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Autore: Flofly    17/12/2022    4 recensioni
Geralt di Rivia è conosciuto per essere uno dei più formidabili Witcher viventi, capace di resistere agli attacchi delle creature più feroci. Quello che non può sopportare, però, è vedere la tristezza negli occhi della sua bambina.
{Questa storia partecipa ai 72 prompt in attesa del Natale indetti da Mari e Sofifi sul forum Ferisce la penna}.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Geralt di Rivia, Geralt di Rivia
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Da brava campionessa di mani avanti della scuola di Zzerocalcare inizio col dire che ho visto solo la serie Netflix di The Witcher, non ho mai letto i libri né giocato ai videogiochi e in tutta onestà spesso mi sono distratta a guardare Cavill piuttosto che seguire la trama. Ma avevo voglio di scrivere una storia un po’ dolce e adoro il lato chioccia di Geralt con Ciri.

{Questa storia partecipa ai 72 prompt in attesa del Natale indetti da Mari e Sofifi sul forum Ferisce la penna}.  

 

Prompt: Cioccolatini

 

Citazione: “There’s one thing in this world that makes me feel more alive. And that’s you.” (“C’è una cosa in questo mondo che mi fa sentire più vivo. E sei tu.”) da Daredevil



 

Il mio regalo sei Tu

 

Nel sonno sempre vigile da Strigo, Geralt di Riva sentiva che c’era qualcosa che non andava, una strana sensazione che saliva a pizzicargli la nuca. 

Ciri.

Si alzò di scatto, perfettamente sveglio. Che avesse avuto ancora una delle sue visioni? Le tranche sembravano durare ogni giorno di più, quasi che il suo corpo ancora acerbo non riuscisse a contenere i suoi poteri. 

E poi aveva quell’assurda fissazione di farsi il bagno…come se fosse essere necessario essere puliti a Kaer Moher… e se fosse affogata durante una crisi? E se fosse svenuta nelle prossimità del camino? O peggio ancora sulle armi che quegli idioti che gli altri Strighi continuavano a lasciare in giro nonostante avesse minacciato più volte di fargliele ingoiare se fosse successo qualcosa? E non importava quanto Eskel, Lambert o Cohen lo prendessero in giro dicendogli che sembrava essersi bevuto il cervello dietro quella ragazzina… non c’era alcuna possibilità che Ciri diventasse una Striga. C’era lui a proteggerla, lei doveva solo crescere e imparare a gestire i suoi poteri. Era semplice in fondo.

Se solo non fosse stata così dannatamente testarda… In un paio di occasioni l’aveva sorpresa ad allenarsi di nascosto nel cuore della notte. E se lo avesse rifatto? Fuori si gelava e in fondo lei era solo una ragazzina.

In un lampo fu di fronte alla porta della sua camera, pronto a buttarla giù se necessario. Era proprio in procinto di farlo, imprecando contro tutte le manie di abluzione che si era portata dietro da Cintra, quando Tess gli si parò davanti, facendogli segno di fare silenzio.

Con un tocco lieve delle lunghe mani affusolate da maga allargò il buco della serratura quel tanto che bastava affinché Geralt potesse sbirciare all’interno senza che tutta la Fortezza lo venisse a sapere.

Fortunatamente non c’era nessuna Ciri riversa in terra con gli occhi sbarrati e nessuna traccia di sangue o indizio di arti mancanti. La camera era linda e perfettamente in ordine come al solito.

Perché diavolo allora aveva quella sensazione che gli serrava la bocca dello stomaco? Lui sentiva, sapeva che c’era qualcosa che non andava.

E poi la vide, appoggiata sul bordo della piccola finestra della sua stanza, intenta a osservare il buio della notte con uno strano sguardo negli occhi.

Geralt si rialzò massaggiandosi le tempie, confuso.

«Non è che …insomma… hai capito no? Non è che ha quella cosa strana che avete voi donne?» bisbigliò, inorridito all’idea di dover affrontare un discorso del genere con la sua piccola Ciri. No, non era possibile… non poteva diventare una donna così, dall’oggi al domani, senza che nessuno avvertisse lui prima.

