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Autore: crazyfred    21/12/2022    4 recensioni
Ritroviamo Alex e Maya dove li avevamo lasciati, all'inizio della loro avventura come coppia, impegnati a rispettare il loro piano di scoprirsi e lavorare giorno dopo giorno a far funzionare la loro storia. Ma una storia d'amore deve fare spesso i conti con la realtà e con le persone che ci ruotano attorno.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sotto il cielo di Roma'
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 Capitolo 30

 


Maya si era messa ad aspettare Alex sotto la pensilina del portone. Era una bellissima giornata di luglio, calda ma ventilata a sufficienza per non svenire sotto il sole rovente, una bella anomalia per la routine romana. Si erano accordati via Whatsapp, perché lui andasse a prenderla, senza troppi problemi: non riusciva ancora a credere che le cose stessero tornando alla normalità così in fretta tra loro, dopo mesi di niente, eppure era tutto così giusto.
La berlina grigia sfilò davanti al cancello, fermandosi con le quattro frecce nel primo passo carrabile e Maya si avvicinò, sorridendo sì, ma tentando di contenere quelle farfalle allo stomaco che iniziava a sentire: mentre si truccava, quella mattina, aveva giurato solennemente che non si sarebbe comportata come un’adolescente. Alex abbassò il finestrino mentre toglieva la sicura per farla salire in auto. Maya indossava un abitino a fantasia floreale e dai colori caldi che sul suo incarnato di porcellana stava d’incanto. I capelli, lasciati sciolti, vagamente mossi, erano tenuti dagli occhiali da sole usati come frontino; c’era solo un problema, notò Alex: l’orlo dell’abito era ben sopra il ginocchio e trovarsela seduta di fianco sarebbe stata una bella sfida.
“Vuoi mettere dietro quella?” domandò, accennando alla borsa frigo anche aveva con sé.
“Sì grazie” Aveva insistito, o meglio litigato, con Ruggero perché le permettesse di preparare un dolce e così aveva sperimentato per la prima volta un semifreddo. Non era molto bello da vedere, si era dannata l’anima per foderare lo stampo e stava per mandare tutto in malora, ma la crema era troppo buona – e il suo orgoglio troppo più forte – per gettare la spugna.
“Mayaaaa!” mentre saliva in auto la salutò Giulia, seduta sul sedile posteriore, sorridendole dallo specchietto retrovisore. Non si aspettava che ci fosse anche la bambina: quel saluto la fece sussultare.
“E tu che ci fai qui?” Maya aveva saputo da Alice che i ragazzi erano con la madre e i nonni a Nettuno per tutto il mese di luglio, ed era ancora il 27.
“Lei è la nostra … assicurazione” spiegò Alex, ammiccando sornione. Con la bambina nei paraggi, Alex avrebbe avuto pochissimi margini per prendersi libertà ma d’altra parte quella giornata da sua madre stava assumendo sempre più i contorni di un pranzo di famiglia; lei era conscia che Alex avrebbe fatto di tutto per bruciare le tappe, per farla cedere e in un certo senso le andava pure bene, era un gioco di seduzione e provocazione che la intrigava e le stava piacendo giocare. “Claudia e i genitori avevano un matrimonio e così sono andato a prenderli prima” spiegò lui, tornando serio mentre metteva in moto “Ruggero ha detto che non c’era problema se avessi portato anche Giulia”
“Ci mancherebbe altro”
“Ci ha fatto portare anche i costumi da bagno” Ovviamente
“Veramente no, ma ne ho sempre uno di scorta a casa della mia mamma” la rassicurò 
“…ma…non manca qualcuno?”
“Dedo è rimasto a casa con la fidanzata” puntualizzò la bambina.
“Giulia non chiamarlo Dedo, ormai è grande” la riprese il padre.
“Naaah non stare a sentire papà, mio fratello è più grande di me e la mia mamma lo chiama ancora Lollo. E quindi Dedo ha la fidanzatina, eh?” domandò Maya curiosa. Grandioso, pensò, pure i mocciosi si fidanzavano prima di me ora … Maya tu proprio non puoi parlare, guarda in che casino stai.
La bimba annuì, ridacchiando. “Si chiama Mavi! Ciao amooo! Cioè … tipo … fighissimo, ti giuro” disse la bambina, con la testa inclinata e le labbra a culo di gallina, evidentemente intenta ad imitare e perculare la ragazza del fratello.
