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Autore: lolloshima    18/12/2022    0 recensioni
"Non ci voleva neanche andare a quella maledetta festa.
Non senza Haruki.
Lui era stato categorico. Non sarebbe venuto alla festa organizzata da Mafuyu, avrebbe trascorso la vigilia di Natale con i suoi genitori e sua sorella. Era una tradizione di famiglia.
Akihiko era convinto che la verità fosse un’altra. Haruki lo stava evitando."
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Questa storia partecipa alla challenge #4shipschallenge organizzata dal gruppo Facebook NonSoloSherlock-Italia
SHIP 2 – GIVEN
- AKIHIKO – MAFUYU – PROMPT: Mistakes
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Questa storia partecipa alla challenge #25daysofficsmas indetta dal gruppo Facebbok NonSoloSherlock-Italia
GIORNO 18
PROMPT: - X va una festa dove non sarebbe dovuto andare
- ritardo
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Akihiko Kaji, Haruki Nakayama, Mafuyu Satō, Yayoi Uenoyama
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non ci voleva neanche andare a quella maledetta festa.

Non senza Haruki.

Lui era stato categorico. Non sarebbe venuto alla festa organizzata da Mafuyu, avrebbe trascorso la vigilia di Natale con i suoi genitori e sua sorella. Era una tradizione di famiglia.

Akihiko era convinto che la verità fosse un’altra. Haruki lo stava evitando.

Non aveva nessuna voglia di prepararsi per uscire. Se ne stava fermo davanti allo specchio, maledicendo le tradizioni di famiglia e la promessa che aveva fatto a Mafuyu.

“Ti prego, vieni” lo aveva implorato con quegli occhioni da cucciolo bastonato. “Voglio fare bella figura con i miei titolari, e tu sei così popolare che attirerai un sacco di gente al locale. Soprattutto un sacco di ragazze. Ti divertirai: musica dal vivo ed esibizione di nuovi talenti.”

Ovviamente, quando aveva detto di sì, sperava di poterci andare con Haruki.

Invece, tra loro le cose erano precipitate.

Era tutta colpa sua. Aveva commesso tanti errori, nella sua vita, ma il peggiore era stato quello di permettere che Haruki si allontanasse da lui. Non era riuscito a fargli capire quanto fosse importante, e ad evitare che il suo passato si mettesse tra loro.

 

Che cos’è questo?” Haruki teneva in mano un foglio tutto spiegazzato, strappato in più parti e ricomposto con il nastro adesivo. Lo aveva trovato nella borsa di Akihiko, mentre cercava degli spartiti vuoti per la band.

Si era appena alzato dal letto e come sempre, per pudore, aveva sentito la necessità di indossare un maglietta. Tralasciando però il fatto di essere ancora nudo nella parte inferiore del corpo.

Quello? Un vecchio spartito per il violino” rispose Akihiko ancora disteso tra le lenzuola, distratto dalla vista del suo meraviglioso sedere.

Questo lo vedo, grazie. ‘Sonata al chiaro di luna’… wow, Beethoven! Qui c’è anche un appunto… si legge poco… ‘Se la suonerai per me, saprò che mi ami. Tuo Aki’” lesse sottovoce. Appena si rese conto del significato di quelle parole, sbiancò.

Le mani gli tremavano un po’, ed era arrossito violentemente mentre consegnava il foglio al suo legittimo proprietario. “Scusa, non volevo, è personale...”

Non fa niente, è passato tanto tempo. Era un regalo per Ugetsu.”

Perché è strappato?”

Ugetsu l’ha stracciato. Trovava offensivo che gli regalassi la partitura di un brano che lui conosce a memoria.”

Eppure tu l’hai aggiustato, e lo porti con te nella borsa…”

Beh, è il mio brano preferito. La ascoltavo con mia mamma, quando stava bene… E’ uno dei pochi ricordi belli che ho con lei.”

Capisco…” Haruki si era rabbuiato, il sorriso era sparito dalla sua faccia, e si era dimenticato anche degli spartiti per la band.

