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Autore: Dorabella27    22/12/2022    6 recensioni
Che cosa può accadere a Natale nella casa di chi non ama le festività di fine anno? Beh, la visita del Krampus, per esempio. Oppure ...
Breve racconto, per tutti gli amanti della tradizione natalizia, e per tutti gli anticonformisti, come M., incontro prezioso, nata nel mio stesso giorno, a sedici anni di distanza, come diciamo? "con l'affetto di sempre".
Genere: Commedia, Dark, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IL NOSTRO PRESEPE HA FAME
(ANTIFAVOLA DI NATALE)
 
 
1.
-Marti....
-EH?!
-Scusa, ma …. mi hai rotto una statuina?
-Eh?!Cosa?! Che hai detto?!
-No, dico: per caso mi hai rotto una pecorella?
-Non ti sento, Lucaaaa! Scorre l'acquaaaa!!!
        Eccome se lo sentiva, invece. Però, la scusa della doccia, e dell'acqua che scorre e copre i rumori, veniva sempre buona; specialmente quando Luca attaccava con qualche argomento sgradito. Come il presepio. Oh, tutti gli anni, tutti i Natali, la stessa storia: l'albero, le ghirlande appese alle porte, e il presepe, 'sto cacchio di presepe con le statuine dei nonni e dei prozii. Non che Martina avesse qualcosa contro il presepe, intendiamoci: ma le statuine dei bisnonni erano proprio-...orrende, diciamolo; vecchie, sgangherate, sbrecciate, scombiccherate. Però, per Luca, che con i nonni e con la prozia Carolina ci era cresciuto, essersi accaparrato lo scatolone del presepe avito, strappandolo ai cugini, era stata una conquista. Una vittoria. Se solo si fosse sbattuto un pelino di più per accaparrarsi la casa al mare...ma va bene, va bene così; se uno a certe cose non ci tiene, non ci tiene. E in fondo a lei Luca piaceva proprio così: un po' sognatore, e tanto legato ai ricordi d'infanzia e agli oggetti di famiglia. Brutti, per lo più, va detto, ma con un grande valore affettivo. Anche adesso, che cosa aveva chiesto? Mi hai rotto una statuina? Eh, sì, perché rompere una statuina era un'offesa da prendere sul personale, per Luca. Una delle loro pochissime liti l'avevano avuta proprio la prima volta in cui Luca, per il loro primo Natale, aveva riesumato con aria trionfante lo scatolone del presepe dei nonni. Era il loro primo Natale insieme, nella casa nuova, e, mentre Luca le passava come preziosi cimeli le statuine, pur incantato dalla sacralità del momento, fondamento della loro futura mitologia familiare, aveva colto lo sguardo perplesso di lei, anzi, ma che perplesso, proprio schifato, mentre rigirava fra le mani la statuina di un cane da pastore con tre zampe integre, mentre la quarta era ricostruita approssimativamente con ... DAS? Pongo? E chi lo sa! Certo, con qualcosa che non garantiva una precisa conservazione dell'arto sostituito, tant'è vero che la statuina le trasmetteva ancora, al tatto, una brutta sensazione di appiccicume. E poi: angeli con la punta del naso saltata ancora in anni in cui si andava a letto dopo Carosello, un pastorello senza una mano, e tante pecorelle con un occhio semicancellato. La bruttura, insomma.
Adesso però, in accappatoio e mentre si frizionava i capelli umidi con la salvietta, doveva andare a vedere. E vediamolo un po', questo presepe cui manca una pecorella.
-Luca, a me sembra sempre uguale ("la stessa schifezza di sempre", voleva dire, ma si censurò)
-No, no: erano 22 e adesso sono 21, rispose lui, preciso, cavando dalla scatola una lista-inventario stampata in Ecxel (Dio benedica gli ingegneri!) da cui lesse compito: "Re Magi: 7, di cui 4 a cavallo; pastorelli: 8, 5 maschi e tre femmine; pecorelle: 22, di cui 2 nere. Ecco, vedi", disse, sollevando gli occhi da quel foglio dalla precisione inquietante, "Manca una pecorella bianca".
"Avrai contato male", azzardò lei.
"No, no: manca proprio", ribatté, piccato. "Conta anche tu con me..."
"No, no, per carità, ci credo, TI credo", disse lei, alzando le mani, e dirigendosi in cucina, l'asciugamano ora avvolto attorno alla testa a mo' di turbante. "Adesso faccio un caffè, e poi ti aiuto a cercarla, ok? Magari è caduta dietro il mobile".
"Ma sei sicura di non averla rotta per sbaglio, Marti?"
"Ma no, ma ti pare? Te l'avrei detto, nel caso, non ti fidi?" (E poi, pensò fra sé, come posso averti rotto una statuina, se sto il più lontano possibile da quell'obbrobrio di presepe? L'avrei rotta col pensiero? Magari bastass e....e le scappò un sorrisetto beffardo mentre caricava la vecchia Bialetti)
