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Autore: Heartlostinspace    12/12/2022    3 recensioni
[Imma Tataranni - Sostituto procuratore]
La storia racconta le vicende successive al bacio tra Imma e Calogiuri, che chiude la prima stagione della fiction. Dopo quanto successo, Imma è confusa, divisa tra sentimenti a cui non riesce a dare un nome e la sua proverbiale razionalità, che le imporrebbe di andare dal maresciallo e dirgli di dimenticare tutto. E Calogiuri, invece? Cosa si aspetta, cosa spera? Starà lì ad attendere che sia Imma a decidere del destino di entrambi? Il racconto ha il suo punto centrale nelle vicende personali dei protagonisti, mentre minore spazio sarà dedicato al giallo, di cui non saranno presenti troppi dettagli, sebbene, dato il contesto in cui si muovono i personaggi, molteplici saranno i riferimenti.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Imma varcò il portone della palazzina, ignorando il crocchio di curiosi già ammassatosi all'esterno, alla ricerca di chissà quali dettagli su cui spettegolare. Odiava la morbosità che la gente mostrava in certe occasioni, l'arrogante pretesa di insinuarsi nelle esistenze altrui senza alcun riguardo, e odiava pure quelle rivoltanti trasmissioni televisive che passavano il tempo a sciacallare sui poveri morti ammazzati, trasformando gli spettatori in sedicenti Sherlock Holmes dediti anima e corpo alla risoluzione di delitti su Facebook. Per una come lei, che dopo quindici anni di carriera a quelle situazioni ci aveva ormai tristemente fatto il callo, smascherare l'ipocrisia di certi atteggiamenti era fin troppo semplice: se foste voi ad essere coinvolti in prima persona, avrebbe voluto chiedere a quei quattro pettegoli di paese che si era appena lasciata alle spalle, se le vittime fossero vostri parenti, vostri amici, quanto gradireste le chiacchiere, le accuse, lo strazio di sentenze pronunciate ovunque tranne che in tribunale? Chi di voi sopporterebbe di vedere la propria vita e quella dei propri cari passata al setaccio da sconosciuti annoiati in cerca di qualche diversivo, chi sarebbe disposto ad ascoltare in silenzio le elucubrazioni, i sospetti, le ricostruzioni da bar? Era certa che nessuno avrebbe tollerato una tale pressione, né del resto l'avrebbe meritata. Per questo motivo, soprattutto durante indagini relative a casi che avrebbero potuto suscitare un qualche interesse malsano nell'opinione pubblica, aveva sempre cercato di ridurre al minimo la fuga di notizie, proposito questo che si era tradotto in un rapporto complicato, praticamente tragico, con la stampa, nello specifico quella locale: Imma aveva perso il conto delle litigate furiose che aveva avuto con Zazza, il giornalista - per modo di dire, ché fosse stato per lei quello in una redazione manco i caffè avrebbe portato - che le aveva reso ogni singolo giorno da sostituto procuratore un inferno, per via del maledetto vizio, che lei sospettava fosse tipico della categoria, di distorcere le informazioni in nome di facili sensazionalismi. Si era sentita dire da quell'imbecille che con il suo atteggiamento ostile metteva distanza tra la popolazione e le istituzioni - nientemeno! - , che ometteva di proposito verità che i suoi concittadini avrebbero avuto il diritto di conoscere - diritto? Sciacallare è diventato pure un diritto mò? - , addirittura la sua presenza in procura era stata definita un deterrente per chiunque avesse avuto qualcosa da dire, come se il fatto che la gente a Matera e dintorni si trincerasse il più delle volte dietro un muro di omertà e ostinato mutismo fosse riconducibile esclusivamente ai modi del temibile sostituto procuratore Tataranni, considerati burberi al punto da valerle pure una sequela di simpatici nomignoli, tra cui svettavano, nella sua personale lista di preferenze, lo sceriffo di Matera e il generale dei Sassi.

 

"Dottoressa, buongiorno! Prego, seguitemi, da questa parte!"

 

Imma fece un cenno d'assenso al carabiniere che li stava attendendo, e, accantonato frettolosamente qualsiasi pensiero che non fosse relativo alle indagini, e che avrebbe rischiato soltanto di causarle qualche disattenzione, si incamminò per le scale assieme a Lorusso, il familiare tacchettio dei suoi sandali leopardati a scandire un incedere fin troppo lento, almeno per i ritmi a cui era abituata. Si guardò attorno, come sempre faceva nel tentativo di cogliere un qualche dettaglio che avrebbe potuto esserle di aiuto, e notò che, visto dall'interno, l'edificio risultava ancor più malconcio di quanto non sembrasse dalla facciata: pezzi di intonaco erano caduti qua e là dalle pareti, e i residui di muffa e umidità confermavano che negli ultimi due decenni almeno la ritinteggiatura non doveva essere stata tra le priorità. La scalinata che stavano percorrendo, poi, aveva senz'altro visto giorni migliori: nel tentativo di raggiungere il quarto piano, dove si trovava l'appartamento della vittima, furono costretti a fare lo slalom tra diversi gradini pericolanti, circostanza che Imma non mancò di annotarsi mentalmente, dal momento che, rifletté, nello stato in cui quelle scale si trovavano nessuno avrebbe potuto percorrerle velocemente, neppure un assassino desideroso di dileguarsi il prima possibile. 

 

Quello che la colpì, però, fu soprattutto il silenzio che avvolgeva l'intera palazzina, e che le sembrò piuttosto insolito, sebbene riconoscesse che le circostanze di quella mattina fossero particolari: tese l'orecchio, alla ricerca di un qualsiasi rumore che le confermasse la presenza degli altri condomini, ma non le sembrò di percepire nulla, neppure il vociare di un televisore, il rumore di un aspirapolvere, o di chissà quale altro elettrodomestico del demonio.  Scartò a priori l'idea che quella quiete fosse dovuta a chissà che complicato sistema di insonorizzazione delle pareti, che anzi era già tanto se si reggevano ancora in piedi, e le sembrò altrettanto improbabile l'ipotesi di vicini poco rumorosi, essendo questi creature mitologiche al pari di minotauri, centauri e tutto il resto appresso. 

 

"Scusi, ma quante famiglie abitano qui dentro? Questi appartamenti sono tutti occupati?" 

 

Imma si rivolse al carabiniere che li stava guidando, e che le aveva appena indicato l'ennesimo gradino a cui prestare attenzione per non procurarsi una storta, o, ancora peggio, rovinare i sandali che aveva indossato quella mattina per la prima volta, l'ennesimo regalo di Pietro, che negli ultimi tempi non faceva che viziarla, probabilmente nel disperato tentativo di attirare la sua attenzione. Avrebbe voluto avere la forza di dire al marito che non ce n'era bisogno, che non c'era niente che non andasse tra loro, che lei lo vedeva, come sempre, ma qualcosa le diceva che non sarebbe riuscita ad essere convincente: non si fidava di se stessa, del probabile tremolio che avrebbe spezzato la sua voce, ma soprattutto non si fidava dei suoi occhi, in cui temeva che Pietro, - tutt'altro che scemo - , avrebbe potuto scorgere l'evidenza delle sue menzogne. 

 

"No dottoressa, non tutti i locali sono occupati. È un condominio per lo più abitato da anziani, molti dei quali rimasti qui da soli dopo che i figli si sono trasferiti fuori regione per lavoro. Lo sapete pure voi come funzionano le cose, con le pensioni da fame che percepiscono non è che si possano permettere grandi lussi, e qui almeno gli affitti sono abbordabili. Ah, e c'è pure un appartamento occupato da una giovane coppia: poco fa abbiamo provato a contattarli, anche perché sono i dirimpettai della ragazza uccisa, ma ci hanno detto di essere in vacanza da giorni, cosa peraltro confermata da altri condomini." 

 

"Vabbè, un modo come un altro per dirci che qua nessuno ha visto e sentito niente, giusto?" 

 

Lorusso si inserì nella conversazione, ricevendo in risposta un'occhiata avvilita da parte di Imma, che, suo malgrado, era giunta alla stessa conclusione. Un omicidio consumatosi con ogni probabilità nella notte, un condominio occupato per lo più da anziani addormentatisi ore prima, i dirimpettai, gli unici che anche per via della vicinanza avrebbero potuto sentire qualcosa, con i piedi a mollo chissà dove: se la ricostruzione dei fatti si fosse confermata così in salita, venire a capo di quanto successo sarebbe stato tutt'altro che semplice. Non che questo ad Imma facesse paura, beninteso, anzi non poteva negare che in un certo modo la difficoltà la esaltasse: del resto, gli anni di esperienza le avevano ampiamente dimostrato che ogni assassino, anche il più attento, commette sempre almeno un errore, e, a dispetto di ogni complicazione, era più che certa che fosse accaduto anche quella volta.

 

Quando furono finalmente dinanzi all'appartamento della vittima, Lorusso si arrestò improvvisamente, come se gli avessero incollato i piedi al pavimento: il pallore che Imma scorse sul suo viso le fu sufficiente per intuire subito la natura del problema, a cui d'istinto reagì con uno sbuffo indispettito, perché no, quella mattina non aveva decisamente altro tempo da perdere. 

 

"Lorusso, Bari non sarà Caracas, ma non può essere la prima volta che vedi un cadavere. Forza, beviti un sorso d'acqua e cammina, ti aspetto dentro. Ti dò due minuti, fai veloce." 

 

Imma proseguì verso l'interno dell'alloggio, non dando il tempo al suo sottoposto neppure di formulare una risposta. Sapeva che certe reazioni fossero fisiologiche, e il cuore le si strinse a ricordare che anche Calogiuri, durante i primi mesi da appuntato, non aveva avuto un grande feeling con situazioni di quel tipo, salvo finire - suo malgrado - per farci il callo, come anni prima era successo a lei. Confrontarsi periodicamente con la morte non era facile, non lo sarebbe mai stato, ma Imma ricordava bene tutte le volte in cui, soprattutto agli inizi della sua carriera, aveva dovuto sforzarsi affinché nessuno percepisse segnali di difficoltà o cedimento da parte sua, consapevole che, in un ambiente tanto sessista come quello della procura, ogni occasione sarebbe stata buona per scatenare una sequela di commenti al vetriolo sul fatto che non fosse abbastanza forte, abbastanza pronta, abbastanza capace. Aveva perso il conto delle volte in cui avrebbe voluto sottrarsi al lavoro che si era scelta, fuggendo a gambe levate da un'abitazione, da un locale, da una spiaggia, luoghi apparentemente felici trasformatisi in alcune occasioni nel teatro dei più efferati crimini, ma non lo aveva mai fatto. Aveva piuttosto ingoiato il groppo che le si era formato in gola, e aveva dedicato anima e corpo affinché gli effettivi colpevoli venissero assicurati alla giustizia: del resto era questo l'unico modo che conosceva per regalare un po' di pace alle vittime, ai loro familiari, e pure a sé stessa. 

 

"Taccardi, buongiorno." 

 

Riuscì a muovere pochi passi all'interno dell'appartamento: varcata la soglia, la prima cosa che vide, nel piccolissimo salotto che si trovò davanti, fu proprio il medico legale, intento ad effettuare i primi rilievi sul corpo della vittima. Gli si accostò, mentre la figura di quella ragazza, giovanissima, riversa a terra le si imprimeva nella mente, provocandole una fitta al petto. Non poteva avere più di 27 anni. 

 

"Dottoressa Tataranni, qual buon vento. Pensi, ho riconosciuto il rumore dei suoi tacchi quando era ancora sulle scale. Finché indossa questi trampoli, sarei capace di trovarla tra mille persone." 