La donna scosse i lunghi capelli color fuoco, lasciati insolitamente liberi sulle spalle: «Ha nostalgia della sua infanzia. E’ normale in questo periodo dell’anno.»

Una profonda ruga di incomprensione solcò il volto di Gerart mentre la serratura tornava alla sua dimensione normale, come se niente l’avesse mai toccata.

«Yule» continuò Tess accondiscendente:«Ciri ha vissuto per lungo tempo a Skellige con i druidi del posto e sicuramente loro celebravano Yule… il solstizio d’inverno…il fare dei piccoli doni a qualcuno a cui tieni… ti dice niente?»

Lo Strigo grugnì come risposta, allargando le braccia a mostrare lo spazio che li circondava  a muta dimostrazione dell’’ovvietà del fatto che Yule non fosse proprio una celebrazione sentita a Kaer Moher.

«Non vedo mercanti qui. Dove le dovrei comprare un regalo secondo te?»

Il sorriso di Tess brillò alla luce fioca della torcia appoggiata al muro di pietra «Oh sono certa che qualcosa ti verrà in mente. E’ la tua bambina speciale, no?»

«Bambina sorpresa, Tess. Non bambina speciale» borbottò di rimando ma lei era già sparita.

O in fondo era tutte e due, anche se non l’avrebbe ammesso ad alta voce.

 

***

 

Nel buio pesto della notte senza luna di quel ventuno dicembre Geralt si lasciava guidare dai suoi sensi da Witcher dalla scia balsamica degli alberi delle foreste attorno a loro, la spada in mano pronta all’uso. 

«Io non capisco perché devi farti uccidere in modo così idiota. Sulla tua tomba scriveremo Qui giace Geralt di Rivia, sopravvisse a molte battaglie ma perì per un abete»

«Non ricordo di averti chiesto di venire con me, Coën, sei tu che mi sei corso dietro come un cucciolo affamato» rispose, passando la mano sulla ruvida corteccia dell’albero più vicino. No non andava bene, troppo fragile.

«Converrai con me che stai invecchiando. Sono preoccupato per la tua sanità mentale… sai troppe botte in testa potrebbero renderti un po’…» lo strigo scrollò le spalle di fronte allo sguardo furioso del Lupo grigio, continuando a roteare l’indice contro la tempia in un eloquente gesto di follia.

«E’ per Ciri. Devo trovarle un albero per Yule»

«Sai cos’è? Sono stupito.» 

«Certo che lo so, idiota. Tutta la storia del solstizio, della rinascita e tutta quella roba li… pare che a Ciri manchi tutto questo» borbottò a mezzavoce, fermandosi finalmente di fronte alla fonte della traccia che aveva seguito sino a quel momento, i grandi rami verdi e argentei che si agitavano appena sotto il suo tocco.

«Ah,ok» rispose laconico Cohen, stranamente sintetico, sguainando a sua volta la spada. «Allora io direi che tu lo abbatti e io faccio la guardia contro i lupi»

«Una gran fatica…» nel buio il sorriso accennato di Gerart era in netto contrasto con l’asprezza delle sue parole. Al contrario di lui, Cohen era sempre stato il più ciarliero e polemico della Fortezza, capace di portare chiunque alla pazzia con i suoi continui commenti e domande senza fine. Al solo nominare Ciri, tuttavia, sembrava aver riposto ogni obiezione sull’inutilità di andare di notte nel bosco infestato da creature pericolose per abbattare un albero, portalo sino a Kaer Moher e piazzarlo lì a rovinare la giornata a tutti.

«Sai che poi va decorato?» chiese lo Strigo più giovane roteando la spada mentre lo guardava faticare divertito.

La pace era evidentemente durata troppo poco. Gerart cercò di concentrarsi sul movimento del braccio, calcolando il giusto angolo con cui colpire il tronco dell’abete.

«Mia madre era una druida, te l’ho mai detto? Noi mettevamo le candele.»

«E vada per le candele. Almeno si vedrà qualcosa in quella sala.» grugnì Geralt.