“Giuliaaa! Ma chi sei? Che ne hai fatto della mia bambina carina e coccolosa? E soprattutto chi hai frequentato al mare per avere questa linguetta biforcuta?” la riprese il padre. Era sempre stata una bambina precoce ma ultimamente non riusciva a starle dietro: per quell’ironia, poi, era decisamente troppo presto; ma non per lei: no, per lui, che non voleva arrendersi a lasciare andare la sua Puffetta.
“Mavi hai detto? Mavi come diminutivo di Maria Vittoria? Dio Santo!” esclamò Maya, tra lo sconvolto, lo schifato e il divertito “Piccoli radical chic crescono” Non riuscì proprio a trattenersi e poco le importava che seduta dietro di lei ci fosse una bambina che apprendeva e assorbiva tutto come una spugna.
“Dai Maya non ti ci mettere pure tu! Perché dici così?”
“Oh senti! È come se la vedessi davanti a me in questo momento: friulane o Birkenstock ai piedi, borsa di tela, casa piena di libri che pare la Feltrinelli, ascolta solo musica classica o al massimo dischi in vinile di cantautori morti, cucina bio e/o km 0, villa in campagna, papà dottore e mamma pittrice…o viceversa, non fa differenza”
“Mamma ginecologa, papà musicista … ma come fai?”
“Alex, io con questa gente ci sono cresciuta, mi basta il codice fiscale per fare l’identikit”
“E comunque anche io ascolto musica in vinile”
“L’ultima volta che ho controllato non mi pareva avessi 15 anni tu” decretò, sorridendo sarcastica.
Alessandro non poté fare a meno di ridere, amava da impazzire che Maya non avesse peli sulla lingua e la cosa più bella era che non c’era ipocrisia in lei, non aveva problemi a ripetere quelle cose in faccia se necessario. “Speriamo che con mio figlio impari ad apprezzare il consumismo allora”
“Spero per lui … nel frattempo ce lo godiamo noi …” mentre costeggiavano le Mura Aureliane per prendere l’Appia, Maya alzò il volume dell’impianto stereo della tecnologicissima auto tedesca di Alessandro e calando gli occhiali da sole, abbandonandosi ai tormentoni dell’estate da Roma fino a destinazione e sporgendosi verso Giulia con la mano a pugno, immaginando di avere tra le mani un microfono. Ci provò un paio di volte anche con Alessandro, ma senza grande successo. Lui si limitava a portare il ritmo con la testa: in fatto di musica, era una zappa, una campana, insomma non ci provava nemmeno a cantare perché un corvo sapeva essere più intonato di lui. Ma non riusciva a nascondere la sua felicità perché anche se non c’era nulla di ufficiale, anche se in quel momento erano solo Alessandro Bonelli e Maya Alberici, due colleghi di lavoro, tutto assomigliava sempre di più, clamorosamente, a quello che per sé e Maya aveva sempre immaginato e sperato.
 
“Ah quindi proprio 
tu parlavi male della ragazza di mio figlio che ha l'appartamento in centro e la villa in campagna?” ironizzò Alex parcheggiando l’auto nello spiazzo davanti alla villa di Ruggero che Matilde, uscendo loro incontro, gli aveva indicato. Ok, le premesse perché Ruggero vivesse in un casale da sogno c’erano tutte: nobile, viticoltore e amante delle auto d’epoca, di certo non poteva vivere in un tugurio malandato su un colle arido e bruciato dal sole. Al contrario, il casale era ben tenuto nonostante i segni del tempo. Alex riconosceva la cura femminile di Matilde e il rispetto di Ruggero per la storia della propria famiglia.
“Ruggero non è mio padre, qui io sono ospite quanto te” spiegò Maya “e poi dal di fuori sembra sempre essere molto di più di quanto non sia”
Maya conosceva la realtà dei fatti: a dispetto dell’esteriorità, Ruggero e sua madre vivevano in modo estremamente spartano, senza aiuti domestici al di fuori di un giardiniere e una domestica che aiutava nelle pulizie una volta a settimana e quando, durante le vacanze, la casa tornava a vivere con figli e nipoti. L’azienda agricola avrebbe fruttato molto di più se avessero convertito il casale in struttura ricettiva, anziché tenere la maggior parte delle stanze vuote e chiuse durante l’anno, ma i due preferivano la privacy al profitto e soprattutto Ruggero non riusciva ad accettare l’idea di svendere la storia della sua famiglia a sposi e turisti.  
