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Autore: evil 65    20/12/2022    2 recensioni
«Tu... non mi vuoi morto?» ripeté lentamente l'Indoraptor «Allora perché mi hai attaccato?»
La Velociraptor assottigliò lo sguardo. Sembrava si stesse aspettando un attacco a sorpresa: chissà, forse sospettava un suo inganno.
Era davvero guardinga, proprio come lo sarebbe stato qualcuno abituato a nascondersi e a scappare da molto tempo.
( Blue x Indoraptor) / (Blue x Ripper)
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Furry
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Ehilà! Salve a tutti! Siamo Rory Drakon ed Evil 65, emersi dal profilo condiviso per scrivere insieme questa one shot! Siccome siamo degli inguaribili romantici – Evil mi sta guardando male mentre lo scrivo perché vuole fare il duro, ma è vero – siamo tornati ancora una volta a scrivere su una delle coppie che shippiamo: l’Indoraptor e la Raptor Blue della serie di Jurassic World. 
Sì, sembra parecchio strano, ma non è certo la cosa più strana che esiste a questo mondo, e come ship, almeno di questo fandom, gode di una certa popolarità che, per quanto riguarda i nostri gusti personali, appoggiamo.
Prima di lasciarvi alla lettura, delle piccole premesse: l’avevamo in cantiere da un po’, ma per assenza di tempo non abbiamo pubblicato prima, ma finalmente adesso ha visto la luce e siamo molto soddisfatti del risultato, perciò speriamo possa piacervi o comunque intrattenervi. In secondo luogo, ci siamo presi la libertà di interpretare la personalità dei due dinosauri in maniera molto antropomorfa, utilizzando quindi il parlato e lo scorrere dei pensieri, sebbene abbiamo cercato di rimanere fedeli alla loro immagine e soprattutto al loro status di creature intelligenti ma istintive. Abbiamo scelto di ambientarla come finale alternativo al secondo film di Jurassic World: per cui, invece di uccidere l’Indoraptor infilzandolo, Blue lo spinge via, e da lì, tutto si sviluppa.
Detto ciò, vi auguriamo buona lettura!

Live Like A Warrior
 

When there’s nothing left for you
Only thing that you can do, say
(...)
Today, today, live like you wanna
Let yesterday burn 
and throw it in a fire
In a fire, in a fire
Live like a warrior…

MatisyahuLive Like A Warrior 

«Ehi! Sono ancora qui!» gracchiò Blue.
Come previsto, l’Indoraptor fece scattare il capo verso di lei. Fu allora che la Velociraptor agì: con le zampe si slanciò e gli si avvinghiò addosso, usando tutto il suo peso per trascinarlo all’indietro. Lontano dai vetri frantumati, lontano da Owen e le sue femmine, lontano dalla morte prematura a cui era già scampato.
Si schiantarono contro il terreno, ma la caduta da quel punto della serra non era sufficiente ad uccidere due creature potenziate come loro: rotolarono giù per le scale e ruzzolarono nel buio, fino al limitare degli alberi circostanti. Non udì la voce di Owen che gridava il suo nome, ma lo immaginava precipitarsi a cercarla.
Peccato che non avesse tempo per pensarci. Stava lottando furiosamente contro l’ibrido ch’era riuscita a spingere sotto di sé, ma soprattutto lottava contro il proprio istinto che le imponeva di farlo a pezzi, quando aveva in mente tutt’altro.
«Stai fermo!» annaspò nel corpo a corpo «Fermo, ho detto! Aspetta!»
Per cercare di dare enfasi alle proprie parole, gli conficcò gli artigli anteriori nelle spalle e con i grossi artigli posteriori uncinò entrambi i suoi fianchi. Sapeva di fargli male, ma non aveva altro modo per provare a bloccarlo: era più grosso di lei e l’aveva già atterrata parecchie volte, dunque non poteva permettersi di perdere la posizione di vantaggio appena guadagnata.
«Ti ho detto fermo!» gli sibilò sul muso con tutta l’autorità di cui era capace, ed era molta, considerato il suo ex ruolo di beta «Fermo! Devi ascoltarmi! STA’ GIÙ!»
Gli occhi rossi della creatura dardeggiarono nell’oscurità della notte. 
