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Autore: Corydona    24/12/2022    2 recensioni
"Il suono di quella voce la fa trasalire. La riconosce, l’ha sentita tantissime volte persa nel vortice dei ricordi. La riconosce e, anche se le era parso di vederlo aggirarsi tra gli scaffali della libreria mentre era impegnata a parlare con delle signore, non aveva creduto che fosse davvero lui.
Sarà solo uno che gli somiglia."
Piccolo incontro mai avvenuto, tra silenzi e incomprensioni.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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«Così hai continuato a scrivere?»

Il suono di quella voce la fa trasalire. La riconosce, l’ha sentita tantissime volte persa nel vortice dei ricordi. La riconosce e, anche se le era parso di vederlo aggirarsi tra gli scaffali della libreria mentre era impegnata a parlare con delle signore, non aveva creduto che fosse davvero lui.

Sarà solo uno che gli somiglia.

Rimane di spalle ancora per un istante, con la scusa di riporre le copie rimaste nello scatolone con cui le ha portate, e poi lo richiude con cura e lo sistema in una busta, di quelle giganti per la spesa. Sul fondo è macchiata di sporcizia e fango, aver preso i mezzi pubblici in una giornata uggiosa preceduta da altre piovose non rende giustizia all’aspetto esteriore dello scrigno in cui custodisce i suoi piccoli libri.

Solo quando non può più fingere di avere altro da fare, si volta. Si volta e incontra quegli occhi scuri di cui un tempo si era innamorata follemente. È davvero lui, non sta sognando, non se lo sta immaginando.

Lui, con quel sorriso che in tempi passati l’aveva fatta sciogliere, lungo una delle vie che segue il soffio del vento e che sembrava incurvarsi a suo piacimento. Quando era ingenua, quasi una bambina che ripone fiducia negli altri pensando di riceverne altrettanta. Era passato troppo, settimane, mesi, anni… E, lui, recava a malapena i segni del tempo, con qualche ruga sulla fronte e, forse, un’aria lievemente più grave e carica di responsabilità.

Neanche lei è troppo diversa, persino gli occhiali sono gli stessi, non ha mai cambiato la montatura. I capelli sono più corti e l’abbigliamento più adulto, ma sono aspetti futili. A vederla dopo tanto, ha conservato lo stesso aspetto.

«Sì» gli rispose lei. «Ma non solo poesie.»

Lui sorride ancora, quasi non riuscisse a fare altro. «Me l’hanno detto le libraie.»

Lei lancia un’occhiata fugace in direzione delle ragazze dietro alla cassa, che ricapitolano i guadagni di giornata. La titolare riemerge dal retro, con alcune banconote arrotolate in una mano. Prende lei da parte e le consegna la sua percentuale del firmacopie, dicendole che spera di rivederla di nuovo, perché con lei lì presente è riuscita a vendere anche libri di altri autori.

Lei saluta le libraie e la titolare, ed esce al freddo pungente dell’inverno.

“È così freddo questo mio dito, questo mio cuore.

Non deve pensarci, rievocare alla mente quei pochi versi sbrindellati di un tempo cancellato non è ciò di cui ha bisogno. Lancia un’occhiata in direzione dei binari del tram, sotto la luce dei lampioni e di qualche negozio ancora aperto. Non sta arrivando, forse ha il tempo sufficiente per raggiungere la fermata senza che debba correre con il peso e l’impaccio delle copie invendute.

Si incammina, coprendosi metà viso con la stessa sciarpa che indossava la prima volta in cui si erano incontrati. Ha ancora lo stesso cappotto, chissà se lui lo ricorda… Conserva ancora la foto, ricordo che la memoria non le cancellerà mai. Quello che vorrebbe cancellare è tutto quello che è accaduto dopo. Quasi tutto.

«Ti serve una mano?»

L’ha seguita?

«No.»