«E ci vogliono dei cristalli, incanalano le energie. Sono sicuro che nel laboratorio di Vesemir possiamo rimediare qualcosa…»

«E vada per i cristalli…» Il colpo del Lupo Grigio questa volta penetrò in profondità, quasi fino al cuore del tronco.

«E poi potremmo mettere qualcosa sui rami che dici? Dei nastri…»

«Hai dei nastri, Cohen? Cosa sei un dannato valletto di corte?»

«Non proprio, ma ho le fasce che uso per le mani.Sono quasi pulite.»

Silenzio.

Il rumore del legno che iniziava a cedere.

«O i nostri cimeli, che dici? Sono certo che Lambert abbia una coda di Chimera che sarebbe davvero perfetta lì in cima…»

Un ululato squarciò l’aria densa della notte, mentre il fiero abete argentato cedeva finalmente sotto i colpi dello Strigo.

«Bastava un semplice no, sai?» replicò Cohen serafico, riponendo la spada nel fodero sulla schiena e chinandosi per prendere uno dei rami dell’albero per trascinarlo. «Risparmia le forza, sei anziano e la strada è lunga. Ma non potevi prenderle un cespuglio di agrifoglio?»

 

***
 

La prima cosa che notò mentre scivolava leggera nella veglia era stato l’insolito odore avvolgente e dolce del latte caldo e del pane tostato. Pensava di stare ancora dormendo ma un’altra annusata le confermò che non era una delle sue allucinazioni. C’era qualcos'altro poi, un sentore più tostato che le ricordava le nocciole ricoperte di zucchero che mangiava sempre da bambina eppure era diverso, speziato e voluttuoso.

Si vestì il più velocemente possibile, precipitandosi verso la sala comune: doveva esserci qualcosa che non andava… che fosse un banchetto funebre? Aveva visto Gerart uscire nel cuore della notte… e se gli fosse successo qualcosa? Certo, di solito sembravano preferire birra e cosciotti di cinghiale ma non si poteva mai dire cosa tirassero fuori gli Strighi.

Irruppe nella grande sala ancora con il fiatone, finendo per schiantarsi contro Gerart che non sembrò neanche accorgersi del fatto che gli fosse arrivata addosso come uno dei massi ondulanti che usavano per allenarsi.

Dannato Strigo. Allora stava bene…

Fin troppo, visto il sorrisetto.

«Felice Yule, Ciri» le disse senza guardarla e sedendosi alla grande tavola di legno stranamente decorata con tralci di edera e bacche di biancospino, indicando un punto alle sue spalle.«Quello è per te»

Come diavolo aveva fatto a non accorgersene prima? Un enorme abete dai rami verde brillanti troneggiava ancora bagnato dall’umidità della notte, ricoperto di cristalli he riflettevano la luce morbida e calda delle decine di candele che fluttuavano nell’aria.

«Merito di Triss...tranquilla, non andremo a fuoco» borbottò Geralt, impassibile. Eppure, anche se teneva la testa china, sapeva con assoluta certezza che stava sorridendo. Come lei.

«E vi ho fatto anche un altro regalo» Tess entrò in quel momento nella sala, indicando la tavola mentre riempiva le scodelle di cremoso latte caldo, seguita a breve distanza da Cohen e Lambert.

Gli occhi verdi della ragazza brillarono di una nuova luce, riconoscendo i quadrotti  lucidi e profumati posati accanto a ciascun boccale: «Cioccolatini? Tess, come hai fatto? Una volta la nonna me li riportò da una battaglia in un paese così lontano che non sapeva neanche indicarmelo sulle mappe.»

«Magia…» rispose la maga strizzandole l’occhio e passandole un piccolo bonbon dal profumo speziato. «Li ho preparati uguali per te e Gerart, so che avete gusti davvero simili.»

Ciri sorrise sedendosi accanto al suo tutore lasciando che il cioccolato le avvolgesse il palato al punto da farle dimenticare il sapore della nostalgia che l’aveva torturata in quei giorni, la mano forte di Gerart appena poggiata sul suo braccio, a farle sapere che lui c’era.Sempre.