Dopo una serata di agghiacciante malumore passata cercando ripetutamente la pecorella smarrita -è il caso di dirlo -, senza successo, e poi guardando un filmaccio coreano, visione interrotta ogni quarto d'ora per rinnovare la ricerca, finalmente, il sonno e la stanchezza della settimana lavorativa ebbero la meglio.
2.
Il giorno successivo, sabato, cominciò nel peggiore dei modi.
Marti....
-EH?!
-Ma che fine ha fatto la pastorella bionda?
- ... Che pastorella?..., rispose lei, la voce ancora impastata di sonno e minuscoli pezzettini di sogno ancora negli occhi.
-La pastorella bionda, della nonna Ida, la sola superstite del suo presepio insieme ai Re Magi a cavallo.
- Ma non lo so che fine abbia fatto la pastorella bionda, e pure la pecorella bianca ....Non ne ho idea, Luca.
Si era alzata, e stava in piedi, a braccia conserte dietro di lui, che se ne stava in equilibrio sulle ginocchia flesse, e lo fissava, intento a scrutare con precisione millimetrica il presepe.
-Guarda che qui qualcuno ha spostato le pecorelle indietro, e il cane nero è troppo vicino al bue.
-Adesso sta' a vedere che si sono spostati da soli. Ma non è che rispetto all'anno scorso li hai disposti un po' diversamente?
E subito, appena l'aveva detto, si voleva mordere la lingua: ogni anno Luca faceva il presepe tenendo come modello una fotografia dell'allestimento di suo padre, cui si atteneva scrupolosamente.
La giornata passò bene o male, con ricorrenti ritorni al mobile del corridoio dove, sul ripiano proprio sotto il grande specchio al mercurio nella sua tronfia cornice Luigi XV, faceva bella (si fa per dire ...) mostra di sé il presepe, ma non ci vennero ritrovati né la pecorella, né la pastorella bionda; come pure insoluto rimase il mistero della diversa disposizione di alcune statuette: catastrofi cui si può sopravvivere. Solo, si rischiò la lite per un altro, ben più pesante casus belli.
-Che fine hanno fatto i miei pop-corn?
-Luca, erano nella borsa della spesa, o no?
-Mi pare di sì, sporgevano dalla borsa quando l'abbiamo appoggiata sulla cassapanca all'ingresso.
-E allora?
-E allora ti ricordi se li hai messi nel pensile?
-Ma come faccio a ricordarmelo? Sicuramente ho messo via tutto, e avrò messo nel pensile anche i pop-corn
-Eh no, qui non ci sono, Marti. Non è che li hai mangiati tu?
-Ma figurati. Sai che non mi piacciono.
-Quindi ?
-E quindi, li avrai lasciati nel cestino della spesa, o li avrai dimenticati alla casa automatica all'Auchan. Tu sei convinto di aver visto il sacchetto nella borsa, come tutte le settimane, ma non è vero.
-Sarà...
A sera, mentre, prima di cena, stava correggendo tutta concentrata delle verifiche di grammatica (accidenti alla sua idea di fare mezzi punti, e quarti di punto: non la finiva più di fare conti!), la deflagrazione.
"AHHH! MA NO!"
"Che succede?"
"MA DAI! MA GUARDA!". E indicava il presepe.
Pezzetti, bricioline bianche disseminate tutt'intorno alla capanna.
"BEH?"
"I pop-corn! Ma li dovevi mangiare proprio sopra il presepio?"
"Ma che dici? Non li ho mangiati io!" (e soprattutto, mangiare vista presepe sarebbe deleterio per la digestione, avrebbe voluto aggiungere!)
"E allora, chi se li è sgranocchiati? Il bue? O l'asinello?"
"Gesù Bambino direi di no, è troppo piccolo":
Nonostante la risata che aveva dissipato la burrasca in arrivo - per una stupidaggine - come tutte le burrasche, dopo che il presepe era stato debitamente ripulito dalle briciole di pop-corn, la cosa l'aveva tenuta sveglia a lungo, la notte. Fra una pagina e l'altra di "Mattatoio n. 5", pensava che magari poteva essere stata la nipotina di Antonietta, la portiera, che saliva ogni tanto con la nonna quando questa veniva a rigovernare e a stirare. Di solito però Aurora era una bambina rispettosa e ordinata, che sedeva composta in poltrona con il suo fumetto in mano, e che mai si sarebbe permessa di prendere statuine non sue, o di spostarne alcune. Men che meno di mangiare i pop-corn sbriciolando intorno. Ma poi, quel giorno Nina e Aurora non erano salite. E dunque?
Il sonno troncò a metà quell'arrovellarsi che, se lo diceva a tratti, era davvero ridicolo. "Dopo i ladri di biciclette, i ladri di statuette!", pensò, mentre cadeva nel pozzo cupo dell'incoscienza.
 