Si ferma e un tram scorre rapido davanti a loro. Vorrebbe dirgli che farà tardi a casa, che è una zona in cui non le piace arrivare tardi, ma non lo fa. Una piccola parte di lei non vorrebbe mai privarsi della possibilità di parlargli ancora una volta. Eppure, appena pochi minuti prima, è fuggita senza neanche rivolgergli un cenno di saluto, ignorandolo.

“Ma dopo fu silenzio, e corsa appresso a ‘n treno.

Basta, stupidi versi, uscite dalla mia testa.

“Una delle promesse più belle: a dopo.”

«Senti, non posso rimanere in giro, sta per piovere e non voglio che si bagnino i libri.» Scusa patetica, ma non così assurda. Tiene fin troppo a ogni singola copia per permettere che il Pluvio le colpisca con la sua furia.

“Ho voluto in tutto il mondo febbraio.”

E ora che febbraio è lì, ora che l’acquazzone sembra imminente, vorrebbe solo sparire e finire tra le coperte a riposarsi con il suo suono in sottofondo. E superare questo sogno, fingere che non sia mai accaduto.

“Non soffrire mai più, non perdere… mai più.”

«Se vuoi, ti accompagno. Chiamiamo un taxi e ti…»

«No.»

Il suo tono è forse troppo perentorio, ma non le importa. Si farebbe del male da sola ad accettare, e non è ciò di cui ha bisogno.

«Se devi dirmi qualcosa, dimmelo ora e non perdiamo tempo.» Una stilettata l’avrebbe ferita di meno, eppure è stata lei stessa a pronunciare quelle parole. Rimanere lì immobili ad attendere la pioggia è una tortura che non merita. Per quanto lei ami la pioggia, quello non è il momento adatto per riceverla.

«Vorrei andare a cena insieme.»

Cosa?

«Sei di fretta ed è un discorso lungo.» Lui ora ha un’aria seria, e i suoi occhi scuri spiccano nella perfezione di quel viso.

«Dovrei dirti di sì e poi non presentarmi.» La risposta le sfugge dalle labbra più rapida di quanto avrebbe mai immaginato. E forse non era quella che desiderava dire. O forse sì.

Si porta una mano alla bocca, sorpresa da sé stessa.

«Mi dispiace. Quel giorno ero in ritardo e…» Lui abbassa lo sguardo, colpevole. «Non ho scuse.»

«L’unica scusa che hai è che hai frainteso. Quando ti ho dato in mano il mio libro di poesie l’ho fatto perché non provavo nulla per te. Nulla in quel senso, perché sai che tengo a te. Avresti potuto chiedermi che intenzioni avessi, invece di sparire.»

«Avresti potuto chiedermi di scartarlo mentre eri lì con me.»

Lei si morde l’interno della guancia. Certo che avrebbe potuto. «Mi vergognavo. Le poesie sono una cosa personale e pensavo che avresti frainteso… Che poi è quello che è successo davvero. Avrei dovuto cercarti io per darti delle spiegazioni? O sarei passata per una stalker psicopatica? Io rispetto gli spazi degli altri e non avrei mai invaso i tuoi.»

Lui la guarda, con uno sguardo carico di un sentimento che lei non sa decifrare. Dispiacere? Rimorso? Rimpianto? O forse si è solo accorto di aver fatto una figuraccia gigantesca con una persona che non la meritava?

«Non li hai invasi.»

«Come hai fatto a trovarmi?» gli chiede invece lei, ignorando la risposta. Non le servono frasi ad effetto per sciogliersi ancora una volta come se fosse la prima.

«Un tuo amico mi ha contattato qualche tempo fa e mi ha detto che saresti stata lì oggi.» Con un cenno all’indietro del capo indica la saracinesca ormai abbassata della libreria. «È stato molto convincente.»

Lei sorride, amaramente. Dubitava che fosse andata davvero così, e che lui si fosse lasciato convincere con tanta facilità. Una piccola parte di sé vuole credere che lui volesse rivederla dopo tutto quel tempo e dopo tutto quel silenzio.

