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Autore: Cladzky    16/12/2022    1 recensioni
«Forse non fu il romanzo di Melville a spingere il signor Friederich su una baleniera, ma certo lo portò a ribattezzarla "Jungfrau"»
Una piccola avventura ai confini del mondo nel circolo polare artico. 1851; nella Germania ancora non unificata, il signor Friederich decide di finanziare una spedizione nei mari più freddi della terra alla ricerca di una nuova rotta per la caccia alle balene, mercato in declino ad Amburgo. L'equipaggio del suo brigantino, dunque, viene composto della più incivile marmaglia disposti a spingersi oltre i confini conosciuti pur di avere un'occupazione e l'emozione di star sfidando la natura in ambienti tanto remoti da non essere ancora mappati. Johannes, primogenito di un vecchio ramponiere di capodogli, s'imbarca, pur non sopportando la personalità del suo capo. Ad attenderli, un ambiente ancora inadatto all'essere umano, dove solo animali eccezionali sopravvivono, mai studiati prima.
Genere: Generale, Science-fiction, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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    Mi rendo conto che nel capitolo precedente vi ho parlato della storia di Amburgo, ma non di Amburgo in sé e volevo restituire appena un po' di quell'atmosfera urbana che trovai in quell'amica d'infanzia ma che, come molte amiche appunto, se non le stai dietro crescono e indietro ti ci lasciano. Perché le città, come molte donne, non si adattano all'uomo, sebbene sia lui a darle ciò di cui abbisognano, sapendo che altri ne verranno. E molti uomini erano venuti ad Amburgo negli ultimi tempi! Ad ogni ora del giorno le strade brulicavano di gente affaccendata: Lungo il Nikolaifleet dei barili di whisky irlandese venivano scaricati tramite argani dal loro battello, mentre già si ormeggiava alle gomene un altro, carico d'olio di balena, rigorosamente da azienda danese. Chi non era al porto, a specchiare il suo muso indurito dal lavoro nel vitreo Alster, da cui saliva una nebbia febbrile che ingrigiva l'atmosfera, era ai magazzini adiacenti, a stipare lana inglese, desideroso di contorcevi dentro dal freddo che trapassava l'ossa. Pure i gabbiani rabbrividivano avvolti nelle loro stesse ali, abbarbicati sui piloni. Camminando sotto le facciate di quelle case tanto strette e alte, accorpate senza respiro l'una accanto all'altra, recentemente rimontate in mattoni rossi vivaci, mi riaffiorarono dalle acque, gelide quanto il canale sottostante, immagini d'infanzia,  di dolcezza, giochi, corse e amicizie avvenute in quei vicoli, ghiacciati in essi come statue che la mia memoria scolpiva vivide, esposte sul pietrame dei moli.

    Me ne stetti ancora un poco, offrendo il viso al vento, mani in tasca e fischiettando un vecchio motivetto del mio paese, come una vedetta al parapetto dell'Holzbrücke, guardando ad est i battelli arrivare e partire, scaricare e caricare, affondare e alzarsi. Come era quieta la vita di quei marinai d'acqua dolce: Sui fiumi non ci sono tempeste, scogli o correnti improvvise. E quanti ne avrei visti invece io, che in vita mia non mi ero mai spinto oltre una lega dalla costa, sul peschereccio di mio padre, e ora mi ero aggiudicato un bel viaggio in mezzo i fiordi della Norvegia, a millecinquecento chilometri e più da dove mi trovavo ora. Ma era per questa disperazione che mi ero offerto per il posto. Spesso in ciò che ci spaventa si nascondono i nostri interessi. Decisi infine che, anche provandoci, non si poteva fare guardia migliore agli scaricatori di porto di quanta non ne facesse già da centonovantacinque anni la guglia barocca di santa Katharinen e, ripreso il fagotto, lasciai il quartiere di Speicherstadt, affondando nella folla.

    Amburgo era cresciuta. Si era svestita dei suoi panni da bambina insieme alle sue mura medievali per cingersi con collane di tralicci telegrafici. Niente più assedi e battaglie coi soldatini per lei, né barchette di carta spinte verso il polo, solo investimenti sicuri, come testimoniavano i miti visi che entravano e uscivano dall'ingresso colonnato della camera di commercio dietro il municipio. Avevo risalito a nord, fino a sostare ancora per Adolphsplatz, rimirando l'Handelskammer Hamburg in tutta la sua austerità regale, bassorilievato di riflessivi visi storici e dée della fortuna. Una larga balconata dava sulla piazza e mi chiesi se mai qualche azionista si prendesse il tempo di aprire quei gran portoni in vetro e ammirare il profilo della città da lassù. Diedi un occhio all'orologio montato sull'ala destra, ma era ancora presto pure per mangiare. Per quanto mi sforzassi di stare tranquillo nel mio bighellonare non ci riuscivo, pur non avendo nulla da fare e forse era questa la causa. Quando sono libero la mia testa pensa e quando penso troppo mi ricordo del passato e quando penso al passato ricordo ogni mio sbaglio e quando ricordo gli sbagli analizzo gli sbagli e quando analizzo gli sbagli vedo tutto come uno sbaglio. Chissà che strazio avevo dato ai miei genitori, barcamenandomi per questa disgrazia furtivo come un ladro e lo ero davvero perché li avevo privati della loro serenità che si deve agli anziani. Non lo erano ancora, certo, ma lo sarebbero stati e chi si sarebbe occupato di loro se non il primogenito? Partivo anche per questo, mi dicevo quasi a convincermi, parto anche per loro, per tornare a versare ogni marco nelle loro tasche, abbastanza da dargli una pensione tranquilla, lontani dal lavoro. Nel frattempo, per quei mesi, un anno che mancavo, le mie sorelle avrebbero badato a loro. Erano ragazze di buona lena, appena più giovani di me, che già lavoravano. Bianka, aveva diciassette anni e da quando ne aveva quattordici si dava da fare per Cuxhaven, imparando a intrecciare reti da pesca, grattare cirripedi dalle chiglie e riparare le barche. Già aveva espresso il desiderio di farsi insegnare a pescare e ora mio padre sarebbe stato costretto ad accontentarla. Erano in buone mani per ora. 