“Ospite di riguardo di sicuro” la incalzò “e poi c’è sempre tua madre”
“Questo sì … non mi ricordo se ti ho mai detto come l’ho ribattezzata”
“Ci avrei giurato che non ti eri fatta scappare l’occasione … ma me lo dici in un altro momento” la scoraggiò, accennando a sua figlia sul retro. Visto come pendeva dalle labbra di Maya l’ultima cosa di cui avevano bisogno era che captasse un nomignolo non gradito e lo ripetesse alla prima occasione utile.
“Oh! Ok, hai ragione” disse Maya, mordendosi la lingua preparandosi ad uscire.
“Alessandro! Maya!” Naturalmente, Matilde non aveva perso l’occasione per correre ad abbracciare Alessandro prima ancora che sua figlia. Come darle torto, pensò la giovane, visto che si era presentato come un perfetto tipo da spiaggia con bermuda chino blu e classica polo bianca, con il mocassino da barca d’ordinanza che lo facevano sembrare appena approdato con un 30 metri a Capri per una passeggiata in centro e un aperitivo in piazzetta. Sebbene Matilde blaterasse sempre di non badare a certi dettagli, quando li notava faceva sicuramente la differenza, sua figlia glielo leggeva negli occhi.
“Signora!”
“Ancora con questo signora, Alessandro, per favore! Matilde va benissimo”
L’uomo si lasciò andare ad un timido sorriso, abbassando il capo mentre stringeva la mano della padrona di casa: lo sapeva benissimo che poteva darle del tu e usare il nome di battesimo, ma aveva capito che era necessario, nella situazione in cui si trovavano, fare il ruffiano più del solito “Ruggero!”

Di solito, quando si trattava di pranzi o cene, Ruggero si rintanava nel suo regno, la cucina, e non c’era verso di tirarlo fuori prima che le pietanze non fossero pronte per andare a tavola. Nel vederlo lì, ad accogliere gli ospiti, in doppiopetto e fazzoletto nel taschino, Maya intravedeva lo zampino di sua madre e pregava che non ci fossero altre stravaganze ad attenderli.
“E tu devi essere Giulia…” esclamò Matilde, chinandosi verso la bambina. Giulia annuì, stringendo la mano della donna incerta, come le aveva raccomandato di fare suo padre, quella
mattina, mentre la aiutava a prepararsi. La piccola sembrava essersi coordinata con il padre con uno smanicato a righe bianche e blu e il colletto a cuore. “Tu sei la mamma di Maya?”
“Sì e tu sei una bimba bellissima, te l’hanno mai detto?” La bimba non rispose, si limitò a ciondolare, imbarazzata, e guardando altrove arrossendo. Maya non conosceva questo suo lato introverso, ma intuiva che fosse semplicemente dovuto alla situazione nuova e alla presenza di estranei.
“Giulia dai il regalo alla signora” la spronò il padre.
“Anche un regalo? Ma non dovevate!”
“Mia madre mi ha insegnato che non si va a mani vuote a casa di nessuno. È solo un pensierino …” Una scatola, elegantemente confezionata, di macarons dai fornitori romani dell’ambasciata di Francia e una bottiglia di vino da dessert abbinato. Alla faccia del pensierino …
“Un Vendemmia Tardiva! Intenditore …” commentò l’uomo, compiaciuto, rigirando la bottiglia tra le mani.
“Si fa quel che si può” scrollò le spalle Alessandro. A casa sua, da bambino, i vini si distinguevano in bianco per il pesce, rosso per la carne e spumante per il dolce: tutto il resto, lo aveva dovuto imparare da autodidatta, come parte del suo addestramento per stare in quel mondo fatto di cene d’affari e conversazioni di contorno che, in teoria non c’entrano niente, ma aiutano ad imbonire il cliente e a chiudere i contratti più in fretta e a proprio vantaggio.