 

"Tocca vedere se io sarei disposta a farmi trovare da lei, Taccardi. Allora, che mi dice?" 

 

Imma si piegò in avanti, nel tentativo di scorgere qualche dettaglio utile sul corpo della vittima. Per carità, Taccardi per quanto antipatico e lento era bravo nel suo lavoro, e mai, proprio mai si sarebbe sognata di rubarglielo, ma un'occhiata da parte di qualcuno maggiormente predisposto alle indagini di certo male non avrebbe fatto. 

 

"Ma che vuole che le dica, dottoressa, la sciatica mi sta uccidendo. Sono in questa posizione da un quarto d'ora, non so neanche come farò a sollevarmi da qui. Stamattina mi hanno pure buttato giù dal letto, ormai non c'è più rispetto per nessuno. Certo, avessi saputo prima che avrei goduto della sua amabile compagnia sarei venuto qui di corsa." 

 

Imma gli riservò uno sguardo indicibile, un misto di ribrezzo e astio, mentre lottava con se stessa per soffocare l'istinto di levarsi un sandalo e tirarglielo contro, con buona pace di Pietro e dei soldi che ci aveva speso. Più passava il tempo, più era certa che Taccardi e la sua indolenza fossero una punizione divina pensata appositamente per lei. Un girone dell'inferno a misura Tataranni avrebbe avuto lui, sua suocera e la Moliterni ad attenderla sulla soglia, altroché. 

 

"Parlavo della vittima, Taccardi, non mi costringa veramente a spiegarle dove potrebbe andarsene stamattina per quanto mi riguarda, le basti sapere che è un posto che può raggiungere nonostante la sciatica, usi l'immaginazione. Allora, mi può dire qualcosa di concreto, o per farle fare il suo lavoro dobbiamo fare domanda in carta bollata?" 

 

Nel frattempo Lorusso, evidentemente incoraggiatosi rispetto a qualche minuto prima, li raggiunse. Imma notò che aveva ripreso il suo naturale colorito, e che era riuscito a lanciare anche qualche occhiata fugace al corpo della ragazza. 

 

"Sempre simpatica, dottoressa. Vabbè, allora, la vittima si chiama Greta Stigliano, 25 anni. È stata uccisa con un colpo secco qui, dietro la testa, vedete? Dal tipo di ferita sembra sia stata colpita con un oggetto molto pesante, spigoloso, ma perché io sia più preciso dovrete aspettare che faccia ulteriori riscontri. Non ho molto altro da dire, per adesso: è morta sul colpo, chi l'ha uccisa deve aver utilizzato una certa violenza. Non ci sono segni di colluttazione precedente, qualcosa che suggerisca che abbia provato a difendersi: è stata colpita alle spalle, e con ogni probabilità non se lo aspettava. Troverete tutto il resto nel referto dell'autopsia, per cui, preciso, ci vorranno almeno tre giorni."

 

Imma gli rispose con l'ennesima occhiata affilata, cogliendo la chiara allusione di quel medico da strapazzo alla sua abitudine di sollecitarlo con una certa insistenza per la consegna dei referti autoptici. E menomale che gli metteva fretta, ché se avesse dovuto sottostare ai suoi tempi biblici quei poveri morti avrebbero fatto in tempo pure a resuscitare. 

 

"Che mi può dire dell'orario della morte, invece? Anche solo orientativamente, per avere un'idea."

 

"È difficile dirlo, diciamo tra le ventitré e le tre del mattino? Come le ho già detto, sarò più preciso dopo l'autopsia. Io qua ho finito, vi saluto, come sempre è stato un piacere." 

 

Imma gli dedicò giusto un cenno del capo, mentre un sorriso falsissimo si sforzò di fare capolino sulle sue labbra. Lo seguì per qualche passo con lo sguardo, per poi scuotere la mano, stizzita, quasi come se avesse voluto scacciare definitivamente via un fastidioso insetto. Spostò poi nuovamente l'attenzione su Lorusso, che nel frattempo aveva iniziato a guardarsi intorno. Lo imitò, non potendo fare a meno di notare la modestia di quell'appartamento: era minuscolo, composto da un piccolo salotto, una cucina in cui a stento avrebbe potuto muoversi una persona, una camera da letto e un bagno. L'arredamento era semplice, praticamente essenziale, e l'austerità dei mobili lo rendevano poco adatto all'abitazione di una ragazza di 25 anni: Imma pensò che Greta dovesse essersi limitata a conservare ciò che aveva già trovato lì dentro, rinunciando per qualche motivo a dare la propria impronta alla casa. Magari era solo di passaggio, magari non aveva intenzione di rimanere troppo tra quelle quattro mura, e date le condizioni dell'edificio sarebbe stato del tutto comprensibile. Le uniche cose che contribuivano a dare un tocco di colore all'ambiente erano i fiori, tantissimi e coloratissimi, posizionati in diversi vasi sparsi qua e là per la casa, ed alcune piantine, il cui ottimo stato di salute le suggerì che Greta dovesse essere un'esperta in materia, o quanto meno avere un discreto pollice verde, a differenza sua. 

 

"Dottoressa Tataranni!"

 

"Maresciallo Ventura, buongiorno!"

 

Imma strinse calorosamente la mano dell'uomo sulla sessantina che vide venirle incontro, non mancando di ringraziare tutte le divinità che aveva imparato a conoscere durante gli anni del liceo, con il loro nome greco e latino, per averle risparmiato La Macchia, almeno quella mattina. Conosceva Ventura, ci aveva collaborato diverse volte, ed aveva avuto modo di constatare quanto quell'uomo si distinguesse  per discrezione e meticolosità, motivo per il quale in ambito lavorativo gradiva la sua presenza molto più di quanto facesse con quella dei tre quarti dei suoi abituali collaboratori. Il maresciallo, con la solita educazione, si introdusse a Lorusso, e, dopo aver accennato distrattamente qualcosa su alcuni amici che aveva alla procura di Bari,  fece cenno ad entrambi di seguirlo in un posto più appartato. 

 

"Avrei voluto incontrarvi ovunque tranne che in queste circostanze, dottoressa. Sapete, io conoscevo Greta personalmente, per le strade di Miglionico l'ho vista crescere. Credo possiate immaginare quanto sia difficile per me essere qui stamattina, non mi sembra vero."

 

Imma dedicò al maresciallo uno sguardo pieno di sincera comprensione, non potendo fare a meno di notare la commozione che gli aveva velato gli occhi non appena aveva pronunciato il nome della ragazza, così come la voce rotta che aveva inutilmente tentato di mascherare per tutto il tempo. Era vero, purtroppo immaginava benissimo come Ventura si sentisse: lei aveva provato le stesse cose quando aveva dovuto occuparsi dell'omicidio di Stella Pisicchio, la sua vecchia compagna di classe. Sentiva di dover essere lì, che mettere il suo lavoro al servizio di Stella, perché ottenesse giustizia, era l'unica cosa da fare, ma al tempo stesso per tutto il corso delle indagini era stata distrutta dai ricordi di quando erano adolescenti, felici, spensierate, e nessuno avrebbe mai potuto immaginare cosa la vita avrebbe loro riservato.

 

"Io... io capisco come si sente, davvero. Per questo dobbiamo fare il possibile per scoprire la verità, maresciallo. Cosa sappiamo di quello che è successo?"

 

"Beh, non molto, purtroppo. Non ci sono segni di effrazione, Greta deve aver aperto la porta volontariamente, conosceva il suo assassino. Noi siamo stati allertati da una sua amica, tale Silvia Riganò: le due si erano date appuntamento qui alle sette per una corsa mattutina, ma, non ricevendo risposta né al campanello né al cellulare, la ragazza si è insospettita, ci ha chiamati credendo Greta avesse avuto un malore. Una pattuglia è arrivata qui pochi minuti dopo, e... io davvero non riesco ad immaginare come sia accaduto. La conoscevamo tutti, e tutti le volevamo bene. Era una ragazza tranquilla, non aveva troppi grilli per la testa... lavorava nella grande serra poco fuori dal paese, quella della famiglia Ficara, avete presente?"

 

Imma annuì, spiegandosi finalmente la presenza in casa di tutti quei fiori e quelle piante, nonché le loro ottime condizioni: Greta non era semplicemente un'appassionata, ci aveva a che fare per mestiere. 

 

"Vabbè, vorrà dire che appena finiremo qui faremo un salto alla serra, vedremo se almeno loro avranno qualcosa di interessante da dirci. Lei cosa sa di questo lavoro, come si trovava?"

 

"Non ne so molto dottoressa, ci lavorava da un anno e sembrava felice, lei poi non era una scansafatiche, i Ficara sono brave persone, non credo ci fossero problemi. Certo, la paga non era granché, tra la posta abbiano trovato dei solleciti di pagamento, evidentemente Greta stava avendo della difficoltà. Più di questo, dottoressa, per adesso non è emerso." 

 

"E la sua famiglia? Genitori, fratelli, sorelle? Non aveva nessuno che le desse una mano?" 

 

"No, Greta era figlia unica. I suoi genitori sono morti quando lei aveva 5 anni, a causa di un incidente stradale appena fuori Miglionico. Sono certo sappiate di chi sto parlando, sua madre era Assunta Ruggieri, la sorella di Achille Ruggieri, l'impresario."

 

Imma sgranò gli occhi, non appena la sua infallibile memoria, venendole immediatamente in soccorso, le permise di inquadrare il fatto a cui il maresciallo aveva appena fatto riferimento. Ricordava perfettamente di quell'incidente, le era tornata in mente persino la fotografia dei genitori di Greta utilizzata dai notiziari e dai giornali di allora per parlarne. 

 

"E certo che ricordo, ora che mi ci fa pensare!  Successe una ventina di anni fa, fu un evento che sconvolse la comunità, anche perché i genitori di Greta erano giovanissimi. Assunta, la madre di Greta, qualche anno prima dell'incidente aveva messo su assieme al fratello Achille un'impresa edile, ma gli affari stentavano a decollare, l'impresa costava più di quello che fruttava, ed erano pieni di debiti. Dopo la morte di Assunta, però, forse anche per spirito di rivalsa nei confronti di quello che la vita gli aveva tolto, Achille si rimboccò le maniche, e le cose per lui iniziarono progressivamente ad andare meglio, almeno lavorativamente. Oggi la sua è tra le più famose e ricche imprese edili della Basilicata, hanno costruito i palazzi di mezza Matera."

 

Imma si rivolse per lo più a Lorusso, perché potesse anche lui, comprensibilmente ignaro di tutto, venire a conoscenza la situazione, mentre il maresciallo Ventura la guardava esterrefatto, non capacitandosi di come avesse fatto, in così pochi secondi, a ricostruire una vicenda risalente a vent'anni prima, quando probabilmente era ancora una studentessa universitaria. 

 

"Dottoré, siete un archivio, si fa prima a chiedere a voi che a consultare le carte!" 

 

Il commento di Lorusso suscitò la leggera risata di Ventura, che annuì concorde, mentre Imma tentò di minimizzare quel complimento con un gesto della mano, sebbene la sua capacità di ricordare perfettamente qualsiasi cosa fosse una dote che si teneva ben stretta, anche solo perché le permetteva il più delle volte di non farsi fregare, soprattutto da chi aveva l'abitudine di raccontare una marea di frottole.

 

"Pensavo che con voi il casellario giudiziario è inutile!"