E te l’ha suonata?” chiese più tardi, mentre bevevano il caffè.

Mh? Cosa?”

Ugetsu, te l’ha poi suonato quel brano?”

 

No, Ugetsu non aveva mai eseguito per lui quella sonata. La riteneva riteneva troppo facile, nonostante fosse composta da un gigante come Beethoven. Ma questo non glielo aveva detto ad Haruki, e comunque non sarebbe bastato a rimettere le cose a posto. Da quel momento, il loro rapporto non era stato più lo stesso, erano sempre più distanti.

Nelle ultime settimane, si erano visti solo all’università o alle prove della band. Akihiko non ricordava più l’ultima volta che avevano passato la notte insieme, che avevano fatto l’amore.

Haruki aveva detto di aver trovavo un secondo lavoro, che si aggiungeva a quello del bar, che gli occupava ogni momento libero e lo stancava al punto da non avere mai voglia di uscire, la sera.

Non glielo aveva detto apertamente, ma qualcosa si era rotto, ed era evidente che Haruki considerasse la loro storia finita. Al punto da frequentare un altro uomo.

 

Quella notte Akihiko non aveva chiuso occhio. Per tutto il giorno precedente, nessuno aveva visto Haruki. Non si era presentato neppure alle prove della band. Akihiko non resisteva più. Aveva bisogno di vederlo, di toccarlo, di respirare il suo odore, di sfiorargli i capelli.

Si preparò in fretta. Sebbene fosse praticamente l’alba, voleva andare a casa di Haruki, svegliarlo se necessario. Voleva stare un po’ con lui, finalmente da soli. Lo avrebbe abbracciato e baciato fino a soffocarlo. Gli avrebbe detto chiaramente per con Ugetsu era davvero finita, e che non aveva nulla da temere dal suo passato. E dopo, lo avrebbe accompagnato all’università.

Infilò casco e guanti e accese la moto. L’aria del primo mattino era gelida, sembrava che dovesse nevicare da un momento all’altro. Ma Akihiko quasi non sentiva il freddo, era abituato a spostarsi in moto e in ogni caso i suoi pensieri erano concentrati altrove.

Parcheggiò la moto davanti al palazzo di Haruki, e notò che al primo piano la luce era accesa. Segno che lui era in casa, ed era già sveglio.

Fece per scendere dalla moto, quando vide la luce spegnarsi. Passarono pochi secondi e il portone d’ingresso dell’edificio scattò. Haruki uscì, con un borsone in mano. Sembrava molto rilassato, aveva gli occhi socchiusi e la testa piegata di lato. Rideva. Rideva di gusto. E non era solo. A seguirlo, un uomo. Decisamente più grande di lui ma dall’aspetto giovanile, piuttosto alto, con i capelli scuri e mossi. Portava un lungo cappotto blu che gli dava un’aria molto distinta, e sulle spalle qualcosa che sembrava un grande zaino. Anche lui rideva, e la sua mano destra era appoggiata sulla spalla di Haruki, accarezzata appena dai suoi morbidi capelli biondi.

La coppia era talmente concentrata, che nella penombra nessuno dei due si accorse di lui o della moto.

L’uomo accompagnò Haruki fino ad un’auto sportiva parcheggiata poco distante. Sistemò entrambe le borse nel bagagliaio, e poi aprì lo sportello del passeggero. Con la mano libera lo invitò a salire, con un plateale inchino.

Anche da lontano, si poteva distinguere chiaramente la risata divertita di Haruki, mentre saliva in macchina.

L’uomo richiuse lo sportello, salì dal lato guidatore, e mise in moto. L’auto partì, lasciando Akihiko incredulo, con gli occhi sbarrati e la bocca aperta, in mezzo alla strada, incapace di pensare a niente, di muoversi, neppure di deglutire.

 

Come era potuto succedere?

Qualcuno gli aveva portato via Haruki.

Chi era quell’uomo? Akihiko si era reso conto di averlo già visto, seduto al bancone del bar di Haruki, qualche giorno prima. E anche all’università, quando era andato a prenderlo con la sua costosa macchina del cazzo. E chiaramente passavano la notte insieme.