“Allora prima di pranzo scendiamo giù in cantina e mi aiuti a scegliere qualcosa di speciale da bere”
“Molto volentieri”
“Prima però, vieni con me che ti faccio vedere le mie signorine …” con una pacca sulla spalla, senza badare alla sua compagna né a Maya, Ruggero trascinò Alex verso le vecchie scuderie che aveva adibito a garage. Quelle che lui chiamava signorine erano un’Alfa Romeo rossa da corsa con cui aveva partecipato alla Mille Miglia e una Maserati spider degli anni ’50 che gli era valsa la Coppa d’Oro al concorso per auto d’epoca a Villa d’Este, sul lago di Como.
“Niente…quando si tratta di automobili non capisce più niente” protestò Matilde, rientrando in casa contrariata: non c’era cosa che la urtava di più che non avere il controllo della situazione. In questo, forse, Maya ci si riconosceva.
“Mamma dai, sono uomini, di cosa vuoi che parlino? Lasciali fare” la riprese sua figlia, prendendo per mano Giulia e seguendo in casa la donna.
“Ma potevano andarci dopo pranzo!”
“Dopo pranzo…mamma è mezzogiorno, vuoi mangiare ad orario d’ospedale? Stai calma … piuttosto, com’è che Ruggero non è ai fornelli?”
“È già tutto pronto, questa giornata vuole godersela pure lui, si è anticipato. E poi ho pensato sarebbe stato carino pranzare in giardino, quindi è tutto sfizioso e pratico. Anzi, vieni con me che sistemiamo le ultime cose e mettiamo il tuo dolce in freezer”
Mentre attraversavano il salotto, Giulia si guardava intorno spaesata. “Che c’è Puffetta? Qualcosa non va?”
La bambina fece cenno a Maya di chinarsi verso di lei per poterle parlare all’orecchio. “Mi avevi detto che c’era un cane…”
“Hai ragione! Mamma, dov’è Bianca?”
“È nella cuccia” rispose Matilde, già in cucina “lo sai quanto è vivace e non sapevo se la bambina avesse paura”
“Esci da quella finestra” disse Maya a Giulia, indicando una porta finestra che dava sul retro della casa “la cuccia è lì, io ti raggiungo subito, vado a poggiare la borsa”
Il timore di Matilde era talmente infondato che tra Bianca e Giulia era stato amore a prima vista. Per essere una bambina che gli animali, a causa di una madre iperprotettiva e ansiosa, li vedeva solo in tv, si era comportata benissimo con la cagnetta e questa, di conseguenza, aveva capito in breve tempo di potersi fidare. Riuscire a staccare la bambina dalla cagnolina almeno per il pranzo era stata un’impresa, alla fine Ruggero era riuscito a trovare un giusto compromesso; aveva portato la cesta di Bianca ai piedi del tavolo, di fianco alla bambina. Giulia si era spontaneamente seduta tra Maya ed Alex, i quali ringraziavano per questa decisione. Ingenuamente, Maya aveva creduto di poter nascondere quello che c’era - o non c’era ma quasi c’era – tra lei ed Alessandro: da un lato davano l’aria di essere una coppia affiatata, dall’altro una famigliola felice; lo sguardo di sua madre era eloquente, le avrebbe riservato un terzo grado dei suoi, forse prima ancora che la giornata finisse. Scema io che ho pensato di passare una giornata con lui da mia madre
A quell’atmosfera familiare contribuiva anche Alessandro, tremendamente a suo agio con Ruggero. Aveva dovuto ricredersi, alla fine, sull’uomo: proprio come aveva detto Maya, nonostante il titolo di famiglia e le passioni da gentiluomo benestante, era una persona straordinariamente genuina e frugale, che apprezzava le cose semplici: tutto ciò che aveva – i quadri, l’antiquariato, il pezzo raro di argenteria o ceramica – non era per lui un’ostentazione di lusso o ricchezza, ma parti di famiglia che avevano una storia e un significato, auto comprese.