 

Avvertì un pugno allo stomaco non appena sentì quella voce risuonarle di nuovo nelle orecchie: manco a dirlo, le era tornata in mente una battuta che Calogiuri aveva fatto praticamente un anno prima, dopo essersi anche lui meravigliato per uno dei sui soliti sfoggi di memoria. Di quel momento ricordava che era così arrossita da dover distogliere lo sguardo, lei che era abituata a guardare sempre dritto negli occhi i suoi interlocutori, al punto da intimidirli: con il senno di poi, i segnali che le si stava friggendo il cervello c'erano tutti, ma da mò che c'erano

 

Il lavoro, Imma. Pensa al lavoro. Non ti lasciare distrarre. Lui non è qui. 

 

"Vabbè, qualcuno ha avvisato Achille Ruggieri? Qua nessuno ha visto e sentito niente, non sappiamo neanche da dove partire, vorrei scambiare quattro chiacchiere almeno con lui, ammesso che sappia qualcosa della nipote." 

 

"E certo dottoressa, lo abbiamo chiamato una decina di minuti fa, abita appena fuori Miglionico. Starà arrivando."  

 

Imma si allontanò da Ventura e decise di dare un'ulteriore occhiata all'appartamento, dopo aver incaricato Lorusso di sincerarsi che gli altri condomini non si fossero effettivamente accorti di nulla di quanto successo quella notte. Stava giusto osservando i carabinieri requisire il cellulare trovato nella stanza di Greta, quando un urlo seguito da alcuni singhiozzi interruppe il silenzio che da qualche istante era calato nell'abitazione. Si precipitò in cucina, dove vide Achille Ruggieri che, in lacrime, se ne stava con i piedi piantati sull'uscio e lo sguardo fisso sul corpo della nipote, fortunatamente coperto da un lenzuolo. Accanto a lui c'era una donna, che Imma riconobbe come la moglie, Carla Benvenga: aveva un paio di occhialoni scuri e un fazzoletto tra le mani, che prontamente utilizzò per asciugare alcune lacrime che le erano scivolate sulle guance. Imma sospirò e se ne stette in disparte, consapevole di dover lasciare loro qualche minuto per elaborare quelle emozioni tremende. Non esisteva un modo giusto per approcciare ai parenti delle vittime, o, almeno, lei non lo aveva mai trovato: cercava sempre di essere il più rispettosa possibile del dolore altrui, di non pretendere che chi aveva davanti le fosse immediatamente d'aiuto, ma al tempo stesso si sforzava di mantenere un'aura di professionalità e distacco, convinta di poter trasmettere così la sensazione - che immaginava confortante - di avere di fronte qualcuno capace di svolgere il proprio lavoro, qualcuno che non si sarebbe fatto travolgere dalle circostanze.

 

Lasciò passare un paio di minuti, durante i quali fece mente locale su ciò che avrebbe voluto chiedere ad Achille Ruggeri e alla moglie: da quanto tempo non vedevano la nipote, in che rapporti erano? Greta gli raccontava quello che accadeva nella sua vita, loro se ne interessavano? E se sì, avevano notato qualcosa di strano nell'ultimo periodo? Imma sperava davvero che le dessero qualche elemento, qualcosa a cui appigliarsi e da utilizzare come punto di partenza, anche per scongiurare l'eventualità, che pareva piuttosto concreta, di dover brancolare completamente nel buio. Si concentrò quindi sull'elaborazione di domande secche, semplici ma non troppo incalzanti da sottoporre ai due coniugi, e fu solo quando li vide sciogliere l'abbraccio in cui si erano rifugiati qualche istante prima che si avvicinò a loro: si introdusse con gentilezza, presentandosi e porgendo le condoglianze, e la colpì il modo in cui entrambi misero repentinamente da parte le lacrime per assumere un'espressione formale, quasi professionale, forse inibiti dalla prospettiva di mostrarsi così vulnerabili di fronte ad un'estranea. 

 

"Perché non ci spostiamo da un'altra parte? Salendo ho visto l'entrata che dà sul terrazzo, se volete seguirmi ci mettiamo tranquilli e parliamo un po'." 

 

Imma pensò che la prima cosa da fare, per mettere il più possibile a loro agio Achille Ruggeri e la moglie, fosse allontanarsi da quell'appartamento e soprattutto da Greta: con il solito piglio sicuro, quindi, fece strada verso una porta che si trovava sullo stesso piano, tramite cui ebbero accesso ad un ampio spazio esterno, occupato da panni stesi, qualche attrezzo per pulire, e poco altro. 

 

"Signori Ruggeri, capisco il momento, e capisco che l'ultima cosa che vorreste fare è stare qui a parlare con me. Ma c'è qualcuno che ha ucciso vostra nipote a piede libero e ogni minuto che passa è un vantaggio che gli concediamo. Ve la sentite di rispondere a qualche domanda? In maniera totalmente informale, intendiamoci, serve più che altro a me per capire chi fosse Greta, che vita conducesse, per conoscerla meglio insomma."

 

Achille Ruggeri annuì e strinse la mano della moglie, come se da quell'appiglio fosse dipesa la sua intera esistenza. Imma osservò con una certa tenerezza la scena, non potendo fare a meno di notare che, da quando erano arrivati, non avevano smesso un attimo  di accarezzarsi, cercare uno le mani dell'altra, in una sorta di silenzioso rituale per darsi reciproco sostegno. Nonostante i maldestri tentativi di entrambi di mantenere un'aria austera ed imperturbabile, era evidente si amassero molto. 

 

"Allora, ditemi: in che rapporti eravate con Greta? La vedevate, la sentivate? E se sì, con che frequenza?"

 

"Io e mia nipote... Noi... Non ci vedevamo spesso, più che altro capitava che la sentissi al telefono, ogni tanto, e che scambiassimo qualche parola, come va, come non va, insomma le solite cose. Greta ormai è... era... è un'adulta, di certo l'ultima cosa che voleva era che le stessimo col fiato sul collo. Diciamo che... più che altro la controllavo da lontano, ecco." 

 

"E in che modo la controllava, signor Ruggeri?"

 

"A volte capitava che chiedessi informazioni al suo datore di lavoro, Giuseppe Ficara. Sa, quell'uomo è un mio amico di vecchia data, andavamo a scuola assieme. Il lavoro alla serra a Greta l'ho procurato io, sono io che ho consigliato a Giuseppe di assumerla, anche se questo lei non l'ha mai saputo, mi avrebbe odiato."

 

Imma scrutò con attenzione Achille Ruggeri, quasi a volergli scavare dentro l'anima. Greta desiderava indipendenza da quella che a tutti gli effetti era la sua famiglia, ma per quale motivo? Si trattava soltanto di un bisogno fisiologico di autonomia, dettato, forse, dall'ingresso nell'età adulta, o c'era qualcosa di più, una situazione di disagio, di malessere? 

 

"Perché, ditemi, Greta in genere non gradiva il vostro aiuto?" 

 

"Ci capisca, dottoressa, Greta era uno spirito libero, e non amava troppo l'idea di dover dire grazie a qualcuno per ciò che otteneva. Voleva costruirsi un futuro da sola, comprensibilmente, e se avesse saputo che mio marito era coinvolto nella sua assunzione in serra sarebbe andata su tutte le furie. Più volte le abbiamo proposto dei ruoli nella nostra impresa edile, e poco prima che iniziasse a lavorare per i Ficara, aveva accettato a sorpresa di aiutarci a curare il nostro sito internet: ha resistito quattro settimane circa, poi è scappata via dicendo che non faceva per lei, che non era il suo mondo."

 

A rispondere a quel punto fu la signora Benvenga, il cui piglio si dimostrò decisamente meno incerto di quello del marito, che infatti le rivolse uno sguardo pieno di gratitudine. Imma ebbe l'impressione che lui quasi non vedesse l'ora che la donna accorresse in suo aiuto. 

 

"Bene, capisco. E dal punto di vista economico, invece? A giudicare dal posto in cui ci troviamo, vostra nipote non doveva navigare in buonissime acque. Non vi ha mai chiesto una mano, o accennato a situazioni di difficoltà? I carabinieri tra la posta hanno trovato dei solleciti di pagamento, Greta negli ultimi tempi a stento riusciva a pagare le bollette. Non eravate a conoscenza della sua situazione, non avete mai pensato di aiutarla? Diciamocelo chiaramente, per voi i soldi non sono un problema." 

 

"Dottoressa, lei però così offende me e mio marito. Davvero crede che ci piacesse vedere Greta in queste condizioni? Abbiano tentato di tirarla via da questo buco per mesi, più volte le abbiamo offerto del denaro per studiare, formarsi, darsi delle possibilità. Ma lei era cocciuta, continuava a rifiutare, sosteneva di potercela fare da sola. Noi avremmo voluto farla crescere a casa nostra, desideravamo che lei e nostro figlio Alberto fossero come fratelli, ma dopo la tragedia dei miei cognati Greta fu affidata ai nonni materni, che l'hanno abituata ad uno stile di vita molto semplice, modesto: forse anche per questo lei ha sempre demonizzato i nostri soldi, o almeno è la spiegazione che io e mio marito ci siamo dati. Non accetto che si insinui che abbiamo ignorato le sue difficoltà, mi dispiace." 

 

Imma osservò stranita la reazione della donna, che ormai sembrava aver abbandonato completamente l'aria costernata di qualche minuto prima per assumere invece un atteggiamento severo, a tratti persino ostile, come se avesse avvertito l'esigenza di mettersi sulla difensiva. 

 

"Qua non si insinua niente, signora Benvenga, qua io faccio le domande e voi mi date le risposte, possibilmente concise perché nessuno ha tempo da perdere. Quindi, voi le offrivate il vostro aiuto e Greta non lo accettava, giusto? E allora, c'è qualcosa che mi possiate dire di vostra nipote? C'era qualcuno che la infastidiva, la preoccupava, nell'ultimo periodo vi sembrava tranquilla? Dovete dirmi qualsiasi cosa vi venga in mente, anche quella che vi sembra meno importante." 

 

I due coniugi si scambiarono un'occhiata incerta, e Imma ebbe l'impressione che entrambi sapessero perfettamente ciò a cui stava pensando l'altro. Quindi li incalzò, certa che fossero sul punto di dirle qualcosa di importante. 

 

"Dottoressa... ecco, forse qualcosa che dovrebbe sapere c'è. Io e mia moglie non vogliamo accusare nessuno, sia chiaro, non siamo a conoscenza di come siano andate le cose, ma... Greta aveva una relazione con un ragazzo, e  a quanto pare litigavano spesso. Noi abbiano scoperto tutto per caso: sa come sono i giovani, frequentano tutti gli stessi posti, e nostro figlio Alberto circa due mesi fa ci ha detto di averli incontrati in un locale, e di averli visti avere una violenta discussione... non era neppure la prima volta che litigavano furiosamente in pubblico, o almeno così hanno riferito ad Alberto gli altri ragazzi presenti. Ma le ripeto, dottoressa, noi davvero non vogliamo attribuire colpe a ness-..."

 

"Il nome di questo ragazzo? Lo conoscete?"

 

"Iacovone, Riccardo Iacovone. E, prima che lo chieda, sì, dottoressa, anche in questo caso abbiamo provato ad aiutare Greta, dopo aver scoperto di questa situazione le abbiamo parlato, abbiamo cercato di farle sentire la nostra vicinanza, ma lei ci ha detto di non preoccuparci, che litigavano perché avevano due caratteri molto forti ed erano gelosi l'uno dell'altra. Aveva anche aggiunto che in ogni caso quella relazione non era niente di così serio, che l'avrebbe chiusa di lì a poco, e questo ci aveva rasserenato."

