo più che manifesti i loro pensieri e le loro intenzioni.
Vederli lì, a sforzarsi di non comunicare, era, per assurdo, la prova provata che i due nascondessero qualcosa, e di grosso per giunta.
Tuttavia Falcon era presente poche ore prima, lì nella radura, e non aveva bisogno di ulteriori spiegazioni; quando aveva raggiunto Miki in ospedale, le aveva semplicemente detto: “È successo”, e lei aveva capito.
 
In ogni caso, ad un certo punto Miki aveva detto alla sua amica, con voce roca ma abbastanza ferma:
 
“Ah, ma allora sei riuscita lo stesso a prendere il bouquet… o quello che ne è rimasto!” e sorridendo aveva indicato con il mento quell’unico fiore reciso che Kaori si rigirava fra le dita, ormai semi appassito ma ancora profumato.
 
Kaori, a quell’uscita, aveva subito abbassato gli occhi sul tricyrtis ed era arrossita come una mela matura; senza riuscire a guardarla in viso le aveva risposto:
 
“Sì… Ryo l’ha trovato nello scollo del mio vestito… pensa, era rimasto lì tutto il tempo e malgrado tutto!”
 
Voleva convincere sé stessa e l’amica della casualità dell’evento, ma dentro di sé sapeva che sarebbe stato improbabile, se non impossibile, che una cosa del genere potesse essere successa sul serio.
Sapeva anche che mettersi a disquisire sul perché e sul per come, avrebbe tolto significato al gesto che, innegabilmente, aveva compiuto Ryo, perché quella era stata tutta opera sua, era stato lui a mettercelo, aveva voluto farle sapere che…
Era veramente ciò che immaginava lei?
Aveva anche solo paura a pensarlo, come se ammettere che Ryo avesse potuto farlo apposta, o peggio dirlo apertamente, lo avrebbe fatto tornare sui suoi passi, sconfessando tutto.
Kaori non avrebbe potuto sopportare una sua battutaccia in proposito, una sua risata sguaiata mentre magari diceva:
 
Kaori non essere la solita sciocca sentimentale! Nel caos della sparatoria t’è finito un pezzo di bouquet dentro la giacca, sotto la spalla e quando ti hanno portato via, il fiore è rimasto schiacciato sotto la fodera. Chissà cos’altro nascondi sotto il giubbetto, magari una manciata di riso, o qualche altro petalo. Va a finire che se ti metto a testa in giù e ti scuoto, cade pure qualche monetina, quel tanto che basta per prendermi una birra al distributore giù all’angolo!
 
No, meglio tenere per sé le sue supposizioni, tanto era sicura che fosse stato Ryo, e metterlo in imbarazzo davanti ai loro amici non avrebbe portato nulla di buono.
Se non glielo avesse confessato lui un giorno, glielo avrebbe di sicuro chiesto lei, ma… con comodo.
 
I City Hunter si erano trattenuti lì con i neosposi fino a quando un’infermiera, giovane e carina, non aveva fatto capolino ed aveva annunciato:
 
“Fine orario visite!” ed aveva sorriso con aria compiaciuta, congiungendo le mani.
 
Per un attimo Kaori aveva temuto che Ryo si gettasse su di lei come al solito: lui aveva un debole per le infermierine, anzi, aveva un debole per tutte le donne giovani e carine, ma stranamente lui non si era mosso.
Sprofondando le mani nelle tasche dei pantaloni, pronto ad andarsene, aveva detto soltanto:
 
“Ragazzi, che razza di prima notte di nozze vi aspetta!” e aveva ridacchiato piano.
 
Era convinto che anche Umi avrebbe dovuto sloggiare, ma l’infermiera aveva aggiunto:
 
“Il marito, ovvio, può rimanere” e, dicendolo, aveva fatto incendiare la pelata del gigante che, fresco di matrimonio, non si era ancora abituato a tale appellativo.
 
Miki a quel punto gli aveva stretto una mano e lui, per poco, non era svenuto.
 
Non appena Ryo e Kaori furono usciti, chiudendosi la porta alle spalle, la sweeper aveva sospirato:
 
“Ho avuto tanto paura per lei!” ed istintivamente aveva infilato il suo braccio in quello del socio, prendendolo a braccetto e stringendosi a lui, rabbrividendo.
 