“Era tutto squisito, Ruggero” si complimentò Alessandro, poggiando il tovagliolo sul tavolo per alzarsi e andare a mettere il costumino a Giulia che stava diventando troppo insistente. “Va bene! Adesso ci andiamo a cambiare però rimani a giocare a bordo piscina, senza fare il bagno perché hai appena finito di mangiare” le sussurrò, all’orecchio, fermo e deciso. La bambina gli prese il volto tra le mani, provando ad arruffianarselo con i suoi modi dolci ma questa volta non funzionarono “Non ci provare, ruffianella!” le rispose, sorridendo furbescamente. Giulia, colta con le mani nel sacco rannicchiò la testa nell’incavo del collo di suo padre, mogia. Maya, che aveva assistito a tutta la scena, si trovò ad invidiare una bambina di sei anni … intenditrice…sei inopportuna Maya, evita!
“Non mi definisco un cuoco, ma cucinare mi diverte, specialmente per gli altri” minimizzò Ruggero, alzandosi anche lui da tavola per accompagnare Alex alla piccola casetta accanto alla piscina che avevano adattato a spogliatoio.
“Ah beh se cucini così e non ti definisci cuoco …” lo punzecchiò Alessandro, incredulo.
“Ma dobbiamo fare i complimenti anche alla nostra Maya” sviò il discorso Matilde, tenendo lo sguardo fisso sull’ospite “il suo semifreddo era eccezionale” Mancavano solo dei cartelli luminosi per rendere più evidente l’intento della donna: Maya avrebbe voluto sotterrarsi. Alex, tuttavia, restava impassibile e riusciva a mantenere discrezione e nonchalance come nessuno.
“Voci sulle sue capacità in pasticceria mi erano arrivate” confermò, tornando sui suoi passi “ma non avevo mai avuto il piacere” che gran bugiardo! “Sei molto brava, Maya, davvero”
“Grazie”
 
“Bagnata così non ci sali nella mia auto” intimò Alex a Maya appena riemersa dall’acqua dopo l’ennesimo tuffo. Matilde si era allontanata per una telefonata che, a suo dire, non poteva proprio tagliare corto e Ruggero era disperso da qualche parte nel parco per la passeggiatina di Bianca: che avessero intuito o meno, se Maya conosceva un minimo sua madre di sicuro si era messa in testa di sistemarla con Alessandro e quello era un modo per far andare le cose secondo i suoi piani. Una volta, ai tempi del liceo, Lavinia aveva soprannominato la madre Mrs Bennet, ma lei era troppo piccola per capire il riferimento: ora, invece, era chiaro come il sole.
“Finora sei stato così rilassato … non rovinare tutto!” protestò lei, schizzandogli dell’acqua. La giovane andò a sedere a bordo piscina di fianco ad Alex che, da lì, poteva controllare Giulia addormentata beatamente sotto l’ombrellone, crollata dopo neanche 20 minuti di tuffi e giochi in acqua.
“Questa giornata in campagna ci voleva proprio" commentò l'uomo "poi questo posto è meglio di un relais”
“Sì, io per tanto tempo l’ho sottovalutato”
“O forse lo davi per scontato. Quando diamo per scontate le cose è un po’ come disprezzarle. Io l’ho imparato a mie spese” Maya annuì, cogliendo a pieno il sottinteso “Comunque hai ragione, le ultime settimane sono state un vero ciclone. E non è finita qui”
“Mi dispiace…se posso fare qualcosa…”
Alex scosse il capo “Più stai lontana in questo caso e meglio è” Maya lo guardò, interdetta dal suo sorriso sarcastico. In lei si insinuò il sospetto che in quel malessere c’entrasse sua moglie. “Ho chiesto a Claudia il divorzio” chiosò … eccallà … “i sei mesi di rito sono decorsi e per quanto mi riguarda non c’è motivo di continuare oltre”
Cosa dire? Che le dispiaceva? Ovvio che non le dispiaceva per nulla, ma nemmeno poteva dire che fosse contenta, anche se lo era: per lui che si stava liberando di una zavorra enorme e pure per sé stessa, perché non c’era più niente che lo legasse a quella donna. Certo c’erano i figli, ma Edoardo era ad un passo dalla maggiore età e con Giulia avevano un rapporto splendido.
“Claudia ti sta creando problemi?”
“De Stefanis è un coglione, ma una cosa giusta me l’ha consigliata quando ci siamo sposati: fare la separazione dei beni, altrimenti a quest’ora dovremmo dividere a metà pure i mobili.”
“Però?”