    E se non fossi tornato? Di marinai morti ce n'erano in ogni famiglia del paese e se gli europei avevano abbandonato la navigazione nell'Artide un motivo c'era, solido come la calotta in cui si erano incagliate l'Erebus, e la gemella Terror, qualche anno fa. Se fossi assiderato, morto di scorbuto o divorato dai mostri marini, chi ci avrebbe pensato alla famiglia? Ero l'unico figlio maschio. Fuggivo a tali pensieri, prima con la statistica. Per un marinaio che muore cent'altri ne tornano, anche se non sarebbe stato carino essere proprio l'uno su cento. Ma io non ero un idiota, per quanto Friederich avesse detto il contrario, dovevo solo ascoltare e tenere gli occhi aperti, imparare il mestiere come un altro. E poi non era anche questo da che fuggivo? L'obbligo familiare? La monotonia paesana? Il mondo ristretto? Ora fuggivo a piedi, tornando da dove ero venuto in città. Scesi per Alter Wall, tenendomi l'Alsterfleet sulla destra, ma separato da un muro di edifici e visibile a scorci solo quando questi si aprivano per un ponte ben affollato in quella mattinata. Farsi strada era quasi dura e correre impossibile. Mi ero disabituato a vedere tanta gente, per di più attenta al vestire. Non che da noi ci si vestisse da animali, però era una questione lasciata alla praticità dell'individuo. Condividendo invece la strada, spalla a spalla con banchieri in giacca e camicia, industriali con tuba e bastone, studenti con visiera e cartella, giornaliste sobrie in gonne verticali, mogli borghesi in crinoline gonfie e cuffie floreali, mi faceva sentire nel posto sbagliato, ma una brigata di marinai, addobbati in uniforme mercantile, privi di mostrine e cinti da berretti di lana mi rimise il buon umore. Si aprivano la strada senza chiedere a nessuno, perché la folla stessa si liberava per evitare di incrociare un gruppo tanto chiassoso, ma io non mi schiodavo e li attesi fino a che, tanto erano presi, uno abbracciato all'altro, a cantare e discutere, non si fermarono prima di avermi a un tiro di sputo. Il più barbato e basso di loro si trasse la pipa da sotto i baffi e mi squadrò con occhietti azzurri.

    "Buon mattino, mi scusi un momento" esordì io, che alle loro orecchie giunse come "Goden Morgen, Deit mi Leed einen Moment." Specifico questo perché quello alzò le sopracciglia senza rispondere. Uno subito accanto mostrò i palmi sorridendo e facendo le sue veci.

    "Excuseer ons" Esordì chinando il capo e scuotendo la testa "Wij zijn geen Duitsers."

    "Oh, Niederländisch!" Esclamai allegro, riconoscendo il dialetto dei Paesi Bassi. Ne passavano molti a Cuxhaven, a chiedere informazioni, provviste, riparazioni, guide per il delta del fiume o solo per divertirsi. Non riesco a ricordarmene uno antipatico e forse furono quella gente, impregnata di viaggi lontani, a farmi guardare oltre la mia costa. Quegli uomini sembravano condividere la mia contentezza, forse meravigliati che sembrassi tanto felice di incrociare la loro gente.

    "Ja, nederlanders!" Si tolse il cappello con falsa cerimonia il più giovane, mostrando una chioma insolitamente lunga e castana chiarissima "wij komen uit Amsterdam."

    Attaccarono di nuovo con un paio di versi, presi dalla nostalgia e dalla voglia di gridare, dai passanti alle finestre, chi fieri di essere fossero.

"Ik hou van Holland, landje aan de Zuiderzee;

Een stukje Holland draag ik in m'n hart steeds mee!"

    In quell'aria contemplativa, su quanto l''olandese e il tedesco settentrionale fossero simili, mi perdevo quasi di chiedere loro dove fosse attraccata la loro nave.

    "Wonääm ist dein Schipp?" L'interruppi, cercando di risultare cordiale.

    Quelli si guardarono confusi, mentre l'uomo barbato, che doveva aver ragionato fino a quel momento, tradusse per loro.

    "Waar is je schip?" Sorrise, ricacciandosi la pipa in bocca. Quelli annuirono e presero a indicare alle loro spalle, dando informazioni basilari, e uno di loro scherzò che avrebbero presto avuto un mozzo tedesco a bordo. Rifiutai le loro generose offerte di seguirli a bere e ripresi il cammino verso il porto.

    Avevo bisogno di sapere dove ormeggiavano i velieri di grosso carico nel grande porto di Amburgo e avrei fatto prima se la mia casuale decisione mi avesse portato a interrogare uno del posto, ma incrociare uno straniero, felice anche solo di essere in un posto diverso, influenzava il mio spirito. Chissà se anch'io mi sarei comportato così, sbarcando a Tyskebryggen o dov'altro. Mi rimisi in cammino, più leggero, a cercare la benedetta Jungfrau.

   
 
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