Un tuono piomba su di loro e un lampo distante li illumina nel buio della sera che avanza. Di lontano, arriva lo scroscio della pioggia.

«Quindi ti dispiace. Accetto che ti dispiaccia, ora è il caso che vada.» Lei prova a tagliare corto e si volta, ma lui riesce a trattenerla, stringendole la mano libera dalla busta.

«Dammi una possibilità.»

«Di cosa?»

«Solo di farti capire che non sono come credevi.»

«Ma tu sei come credevo, e non ho bisogno di cambiare idea.»

«Mi odi, vero?»

Lei non risponde, limitandosi ad abbassare lo sguardo. «Non ti ho mai odiato. Non hai capito che persona fossi e hai preso le distanze, forse avrei fatto lo stesso anche io. Non odio te, ma me stessa per essermi permessa di stare tanto male.»

Si morde il labbro. Il ricordo delle poesie dell’incomprensione pulsa nella testa, dolore inestirpabile di un sentimento ingenuo. Non sa neanche lei perché gli stia parlando con tutta quella sincerità che lui, forse, non merita. Ma non ha senso trattenersi, non ha senso celare la verità dietro un altro strato di parole che significano tutto e niente.

«Possiamo essere amici, se vuoi» dice, con la voce che le trema. «Non possiamo essere altro, non con la distanza di mezzo, non con tutto quello che è successo. Ma devi pensarci tu, devi volerlo davvero e senza altri fini.»

Apre l’ombrello e stringe la busta al petto. La pioggia si è fatta pericolosamente vicina.

«Va bene, permettimi di accompagnarti.» Lo dice con tranquillità, come se per lui fosse la frase più normale del mondo. Ma per lei non lo è.

«Non serve, prendo il tram.»

«Allora ti accompagno alla fermata.»

Lei non ribatte, così si incamminano l’uno accanto all’altra, in un nuovo e strano silenzio.

Può essere un nuovo inizio, può ricominciare e far sì che tutto quel dolore non sia scorso invano. La pioggia li raggiunge, ma sono al riparo, entrambi coperti dai rispettivi ombrelli.

Lui le chiede qualcosa sui romanzi e su come le è venuta l’idea e lei ripete ancora una volta le solite risposte. Non le pesa parlarne, l’ha fatto tutto il giorno con dei perfetti estranei.

E lui, forse, non è così estraneo come credeva.


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*Angolino autrice*

Se per caso ti sei imbattuto/a in questa OS tramite efp, ti ringrazio per essere arrivato fino alla fine. E ti devo qualche spiegazione, come la devo a chi invece l’ha trovata tramite le mie storie su instagram (sono lì come @cory.dona).

Quello che ho scritto qui non è mai successo e non credo che succederà mai, ma parte da una premessa reale, da alcuni eventi che hanno coinvolto me e un’altra persona. Non dirò mai di chi si tratta per tutelarla (anche se non è che sia una gran cosa, questa OS) e perché, nonostante abbia deciso di condividere questo racconto, per me si tratta ancora di un tasto molto delicato.

Vi chiedo, se volete dirmi cosa ne pensate, di entrare in punta di piedi nel lato più intimo di questa OS e di non calpestarmi il cuore né altro (come purtroppo altre persone hanno avuto l’indelicatezza di fare).

L’ho condivisa qui perché, come mi ha detto un amico, avevo bisogno di mettere un punto fermo a tutto questo. E lasciarla nel pc come se l’avessi scritta solo per me non mi avrebbe aiutato a chiudere né ad andare avanti. Vi chiedo, per favore, di tenerne conto: qui dentro c’è la parte più intima e nascosta di me, quella che in pochissimi conoscono. E solo aver condiviso questa OS ha significato mettermi a nudo.

Grazie ancora.

A chi festeggia, auguro buone feste, a tutti gli altri solo una buona fine di questo 2022 e che il 2023 possa essere un anno luminoso.

Cory.

   
 
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