 

Non appena prese forma nella sua mente l'idea che potesse trattarsi di un femminicidio, l'ennesimo, Imma sospirò afflitta. Congedò il signor Ruggeri e la signora Benvenga, ammonendoli di correre a riferirle qualsiasi altra cosa fosse loro venuta in mente, e, accertatasi che ormai nell'appartamento nessuna incombenza richiedesse più la sua presenza, recuperò Lorusso e si precipitò alla macchina, intenzionata a raggiungere il più velocemente possibile la serra dei Ficara.

 

     ***

 

"Quindi, dottoressa? Che pensate?" 

 

Il viaggio di ritorno verso la procura ad Imma sembrò durare un'eternità. Il mal di testa, ormai fedelissimo compagno delle sue giornate, era tornato più forte di prima, e le pochissime - e pressoché inutili - informazioni che erano emerse su Greta dalla visita alla serra dei Ficara avevano fatto sì che il suo umore ormai da qualche minuto fosse in discesa libera. 

 

"Non lo so Lorusso, non lo so. Ma ti pare possibile che su questa povera ragazza nessuno sappia niente? Ficara si è limitato a dirci che lavorava tanto e bene e che non dava mai problemi, manco fosse un'utilitaria, gli zii poi campa cavallo, me ne hanno parlato come di una sorta di estranea a cui ogni tanto si avvicinavano con qualche banconota in mano, sospetto più per lavarsi la coscienza che per vero interesse. Ma qualcuno che la conoscesse, che la conoscesse veramente dico, esisteva? Dobbiamo parlare urgentemente con quel Iacovone, il suo fidanzato, o forse ex, va convocato in procura prima di subito, anche perché è pure l'unica pista che abbiamo." 

 

"E ci sarebbe anche l'amica di Greta, Silvia Riganò, quella che ha allertato i carabinieri. Lei di sicuro saprà dirci qualcosa, no?" 

 

"Con lei avrei voluto parlarci stamattina, ma Ventura mi ha spiegato che dopo quello che è successo ha avuto un malore ed è stata portata in ospedale, quindi ci toccherà convocare in procura anche lei, non appena si sarà rimessa. Poco male, Calogiù, almeno facciamo contento Vitali, che io di sentire pure le sue lamentele non c'ho voglia." 

 

"Lorusso, dottoressa, sono Lorusso."

 

Imma lanciò un'occhiata confusa nella direzione del suo sottoposto, non capendo il motivo di quella puntualizzazione. Lo vide sorridere in risposta, cosa che non fece che accrescere il suo nervosismo. Ma pure scemo glielo avevano mandato? 

 

"Mi avete chiamato Calogiuri, parlando. Ma non vi preoccupate, lo so che è l'abitudine."

 

Sgranò gli occhi per un secondo, consapevole di essere stata colta in fallo e di poter fare molto poco per rimediare. Maledisse il brutto tiro che le aveva giocato la sua mente, ma provò comunque a dissimulare il suo stato d'animo con una piccola risata, carica di una tensione che sperò Lorusso non cogliesse. 

 

"Eh... qua con tutti questi nomi è un attimo che si fa confusione, state diventando troppi, e io sempre una sono." 

 

"I colleghi mi hanno detto che siete parecchio affezionata al maresciallo... spero di non farvelo rimpiangere, dottoré." 

 

Imma gli lanciò un'occhiata in tralice, infastidita all'idea che i suoi sottoposti spettegolassero su quanto fosse "affezionata" a Calogiuri. Avrebbe voluto rispondergli che in realtà lo stava già rimpiangendo, che anzi lo aveva rimpianto sin dal momento in cui aveva scoperto che avrebbe dovuto fare a meno di lui. Si era illusa che un sostituto trovato in fretta e furia sarebbe stato sufficiente a mettere a tacere il trambusto interiore che quella partenza improvvisa le aveva provocato, aveva davvero provato a convincersi che la rabbia che sentiva fosse legata solo a questioni lavorative, ma la verità era che si sentiva persa, ogni giorno di più. Non si era resa conto di quanto Calogiuri riempisse le sue giornate fino a quando non aveva fatto i conti con la sua assenza: le pesava non avvertire più quella familiare eccitazione ogni volta che metteva piede in procura, certa che di lì a poco lo avrebbe incontrato, le pesava non parlargli, non osservarlo di nascosto, mentre era assorto in chissà quali pensieri. Le pesava non avere accanto l'unica persona che aveva l'impressione potesse capirla davvero, e sarebbe stata disonesta se non avesse ammesso, almeno a se stessa, che le mancava il modo in cui, durante le loro interminabili giornate di lavoro, si rincorrevano a vicenda, attraverso sguardi fugaci, piccoli contatti solo in apparenza involontari, premure reciproche che talvolta cedevano il passo a momenti di imbarazzo, frutto della consapevolezza di essersi spinti troppo oltre in qualche circostanza. Flirtavano, così avrebbe detto Valentina, usando uno di quegli inglesismi di cui oramai abusava, e quei momenti ad Imma  iniziavano a mancare come l'aria.

 

"Ma quale affezionata e affezionata, Lorusso, manco fosse un cane! Semplicemente da quel gregge di lavativi con cui ho l'immensa fortuna di collaborare ne è uscito fuori uno che parla poco e lavora tanto, ecco perché ci vado d'accordo. Se fare lo stesso non ti costa troppa fatica, io e te non avremo alcun tipo di problema. Se invece preferisci continuare ad andare appresso a Capozza, ché tanto lo so che il gazzettino della procura è a firma sua, prima che ve ne accorgiate vi faccio spedire a Cernusco sul Naviglio, il più lontano possibile dalla mia vista. Insieme, ovviamente, sia mai che roviniamo questo nascente sodalizio."

 

Lorusso si schiarì la gola, visibilmente intimorito, dal momento che quella tutto gli sembrò tranne che una minaccia campata in aria. Era vero, era stato Capozza a parlargli di Calogiuri come del pupillo della Tataranni, ma aveva pensato fossero le classiche voci di corridoio, prive di qualsiasi fondamento: la dottoressa non pareva certo il tipo da avere delle preferenze, anzi, da quando lui era arrivato, gli era sembrato trattasse tutti allo stesso identico modo, e cioè come se stesse facendo un immane sforzo anche solo nel rivolgere loro la parola. Non poteva negare però che la reazione decisamente piccata a cui aveva appena assistito la pulce nell'orecchio un po' gliel'avesse messa: possibile che Capozza non avesse tutto questo torto, e che una certa predilezione per il maresciallo Calogiuri la Tataranni ce l'avesse davvero? 

 

***

 

"Dianaaaaaa! DIANAAAAA!" 

 

Imma aprì la porta del suo ufficio con eccessiva veemenza, costringendo i cardini ad un infernale cigolio. In modo non meno brusco la richiuse alle sue spalle, e a grandi falcate si diresse verso la scrivania. 

 

"E che c'è bisogno di gridare così, Imma? Qua sono, ancora ci sento." 

 

La cancelliera fece capolino dalla sua stanza, mentre Imma era già adagiata sulla sua poltrona, la testa curvata all'indietro, nel vano tentativo di trovare un briciolo di sollievo da quell'emicrania infernale. 

 

"Convocami tale Riccardo Iacovone, là nella cartellina c'è tutto quello che ti serve. Il prima possibile, hai capito? Non abbiamo tempo da perdere. E poi ho bisogno di una ricerca su Achille Ruggieri, l'impresario edile. Voglio sapere tutto, vita, morte, miracoli, abitudini, relazioni sociali, stato dell'attività, tutto, intesi?" 

 

"Oh Signore, Imma, QUEL Achille Ruggieri? Ma lo sai che ha costruito casa a mia suocera, un paio di anni fa? Lo dovevi vedere, che signore distinto, tutto a modo, elegante, mamma mia! Che è successo, è sospettato di qualcosa? Quello mica c'ha la faccia da criminale, è troppo raffinato." 

 

"Ah, quindi mò perché uno è raffinato non può essere un delinquente? Dove l'hai sentita questa, nell'ultimo episodio di Don Matteo? Comunque stanotte hanno ucciso sua nipote, una ragazza di 25 anni, si chiamava Greta Stigliano. Non sospetto di lui, ma ci ho fatto una chiacchierata che non mi ha lasciato buone sensazioni, voglio approfondire. E in ogni non c'ho quasi niente in mano, da qualcuno dovrò partire, pure se è raffinato."  

 

"Ti ha accompagnata Lorusso, stamattina?" 

 

Imma rivolse un'occhiata stranita alla sua cancelliera, non capendo il perché di quella domanda. Certo, Diana era sempre stata invadente, ma sospettava che in quel caso la sua curiosità avesse un doppio fine.

 

"E certo, chi sennò. Perché me lo chiedi?" 

 

"Ma tu mi vuoi dire che veramente non ti sei accorta di quanto assomigli a Luca Argentero?! Gesù, Imma, è uguale uguale! La prima volta che ce l'ho avuto davanti ho pensato di avere le allucinazioni, per poco non gli ho chiesto l'autografo per Cleo!" 

 

"Luca chi?! Diana, ma sei scema? Qua siamo quattro gatti, ancora bisogna capire se questo è capace di fare il mestiere suo o se ci hanno mandato Capozza bis, e tu riesci solo a pensare che assomiglia a Luca Argentario, o come cazz si chiama? Se ci assomiglia buon per lui, che mi frega a me!" 

 

"Sì, certo, siccome è venuto qua per lavorare allora ci tappiamo gli occhi, così va bene, dottoressa? Mò mi devi dire che ti costa ammettere che è vero, che ci assomiglia. Pure la Moliterni e Matarazzo l'hanno detto, mica sono l'unica. Per non parlare di Capozza, quello si è visto un sacco di film, è uno che ne sa, e infatti ci ha dato ragione." 

 

"Ah beh, se l'ha detto l'esperto fisionomista Capozza alzo le mani, largo alla competenza! Oh, Dià, mi raccomando, se chiamano per qualche altro morto ammazzato dì che non ci siamo per nessuno, ché Luca Argentero dentro la procura di Matera mica capita spesso, qua dobbiamo cogliere l'occasione. L'avete già allertato Carlo Conti? Non è lui che fa quel programma coi cosi, là, coi sosia?"

 

"Mai una volta che si possa fare un discorso serio con te Imma, mai! E pensare che tra un poco di tempo torna pure Calogiuri, che parliamoci chiaro, a Lorusso non c'ha niente da invidiare... o mi vuoi dire che manco questo hai notato? Per carità,  io e te siamo un poco avanti con gli anni, ma gli occhi per guardare ce li abbiamo pure noi, mò veramente vogliamo negare che pure Ippazio sia un gran pezzo di..."

 

Imma avvertì sulle guance un calore innaturale, che impiegò poco tempo a espandersi su tutto il viso. Si schiarì la gola, ormai paonazza, maledicendo quelle reazioni da adolescente in piena tempesta ormonale che ormai era incapace di controllare. La voce di Diana cominciò ad arrivarle sempre più ovattata: la udì sproloquiare di cinema, di occhi azzurri che avrebbero bucato lo schermo, di fisico statuario, ma, anziché richiamare la sua cancelliera all'ordine, come avrebbe dovuto fare, fu costretta a concentrare tutti i suoi sforzi nel tentativo di soffocare un infantile moto di gelosia, generatosi all'improvviso e capace di stringerle lo stomaco in una morsa.