 
 
3 .
E fu un sonno agitato, pieno di sogni, anzi di incubi, di enormi cavallette che rosicchiavano il suo vestito da sposa, con uno scricchiolio insistente, quasi che quel suono irritante venisse da fuori, e fosse entrato abusivamente nel suo sogno, anzi, nel suo incubo.
Al mattino, passando davanti al presepe, per uno strano scrupolo, contò ancora le pecorelle, perché il suo occhio attento aveva percepito un vuoto nell'angolo destro: erano 18.
Luca non aveva detto niente, e lei non gli aveva detto né chiesto niente: come si dice? Don't ask, don't tell. Però, che strano.
Dopo cena, passando in corridoio, l'occhio le corse ancora al ripiano sotto lo specchio. Senza volerlo, cacciò un urlo.
"Che cosa c'è?!"- Luca si era riscosso di colpo.
"Gua...guarda..", aveva indicato lei, con la mano che tremava. Una pecorella era finita dentro la capanna, ed era inclinata, sotto la bocca del bue.
"Ma dai, adesso basta", aveva risposto Luca, prendendola sul ridere. "Smettila con questi scherzi scemi, dai. Ho capito che non ti piacciono le mie statuine: l'anno prossimo rinnoveremo il parco-presepe, ok?". Aveva rimesso la statuina al suo posto, vicino al ruscello realizzato con la carta lucida e trasparente, ed era tornato in poltrona a vedere la TV.
NON SONO STATA IO! Avrebbe voluto gridare. Ma si era trattenuta. Calma, calma. Sono un'adulta, laureata, non sono scema, sono una persona razionale, si diceva. Evidentemente Luca scherzava, fin dall'inizio voleva arrivare a questo punto; sì, voleva spaventarla: era tutta una strategia per vendicarsi di anni di borbottii, lamentele e battutine sarcastiche sulla bruttezza del presepe, delle "buone cose di pessimo gusto". Ah ah ah. Già. Che strategia. Che scherzone, eh? A lei, però, non veniva proprio da ridere.
Lo stesso accadde il giorno dopo, anzi, peggio! Dentro le fauci del bue stava incastrato nientemeno che il Bambinello, che, per tradizione familiare, era posizionato da subito nella mangiatoia, da quando, all'Immacolata, Luca faceva il presepe. Stesso copione del giorno prima: Luca che si incacchiava, rimetteva a posto la statuina, protestava perché mancavano due ochette, e guardava sospettoso "Marti", che, come sempre quando era nascostamente irritato, chiamava con il nome pronunciato per esteso, "Martina": anche con un certo freddo compiacimento sotterraneo, annotava mentalmente lei. ... E intanto, ormai, razionalmente, Martina pensava che quella sottrazione graduale di orride figurine in simil-ceramica non fosse altro che un'antipatica strategia per metterla a disagio e colpevolizzarla un po', e al contempo, far sparire un po' per volta i pezzi più improponibili di quell'accozzaglia di pupazzetti costituitasi negli anni, obbrobri che però Luca aveva gridato ai quattro venti di adorare, per anni, e che dunque non poteva buttare nel secchio dell'indifferenziato così, sic et simpliciter.
Ma non era tranquilla, no, non lo era proprio per nulla, e in quei giorni d'Avvento evitava di fermarsi in corridoio, e di far cadere lo sguardo sul Presepe; e poi, sentiva Luca che periodicamente, ogni sera, brontolava e rovistava fra le statuine, rimproverandole i suoi scherzi di "pessimo gusto". Una volta osò affrontare la questione con Antonietta, quasi scherzando, ma la portiera quasi si offese, come se avesse rivolto un'accusa diretta alla nipotina, e a lei, la nonna; per cui, lasciò perdere. Un'altra volta, però, nel breve tempo del passaggio dal tinello al bagno per prendere una pinza per capelli e ritorno, aveva notato che sotto la bocca dell'asinello c'era finita la Madonnina dal velo azzurro, il solo pezzo pregevole, o almeno non orripilante, del presepe. Come aveva fatto Luca a scivolare dallo studio al mobile sotto lo specchio, senza farsi notare? Doveva pur passare davanti alla porta del bagno, e lei l'aveva lasciata aperta. Come che sia, solo in quell'occasione aveva toccato le statuine rimettendole a posto; e le era rimasto un senso di disagio così acuto che era andata di corsa a lavarsi le mani, con molto sapone e molta schiuma, e un lungo, lungo risciacquo.
 