«Mai!» ringhiò attraverso i denti scoperti «Non tornerò mai più in quella gabbia! Non lascerò che mi prendano!»
Scosse la testa, nel tentativo di scrollarsela di dosso.
«Li ucciderò tutti! Quegli umani schifosi... e i loro bastoni... i loro aghi! Li ucciderò! Li ucciderò tutti!»
“Aghi? Gabbia? Bastoni?”
Quelle parole per Blue non avevano nessun senso. Be’, in realtà di gabbie se ne intendeva, visto che c’era cresciuta assieme alle sue sorelle, ma da come l’essere ne parlava, la sua gabbia sembrava qualcosa di spaventoso. Probabilmente, non doveva essere stata per nulla accogliente. Anche gli aghi avevano l’aria di essere qualcosa di molto spaventoso: l’aveva compreso da come avevano dardeggiato i suoi occhi.
«Ma perché siete tutti pazzi, voi!» sibilò lei, esasperata «Ragiona! Se vai a cercare di ucciderli, ti prenderanno di sicuro! E poi, quell’umano non cercava di catturarti!»
A quel punto, l’Indoraptor lanciò un ruggito rabbioso e compì una brusca rotazione del corpo, facendole mollare la presa. Ma quando la femmina ricadde al suolo, si trattenne dall’attaccarla. Invece, iniziò a scrutarla con diffidenza, girandole attorno.
Era molto più piccola di lui... eppure, era riuscita a tenergli testa in uno scontro. Era riuscita a combattere l’arma perfetta! 
Non potevano appartenere alla stessa specie, erano troppo diversi... eppure, questa creatura aveva un profumo molto simile al suo. Che fossero legati in qualche modo?
«Perché cerchi di proteggerli?» sibilò «Rinchiuderanno anche te, proprio come hanno fatto con i nostri simili! Li ho sentiti, sai? Mentre invocavano aiuto... mentre li colpivano con i loro bastoni! E i cuccioli venivano separati dalle loro madri. Sanno solo provocare dolore! È questo quello che fanno!»
«Ci devono solo provare, a prendermi» ringhiò la Raptor in risposta, con ogni muscolo teso e lo sguardo dorato a sostenere quello dell’altro «Io non proteggo nessuno, solo quello che mi pare e piace! Tu pensi di essere diverso? Guarda che le ho sentite chiaramente, le urla delle tue vittime! Gli umani sono crudeli, ma tu non sei diverso! Ho visto lo scempio che avete fatto tu, e quella maledetta! Non siete cacciatori, siete mostri!»
Non poteva proprio fare a meno di stare sulla difensiva. Anche lei poteva sentire il suo odore, ed era lo stesso della maledetta bestia che aveva ucciso le sue sorelle e quasi ucciso Owen. Ma odorava anche di Raptor, e questa la confondeva: in effetti, si somigliavano, non fosse stato per la sua stazza, e... be’, quell’odore particolare derivante dagli ormoni. Blue non l’aveva mai sentito prima, ma in qualche modo, riusciva a capire che erano diversi come lo erano Owen e la sua femmina umana, quella dal lungo pelo rosso. 
Dunque, lui era un maschio.
L’Indoraptor strinse gli occhi, compiendo un minaccioso passo verso di lei.
«Mostro, dici?» ringhiò «Ho vissuto la mia intera esistenza nell’oscurità. Dolori e sofferenze sono stati gli unici compagni costanti della mia vita! Ho appreso il linguaggio non attraverso l’affetto di una madre... ma ascoltando i rumori emessi dalle loro macchine. Non ho mai conosciuto il sapore del vento, il profumo della selva o il brivido della caccia... non fino a questa sera. Chi sei tu per giudicarmi? Non hai la minima idea di cosa gli umani mi hanno fatto passare! Delle torture a cui mi hanno hanno sottoposto! Sono delle bestie... e li ho uccisi come bestie da macello! Era il minimo che si meritavano.»
Blue, per un istante, si sentì toccata. Sì, insomma... lei al confronto aveva subìto solamente la perdita delle sorelle, ma tutte le altre cose di cui lui parlava con rabbia lei invece le aveva sempre avute. Certo, era rimasta in una gabbia dorata per tutto questo tempo, e molti divertimenti, come l’ebbrezza della caccia, o una semplice esplorazione fuori dal recinto, le erano stati negati. 