Perchè all’epoca non aveva notato l’imbarazzo sul volto di Haru? Perché non aveva intercettato gli sguardi intensi che si lanciavano quei due? Perché era un idiota concentrato solo su se stesso, ecco perché! E non aveva capito quello che adesso era così dannatamente chiaro.

Non c’erano dubbi. Haruki si era legato ad altro uomo.

Ecco spiegati tutti gli impegni, il fantomatico doppio lavoro, le serate impegnate, la stanchezza.

Ancora una volta, aveva fallito. Non era bastato cambiare, provare a essere diverso, a diventare migliore per essere degno dell’amore di Haruki. Non lo era.

E non era la persona giusta da presentare alla sua famiglia.

 

Ti posso accompagnare se vuoi” le prove erano finite, e stavano sistemando gli strumenti.

Dove?”

Dai tuoi. Per la vigilia.”

Haruki aveva di punto in bianco smesso di avvolgere i cavi elettrici, e si era girato nella sua direzione, chiaramente molto imbarazzato.

Non c’è bisogno, le cene della mia famiglia sono di una noia mortale…”

Beh, motivo in più per non andarci da solo” aveva provato ad insistere Akihiko con un’alzata di spalle.

Ormai hai promesso di andare alla festa di Mafuyu, non ti puoi tirare indietro.”

Mafuyu capirà…”

Haruki aveva ripreso a sistemare velocemente l’attrezzatura e si era infilato la giacca.

E poi… tu per me sei più importante” aveva aggiunto sottovoce, ma Haruki era già uscito in tutta fretta dalla stanza.

 

Non gli restava che accettare la situazione e andare a quella dannata festa.

Finì di prepararsi svogliatamente e uscì di casa, senza degnare di uno sguardo l’immagine della sua avvenente figura in abito scuro che si rifletteva nello specchio.

Appena prima di infilare il casco, il telefono squillò.

Era Yayoi. “Ciao bellissimo. Poi darmi un passaggio per andare alla festa? Ritsuka-chan e Mafuyu-kun sono già al locale, e Haruki arriverà più tardi.”

“Haru non viene, è a Kyoto, dai suoi” rispose di getto.

“No, ma che dici. Era qui poco fa con mio fratello e Mafuyu. Gli ho chiesto se mi accompagnava lui, ma doveva andare a prendere un amico… Ad ogni modo ci vedremo dopo alla festa. Allora, vieni?”

“No, scusa… devo andare, ciao”.

Attaccò il telefono, senza ascoltare le lamentele della ragazza. Come un automa, inseguendo un pensiero rabbioso, inforcò la moto e si diresse verso il locale della festa. Non fece caso a semafori, precedenze, limiti di velocità. Non sentì il freddo, anche se non si era premurato di indossare i guanti.

Lasciò la moto davanti al bar, in divieto di sosta, ed entrò, senza badare alla cassiera che gli chiedeva l’invito.

Il locale si stava riempiendo, i clienti stavano prendendo posto ai tavoli.

Individuò subito Mafuyu, e gli fu addosso. Gli artigliò un braccio e lo trascinò in uno dei camerini destinati alle band.

“Perchè? Dimmi perché?” gli urlò in faccia.

“Akihiko, calmati, respira” provò a tranquillizzarlo Mafuyu. “Non so neanche di cosa stai parlando.”

Akihiko chiuse gli occhi e respirò a fondo, allentando la presa. “Haruki…”

“Haruki?”

“So che mi ha mentito riguardo a stasera. Yayoi mi ha detto tutto. E l’altra mattina l’ho visto uscire da casa sua con quell’uomo.”

Mafuyu abbassò lo sguardo, imbarazzato.

“Mi dispiace. Non avresti dovuto scoprirlo così. Haru-sempai non avrebbe voluto..”

“Come immaginavo! Quindi tu sapevi?” ringhiò il biondo a denti stretti, le sopracciglia corrucciate, un’espressione furente sulla faccia.