Lui si era limitato ad un laconico:
 
“Già” rimuginando sul fatto che quel giorno speciale avrebbe dovuto essere solo un momento di gioia e festa, e invece la paura e il dramma si erano abbattuti su tutti loro, ancora una volta.
 
Forse era vero che la vita andava vissuta interamente, fino in fondo, e non limitarsi alla superficie… che le emozioni e i sentimenti vanno vissuti finché se ne ha la possibilità, e prima che sia troppo tardi.
Ryo,allora,si era ritrovato all’improvviso a pensare che sarebbe potuto morire, anche quel giorno stesso, senza aver mai avuto la possibilità di dire a Kaori che l’amava, che ricambiava i suoi sentimenti… e lo stomaco gli si era contratto in uno spasmo doloroso.
Pur giocando con la morte tutti i giorni, non aveva mai considerato l’eventualità che avrebbe potuto portarsi quel segreto nella tomba, e che morendo avrebbe doppiamente fatto soffrire la donna che amava.
 
Dissimulando quel fastidioso disagio, si era stretto di più alla socia, la quale aveva molto gradito.
 
Da adesso in poi, Ryo si era detto, basta con i cattivi pensieri e i sensi di colpa; anche a loro due spettava una parte di felicità, se la meritavano tutta! Kaori molto più di lui, e se essere ricambiata da lui la rendeva felice, perché negarglielo ancora?
Inoltre anche lui voleva essere guardato da Kaori come Miki guardava Falcon, e Ryo sapeva che se la compagna non lo aveva mai fatto prima, era solo perché lui non glielo aveva mai permesso… o forse no?
 
Di ritorno verso casa non avevano parlato tantissimo, ma non era l’imbarazzo a spingerli al silenzio; dovevano ancora assimilare tutto ciò che era successo in quella lunga e caotica giornata, e soprattutto cosa comportasse, ora, per loro.
Però, quando avevano varcato la soglia dell’appartamento che condividevano già da parecchi anni, improvvisamente si trovarono a disagio, indecisi sul da farsi: cosa ne sarebbe stata della loro vita, da adesso in poi?
 
In situazioni simili Ryo avrebbe scelto la fuga, la dissimulazione, il cinismo, si sarebbe chiuso in sé stesso, mentre Kaori si sarebbe fatta prendere da un attacco di vergogna che l’avrebbe portata a farfugliare frasi senza senso, o a scaricare la frustrazione strepitando per un nonnulla.
Eppure, pur sentendosi entrambi improvvisamente depersonalizzati, sbalzati fuori dai loro soliti cliché, non volevano continuare a fingere, volevano essere autentici, non volevano far appassire quel vago sentore di cambiamento, quel loro sentimento appena sbocciato che, prepotentemente, li aveva invasi, rendendoli felici e atterriti allo stesso tempo.
 
Per un breve lasso di tempo si erano aggirati, perfino indecisi, per le stanze di casa, nemmeno non fosse quella la loro residenza abituale.
Poi, come per un accordo tacito e comune, avevano deciso di sospendere eventuali decisioni importanti: ci avevano messo anni e anni per arrivare fin lì e non avrebbero stravolto la loro intimità, la loro familiarità in una sera soltanto.
E poiché da sempre cucinare era la valvola di sfogo della ragazza, nonostante fosse stanca morta, aveva deciso di mettersi ai fornelli, non prima di aver trovato un vasetto dove riporre il fiore del bouquet, con una cura tale che Ryo si era commosso osservandola.
 
Tenersi impegnata, spadellare, l’aveva aiutata a distendere i nervi e a riacquistare il suo equilibrio, e mentre la socia improntava una cena tardiva, anche Ryo si era lasciato andare e, sprofondando sul divano del soggiorno con un lungo sospiro, si era detto che, in fondo, decidere di dare una svolta alla loro relazione non significava stravolgere tutta la loro vita, e che quello che avevano creato fino ad allora poteva e doveva rimanere intatto.
Aveva sorriso a questo pensiero e, gustandosi il delizioso profumino che proveniva dalla cucina, aveva pensato che anche quello era casa e famiglia, e che era fortunato ad avere Kaori accanto; era un aspetto del prima tremendamente dolce, che adesso lo sarebbe stato molto di più.
Prima o poi glielo avrebbe confidato.
   
 
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