 

"Diana, ma secondo te io... ma secondo te io mi metto a guardare a Calogiuri?!?! Ma che ti sei impazzita oggi?!?! Ma che mi frega se c'ha il fisico... gli occhi... la faccia... sì insomma la faccia da attore, quella che dicevi tu... c'avrà quel che c'avrà! Basta che si occupi di quello che gli chiedo quando glielo chiedo, poi per me può essere pure Alain Delon, fatti di chi se lo piglia. O di chi se l'è già preso, mò non è che sono informata sulla vita privata di Calogiuri io, è già tanto se sto appresso alla mia." 

 

"Ma beata chi se lo piglia Imma, beata, così dobbiamo dire! Comunque che io sappia adesso non sta con nessuna, non seriamente almeno. Anche se, anche se... tu lo sai che Capozza conosce i fatti di mezza procura, no? Quello c'ha una testa, si ricorda tutto, chissà come fa... vabbè, in confidenza mi ha detto che gira voce che Calogiuri se ne sia andato così in fretta e furia in Centro America perché ha combinato casini qua dentro con una, ti rendi conto? Ha quel faccino d'angelo e poi... È da un poco di giorni che cerco di capire chi potrebbe essere lei, ma per ora non sono riuscita a scoprire niente. La Matarazzo non è, quella gli muore dietro da mesi e mai niente è riuscita a combinare, lo so per certo... la Pasquelli si sta per sposare, mò posso credere che a due mesi dal matrimonio faccia saltare tutto? Non ce la vedo proprio, poi con Calogiuri a stento si parlano... forse qualcuna delle ragazze dell'amministrazione? O niente niente è la D'Antonio? Oh Signore Imma, immagina se fosse davvero la D'Antonio, che scandalo... stai a vedere che è lei davvero, anche perché chi rimane? Giusto io, tu e la Moliterni, ma noi a momenti gli veniamo nonne, capirai."

 

Imma si sentì sul punto di esplodere: le orecchie le fischiavano e, a giudicare dal bruciore che avvertiva sul viso, le guance dovevano essersi avvicinate ormai alle tonalità del rosso porpora. Se da una parte percepì un estremo sollievo nel constatare che Diana neanche contemplasse l'ipotesi che la protagonista di quel pettegolezzo potesse essere lei, dall'altra fu costretta a fare i conti per l'ennesima volta con un'amara consapevolezza: anche nell'assurda e decisamente remota ipotesi in cui lei e Calogiuri si fossero avventurati nella follia di stare assieme, difficilmente avrebbero avuto un futuro. Nessuno li avrebbe presi sul serio, sarebbero stati oggetto di battutine al vetriolo e di taglia e cuci per mesi, forse per anni, praticamente lo scandalo di Matera, e se lei alle malelingue ci aveva ormai fatto il callo, e con un poco di sforzo forse sarebbe riuscita ad ignorarle pure in quel caso, era invece sicura che Calogiuri ne avrebbe sofferto terribilmente, fino a maledire persino di averla incontrata. Si sarebbero distrutti a vicenda e lui avrebbe finito per odiarla, sarebbe arrivato al punto da non riuscire più a guardarla negli occhi senza pensare alle rinunce fatte per starle accanto, rinunce di cui senz'altro si sarebbe pentito in poco tempo, amaramente pure. Quello sarebbe stato il loro destino, né più, né meno: Calogiuri forse ci avrebbe messo più tempo a realizzarlo, perché giovane, inesperto, pure un poco idealista, ma Imma sapeva di avere ragione, e Diana le aveva appena fornito l'ennesima prova.

 

"Eh, ciao, perché non direttamente bisnonne? Comunque, non mi interessa, fatto sta che questo se è andato dall'altra parte del mondo senza avvisare e proprio quando in procura è scoppiato il pandemonio, vedrai quando torna come mi sente. Sempre se torna, certo, ché qua ormai mi aspetto di tutto, è un attimo che con tutte queste pretendenti ce lo ritroviamo a fare il tronista dalla De Filippi, tanto, tu mi insegni, il fisico ce l'ha."

 

"Mamma mia Imma come sei fiscale, e lascialo stare, è un ragazzino! Quello ha visto la possibilità di fare un'esperienza nuova e ne ha approfittato, e giustamente, mica può passare la vita tra Matera e Grottaminarda, a fare che cosa poi?"

 

"Non lo so, Diana, quello per cui è pagato? E Calogiuri non è un ragazzino, è un uomo e ha delle responsabilità in quanto maresciallo dei carabinieri. So perfettamente che in Centro America non ci è andato in vacanza, e ci mancherebbe pure aggiungerei, ma questo non significa che non meritassimo almeno di essere avvisati della sua partenza, qua dall'oggi al domani mi sono ritrovata a dovermi occupare del suo sostituto, e io già ho troppe cose a cui pensare, questa era una seccatura di cui avrei fatto volentieri a meno." 

 

"E c'hai ragione pure tu, Imma, lo so che è un momento complicato. Certo è strano che a te non abbia detto niente della partenza, ti è tanto affezionato... che poi pensavo, chissà come prenderà questa storia di Lorusso, magari si sentirà pure rimpiazzato, gli uomini fanno tanto i superiori ma appena li metti un poco in discussione crollano..." 

 

Imma guardò di traverso la sua cancelliera, nonostante quello che aveva detto non le sembrasse una totale sciocchezza. Avrebbe dovuto essere arrabbiata con Calogiuri per il modo in cui era scappato, quasi come un criminale, ed in effetti lo era; non avrebbe dovuto preoccuparsi minimamente della reazione che avrebbe avuto apprendendo della presenza in procura di un suo sostituto, ma la verità era che, come Diana, anche lei sospettava non gli avrebbe fatto piacere, e si chiedeva se questo avrebbe compromesso ancor di più il loro rapporto, fino ad un punto di non ritorno. La prospettiva di perderlo, di perdere quello che avevano prima di quel bacio e di quella partenza, ecco cosa la terrorizzava: non sopportava l'idea di vivere una vita in cui Calogiuri non ci sarebbe stato, o, peggio, l'avrebbe trattata alla stregua di un'estranea, ma temeva che gli ultimi avvenimenti li avrebbero portati esattamente in quella direzione. Quel timore doveva però restare nascosto, segregato, mai si sarebbe esposta al punto da confessare di sentire il bisogno che qualcuno facesse parte della sua vita, mai si sarebbe mostrata così vulnerabile.

 

"Per che cosa si dovrebbe risentire, Diana, sentiamo, perché la procura di Matera non si è fermata in attesa che lui tornasse in servizio? Peccato non averci pensato prima, avremmo potuto appendere un cartello all'ingresso con scritto ATTIVITÀ SOSPESE FINCHÉ IL MARESCIALLO NON TORNA, TANTE CARE COSE A VOI E FAMIGLIE. La prossima volta, dai." 

 

Diana scoppiò a ridere, arrendendosi all'idea che con Imma non l'avrebbe mai avuta vinta. Raccolse dalla scrivania tutto ciò che le serviva per adempiere ai suoi doveri d'ufficio, ma, prima di sparire definitivamente nella sua stanza, si voltò un'ultima volta. 

 

"Guarda che comunque non devi fingere che Ippazio non ti manchi, non con me."

 

                                   ***

 

"Amò!! Dai, facciamo tardi!"

 

Non appena la voce di Pietro la raggiunse in camera da letto, Imma sbuffò. Era  in piedi davanti allo specchio da qualche minuto, nel tentativo di darsi una sistemata dopo la doccia veloce che aveva fatto, ma l'entusiasmo era lo stesso con cui la Moliterni timbrava il cartellino al mattino. 

 

"E un attimo, Pié, sto arrivando!"

 

Lisciò il tessuto leggero della gonna rosa che aveva deciso di indossare quella sera, e a cui aveva abbinato - si fa per dire - una canotta blu dall'indefinita fantasia animalier. Si scrutò con attenzione, ma lo specchio non le restituì altro che l'immagine di un viso stanco, pallido, decisamente provato da quella interminabile giornata di lavoro. Avrebbe voluto soltanto starsene a casa, mangiare velocemente qualcosa e fiondarsi a letto, ma a rovinarle il programma e l'umore ci aveva pensato suo marito, che non aveva neppure aspettato che mettesse piede in casa per ricordarle che i suoi genitori li aspettavano per cena. Quella notizia aveva gettato Imma nello sconforto: il solo pensiero delle battutine di sua suocera - a cui avrebbe dovuto prontamente controbattere, anche perché, stanchezza o no, subirle in silenzio era fuori discussione - era sufficiente a sfinirla, mentalmente e fisicamente. In un impeto di rabbia, infastidita persino dal  riflesso della sua immagine nello specchio, indossò le immancabili zeppe, e con la solita camminata decisa, che in quel caso avrebbe potuto considerarsi una vera e propria dichiarazione di intenti, raggiunse un impaziente Pietro in salotto.

 

"Finalmente, amò. Stai benissimo." 

 

"Sì, non ti dico, con queste occhiaie poi. Ma non ci potevi andare da solo da tua madre stasera? Ti ho già detto che sono stanchissima, ho avuto una giornata pesante." 

 

"Tu ultimamente sei sempre stanca, Imma, diciamo che sta diventando un poco difficile starti dietro. E comunque lo sai come è fatta mamma, ogni volta che mi vede da solo mi chiede se stiamo in crisi, si preoccupa." 

 

"Quella non è preoccupazione Pietro, quella è speranza, tua madre se divorziassimo organizzerebbe una festa da cui prenderebbero appunti pure per quella della Bruna, non fare finta di non saperlo." 

 

"Ma tanto io e te non divorzieremo mai, quindi non c'è problema, nessuna festa all'orizzonte, non è vero amò?" 

 

Imma sorrise e stampò un bacio sulle labbra al marito, che sospirò beato, come se il solo fatto di averla così vicina gli procurasse sollievo. Si persero entrambi in quel contatto, sebbene per motivi completamente diversi: a Pietro quel riavvicinamento improvviso, il primo dopo interminabili giorni di distanza, quasi non sembrò reale, al punto da non riuscire a staccarsi da sua moglie; Imma invece si aggrappò a quel bacio come ne dipendesse la sua esistenza, alla disperata ricerca di un diversivo per spegnere completamente i pensieri, per mettere a tacere il vortice di riflessioni pericolose generate dalla domanda di suo marito, tutt'altro che retorica. Continuarono a baciarsi sulla porta di casa per qualche istante, come due ragazzini, fino a quando fu Pietro, a sorpresa, a mettere distanza tra di loro.

 

"Amò... qua se non ci allontaniamo finisce che da mamma non ci andiamo più. Però possiamo sempre riprendere il discorso appena torniamo a casa..." 

 

Imma fece l'ennesimo sorriso tirato, cercando di soffocare la terrificante consapevolezza di non avere poi chissà che voglia di "riprendere il discorso". Risoluta a non perdersi oltre in quelle riflessioni, che l'avrebbero costretta a conclusioni a cui non aveva alcuna intenzione di dare forma, né in quel momento, né mai, afferrò la borsa che aveva abbandonato sul divano e, dopo essersi accertata che Valentina li stesse attendendo già da nonni, seguì Pietro fuori casa. 

 

Sarebbero senz'altro state ore interminabili. 

 

 

***

 

"E vi pare questa l'ora di arrivare? Quella povera figlia di Valentina a momenti mi muore di fame!"

 

"Eh signora mia, esiste gente che per campare deve lavorare, a volte persino fino a tardi, anche se mi rendo conto che il concetto per certe orecchie possa suonare di difficile comprensione." 

 

"Sì sì, va bene, peccato che intanto che tu facevi la stacanovista in procura qua tutto si è freddato, mò che facciamo con la lasagna, la buttiamo?" 

 

"Mamma, ma che dici, che buttiamo! E poi è estate, non è che la dobbiamo mangiare per forza calda calda..."