“Beh, sì… ma Haruki mi ha supplicato di non dirti niente...”

“E scommetto che anche Uenoyama lo sapeva, lo sapevano tutti, tranne me!”

“Sì, ma… Haruki non voleva fare nulla di male. E poi, sinceramente… Non pensavo che ti desse così tanto fastidio…”

“Quindi secondo te non dovrebbe darmi fastidio?” quasi urlò, avvicinando la faccia alla sua. Mafuyu indietreggiò fino a toccare con la schiena la parete della piccola stanza.

“No, dovresti essere contento che Haruki non sia vittima del passato…”. La voce gli uscì più tremolante di quanto avesse voluto. Non aveva mai visto Akihiko così arrabbiato. Non lo aveva mai visto arrabbiato, a dire il vero.

“Mi prendi in giro?” gli soffiò in faccia. “Quindi, Uenoyama non avrebbe nulla in contrario sei io adesso…” si passò la lingua sulle labbra, mentre con occhi famelici gli fissava alternativamente gli occhi, la bocca, la fronte. Appoggiò una mano sul muro, vicino al suo viso, e avvicinò le labbra alle sue.

“Rispondimi, Mafuyu-chan… Cosa direbbe Uenoyama di questo…” fece per appoggiare le labbra a quelle dell’altro, quando improvvisamente un ceffone rumoroso lo riportò alla realtà.

“Con tutto il rispetto, Aki-sensei, finiscila di fare lo stupido! Non ti sembra di esagerare?”

Akihiko lasciò cadere le braccia penzoloni lungo il corpo e abbassò la testa, in preda alla vergogna.

“Perdonami, non so cosa mi sia preso… solo che io… non voglio perderlo…”

“Se continui con questi comportamenti, lo perderai di certo! E comunque parlaci, e non mettermi in mezzo!”

“Verrà… con lui?”

“Credo sia ovvio. Era il suo modo per farti sapere come stanno le cose. Ma tu adesso lo sai già...”

“Su quante altre cose mi ha mentito? Tutto il nostro rapporto era una fottuta bugia?”

“Io non ne so molto di sentimenti, ma te lo ripeto, stai esagerando. Da uno come te non me lo sarei mai aspettato. Adesso devi scusarmi, stanno arrivando gli ospiti, e rischio di essere in ritardo alla mia festa.”

Rimasto solo, Akihiko si accasciò a terra, la schiena appoggiata alla parete.

Da uno come te.

E come era, lui? Chi era, cosa era lui? Era la somma di tanti errori, ecco cos’era. E non avrebbe mai potuto competere con il nuovo ragazzo di Haruki.

Di certo, quell’uomo non era un teppista, non aveva mai ceduto il suo corpo in cambio di favori, non aveva trascinato per anni una convivenza per inseguire un amore mai del tutto ricambiato.

Aveva invece l’aspetto maturo ed elegante di qualcuno che meritava l’amore di Haruki.

Doveva andarsene.

Doveva lasciare al più presto quella fottuta festa.

Si tirò in piedi, cercando di mettere a fuoco i contorni della stanza. Tutto sembrava immerso nell’acqua. La colpa era delle lacrime che gli stavano invadendo gli occhi, nonostante lui si sforzasse di trattenerle dietro la barriera delle palpebre. Ma più le stringeva, e più i singhiozzi premevano nel petto per esplodere.

Uscì dal camerino, e si avviò verso l’ingresso, tenendo la testa bassa.

Intanto Mafuyu aveva preso possesso del palco, e stava ringraziando tutti per la loro presenza quella sera.

“Tra poco cominceranno le esibizioni, quindi chiunque voglia partecipare, lasci il suo nome o quello della band all’ingresso. Ma per cominciare…” fece una piccola pausa, per catturare l’attenzione del pubblico. Funzionò, e nel locale non si sentì volare una mosca.

“… per cominciare, qualcosa di decisamente insolito per lo standard del locale. Ma è per una giusta causa! Vi presento due artisti, che suonano insieme per la prima volta. Accogliamo con un caloroso applauso… Haruki Nakayama e il maestro Satomi Sayo!”