“Però anni fa ho commesso una leggerezza che sto ancora pagando” Alex passò a raccontarle degli inizi di Roma Glam, prima che del suo arrivo, quando la sua ambizione e la sua inesperienza lo portarono a fare il passo più lungo della gamba. “I migliori giornalisti, le migliori attrezzature, la location più esclusiva … queste cose si pagano e le entrate non compensavano le uscite” Le spiegò che il padre di Claudia si era offerto di ricapitalizzare l’azienda, acquistando delle azioni. “Io ero tranquillo, sarebbe rimasto tutto in famiglia…figurati, mio suocero prima di partire per le Canarie ha persino ceduto le sue quote a Claudia, quindi di fatto a me che avevo la sua delega e così non mi è mai venuto in mente di riacquistarle o farmele cedere” Il solito vecchio Alessandro, insomma, sicuro di sé e della sua posizione, anche troppo.
Maya non cadeva totalmente dalle nuvole: da assistente curava molti dei suoi affari, dalle piccole cose quotidiane ai documenti del CdA, ma non le era mai venuto in mente di informarsi nel dettaglio dell’assetto societario, nemmeno quando lei ed Alex stavano insieme, aveva sempre dato per scontato che, in quanto moglie, Claudia avesse una compartecipazione nella società.
“Quindi ora che succede?”
“Succede che non ho più la sua delega, l’ha passata a Stefano già dopo la separazione e quello non vedeva l’ora”
I conti, ora, per Maya, tornavano precisamente: il suo atteggiamento dispotico e quelle frecciatine al suo ritorno avevano finalmente un senso.
“Ma quello sarebbe il minimo. Dopo che le ho chiesto il divorzio mi ha comunicato di aver messo in vendita le sue azioni sapendo benissimo che non posso permettermi di acquistarle in questo momento”
Maya non sapeva molto di economia e management, ma Alessandro lo conosceva bene e capiva che per essere così nervoso, collerico quasi, la situazione era grave. Iniziò a pensare ai peggiori scenari possibili.
“Temi possa comprarle qualche concorrente? O peggio Stefano? E di che quota parliamo?” domandò a raffica, agitata “Non può essere più del 50%”
“No tranquilla, è il 30% e comunque non credo che il mio vice abbia il capitale necessario, ma è il concetto, capisci? Oggi sono libero di decidere cosa è meglio per la mia azienda, chi assumere …” aggiunse, sorridendole. Maya sospirò, timidamente. “Domani … non lo so” concluse lui.
“Saresti ancora in maggioranza”
“Sì ma mi sentirei comunque imbrigliato”
Maya lo sapeva fin troppo bene, Alessandro non era abituato a lavorare in team: faceva finta, ma l’ultima parola era sempre la sua; persino quando si vantava di aver trovato un’ottima collaboratrice in Maya, restavano comunque in una situazione di dipendenza. Lui, di fatto, non era dipendente da nessuno da anni.
“Non sarà molto … e forse non se ne farà niente, ma posso parlare con Lorenzo”
“Tuo fratello?”
Maya annuì “Lavora nella finanza per una società della City, di sicuro ti può dare qualche dritta. Provare non costa nulla”
“Alla fine vedi, nonostante tutto, sono fortunato”
“Ah sì?”
Alex, lentamente e delicatamente, fece scivolare il palmo della sua mano sul dorso della mano di lei, che fino a quel momento e per tutto il tempo aveva sfiorato la sua. Probabilmente era stato solo un caso, ma era stato difficile mantenere la concentrazione con quel tocco che continuava a dargli la scossa.
“Sì, perché nei momenti bui so che sei al mio fianco. C’eri quando Claudia se n’è andata, se non ci fossi stata tu forse non avrei preso il coraggio e non me ne sarei mai andato di casa, mi sarei ripreso quel matrimonio ormai arenato da un pezzo … e ora sei qui, ad ascoltare le paturnie di un vecchio brontolone”
“Non sei un brontolone!” lo scosse, con una piccola spintarella sul braccio.
“Ah…speravo dicessi non sei vecchio” ironizzò allora lui, strizzando l’occhio. Maya rise, portando la testa all’indietro e frizionando i capelli bagnati lungo la sua schiena nuda e bagnata. Era una visione assoluta e non poterla toccare, non poter posare le labbra su quella pelle setosa, iniziava ad essere una punizione durissima, un supplizio di Tantalo in versione XXI secolo. “Voglio che tu sappia che la stessa cosa vale per me: ti supporterò e ci sarò sempre, in qualunque modo mi vorrai nella tua vita...”