Si chiese come avrebbe reagito se si fosse trovata al suo posto, ma all’improvviso si rese conto che non voleva saperlo. Perché sarebbe stato devastante.
«Be’, ho una notizia per te» replicò, sprezzante «in realtà, non sono nessuno. Solo una che cerca di sopravvivere e di non farsi ingabbiare. E che non vuole essere usata come ammazza-mostri. Di sicuro non ho vissuto le tue tragedie, ma comunque ho vissuto prigioniera, e non voglio tornare ad esserlo! E il modo migliore per non tornare in gabbia è lasciare perdere gli umani. Sono come le formiche, appena ne hai uccisa una, ecco che si moltiplicano. Non l’ho deciso io che mi venissero a disturbare! Io ero libera, finché non mi hanno rapita per portarmi da te. Ti volevano morto... io no.»
Per un attimo, l’Indoraptor credette di aver sentito male. Sbatté lentamente le palpebre e fissò la dromaeosauride (1) come se le fosse appena cresciuta una seconda testa.
Non aveva mai interagito prima con un altro dinosauro. Erano davvero tutti così irriverenti e insolenti? O forse lei era un caso speciale?
Di sicuro, sembrava molto più agguerrita delle creature che aveva udito dai sotterranei: loro non avevano smesso di piagnucolare e disperarsi per la loro situazione, mentre l’animale che aveva di fronte sprizzava energia e determinazione da tutti i pori.
Il suo sguardo si addolcì appena. 
«Tu... non mi vuoi morto?» ripeté lentamente «Allora perché mi hai attaccato?»
La Velociraptor assottigliò lo sguardo. Sembrava si stesse aspettando un attacco a sorpresa: chissà, forse sospettava un suo inganno dietro il suo farsi improvvisamente calmo. Era davvero guardinga, proprio come lo sarebbe stato qualcuno abituato a nascondersi e a scappare da molto tempo.
Alla fine, rilassò i muscoli e il tono della voce.
«Perché stavi attaccando il mio vecchio alfa» gli rispose, con una tranquillità disarmante.
Gli ci volle qualche istante per comprendere che si riferiva al grosso maschio umano che aveva inseguito assieme alle femmine, la cucciola e l’adulta. Gli occhi dell’Indoraptor si spalancarono come piatti.
«Tu... hai scelto un umano come tuo alfa?» borbottò incredulo, mentre scuoteva il capo «Io... non ti capisco. Davvero, non ti capisco! Che razza di dinosauro sei? Il tuo profumo è così simile al mio, eppure diverso. Tu... mi confondi» ammise, con tono più stanco di quanto avrebbe voluto.
«Da che pulpito!» esclamò Blue, indispettita «Tu sei pure più strano di me, se proprio vuoi saperlo! E comunque si è guadagnato la mia fiducia!»
L’aver menzionato Owen le ricordò che ogni probabilità la stava cercando. Dovevano andarsene. Rimaneva pur sempre un umano, e lei non voleva costringersi ad aggredirlo più di tanto. Perché sapeva che l’avrebbe fatto, se avesse di nuovo cercato di richiamarla come un tempo, e dopo che era stata rapita, non si fidava più di lui come un tempo.
«Senti, è complicato» sbottò « E non importa, perché lui è ancora qui. Dobbiamo andarcene via o ne farà arrivare altri, e allora altro che confuso, sarai morto! Dai, sbrigati.»
Non aggiunse che aveva paura che in realtà Owen non lasciasse andare nemmeno lei, ma non si fidava certo al punto di confidare le sue ansie e paure. Rimaneva pur sempre un suo avversario che stava comunque aiutando per solidarietà, perché aveva detto la verità: non aveva nessun interesse a volerlo morto, a meno che non la attaccasse.
E, da una parte, si sentiva parecchio in empatia per quanto gli era accaduto.
«Forza!» lo incitò, e poi trotterellò verso la foresta.
L’Indoraptor la guardò scomparire tra gli alberi. Lentamente, i suoi occhi vagarono fino all’abitazione dei Lockwood... il posto in cui aveva vissuto ogni dannato giorno della sua esistenza negli ultimi due anni.