 

"Oddio, comunque buttarla non mi pare una pessima idea, forse è la volta buona che non torniamo a casa col dolore di stomaco..."

 

Pietro lanciò un'occhiata in tralice ad Imma, terrorizzato all'idea che la battuta della moglie facesse da miccia all'ennesima, interminabile discussione a tema culinario tra lei e sua madre. Tirò un sospiro di sollievo solo quando si rese conto che quest'ultima fosse ormai sparita in cucina, troppo lontana per sentirli: non chiedeva molto, soltanto di poter trascorrere una serata tranquilla in famiglia, senza discussioni che lo costringessero a schierarsi da una parte o dall'altra. Odiava prendere posizione, soprattutto quando questo comportava dover fare torto a qualcuno: non era un caso che negli anni avesse accumulato una certa esperienza nel tenersi lontano da situazioni spinose, nella vita privata come sul lavoro, tutto sommato a proprio agio nel ruolo di spettatore silente, o di ignavo come era solita recriminargli Imma, che da sempre era insofferente al suo atteggiamento indolente e remissivo, lontanissimo dallo spirito battagliero con cui lei sceglieva di affrontare ogni aspetto della vita. Eppure Pietro non capiva cosa ci fosse di sbagliato nell'accontentarsi di un'esistenza che sì, forse qualcuno avrebbe potuto definire piatta, insignificante, senza infamia e senza lode per rimanere in tema, ma che gli assicurava una cosa a cui non avrebbe mai rinunciato: la serenità, frutto della placida consapevolezza che, qualsiasi cosa fosse successa, il mondo avrebbe continuato a girare pure senza di lui e le sue prese di posizione. Preferiva evitare gli scontri, i litigi e ogni altro genere di bagarre perché erano tutte minacce a quella quiete per il cui raggiungimento tanto si era impegnato, era questa era la verità: gli anni trascorsi all'ombra dell'ingombrante personalità di sua madre gli avevano insegnato l'importanza di assecondare chi sarebbe stato meglio non contrariare, e l'ironia della sorte aveva voluto che quel principio gli tornasse utile anche per stare accanto ad Imma, a cui Pietro si approcciava in punta di piedi, tentando di fatto di esserle il meno di intralcio possibile, certo che solo un simile atteggiamento avrebbe potuto mitigare le loro abissali differenze caratteriali. 

 

"Amò, per favore, possiamo cercare di evitare i soliti drammi con mia madre, almeno stasera? Dai, vieni, andiamo a sederci a tavola, c'ho una fame!"

 

Già ben oltre il limite di sopportazione, Imma alzò gli occhi al cielo e si rassegnò a seguire Pietro in salone, dove ad attenderli c'era Valentina, che, intenta a mostrare al nonno qualcosa sul cellulare, inizialmente non notò neppure la presenza dei genitori. 

 

"Valentì, buonasera. Possiamo sperare nella tua attenzione o per parlare con te dobbiamo concordare prima udienza via whatsapp?"

 

Non appena il  tono seccato della madre le giunse alle orecchie, Valentina sollevò lo sguardo, che non sembrava animato da emozione alcuna, fatta eccezione per l'onnipresente accenno di noia.

 

"Ti ho vista, mà, con quella maglietta orrenda ti vedrei pure al buio. Che vuoi?" 

 

Imma non fece in tempo ad aprire bocca che Pietro le prese la mano, supplicandola con lo sguardo di non dare seguito alla scenata che era certo - e a ragione - avesse in mente di fare all'indirizzo della figlia. Si vide però allontanare il braccio con un gesto stizzito, segno che il tentativo di calmare la moglie fosse andato tutt'altro che a buon fine. 

 

"Allora, innanzitutto che vuoi lo dici a tua sorella, non ti azzardare! Mi auguro tu abbia combinato qualcosa di concreto e non abbia perso il pomeriggio appresso a quel telefono, perché come l'ho comprato te lo distruggo, e poi altro che il modello dei narcotrafficanti che c'avevi prima, coi piccioni viaggiatori ti puoi arrangiare! Ti ho avvisata!" 

 

"Ma possibile che tu sappia parlare solo di studio, studio e ancora studio? Ma a quello che voglio fare io ci pensi mai? La mia vita non gira attorno ad un debito in latino, dottoressa!"

 

"E faresti meglio a cambiare approccio, Valentì, almeno finché non passi quell'esame, altrimenti a girare qua sarà ben altro, e ti assicuro che non ti conviene!"

 

Valentina sbuffò e incrocio le braccia al petto, non prima però di aver lanciato uno sguardo esasperato all'indirizzo del padre, nella speranza che intervenisse in sua difesa. Pietro tuttavia si limitò ad alzare le mani a mò di resa, guadagnandosi un'occhiataccia pure da parte di Imma, stizzita all'idea che per l'ennesima volta il marito l'avesse lasciata da sola a fare la voce grossa con la figlia. 

 

"E che è, manco sei arrivata e già ti sei messa a fare lo sceriffo? Valentina l'ho controllata io, ha studiato tutto il pomeriggio. E comunque ve l'ho già detto, il professore di latino è il fratello di un'amica mia, che ci vuole a metterci una buona parola..."

 

Imma quasi non ci vide più: rivolse alla suocera una smorfia oltraggiata, a cui questa rispose mantenendo il solito atteggiamento impettito, come se proprio non riuscisse a comprendere dove stesse il problema. Se c'era una categoria di persone che Imma tollerava meno dei lavativi, degli impiccioni, persino meno dei bugiardi, beh, quelli erano i raccomandati: aveva perso il conto delle volte in cui, nella vita, si era vista scavalcare da gente con neanche la metà delle sue competenze, ma che dalla propria aveva "lo zio", "il cugino", "l'amica", entità contro le quali anche il migliore dei curricula era costretto a soccombere.

 

"Il giorno in cui mia figlia beneficerà di una raccomandazione vorrà dire che io sarò morta, signora, e a meno che questa condizione non si realizzi di qui a un mese, temo per Valentina che l'esame di riparazione dovrà superarlo senza l'aiutino della nonna, che sfortuna." 

 

"Mò pure sfruttare le conoscenze è un problema, e ti pareva. Sediamoci a tavola, và, sempre che non sia diventato reato pure questo..."

 

"No, si figuri, quale reato. Certo, nel caso di avvelenamento dei commensali il discorso cambierebbe... corriamo il rischio?"

 

Imma si beccò uno sguardo raggelante da parte della suocera, a conferma di quanto con quella battuta avesse colto nel segno. Sorrise tra sé e sé, incurante del fatto che alla sua sinistra Pietro stesse scuotendo la testa, contrariato dall'ennesima discussione. Addentò uno spicchio della focaccia che si trovò davanti, dovendo riconoscere, suo malgrado, che non fosse affatto male. La cena per una ventina di minuti si trascinò tranquilla, tra convenevoli e  bicchieri di vino riempiti più che altro per spirito di sopravvivenza, fino a quando, in maniera del tutto inaspettata, la situazione precipitò.

 

"Ma avete saputo di Carmela, la figlia di Rosetta? Ha chiesto il divorzio al marito..." 

 

La signora De Ruggeri accompagno la notizia con una teatrale smorfia di disappunto, che indusse Imma a intervenire nonostante gli affari di tale Carmela non la interessassero minimamente. Contrariare sua suocera era ormai diventata una questione di principio, a maggior ragione su argomenti su cui era certa la donna nutrisse pregiudizi di natura neanche troppo velatamente misogina. 

 

"Signora, in Italia si può divorziare dal 1970, la avviso io perché forse negli ultimi cinquant'anni tra un pettegolezzo e l'altro le è sfuggito..."

 

"E che simpatica, Imma. Statti tranquilla, lo so bene, così come so che in in certi casi i divorzi possono essere solo una benedizione." 

 

La donna fece scorrere eloquentemente lo sguardo tra la nuora e il figlio e, offesa, si trincerò dietro un ostinato mutismo, che Imma accolse - quello sì - come un dono del cielo.

 

"Ma è vero che si sono mollati perché lei ha perso la testa per uno più giovane?" 

 

A sorpresa Pietro si inserì nella conversazione, e per poco Imma non si strozzò con il vino che stava sorseggiando. Si voltò a rallentatore verso di lui, sperando di aver capito male, pregando che il destino non le stesse giocando quello scherzo terribile, per giunta durante una cena che già aveva assunto contorni infernali, e che di certo non aveva bisogno di quell'ulteriore carico.

 

"Eh, se vostro onore qua anziché farmi la lezioncina di diritto mi fa parlare, vi posso pure finire di spiegare! Sì, quella svergognata ha lasciato tutto all'improvviso perché si è innamorata di un ragazzino, uno che lavorava assieme a lei, dentro il supermercato di famiglia... trent'anni, praticamente figlio le viene, mi hanno detto che la povera Rosetta manco di casa esce più per lo scandalo!" 

 

Imma prese ad osservare il contenuto del suo piatto come se si fosse trattato della cosa più interessante al mondo, incapace di sollevare lo sguardo anche solo di un millimetro. Avvertì una sensazione di calore su tutto il viso, mentre ogni singola parola pronunciata da sua suocera le rimbalzava in testa, costringendola ad un giro di associazioni fin troppo immediato.

 

"E scusa, così all'improvviso le è venuto sto innamoramento? L'ho vista assieme al marito qualche mese fa, sembravano affiatati, e chi se lo sarebbe immaginato..."

 

"Pietro, tu sei troppo ingenuo figlio mio. Chissà da quanto c'avevano la tresca quei due, evidentemente il marito li ha scoperti, no? Che poi dico io, all'età che c'hai che ci devi fare con un ragazzino di trent'anni? Che vergogna, che brutto mondo..." 

 

Imma non ci vide più. Mando al diavolo la razionalità, che le suggeriva di restarsene fuori da quella conversazione, di tenere saggiamente nascosto a marito, figlia e suoceri quanto l'argomento la pungesse nel vivo, e decise piuttosto di intervenire, considerando insopportabile l'idea di starsene zitta ad ascoltare quelle assurdità. 

 

"Ma scusate, com'è che quando sono gli uomini ad impegnarsi con donne più giovani nessuno sta qua a battersi il petto? Che è, signora mia bella, invochiamo la buon costume solo quando è la donna ad essere più adulta? Mi sbaglio, o tra lei e suo marito ci sono dieci anni di differenza? Quelli non fanno scandalo?"

 

La signora De Ruggeri rivolse ad Imma l'ennesimo sguardo carico di sdegno, oltremodo infastidita dalla velenosa insinuazione della nuora. Non riusciva proprio a capire cosa suo figlio ci trovasse in quella donna: era impertinente, antipatica, so tutto io, sgradevole, e a dirla tutta manco le pareva sto granché fisicamente, a maggior ragione con addosso quegli stracci dalle fantasie indefinibili che fin troppo generosamente chiamava vestiti. 

 

"E mò che c'entra questa cosa? Sì, io e mio marito abbiamo un poco di anni di differenza, dove sta il problema? È normale che l'uomo sia più avanti d'età rispetto alla donna, sempre così è stato, mò non va più bene? Che è, vogliamo fare la rivoluzione pure su questo? Ha preso piede st'altra idea strana?"

 

"Ma magari prendessero veramente piede queste idee strane di cui parla signora, magari, significherebbe che non mi dovrei più sorbire la misoginia dei suoi pettegolezzi mentre sto a cena, tanto per cominciare."

 

"E ti pareva che non tirava fuori la solita tarantella sulle donne, qua ormai più niente si può dire! Sto zitta, va bene? Non dico più niente, io d'ora in poi starò muta, ché tanto a questo mi avete ridotta, ospite pure dentro casa mia. Meglio stare qua ad ascoltare la dottoressa che ci parla del morto della settimana, non è vero?"