“Alex, io…”
“…una relazione con una persona che ti ama da impazzire, anche se complicata e incasinata, o qualsiasi altra cosa riterrai meglio per te. Purché ti renda felice.”
In quel momento, quella pulce antipatica e disgustosa che si era fatta strada nella testa della ragazza quando aveva incontrato Anna - e quella l’aveva definita una seconda scelta - sembrava completamente sparita. Si sentiva importante e speciale come era stato nei loro primi giorni, quando appena potevano ritagliavano un momento per loro in ufficio, di nascosto, oppure quando, nelle sere in cui lui aveva i figli con sé, Prati e Testaccio sembravano distanti quanto Roma e Sidney. Non c’era più la paura di perdersi, il sospetto di essere un gioco passeggero o il timore che quell’insistenza fosse solo frutto del suo rifiuto.
Se a Capalbio aveva avuto voglia di ricominciare, ora sentiva che poteva davvero farlo, che se si fosse buttata avrebbe trovato quantomeno una piscina: pericolosa se si cade male, certo, ma almeno non era una superficie dura.
“Che c’è? Perché mi guardi così?” i suoi occhi erano lucidi e brillanti, razionalmente Alex avrebbe pensato ad un’irritazione per l’acqua della piscina o ad un fastidio per il sole che batteva contro di loro, aggressivo.
“Oh, fanculo …”
Scuotendo la testa, Maya si ritrovò a spingersi contro l’uomo, prendendogli il volto tra le mani e pressando le labbra contro le sue, smaniosa di ritrovarle dopo mesi. Alex si trovò piacevolmente spiazzato: ci aveva messo qualche secondo a reagire e rispondere a quel bacio, non perché non lo volesse, anzi, era da tanto che lo desiderava, pure troppo, ma era così abituato a dover tenere una rispettosa distanza di sicurezza che non era sicuro stesse accadendo davvero. Le sue labbra erano esattamente come le ricordava, turgide e vellutate, gentili nonostante l’impazienza di ritrovarsi fosse lampante e con quel sapore pungente del cloro della piscina tra di loro che rendeva tutto più invitante. Entrambi lo volevano da troppo e arrendendosi all’inevitabile avevano aperto una diga che era ormai arrivata al limite da settimane.
“Cosa … cosa significa?” domandò lui, trafelato, staccandosi controvoglia con una lucidità che nemmeno sapeva di avere per accertarsi che non ci fossero occhi indiscreti a rovinare quel momento.
“Direi … un incoraggiamento…siamo sulla strada giusta”
Alex fece un piccolo saltello per tornare in acqua, portandosi di fronte a Maya. Delicatamente, divaricò le gambe della ragazza per avvicinarsi il più possibile. Al suo tocco, poté sentirne fremere la pelle setosa delle gambe. I riflessi del sole sull’acqua della piscina e la luce del giorno che iniziava la sua lenta discesa avevano donato al suo candore una leggera sfumatura rossastra e le guance e il naso erano punteggiati di un sottile strato di lentiggini che le conferivano un’aria di sofisticata innocenza, giusto perché lui non era già cotto a puntino e sul punto di andare a finire in manicomio per lei. Pensa che c’è tua figlia, pensa che c’è tua figlia…ma che te frega, quella è più contenta di te se fate pace! Anche il grillo parlante nella sua testa, in quel momento, sembrava soffrire di un disturbo bipolare.
“Cosa stai facendo?” domandò Maya, trattenendo il respiro.
“Potrei averne ancora un po’ … di incoraggiamento?!” sussurrò, poggiando la fronte sul viso di lei, quasi implorante ma con un sorriso malizioso che rivelava meglio le sue intenzioni. Forse era per il cloro della piscina, forse aveva semplicemente cambiato fragranza, ma da così vicino gli sembrava di poter respirare le mille sfaccettature di cui si era innamorato: un attimo complessa, quello dopo decisa, poi semplice e dolce, un altro vellutata e voluttuosa, un altro ancora frizzante e sbarazzina. Ora che l’aveva riassaporata, non riusciva a farne a meno.