Il suo primo pensiero fu quello di ignorare le parole della Raptor e riprendere la sua caccia... ma a quale scopo? Per quanto odiasse ammetterlo, lei aveva ragione. Ora era libero. Perché mai avrebbe dovuto sprecare una simile opportunità per degli umani? Loro... non ne valevano la pena.
Inoltre, aveva ormai perso ogni desiderio di combattere. La sua conversazione con la femmina era stata sufficiente per disorientarlo. 
Scosse la testa e partì all’inseguimento. E grazie alle sue gambe più lunghe, riuscì a raggiungerla in meno di un minuto.
«Mi piacerebbe conoscere il tuo nome» disse, guardandola con la coda dell’occhio.
«Mi chiamo Blue.»
Non era sicura che l’avrebbe seguita, ma da una parte, ne era sollevata. Certo che era veloce! E slanciato e muscoloso, per essere... qualunque cosa dovesse essere. Si rese conto di stare fissando ogni anfratto del suo corpo, dalla cresta agli artigli inferiori, forse più del lecito. Più di quanto richiedesse un’analisi normale. Si sentiva come se le piacesse fissarlo.
Sbatté gli occhi molto velocemente, assai confusa da una tale sensazione.
«E tu ce l’hai un nome?»
L’Indoraptor esitò a rispondere.
«Io... penso di averne uno» disse lentamente «Gli umani che si occupavano del cibo mi chiamavano in un modo strano.»
Strinse gli occhi, nel tentativo di ricordare. Erano passati molti mesi da quando lo avevano nutrito in quel modo. Più specificatamente, da quando aveva divorato uno di loro; in seguito, il cibo gli era stato consegnato solo attraverso delle strane macchine.
«Credo che fosse... Ripper (2)» borbottò, prima di annuire a se stesso «Sì... è così che mi chiamavano.»
«Ah... sembra un balbettio. Sarà perché è quello che incuti ai nemici prima di squartarli a morte!» esclamò la Raptor, mostrando la tagliola di denti con fare estatico «Adesso potrei essere invidiosa. Owen mi ha chiamato così per via delle mie strisce.»
Socchiuse le palpebre.
«A me il cibo lo tiravano dall’alto. Non si avvicinavano mai troppo alla gabbia. Be’, ne avevano motivo! Gli ho organizzato certi agguati...»
«Penso che le tue strisce siano molto belle» la interruppe l’Indoraptor, con uno sguardo contemplativo «Mi ricordano le mie... solo che sono di un colore diverso. Non ho la minima idea di come si chiami.»
Puntò brevemente il muso alle sue spalle, indicando le striature dorate che lo percorrevano da capo a coda.
La Velociraptor sentì lo stomaco fare una capriola. Per un istante se lo fissò preoccupata – non riusciva a capire che le era bastato sentirsi dire che aveva delle strisce belle per sentirsi in quel modo – ma poi si distrasse nel fissare le strisce dell’altro predatore.
«Giallo» mormorò dopo qualche istante «Lo so perché Owen usava i colori per testare la nostra intelligenza man mano che crescevamo. Facevamo dei giochi strani, come indovinare dietro quale colore si nascondesse un oggetto. Ogni tanto mi sono sentita insultata. Gli altri umani ci credevano così stupide da stupirsi quando azzeccavamo.»
Sbuffò, contrariata, ma si distrasse di nuovo a fissarle. Poteva vedere da lì il giallo che si mescolava al nero e le squame che lo componevano, più grosse e rigide delle sue. 
Alla luce della luna, sembravano brillare di luce propria. 
«Sono molto belle anche le tue» aggiunse, senza riflettere, solo per rendersi conto che era la verità, che lo pensava davvero. 
Fu allora che vide i segni dei proiettili. Erano ancora lì: la sua pelle era talmente dura da aver fermato i proiettili e averli lasciati bloccati all’interno della pelle.
«Non senti dolore?» domandò, e con delicatezza, allungò un artiglio verso uno dei buchi da cui sporgeva il metallo.
Perplesso, Ripper abbassò la testa e scrutò in punti in cui i proiettili lo avevano colpito.
«Ho subito di peggio» ammise senza la minima traccia di esitazione o vergogna «C’erano volte in cui le ferite che mi lasciavano i miei guardiani potevano durare per giorni.» Arricciò le fauci nella bizzarra parodia di un sorriso dentato. «A quanto pare, non apprezzavano che provassi a mangiare le loro zampe.»
