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Autore: Aky ivanov    25/12/2022    0 recensioni
Cosa significava festeggiare il Natale?
Yuri se lo chiese all'invasione dei topi nel monastero.
Sergey se lo domandò contando le ragnatele nei loro portafogli.
Boris evitò di pensarci dinanzi all'idea di Daitenji.
Ivan si domandò cosa avesse fatto di male ritrovandosi a condividere la camera con una suora.
Era tutto perfetto quel Natale.
[...] Capitolo I - peccati
Capitolo II - lodi
Capitolo III - 24 dicembre
Genere: Comico, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altri, Boris, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Christmas adventure

peccati

 

 

Il suono ottuso della vibrazione sul legno giunse ovattato al di sotto del caldo abbraccio delle coperte, seguito da un secondo tremolio, un terzo pochi istanti dopo, un quarto nell’immediato. Yuri grugnì inquieto nel buio, rigirandosi più volte tra le lenzuola della brandina cigolante, tirando le coperte sempre più fin sopra la testa ad ogni aggiunta.

Un quinto tonfo arrivò dal comodino, un sesto in contemporanea, un settimo, un ottavo, un nono, poi un decimo. Il cuscino ingoiò il volto e l’imprecazione sussurrata finché dopo il quindicesimo tutto tacque. Yuri allentò la presa sull’imbottitura in cui stava tentando di auto soffocarsi sospirando sonoramente.

Il vento ululava all’esterno infrangendosi a ritmo altalenante con la neve sui vetri, una ninna nanna fatta di sbuffi e picchietti. La tensione accumulata tornò a scemare dai muscoli in tensione spingendolo verso il baratro dell’incoscienza.

Alla vibrazione impetuosa, persistente e ballerina, seguita dal volo solitario intrapreso dal cellulare desideroso di trovare la pace sul pavimento, Yuri riemerse stizzito dal bozzolo di coperte sibilando tra i denti la seconda maledizione, sbagliando lato del letto da cui affacciarsi. La terza invettiva, più forte delle altre, sopraggiunse alla collisione della sua testa con il muro rammentandogli di non essere nella sua stanza all’ex monastero Vorkov.

Per tre settimane – a causa della derattizzazione urgente a cui avevano dovuto sottoporre la struttura prima di renderla agibile ad ospitare consonamente dei bambini – lui e la sua squadra avrebbero dovuto soggiornare altrove, proprio nel periodo natalizio. Un ulteriore regalo sgradito del loro ex carceriere e lo scarso senso di igiene in cui li aveva fatti vivere, pensiero aggiuntivo di cui Yuri avrebbe fatto volentieri a meno. In mancanza di ulteriori soldi – poiché Daitenji aveva già prosciugato le sue casse per la ristrutturazione del monastero – e con l’appoggio dello stesso presidente della BBA, loro avevano trovato rifugio e accoglienza presso le suore del monastero di Novodevičij. Il più importante sito religioso di Mosca, patrimonio culturale mondiale.

Era passata a malapena la prima settimana e Yuri non vedeva l’ora di andare via.

Il problema non risiedeva nell’essere costretti a vivere nuovamente in un’altra struttura religiosa, a contatto con delle suore, a stretto contatto con tutto l’ambiente sacro di cui ne aveva piene le scatole – anche se questa volta c’erano davvero delle persone devote – ma nell’accoglienza gratuita e benevolente elargita solo a parole. Le ultime dodici ore passate a spalare la neve dalle zone per i visitatori pesavano ancora sulle sue spalle, impedendogli di compiere agevolmente il più piccolo dei movimenti, come il piegarsi – questa volta dalla parte giusta – a raccogliere il cellulare.

Senza contare i giorni precedenti volti ad aiutare con il trasporto degli addobbi natalizi, la decorazione di souvenir dalla dubbia utilità da rifilare ai turisti, i turni come aiuto cuoco in cucina, la pulizia delle stanze e altri lavoretti di cui il solo ricordo ripristinava la stanchezza.

Estenuante.