4
"Buon Natale, signora Antonietta!"
"Buon Natale a lei, Avvocato Reduzzi!"
"Mi scusi, ma quei due ragazzi così simpatici, Luca e Martina, mi pare si chiamano, i Bianchi, insomma, quelli che abitano sul mio stesso pianerottolo, sono malati?"
"No, che io sappia. Come mai me lo chiede?"-
"Mah, non si vedono da tre o quattro giorni, anzi, da prima del 20 mi sa..."
"No, no, stia tranquillo. Sono a casa, magari vogliono solo stare un po' tranquilli. Sa, sono sposini, sono giovani,...." e qui la portiera fece un'espressione un po' complice, al che l'anziano vedovo capì subito l'antifona.
Un'oretta dopo, però, Antonietta, ripensandoci, si ricordò di non aver visto nessuno dei due inquilini del quarto piano scendere o salire: strano, sotto Natale, quando è tutto un andare per negozi e fare spese, comprare regali e poi uscire per consegnarli ... strano davvero!
Provò a chiamarli: niente. Il telefono suonava occupato. Mah... Normale, no? A Natale, e alla Vigilia, è tutto un chiamare parenti e amici, e un fare e rispondere agli auguri. Provò sul cellulare della signora Martina (il numero del signor Luca non l'aveva mai avuto, né gliel’aveva mai chiesto: con quell'aria perennemente burbera e assorta, quasi truce, quando passava davanti alla sua guardiola e le rivolgeva a stento un saluto, le metteva una tale soggezione!), ma niente anche qui: spento.
Con una brutta sensazione nel cuore, salì le scale e suonò il campanello. Lentamente, dei passi strisciarono fino alla porta. Oh, si disse, che cretina, vedi che andava tutto bene?
-"Signora Antonietta, è lei?! Oh grazie di essere venuta!". La signora Martina non aveva aperto del tutto la porta, ma solo accostata, senza staccare la catenella. Si intravedeva un occhio largo e scuro, spalancato in una espressione impaurita, con un'occhiaia grigio bluastra, e un ciuffo di capelli neri e spettinati che ricadeva sino quasi sulle ciglia. Dove erano finiti i begli occhi neri e luminosi della giovane signora Bianchi, quelli che, corredando il suo squillante saluto mattutino, facevano sembrare radiosa persino la giornata del lunedì ?
-Tutto bene?, osò chiedere la portiera?
- Oh, sì, sì, ma,... potrebbe farci un favore?, aggiunse la giovane donna in tono ansioso e titubante.
-Certo! Tutto quello che vuole!
-Oh grazie, bene: ecco, se i negozi sono ancora aperti ... ci comprerebbe tre bistecche?". Si girò di scatto, come a consultarsi con qualcuno che era alle sue spalle, e poi si corresse: "No, quattro, belle grosse, e un paio di chili di carne macinata... (da dietro la signora Chiara, una forma, il signor Luca, le passò qualcosa). E ce la porta su? Ma subito, in fretta, più in fretta che può", disse la giovane donna, passandole dalla fessura della catenella due banconote da cinquanta euro. "Perché, sa", sembrò di sentire alla portiera (ma certamente si sbagliava, che diamine!), proprio mentre l'uscio le si richiudeva di colpo in faccia, "Il nostro presepe ha fame!".
 
 
 
   
 
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