«Certo che questi tuoi umani erano proprio cumuli di grosso letame!» commentò la Raptor «Cosa si aspettavano, che gli facessi una carezza? Siamo predatori, per la miseria!»
«Giusto!» concordò Ripper, sentendosi piuttosto rinvigorito dall’energia dell’altra «Dovremmo essere liberi! Cacciare dove ci pare, uccidere qualunque cosa vogliamo... e con chi vogliamo» aggiunse, prima che potesse fermarsi. 
Il suo sguardo vagò inconsciamente verso Blue. Perché aveva aggiunto quell’ultima parte? E perché nel farlo... aveva deciso di concentrarsi su di lei? Davvero era riuscita a guadagnarsi la sua fiducia così in fretta? Abbastanza da fargli prendere in considerazione l’idea di farla partecipare ad una caccia insieme?
Quella serata si stava rivelando un vero tripudio di emozioni sconosciute. Ma non poteva sapere che anche Blue si sentiva preda di qualcosa di sconosciuto quanto lui.
La Velociraptor era rimasta colpita dall’ultima frase. Le stava… chiedendo di cacciare insieme? E perché continuava a sentire lo stomaco rivoltarsi? Diamine, non si era mai sentita così confusa e impacciata, lei che era sempre stata la più forte e rapida fra le sue sorelle!
«Be’, è ovvio, è quello che ti stavo ripetendo da prima, ma tu sbraitavi e ringhiavi come un ossesso» borbottò, sentendo i propri sibili accapigliarsi: adesso anche la lingua la tradiva? «Senti, io non caccio umani! Di sicuro non per divertimento! Io quello che caccio lo mangio! Non spreco la carne come fai tu o come faceva tua sorella...»
«Sorella?» sbottò Ripper, gli occhi spalancati come piatti «Io... ho una sorella?!»
Si fece avanti, così vicino da poter quasi toccare il muso della Raptor con il proprio.
«Dove si trova? è come me? Ha un nome? Lei...
»
Blue trasalì. Si rese conto di aver parlato troppo. Davvero troppo. La sua linguaccia l’aveva tradita, e non aveva pensato alle conseguenze.
Sbuffò indietreggiando per riprendersi i suoi spazi – che non si facesse strane idee! – irritata con sé stessa, e da un lato... vulnerabile.
Sì, era così. La reazione dell’altro l’aveva fatta sentire vulnerabile. Perché? Perché avrebbe avuto la stessa reazione, se avesse saputo di avere una sorella. E lei ne aveva avute tre, maledizione, con cui era cresciuta, e che poi aveva perso! Sapeva benissimo come ci si sentiva.
Per un istante, la Raptor si rese conto che non voleva dirgli niente perché non voleva farlo stare male. Perché non voleva aggiungere altro dolore a quanto aveva subìto finora. Ridicolo e irrazionale! Che differenza avrebbe fatto? Poteva rifiutarsi di rispondere e lasciare perdere. Non gli doveva niente, anzi, gli aveva dato anche troppo, risparmiandogli la vita dopo quello che aveva cercato di fare ad Owen!
Eppure... non fece nulla del genere.
«Non lo so se era tua sorella, ma non trovo altra spiegazione siccome avete lo stesso odore» rispose, schietta «Si chiamava Darcy (2). Era più grande di te, un sacco, e per un breve lasso di tempo fu l'allfa del mio branco: all'inizio mi andava bene, perché ci avrebbe fatte fuggire da quella gabbia. Poi... mi costrinse ad uccidere per divertimento. Non mi è piaciuto. Volevo mangiare, non essere un mostro. Ha cercato di farmi uccidere Owen e gli altri umani, e poi ha ammazzato le mie sorelle, e poi voleva uccidere tutto quello che trovava sul suo cammino. Era malata. E sanguinaria. E io ero troppo assetata di libertà per pensarci due volte prima di seguirla. Le mie sorelle hanno pagato la mia stoltezza, e io l’ho fatta pagare a lei! Ecco, sei contento, ora sai che sono un’ipocrita. Se vuoi ammazzarmi, accomodati! Possiamo anche chiuderla subito! Così siamo pari.»
Si mise in posizione di difesa. Dava per scontato come sarebbe andata a finire.