Sul cellulare recuperato i numeri digitali indicarono le due e trenta del mattino.
Yuri sorreggendosi la testa dolorante inspirò a fondo per non urlare.

La schermata iniziale di Telegram aperta con una ditata prepotente mostrò un totale di ottanta notifiche accumulate nelle ultime due ore, di cui le prime cinquanta appartenenti alla chat di gruppo rinominata a più mani da Boris e Ivan “I quattro cavalieri dell'Apocalisse” all’arrivo nel monastero, subito modificata da Sergey in “I quattro cavalieri dell'appicca-risse” dopo il penoso spettacolo dei due con il confessore; venti notifiche arrivavano dalla chat di Boris da cui proveniva in ultimo la chiamata persa e dieci da un gruppo nuovo denominato “SOS – Salva Boris Kuznestov”.

«Perché non l’ho gettato nel Moscova quando ne ho avuto occasione…»

Yuri ricadde a peso morto sul letto mantenendo il cellulare sospeso a venti centimetri dal viso. Era chiaro quale fosse il nome del suo disturbatore notturno anche se la sua coscienza voleva concedergli il beneficio del dubbio.

La chat di gruppo riportava una conversazione unidirezionale ed esclusiva di Boris, costituita dai loro nomi recitati ad appello in una media di due volte ciascuno, ovviamente inviati singolarmente per fargli salire l’istinto omicida, e un ammasso di sticker animati in lacrime di ogni genere di animale esistente, geneticamente modificato o inventato da qualcuno indubbiamente malato. Yuri schioccò la lingua scontento, rimuovendo con non poca soddisfazione la spunta verde alla voce “sticker e gif” accanto al nome di Boris prima di aprire la chat personale con lui, ignorando platealmente quella con la richiesta di aiuto.

«Cosa diavolo…»

Il suo nome scritto con cinquecento “i” occupava mezzo schermo, seguito dal messaggio con l’imperativo di rispondergli, altri quattro con il suo nome scandito lettera per lettera, un sesto in cui lo chiamava capitano a caratteri cubitali, un settimo con una gif di uno scimpanzè su una barella che non era una barella e lasciava lo scimpanzè a terra – Yuri si soffermò sconcertato più del dovuto a cercare di comprenderne il senso –, altri quattro sticker a casaccio, il ciclo smozzicato di prima ripetuto senza nemmeno togliere la spunta di inoltro per concludere con il suo nome scritto in grassetto.

L’ultimo accesso sostituito immediatamente dal rimbalzante “Sta scrivendo…”.

“Yuri!!”

“Lo sapevo che eri sveglio”

Yuri emise un verso seccato a fior di labbra inviando d’impulso “Mi hai svegliato tu deficiente” che finì per accavallarsi con la faccina gigantesca in movimento dagli enormi occhi a cuoricino inviatagli da Boris, seguita da altri quattro messaggi inviati a raffica in cui dovette pizzicarsi il ponte del naso per non sbottare.

Detestava quella mania di frammentare le frasi ad ogni invio, l’aveva fatto presente centinaia di volte. Sergey ed Ivan provavano a fare attenzione fin quanto possibile, lui no. Boris aveva lo stramaledetto vizio di fargli diventare il cellulare un vibratore.

“Sì, sì, lo so”

“Ma sei l’unico con il sonno leggero”

“Figurati se Ivan si sveglia così”

“Sergey poi”

«Io lo ammazzo» sibilò strizzando gli occhi ancora assonnati, una palpebra aperta e una chiusa dinanzi ai pallini sobbalzanti che non volevano saperne di arrestarsi «Giuro che lo ammazzo»

“Nemmeno le campane lo buttano giù”

“Poi credo usi i tappi”

“Boris, cosa cazzo vuoi?”

“Ho un grandissimo problema»

Yuri corrugò le sopracciglia all’improvvisa sintesi ed essenzialità del messaggio, coinciso e senza alcuna futura aggiunta a giudicare dall’inaspettata staticità della chat. Boris funzionava al contrario, quando doveva perdersi in spiegazioni o necessitava di aiuto bisognava caricare la molla per farlo andare avanti.