Anche se era evidente che odiava Yule. Altrimenti perché da uno dei rami pendeva un dito mozzato?

 

***

Gerart si era già rifugiato in camera da tempo quando sentì un bussare rapido e leggero alla porta. Non c’era bisogno di chiedere chi fosse, aveva già riconosciuto il passo aggraziato ma veloce di Ciri, così come il respiro leggermente affannoso di quando era nervosa. 

Poco dopo la testa bionda della sua bambina sorpresa apparve accanto allo stipite della porta.

«Posso?» chiese e senza aspettare risposta si accovacciò accanto a lui, intento a lucidare la spada di fronte al camino.

«Gerart posso farti una domanda?» chiese continuando a fissare disegni imprecisati nelle fiamme. Quando lui rimase in silenzio lei continuò «Puoi farmi un regalo?»

«Un altro? Ero sicuro che l’albero di Yule ti fosse piaciuto» sospirò contariato «E’ per le decorazioni vero? Sapevo che dovevo controllare meglio Cohen.»

La lunga treccia dorata della ragazza ondeggiò in un deciso no. «No l’albero è meraviglioso. Ma Tess ha ragione, Geralt. Io sono come te»

«Tu non sei come me, Ciri. Te lo posso assicurare.»

«Hai ragione, tu sei uno Strigo e io no» continuò testarda fissandolo con i suoi grandi occhi verdi che riuscivano sempre a penetrare nella sua corazza. «Fammi diventare come te, allora. Addestrami»

«Non posso, Ciri, non potrei farti mai questo. Ti troveresti a vagare da un paese all’altro, senza meta, senza una casa, solo a caccia di creature… perché è l’unica cosa che ti fa sentire vivo. O almeno questa è stata la mia vita prima di incontrare te e di certo non vorrei mai che fosse il tuo futuro» obiettò calmo osservando la lama alla luce delle fiamme.

Per un attimo i loro sguardi si incontrarono nel riflesso metallico, un’ombra negli occhi di Geralt che Ciri non riusciva a decifrare.

«Per colpa mia cacciare non ti fa più sentire vivo? Ti ho tolto l’unica cosa che amavi?»chiese con un filo di voce, inorridendo all’idea di essere la causa della fine di uno dei più grandi Witcher viventi.

Geralt la guardò corrucciato prima di irrompere in una risata improvvisa come un temporale d’estate.

«No, mia bambina speciale. E’ che ora c’è una cosa  c’è una cosa in questo mondo che mi fa sentire più vivo. E sei tu. » le disse scompigliandole i capelli come fosse davvero una bambina bisognosa di coccole. 

Ciri ricaccio in gola il grumo di commozione che le parole di Gerart le avevano provocato, cercando di ritrovare la sua naturale compostezza. Poi però non riuscì a trattenersi, saltando al collo dello Strigo e stringendolo più forte che poteva con le braccia sottili.

«Grazie di tutto, Geralt» mormorò con il viso sul suo petto, stringendolo forte: «E ti sei fatto anche il bagno per me.»

Ma cosa diavolo aveva messo Tess in quei cioccolatini? Era come se tutte le sue difese fossero cadute, sciolte nell’abbraccio di quella nuova e disfunzionale famiglia che l’aveva accolta.

Gerart rimase immobile come un blocco di marmo, prima di concedersi finalmente di abbracciarla.

«Va bene, Ciri. Ti addestrerò. Sarai la più grande Striga mai conosciuta» le bisbigliò cercando di sciogliersi dal suo abbraccio senza troppa convinzione.

Ma lei non poteva lasciarlo andare. Non quella sera. 

Yule era il simbolo della rinascita e lei si sentiva proprio così: quella sera abbandonava definitivmente la principessa Cirilla Fiona Elen Riannon   per diventare Ciri di Riva.

Beh,su quel punto ne doveva ancora discutere con Gerart, ma era certa che, dopo un paio di cioccolatini di Tess,convincerlo non sarebbe stato davvero un problema.

   
 
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