Invece, negli occhi di Ripper intravide solo un lampo di rassegnata tristezza.
«Dunque è così» mormorò stancamente l’Indoraptor «Un’altra speranza dispersa come polvere al vento. Sembra che io sia stato messo su questa terra solo per soffrire.»
Abbassò lo sguardo e sollevò la zampa artigliata, scrutandola con fascino morboso. In particolare, si soffermò sull’aguzza lama d’ebano che risplendeva sotto i raggi della luna. 



«Anche se riuscissi a fuggire, gli umani continuerebbero a darmi la caccia. Forse... sarebbe più facile farla finita qui ed ora. Chissà? Forse nella morte potrei finalmente trovare un po’ di pace...»
«Ma sei stupido?»
Gli occhi scarlatti dell’Indoraptor, perplessi, incontrarono quelli dorati della Velociraptor: lo fissava a mascelle spalancate, incredula.
«Ti ho appena detto che IO ho ammazzato tua sorella e tutto quello che sai fare è pensare di ammazzare TE stesso? Ma che diavolo avete nel cervello, in famiglia!?»
Sul muso di Ripper andò a dipingersi un’espressione irritata. 
«E cosa credi che dovrei fare? Vendicarla? Magari provando ad ucciderti?» domandò beffardo, allungando un artiglio e strusciandoglielo sotto il muso «Sei una combattente capace, ma ti assicuro che in uno spazio aperto avresti ben poche possibilità.»
«Ah, è così che la metti, brutto insolente!?» si stizzì lei, tirandogli una sonora morsicata sul dito senza mezzi termini «Puah! Sai di schifo.»
Si rese conto l’istante dopo di star mentendo spudoratamente. In realtà trovava avesse un buon sapore. Cosa? Se lo voleva mangiare? Ma insomma, non era neanche un erbivoro, e non era nemmeno in vena per cacciare! 
Un angolino del suo cervello le diceva che era una fame diversa, in realtà. Ma era troppo occupata a farsi impettita e a non lasciargliene passare nemmeno una.
«Senti, non sono un’aspirante suicida, a differenza tua! Te l’ho detto che non ci guadagno niente, a farti fuori. Io credo solo che sei uno stupido, perché io ho rischiato l’osso del collo per salvarti e adesso ti vuoi ammazzare davanti a me! Hai già dimenticato tutto il discorso sulla libertà e cacciare quello che vogliamo?»
Si fece, insospettabilmente, più dolce e mite.
«Come pensi di poterlo fare se adesso ti uccidi?»
Ripper la scrutò con aria diffidente. «Saresti davvero disposta a cacciare con me?» domandò sospettoso «Anche dopo che ho provato ad ucciderti? Perché mai dovresti rischiare così tanto per un dinosauro che non hai mai incontrato prima?»
Blue ci pensò su a lungo, prima di rispondere.
«Non mi vuoi più uccidere, no? Prima era prima, adesso è adesso. Be’, è vero che sei pazzo e potrebbe venirti la voglia di farmi fuori da un momento all’altro, ma in quel caso... che differenza fa? Un giorno potrei svegliarmi ed incontrare la t-rex in piena caccia, ed essere la sua sfortunata preda, anche se l’ho aiutata ad uccidere tua sorella. La nostra natura funziona così! Siamo sempre in bilico. E lo saremo per sempre, ora che viviamo in mezzo agli umani. Guaio più, guaio meno... forse preferisco essere ammazzata da uno come te piuttosto che da uno sporco umano con le sue palle di metallo. E di sicuro non voglio tornare in gabbia!»
Ripper la fissò in silenzio per quasi un minuto buono, cercando di cogliere nel suo sguardo il minimo accenno di inganno o menzogna. 
Quando non ne trovò alcuno, rilasciò uno sbuffo divertito. «Sì... sei decisamente un dinosauro molto strano.»
«A questo punto, lo prendo come un complimento» commentò la Velociraptor, compiaciuta.
Poi all’improvviso, le sfuggì un sonoro sbadiglio.
«Senti, tutti ottimi propositi, ma io di caccia ne parlerei un’altra volta. Sono stanca e voglio riposarmi. Dovremo trovarci un riparo.»
Si avventurarono ancora di più nella foresta, fino a trovare uno spiazzo fra gli alberi con un’ottima vista verso il cielo.