“Che scemo” soffiò lei, allacciando le sue braccia al suo collo. Ritrovarsi nelle braccia dell’altro, guardarsi negli occhi e baciarsi fugacemente valeva di più di mille dichiarazioni. Lo sapevano entrambi che era solo un passo avanti, ma ci sarebbe stato tempo per tanto altro, ci sarebbe stato tempo per tutto.
Non riuscivano a smettere di guardarsi e sorridersi e baciarsi...forse sarebbe stato più prudente levarsi da lì e nascondersi nello spogliatoio ma quell’acqua fresca era un sollievo per i loro corpi bollenti e l’unica vera assicurazione che avrebbe impedito loro di andare oltre, verso qualcosa che entrambi volevano ma non andava sciupato in uno spogliatoio o in un misero bagno, di fretta.
Alex si concesse di chiudere gli occhi mentre inclinava leggermente la testa, assaporando a fondo quei petali di rosa che sentiva contro le sue labbra mentre la lingua stuzzicava dolcemente quella di Maya. Quando le labbra della ragazza si schiusero completamente sentì le sue mani spostarsi dalle spalle al suo torace e poi sulla sua schiena per abbracciarlo più stretto mentre le gambe si intrecciavano al suo bacino. Si erano mancati, da morire, ma nessuno dei due aveva il coraggio di dirlo a parole. A che pro? I loro corpi e le loro bocche parlavano per loro.
“Papà?!” la vocina di Giulia arrivava da dietro il parasole, fortunatamente abbassato strategicamente.
“Uhm … vado io …” sussurrò Maya, divincolandosi in fretta per permettere ad Alex di ricomporsi: non era passato inosservato che quel bacio aveva reso Alex moolto felice.
“Puffetta! Ti sei svegliata!”
“Dov’è papà?”
“Nello spogliatoio, è andato a prepararsi, è ora di tornare a casa…”
“Di già?” Maya annuì. Anche se avrebbe voluto che quel pomeriggio non finisse mai, era giusto chiuderla lì, prima che potesse diventare pericoloso per tutti e due. Potevano riprendere da dove avevano lasciato, ma Alex aveva davanti a sé un mese intero da passare con i figli, le ferie, la villeggiatura e Maya non voleva ricominciare con una relazione a singhiozzo, con il freno a mano tirato. Erano adulti, vaccinati, qualche settimana in più d’attesa non avrebbe mandato nessuno autocombustione…o almeno lo sperava.
“Eccomi Puffetta … ben svegliata!”
“Andiamo a casa papà?”
“Sì…ma non prima che Maya abbia asciugato i capelli. Tu così in auto non ci sali …”
“Non ti preoccupare, non torno a Roma con voi”
“Ah no…?”
“No, voglio dare una mano a mia madre a sistemare, oggi non sono stata per niente d’aiuto”
“Come vuoi …”
Mentre tornavano verso la casa, Giulia corse incontro a Bianca che giocava con Ruggero a raccogliere una pallina, lasciandoli provvidenzialmente soli.
“Sei sicura che va tutto bene? Ho fatto qualco-” domandò Alex, sottovoce, preoccupato di essere andato oltre. “Non hai fatto nulla che non volessi anche io” Maya si fermò un attimo, di fronte a lui, prima di essere troppo a portata di orecchie indiscrete “Va tutto bene. Anzi, benissimo” sorrise, serena e sincera. “Sabato prossimo parto, lo sai. Mi piacerebbe vederti ancora fuori dal lavoro…” “Mi stai chiedendo di uscire?” “Se così si può dire … sempre se ti va” “Sì, si mi va”
Alex le sfiorò impercettibilmente la mano, ammiccando prima di tornare da Matilde e Ruggero per i saluti. Andava tutto bene.



 
Non credo che questo capitolo abbia bisogno di grandi spiegazioni, e quindi vi lascio così, augurandovi un buon Natale e magari, se volete farmi un bel regalo, lasciate un bel commento (credo che questo capitolo lo meriti tutto). Per quanto il mio personale regalo ai miei lettori arriverà tra qualche giorno, devo capire solo quando avrò tempo...come sempre per ogni aggiornamento potete passare sulla mia pagina facebook
Con Alex e Maya a questo punto credo che ci rivedremo la prossima settimana, sicuramente prima della fine dell'anno. A presto,
Fred ^_^
   
 
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