Il pubblico rumoreggiò. Molti applaudirono, altri ripresero a chiacchierare, qualche fischio di incoraggiamento.

Era troppo! Non avrebbe retto all’esibizione di coppia! Aveva voglia di bere, o di fumare, doveva uscire di lì.

Aveva già imboccato la porta, quando alle sue spalle udì il classico fischio di un microfono troppo vicino alle casse, e la timida voce di Haruki che cercava di parlare.

“Grazie, grazie a tutti… Dedico questo brano alla persona che amo, per farle capire quanto sia importante per me."

"Maledetto..."

" Ringrazio Satomi Sensei che mi ha aiutato, e che questa sera ha accettato di accompagnarmi al pianoforte.”

Quando la prima nota stridula invase l’ambiente, intonando l’inconfondibile melodia della ‘Sonata al chiaro di luna’, Akihiko si voltò e alzò lo sguardo verso il palco.

Al centro, fiero ed elegante, Haruki teneva sulla spalla un violino.

Aveva i capelli raccolti in una coda morbida, nella maniera che piaceva tanto ad Akihiko, spostata di lato per non intralciare il movimento delle dita e dell’archetto sulle corde.

Dietro di lui, in fondo al palco, un uomo al pianoforte. Akihiko riconobbe l’affascinante uomo che gli aveva soffiato il ragazzo.

“Per fortuna sono arrivata in tempo!” Yayoi si era materializzata al suo fianco. “E’ incredibile che abbia imparato in così poco tempo, vero?” disse divertita.

“Ma… non mi ha mai detto di saper suonare il violino” gli disse senza staccare gli occhi da quella figura slanciata sul palco.

“Infatti, non lo sapeva suonare. Sono settimane che si esercita con quel maestro.”

“Quello… è un musicista?”

“E’ un maestro di violino, viene da Kyoto. Da quanto ho capito, sua moglie è molto amica della mamma di Haru. Per pagare le sue lezioni, lui sta facendo un secondo lavoro. Potevano esercitarsi solo la sera, tanto che qualche volta Haru ha dovuto ospitarlo per la notte. Deve essere davvero molto motivato per fare tutto questo!”

Akihiko era rimasto senza parole.

Aveva commesso l’ennesimo errore.

Il grumo di rabbia e tristezza che gli avvolgeva il cuore, in un attimo si trasformò nella certezza che non avrebbe mai potuto amare Haruki più di quanto lo amava in quel momento. Nè avrebbe potuto smettere di farlo. Mai.

Istintivamente abbracciò Yayoi e scoppiò a ridere e a piangere contemporaneamente.

“Grazie, grazie, davvero!”

“Io non ho fatto niente...” rispose imbarazzata la ragazza, completamente travolta da quell’abbraccio inaspettato.

Le note perfette si alternavano a quelle stonate, ma tutto il pubblico sembrava rapito e commosso da quella melodia dolce e malinconica.

Finita l’esibizione, il pubblico esplose in un applauso scrosciante, e Haruki si lasciò andare ad un sorriso liberatorio.

Fece qualche inchino e attese che l’applauso finisse per avvicinarsi al microfono. In una mano teneva l’archetto e nell’altra il violino.

“Chiedo scusa a tutti per…” allargò le braccia “questo!” Il pubblico rise. Cercò con lo sguardo tra la gente e, non appena individuò Akihiko, incollò gli occhi ai suoi. “L’ho suonata per te, Aki. E tu lo sai, cosa significa! Buon Natale.”

Tutti gli sguardi nel locale si voltarono alternativamente da Akihiko ad Haruki, e viceversa. Loro, incuranti di tutta la confusione che era scoppiata intorno, continuavano a guardarsi come se fossero legati da un filo invisibile e indissolubile che li univa attraverso gli occhi, lucidi e arrossati dalla commozione.

Il pubblico gridava e applaudiva, ma in quella grande stanza, loro erano da soli.

 

 

   
 
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