 

Imma rivolse alla suocera un ghigno divertito, non potendo fare a meno di sorridere dinanzi all'infantile nervosismo della donna, che se ne stava ricurva, con le braccia conserte e lo sguardo basso, probabilmente nella vana attesa che qualcuno si decidesse a darle manforte. 

 

"Ma si figuri, lungi da me urtare la sua spiccata sensibilità, non vorrei mai che sentendo parlare del mio lavoro le vada di traverso il lampacione. Magari le farò una telefonata quando avrò bisogno che le informazioni su un caso arrivino ad ogni orecchio di Matera e dintorni, che dice? Così mi risparmio pure la fatica di parlare con la stampa, tanto qua il gazzettino ce l'abbiamo domestico."

 

Imma ebbe giusto il tempo di terminare la frase che un rumore secco di posate sbattute sul piatto la fece sobbalzare, inducendola a spostare lo sguardo su Pietro, responsabile di quel baccano. Stranita, lo osservò alzarsi da tavola, e fu interrotta con un gesto secco della mano quando accennò a chiedergli delle spiegazioni. 

 

"Una cosa avevo chiesto, una, di passare una serata tranquilla. Ma in questa famiglia, a quanto pare, manco quello è possibile, per te e mia madre ogni occasione è buona per giocare a cane e gatto. Io me ne torno a casa, sono stanco. Vi aspetto in macchina."

 

Pietro non diede a nessuno il tempo di replicare, e nel giro di qualche istante riecheggiò in casa soltanto il rumore della porta principale che si richiudeva alle sue spalle. Imma e la signora De Ruggeri si scambiarono un'occhiata fugace, sentendosi entrambe colpevoli per quanto successo. Battibeccavano spesso, era innegabile, ma Imma sapeva di aver superato il limite quella volta, acciecata da una rabbia che non era riuscita a controllare come avrebbe dovuto: si era identificata in Carmela al punto da sentirsi in dovere di difenderla, di difendersi, e aveva fatto di tutto - forse troppo - per non trovarsi con le spalle al muro in quella discussione. Peccato che avesse completamente dimenticato di avere suo marito accanto. 

 

"Hai visto che hai combinato? Hai fatto arrabbiare persino papà, che non si arrabbia mai! Hai un talento, veramente!" 

 

Imma sbuffò all'indirizzo di Valentina, che ovviamente non tardò a prendere le difese del padre, addossando a lei qualsiasi colpa. Stava giusto per chiedere alla figlia perché non se la stesse prendendo anche con la nonna, responsabile almeno quanto lei di quella situazione, ma si morse la lingua giusto in tempo, consapevole del rischio di gettare soltanto altra benzina sul fuoco. Quindi si limitò a recuperare la borsa, e con una recalcitrante Valentina al seguito uscì anche lei da quella casa, in cui - si promise - avrebbe rimesso piede solo alle feste comandate. Forse. 

 

 

***

 

"Pié... è da quando siamo usciti da casa di tua madre che non apri bocca. Ti ho già chiesto scusa in macchina, lo so che a cena ho alzato i toni, ma mò non pensi di stare esagerando?"

 

Erano uno accanto all'altra, nel loro letto, ma Imma avvertiva come se ci fosse una barriera a dividerla da Pietro, tanto che rinunciò persino all'idea di allungare una mano verso il marito, gesto che in quel momento le sembrò inopportuno, fin troppo confidenziale per la situazione in cui erano. 

 

"Sto esagerando, Imma? Io? Ma tu veramente fai? Ti avevo chiesto una serata tranquilla, anche perché sono settimane che stai sempre nervosa, in questa casa l'aria è diventata irrespirabile. Non si può dire nulla ché subito salti in aria, pure stasera l'hai fatto! Mi spieghi che t'interessava a te di Carmela, di suo marito, dell'amante e tutto il carrozzone? Ti sei innervosita manco fosse tua parente stretta, ti rendi conto? Tu manco la conosci 'sta gente!" 

 

"Ma che c'entra 'sta Carmela, Pietro, è il principio! Vogliamo veramente fare una questione perché ho fatto notare a tua madre che sarebbe ora che lei e le comari sue la smettessero di vivere nel Medioevo? Nel caso non te ne fossi accorto a quel tavolo c'era tua figlia sedicenne, che è, la cresciamo facendole credere che vada bene mettere in croce una donna perché sceglie di frequentare uno più giovane, manco fosse chissà quale delitto? No fammi capire, tu preferiresti così?" 

 

"Ma che dici, Imma, ti pare che io voglia inculcare 'ste idee a Valentina, ma non scherziamo! Sto solo dicendo che ogni tanto per il quieto vivere si può pure stare zitti, fare finta di niente, lasciare correre insomma, e tu non lo fai mai, sempre sul piede di guerra stai!" 

 

"E certo, meglio girarsi dall'altra parte, non è vero? Stiamo sempre zitti, accettiamo tutto e abbassiamo la testa, tanto prima o poi qualche scemo che si prenda la briga di sporcarsi le mani al posto nostro arriva, giusto? Tu stattene qua fermo Pietro, bello bello nel tuo privilegio, aspetta che facciano sempre tutto gli altri, non ti incomodare!"

 

"Perché invece le cose le cambiamo discutendo con mia madre davanti al piatto della lasagna, no? Si è visto, mò con la scenata che hai fatto hai risolto tutti i problemi, vero? Dai, lasciamo perdere, sono stanco Imma, e non c'ho manco voglia. Buonanotte." 

 

Pietro si voltò dall'altra parte e spense l'abat-jour, chiarendo così l'intenzione di non portare avanti la conversazione. Imma osservò per qualche istante la sua schiena, irritata oltremodo dal fatto che il marito per l'ennesima volta fosse scappato da lei, dalla discussione che stavano avendo, anziché andare fino in fondo e cercare un chiarimento. In un gesto di stizza allontanò le lenzuola e, dopo l'ennesimo sbuffo, scese dal letto, risoluta a non condividere quello spazio ristretto con lui un solo istante di più. Uscì dalla stanza e si rifugiò in salotto, a quell'ora illuminato solo dalla fioca luce dei lampioni esterni. Si mise comoda sul divano e chiuse gli occhi, nel tentativo di riordinare quella intricata matassa di pensieri che ormai da settimane non accennava a darle tregua. Neanche a dirlo, in quella confusione a svettare furono due occhi azzurrissimi, gli stessi che aveva in mente quando a cena si era infervorata, gli stessi che non vedeva ormai da tre settimane e che le mancavano da morire: specchiarsi in quelle iridi per lei era sempre stato come osservare il mare, ne era terrorizzata e affascinata allo stesso tempo, divisa a metà tra la voglia di esplorarne ogni angolo, certa delle meraviglie che avrebbe trovato, e il terrore di perdercisi dentro, senza più possibilità di fare ritorno sulla terraferma. Quel sentimento che nutriva per Calogiuri per lei rappresentava un'enorme incognita: non immaginava in alcun modo dove l'avrebbe condotta, in realtà non riusciva a capire neanche fino a che punto fosse conveniente spingersi, continuamente tormentata dal pensiero che, se pure avesse ceduto, sarebbe stato altissimo il rischio di ritrovarsi in poco tempo con il cuore e la vita in mille pezzi. C'era una parte di lei, quella libera e spensierata, la stessa che per anni aveva ostinatamente combattuto, che le suggeriva di arrendersi, di smettere di opporre resistenza, di provare, per una volta nella vita, ad essere felice: quando capitava che le desse ascolto, Imma si ritrovava preda di desideri e slanci irrazionali, incompatibili con la vita che si era scelta, con le sue responsabilità, con ogni singolo punto fermo faticosamente costruito nel tempo. Stava succedendo anche in quel momento: forse per  la pesantezza della giornata, o forse per la nostalgia che ormai perennemente la opprimeva, si ritrovò a immaginare che su quel divano assieme a lei ci fosse Calogiuri, e che le sue braccia forti le cingessero la vita, in un abbraccio inizialmente tenero, ma che poco a poco, a furia di far vagare le mani una sul corpo dell'altro in maniera sempre più disinibita, si sarebbe trasformato in qualcosa di tutt'altro che innocente. Ormai, quando si trattava di lui, Imma neanche tentava più di fermare il flusso dei suoi pensieri: la sua mente precipitava costantemente in un vortice di immagini vietate ai minori, per cui, doveva ammetterlo, proprio non riusciva a provare rimorso. La vita sessuale con Pietro era stata sempre soddisfacente, per carità, si divertivano parecchio, ma nel corso degli anni si era vista costretta a sacrificare moltissime delle sue fantasie più spinte sull'altare del sesso tradizionale, l'unico che suo marito contemplasse. C'era qualcosa che le diceva che invece, con Calogiuri, sarebbe stato tutto diverso: sentiva che avrebbe potuto essere sé stessa senza inibizioni, senza filtri o sovrastrutture, e che qualsiasi esperienza vissuta assieme a lui, a partire dal sesso, avrebbe avuto per lei il sapore della libertà, una sorta di atto di amore nei confronti di quella parte di sé mai davvero venuta alla luce perché schiacciata dal peso delle responsabilità, delle pressioni, di una vita che fin da subito le aveva imposto rigore e disciplina come uniche strade per ottenere il riscatto che cercava. Calogiuri per Imma era come la prima boccata di aria fresca dopo interminabili istanti di apnea: non si capacitava di come avesse potuto farne a meno per così tanto tempo, di come avesse potuto rinunciare a sentirsi così viva come quando aveva attorno lui. L'incontro con lui le aveva fatto aprire gli occhi su quante cose avesse sacrificato, su quanto di bello avesse consapevolmente lasciato indietro, le aveva aperto una finestra da cui aveva visto una Imma che, se solo avesse voluto, avrebbe potuto essere felice, felice davvero, avrebbe potuto finalmente respirare a pieni polmoni. Era persino arrabbiata per questo, perché prima di conoscerlo, prima di essere travolta da quelle sensazioni a cui ancora faticava a dare un nome, non aveva mai avuto la percezione di quanto stesse vivendo a metà, di quanto l'ambizione esagerata in ambito lavorativo l'avesse spinta ad accontentarsi rispetto a tutto il resto, come se fuori dalla carriera, in cui porsi dei limiti non era mai stata un'opzione, avesse mollato la presa, si fosse in qualche modo adagiata, limitandosi a percorrere un sentiero preimpostato che agli  occhi di una ragazzina che aveva visto il mondo solo attraverso i libri aveva avuto il sapore dell'ineluttabilità. E invece Calogiuri ogni giorno, sconvolgendola dalla testa ai piedi, le dimostrava che un'altra vita sarebbe stata possibile, che un'altra Imma sarebbe stata possibile, e se da un lato questo riaccendeva in lei la speranza, dall'altro le provocava una fortissima rabbia, perché le sembrava di essere fuori tempo massimo per assecondare quei sentimenti, per riprendere il controllo della strada dopo anni di guida con il pilota automatico. Nei momenti in cui i rimpianti la assalivano, Imma si faceva mille domande, chiedendosi se forse sarebbe stato meglio non incontrarlo affatto, anziché vivere nel tormento di quello che avrebbe potuto essere ma con ogni probabilità non sarebbe stato mai; tuttavia subito rinsaviva, rendendosi conto che se avesse vissuto mille vite, mille volte avrebbe voluto imbattersi in lui, in quegli occhi limpidi, in quella timidezza che sapeva diventare risolutezza quando necessario, in quei modi di fare d'altri tempi che tradivano una bontà d'animo che riusciva sempre ad impressionarla, trasmettendole la folle speranza di un mondo migliore, più giusto, in cui le persone come Calogiuri non sarebbero state l'eccezione, ma la regola. Quando, dopo quel bacio, gli aveva detto che fosse pericoloso, non esagerava per nulla: non c'era mai stato nessuno, nessuno nella sua vita che la scombinasse così, che minacciasse così tanto quel muro di razionalità, rigore e intransigenza che si era costruita attorno, con il rischio di arrivare alla parte più emotiva e fragile di lei, quella che proteggeva neanche fosse il più inconfessabile dei segreti. Calogiuri era la falla in una corazza apparentemente indistruttibile, il suo vero tallone d'Achille: sarebbe bastato nascondere quella parte di sé, soffocarla sotto strati di noncuranza, e sarebbe tornata invulnerabile. Ma, e questo era il punto, lo voleva davvero? Sarebbe stata disposta a rinunciare per l'ennesima volta alla Imma che Calogiuri aveva avuto l'abilità di riportare alla luce, a spegnere di nuovo tutto, tornando alla normalità di sempre? Sarebbe riuscita di nuovo ad accontentarsi, lei che prima che lui le facesse toccare il cielo con un dito si era rassegnata a pensare che certe cose semplicemente non l'avrebbero riguardata mai?