Blue ci si rannicchiò, emettendo versi di contentezza e letizia, pienamente soddisfatta della posizione. Alzò lo sguardo, non potendo trattenere la curiosità per come lui si sarebbe comportato. Chissà se dormiva come dormivano i Raptor?
All’inizio, rimase immobile a scrutarla, come se non fosse del tutto sicuro di come comportarsi. La sua esperienza con il mondo esterno era stata abbastanza limitata, ma poteva già sentire i primi, freddi sospiri che annunciavano l’avvento della gelida notte autunnale.
Prima di quella sera, Ripper aveva sempre dormito in un ambiente abbastanza caldo, ma non certo perché i suoi guardiani si erano preoccupati del suo benessere. Semplicemente, la sua gabbia era situata proprio sotto i laboratori della magione Lockwood, che richiedevano grandi quantità di energia per funzionare correttamente.
Attirato dal calore emanato dalla femmina, agì per puro istinto e si avvinghiò attorno a lei per sfuggire al freddo.
Blue sussultò appena: non si aspettava quel contatto così diretto, con tale foga, poi si accorse che tremava per il freddo, e non poté biasimarlo. Evidentemente, al contrario di lei, non era in grado di regolarizzare la propria temperatura.
Da quella posizione, poteva davvero rendersi conto di quanto fosse grande ed imponente al suo confronto. E il suo odore le investiva le narici.
No, profumo. Così lui aveva descritto lei. Sembrava un termine più apprezzabile, piacevole.
D’istinto, sfregò premurosamente il muso sotto il suo collo, generando la frizione tra i loro corpi, per scaldarlo meglio. Non si domandò più il perché lo faceva, semplicemente lo fece e basta, con la stessa naturalezza di quando aveva imparato a cacciare.
«Sai» gli disse «non ho mai dormito con un altro dinosauro prima di ora.»
Ripper sbatté le palpebre.
«Oh» borbottò, imbarazzato per la prima volta da quando era uscito dall’uovo «Mi dispiace, io... pensavo che fosse un comportamento normale. Come fate a dormire da soli con questo freddo?»
«Veramente io non sento così tanto freddo» replicò lei «Ma tranquillo, non mi dai fastidio. Più che altro mi riferivo al fatto che non sei... ecco, proprio un Raptor. Non offenderti, è che ero abituata a dormire con le mie sorelle. Tu sembri un Raptor, ma al tempo stesso sei diverso. È da mezz’ora che il mio corpo fa cose strane. È semplicemente tutto nuovo, ecco. Ma immagino che per te lo sia di più.»
Sembrava essersi assai più addolcita e tranquillizzata. Come se il calore e il freddo dei loro corpi si mescolasse e stabilizzasse il suo stato d’animo.
Ripper annuì contemplativo.
«In effetti, mi sento un po’... qual è la parola? Sopraffatto, suppongo.» Si guardò brevemente attorno. «Non pensavo che un giorno sarei riuscito davvero a fuggire. E ora che sono finalmente fuori dalla mia gabbia, non ho la minima idea di cosa farò.»
Sospirò stancamente. 
«Il mondo esterno è così diverso, pieno di suoni e odori sconosciuti. Anche se il tuo è parecchio piacevole» aggiunse, affondandole appena il muso nel collo.
La Velociraptor emise un verso in risposta. Una specie di vibrazione di gola mista a sibili: sorpresa, e poi piacere.
«Grazie. Okay, lo ammetto, in realtà non sai di schifo. Sai di sangue, ma non mi dispiace. Però... non ti facevo così affettuoso.»
Ridacchiò, poi acquattò la testa sul terreno.
«Mi hai chiesto come mai mi andasse bene che cacciassi con te... ma dovrei chiederlo io a te! Anch’io ti ho aggredito, dopotutto.»
L’Indoraptor rilasciò un sonoro sbuffo. «Non sono affettuoso, stavo solo affermando un dato di fatto» brontolò «E poi, mi hai a malapena fatto qualche graffio. Niente che non si risolverà con qualche ora di sonno. Guarisco molto in fretta.»
«Ma quelle dubito che ti guariranno, se non le estrai» sottolineò Blue, passando senza tante cerimonie il muso sui proiettili conficcati nella pelle «Queste palle di metallo sono davvero insidiose. Ho visto dinosauri morire come niente dopo averne presa solamente una. Che ti faranno a lungo andare se le tieni?»