 

***

 

Haiti

 

Dopo il pranzo svoltosi nello stanzone comune della caserma haitiana di cui erano ospiti, Calogiuri tornò velocemente in camera, con il solo desiderio di rilassarsi per l'ora successiva, prima di riprendere servizio. Tolse la divisa che indossava, la sostituì con una tuta e si sdraiò a letto, incredulo all'idea di poter trovare un po' di riposo dopo la mattinata faticosissima che aveva affrontato. Come ormai era abitudine iniziò a smanettare un po' con il cellulare, trovandosi ben presto immerso nella home di Facebook, uno dei pochi strumenti a disposizione per rimanere in contatto con chi era in Italia. Lesse distrattamente qualche post, e proprio quando, vinto dalla noia, fece per uscire, l'icona dei messaggi si tinse di rosso, segno che qualcuno gli avesse appena scritto. 

 

 

Giuseppe Capozza 

 

Uééééé, maresciallo Calogiuri! O forse dobbiamo chiamarti il sudamericano??????!!!!! 🤣🤣🤣 

 

 

Calogiuri sorrise all'indirizzo dello schermo, ormai rassegnato allo strano concetto di ironia che aveva Capozza. Rispose con un saluto, sinceramente contento di risentire qualcuno dalla procura. 

 

 

Giuseppe Capozza 

 

E allora????? Che combini oltreoceano????? È vero che pare un altro mondo??????? Quasi quasi mi trasferisco pure io, solo che mi sa che Diana mi trova pure là.... 🤣🤣🤣

 

 

Scosse la testa, pensando che non si sarebbe mai abituato all'idea di Capozza e la signora Diana assieme: lo aveva scoperto poco prima di partire, e il connubio gli era sembrato talmente strano che pensava lo stessero prendendo in giro.

 

 

Ippazio Calogiuri

 

Mi sa che ti sei dimenticato che non sto qua in vacanza, Capò. Si fa tanta fatica, sembra di essere sospesi nel tempo, ma è un'esperienza che rifarei altre mille volte, penso di stare crescendo molto come persona e come maresciallo. Tu invece, che mi racconti? Come va in procura?

 

Calogiuri iniziò ad avvertire una punta di nervosismo, anche perché quella domanda su cosa stesse succedendo in procura era tutt'altro che dettata da interessi lavorativi, almeno in quel caso. Sperava che Capozza, data la nota incapacità di farsi gli affari suoi, gli raccontasse qualcosa di lei... 

 

 

Giuseppe Capozza 

 

E che ti devo dire Calogiù, qua si lavora come muli dalla mattina alla sera, lo sai com'è la Tataranni..... Ultimamente poi è peggio del solito, pare indemoniata, con il dovuto rispetto ah, ma non si sopporta più.... 🤣🤣 A proposito, ma sai che ti ha già rimpiazzato? Mi sa che si è trovata un altro cocco..... 🤣🤣

 

Calogiuri dovette rileggere quel messaggio più e più volte prima di realizzarne il contenuto, mentre il cuore gli batteva nel petto ad un ritmo forsennato. Cercò di rimanere lucido, di non farsi prendere dal panico, ma la sua mente riusciva a formulare un unico pensiero: la dottoressa, la sua dottoressa, lo aveva rimpiazzato. Erano passare tre settimane, e aveva già trovato qualcuno che prendesse il suo posto. 

 

 

Ippazio Calogiuri

 

Che intendi? 

 

Scrisse un messaggio telegrafico, giusto due parole, sia per la fretta di avere spiegazioni, sia perché in quel momento, confuso come era, non sarebbe riuscito ad articolare niente di più sensato.  

 

 

Giuseppe Capozza

 

In procura è arrivato un tizio nuovo, da Bari... il tuo sostituto, a quanto si dice richiesto dalla Tataranni in persona. Dovresti vederlo, un marcantonio, tutte innamorate stanno qua... 🤣🤣🤣 È arrivato da un paio di giorni e già la dottoressa lo ha messo sotto, sempre appresso se lo porta, mi ricorda te!!!!! 🤣🤣🤣🤣

 

Calogiuri si sentì come in una bolla, incapace di reagire alle informazioni che gli erano piovute addosso. Se ne stette immobile, con il telefono in mano, mentre il fiato si faceva più corto e il battito cardiaco più galoppante, man mano che gli si materializzavano davanti agli occhi le scene di un'altra persona, anzi un marcantonio come lo aveva definito Capozza, che lavorava fianco a fianco con la dottoressa, prendendosi il suo posto. Sapeva che non aveva alcun diritto di essere geloso, lo sapeva benissimo, ma in quel momento non riusciva a pensare ad altro che alla possibilità che Imma avesse con quel carabiniere la stessa intesa che aveva con lui: chissà, forse presto si sarebbe resa conto che non c'era niente di speciale in un maresciallo di provincia timido e impacciato, che quella complicità che avevano e che consentiva loro di lavorare in totale sincronia avrebbe potuto averla pure con il marcantonio, e lo avrebbe messo da parte a cuor leggero. Anzi, chissà che non lo avesse già messo da parte, pure Capozza del resto sul punto era stato molto chiaro, dicendogli senza troppi giri di parole che lo aveva rimpiazzato.

 

 

Ippazio Calogiuri

 

Ma alla dottoressa non hanno detto che sarei tornato a Matera nel giro di due mesi?

 

Con quel briciolo di lucidità rimastagli, Calogiuri iniziò a contemplare l'ipotesi, senz'altro più confortante delle altre che si stava prefigurando, che la dottoressa potesse non sapere che in poco tempo sarebbe tornato a Matera. Del resto, lui era partito senza avvisarla: era perfettamente consapevole di aver sbagliato, di essersi comportato in modo infantile non dicendole nulla, di non essere stato neanche lontanamente professionale, ma sperava che, per l'ennesima volta, lei capisse le sue intenzioni senza bisogno di parole, e che anzi apprezzasse la scelta di allontanarsi per lasciarle spazio dopo quello che era successo tra loro. 

 

 

Giuseppe Capozza

 

E certo che lo sa, lo sa eccome. Ma, testuali parole, "la giustizia italiana non può perdere tempo appresso alle esperienze del maresciallo Calogiuri". O almeno così ha detto a Vitali, solo che poi la segretaria del procuratore capo ha notificato a mezza procura.... 🤣🤣🤣 Chi va a Roma perde la poltrona, ma chi va ad Haiti perde il posto a Matera city, Marescià 🤣🤣🤣🤣🤣

 

Calogiuri in un impeto di rabbia gettò il telefono ai piedi del letto, non curandosi neanche di rispondere a Capozza, che con quella battuta idiota lo aveva pure fatto innervosire. Sospirò stizzito, mentre un numero indefinito di sentimenti, dalla gelosia, alla frustrazione, alla tristezza, si facevano strada dentro di lui, come se fossero un groviglio inscindibile. Aveva messo in conto che la dottoressa avrebbe potuto reagire così, non era uno sprovveduto e sapeva di aver lasciato la procura, di aver lasciato lei, nel momento peggiore possibile dal punto di vista lavorativo, con il processo Romaniello che incombeva e le possibilità di esito positivo veramente esigue, se non fossero emersi nuovi elementi. Al tempo stesso però era intimamente convinto che allontanarsi fosse stata la scelta migliore possibile: era certo che la dottoressa dopo quel bacio lo avrebbe considerato un problema da risolvere, l'unica macchia di una vita irreprensibile, e Calogiuri non aveva alcuna voglia di sentirsi così. Lui quel bacio lo aveva desiderato più di ogni altra cosa al mondo, e non aveva dubbi sul fatto che fosse stato il momento più felice della sua vita. Non c'era bisogno di sporcarlo con parole e ragionamenti inutili, era consapevole che con ogni probabilità non sarebbe mai risuccesso, ma sentirselo dire da lei sì che lo avrebbe distrutto. Non sapeva neanche come avrebbe fatto a starle vicino, una volta tornato a Matera: a volte, nonostante fossero passate settimane, gli sembrava di sentire ancora il suo sapore, la consistenza dei suoi ricci sotto le dita, l'impronta delle mani calde di lei sul suo viso, e tremava. E d'altra parte, perché porsi ancora quei problemi? La dottoressa, come sempre, aveva provveduto a risolvere la questione per entrambi, facendo a meno di lui, rimpiazzandolo, e non faticava ad immaginare uno scenario in cui avrebbe avuto sempre meno bisogno del suo aiuto, mettendo la parola fine a qualsiasi rapporto tra loro, pure quello lavorativo. Aveva avuto il suo momento di felicità, ma per viverlo aveva forse perso tutto: una sorta di patto con il diavolo, che adesso non era più convinto fosse stata la migliore delle idee. Non aveva paura di dire che, da quando era entrata nella sua vita, la dottoressa, Imma, rappresentasse la parte migliore delle sue giornate: non gli serviva molto, a Calogiuri bastava bearsi della luce abbagliante che emanava per sentirsi appagato, completo, per avere la sensazione di trovarsi costantemente nel posto giusto. Aveva avuto senso, quindi, sacrificare tutto ciò per un solo momento di felicità, seppur purissima? O, forse, come sempre più spesso si ripeteva, sarebbe stato meglio niente?

 

 

Spazio autrice

 

Ciao a tuttə!!!!!!!!!!!!! 

 

Rieccoci qua. 

Per qualche tempo ho messo in stand - by questa storia, un po' per gli impegni, un po' perché quello che è successo tra Imma e Calogiuri nella seconda parte di stagione mi ha lasciato tanto amaro in bocca. Solo che poi mi sono detta che quei due sono talmente belli da meritare un po' di felicità, se non in tv almeno in una fanfiction che non sarà il massimo, ma è davvero scritta con tutto l'amore del mondo! Grazie a chi ha letto la storia in questo periodo, grazie a chi ci ha tenuto a scrivermi delle cose bellissime, e grazie in anticipo a chi leggerà e lascerà qualche commento a questo capitolo, che per farmi perdonare l'attesa è veramente luuuuuuunghissimo!  Con questo aggiornamento termina la fase introduttiva della storia, dal prossimo capitolo Calogiuri tornerà a Matera, e lì sì che inizierà il divertimento.... Più o meno 🙃

 

A prestissimo!

   
 
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