L’Indoraptor le scrutò con un cipiglio.
«Ho cercato di toglierne il più possibile, ma alcune non sono riuscito a raggiungerle. Ti dispiace se...»
Si fermò e indicò i proiettili restanti, quasi avesse paura a chiederle aiuto. Per tutta la vita, era sempre stato da solo, costretto a sopravvivere con le sue sole forze. Il pensiero di affidarsi ad un altro essere vivente lo riempiva di disagio. Eppure... aveva la sensazione di potersi fidare di quella strana creatura.
Blue rimase in silenzio per qualche istante. Percepiva quanto dovesse essere difficile per lui chiederle una cosa simile, quando per lei era naturale. Aveva sempre avuto qualcuno al suo fianco con cui contare, finché non le era stato strappato via.
Voleva fargli capire che era importante e giusto da fare.
Perciò, annuì silenziosamente. Quindi si raddrizzò, e infilò l’artiglio della zampa destra nella fessura creata da uno dei proiettili, e con molta cura, facendo pressione, cercò di farlo uscire. Ripeté l’operazione più volte, con tutti gli altri, con tutta la scrupolosità di cui era capace.
Ripper strinse i denti, ma un paio di volte non riuscì a trattenersi dal sibilare. Ingoiando il suo orgoglio, prese un respiro profondo e borbottò un rapido: «Grazie.»
Era la prima volta che rivolgeva una simile parola a qualcuno.
La Velociraptor chinò il capo. «Di niente.» Si accoccolò nuovamente per terra e contro di lui. «Anche se questo era affettuoso» lo punzecchiò, divertita.
Non si erano accorti che, nel frattempo, oramai la notte era giunta al termine. Nel cielo stavano spuntando le prime luci dell’aurora.
L’Indoraptor sibilò, teatralmente stizzito. Poi, all’improvviso, i suoi occhi si ingrandirono di confusione, mentre rizzava il collo e scrutava sopra di sé.
«Ehi! Guarda!»
Blue emise un sonoro sbadiglio: si era già preparata per addormentarsi. «Cosa c’è adesso?» 
«Il… il soffitto!» Ripper cercò di spiegare cosa l’avesse tanto scioccato. «Ha… ha appena cambiato colore e… c’è della luce. Sta sorgendo della luce. (3)» La fissò, con aria sperduta e curiosa, come in cerca di una bussola. «È una cosa che succede spesso?»
La Raptor lo fissò a lungo, per quasi un minuto buono, a tratti, smarrita quanto lui. Poi i suoi occhi gialli si accesero di comprensione, e una serie di altre emozioni: profondo dispiacere e, a tratti, tenerezza.
«Quello lassù non è un soffitto» spiegò dolcemente «È… il cielo. È ciò che c’è fuori dalle gabbie, è da dove vengono l’aria e le brezze. E quella luce… è l’alba. Significa che un nuovo giorno è iniziato, che il tempo è passato.»
Lo guardò dritto negli occhi, specchiandosi in quei rubini sottili.
«Significa che adesso sei davvero libero, e questo è un nuovo inizio.»
A quelle parole, l’Indoraptor allungò di più il collo. Per tanto tempo rimase a contemplare la bellezza della volta celeste, rimirandone il rosa e il viola che si affacciavano, affiancato dalla giovane dromaeosauride. 
Quando il sole sorse completamente, si erano addormentati.



NOTE PER LA COMPRENSIONE:
1) Dromaeosauride: la famiglia di dinosauri al quale appartengono il Velociraptor e il Deinonychus, le cui dimensioni in particolare hanno caratterizzato tutti i Velociraptor del franchise. Infatti, in verità, il Velociraptor reale è molto più piccolo. 
2) Secondo gli autori, seguiti a ruota dal fandom, i nomi propri dell’Indominus Rex e dell’Indoraptor sono rispettivamente Darcy e Ripper.
3) Questa particolare scena finale è tratta da un fumetto realizzato da un fan sulla coppia. Le immagini presenti nel capitolo sono tutte attribuibili a questo artista, i diritti appartengono a lui: 
https://www.deviantart.com/kosmonauttihai
 
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