“Che succede?”

“Ho fatto una cosa che non dovevo fare”

Yuri rizzatosi immediatamente sul letto rilesse il messaggio con il triplo dell’attenzione passandosi lentamente una mano fra i capelli sciolti. Le ultime tracce di sonno erano scomparse lasciandolo fin troppo vigile ad osservare il display abbandonato sulle gambe incrociate.

“Cosa hai fatto?”

“Yuri, lo sai”

«Lo sai…» ripeté a sé stesso con sufficienza nel nulla «Come diavolo dovrei farlo a sapere se stavo dormendo fino a due secondi fa?!» ringhiò a denti serrati cancellando e riscrivendo il messaggio un paio di volte prima di propendere per qualcosa di neutro per non iniziare a litigare telematicamente.

“Ossia?”

“Quindici minuti per scrivere solo una parola?”

“Ed io che prendevo in giro Sergey”

“che preme lo schermo con un solo dito alla volta”

“Yuri devi essere più agile con le dita”

“Boris”

“Yuri”


 


Yuri si alzò di scatto dal letto ricadendoci sconfortato due secondi dopo, la schiena adagiata contro il muro e lo sguardo alla finestra dove la neve continuava a cadere. Non erano solo le spalle a far male, pure le sue gambe faticavano a reggerlo in piedi. Nonostante le circostanze diverse, l’essere segregato nella stanzina di un monastero, stanco morto e assorto a contemplare la neve in piena notte ricordava sfortunatamente tante altre notti simili.

Detestava Boris e i suoi casini notturni.

“Parla.”

“No Yu, non iniziare a mettere i punti”

“Tre”

“Cosa tre?”

“Due”

“Ah”

“Uno”

“Ho capito, ho capito”

“Però non ti arrabbiare”

Yuri inarcò un sopracciglio picchiettando l’indice sulla scocca del telefono senza degnarsi di rispondere. Il solo mettere le mani avanti prima di parlare era già preoccupante.

“Lo sai che odio questa stanza”

“è strana”

«La sua è strana»

Yuri lo borbottò acido sollevando gli occhi verso quelli della Vergine Maria raffigurata nella tavola dipinta posta davanti il suo letto. La grande icona mariana occupava quasi tutta la parete, sistemata su un alterino stracolmo di candele, fortunatamente elettriche, che non gli conciliavano il sonno ma evitavano almeno il rischio di far scoppiare un incendio.

D’altro canto, la luce soffusa diventava l’ultimo dei problemi quando affacciandosi alla finestra vedeva il cimitero annesso al monastero. Quello era il vero problema.

Le suore in mancanza di spazio gli avevano ricavato una stanza per la notte in una delle tante adibite solitamente alle preghiere, categoriche sul non poter condividere le camere fra loro, probabilmente per chissà quali pensieri malsani scaturiti alla pacca d’incoraggiamento di Boris che anziché prendergli la schiena era finita sul suo fondoschiena.

“volevo passare il tempo”

“in modo diverso”

In modo diverso.
Yuri sudò freddo.

“In che modo?”

“Lo sai Yuri, siamo uomini”

“siamo fatti di carne”

“lo so che ci hanno chiesto di non farlo”

«Ti prego, no»

“ma abbiamo i nostri bisogni”

“dobbiamo soddisfarli”

“Non l’hai fatto davvero”

“Non ho saputo resistere”

“Boris, una cosa ti avevo chiesto!”

“è stato uno dei momenti più belli della mia vita”

“ma ora davanti la porta ci sono le suore”

“e io non so cosa fare”

Yuri batté la testa sul muro attirando lentamente una gamba al petto, il volto poggiato sul ginocchio alla ricerca dell’illuminazione divina. I messaggi a intermittenza avevano smesso di dargli fastidio, tutto il suo nervosismo era ormai stato dirottato sui livelli di deficienza del suo amico anche se… poteva rimproverare Boris per questo? Per essersi goduto finalmente la vita? Vivere in strada per sole due settimane poteva essere fattibile in fin dei conti.

“Chi sta là davanti?”

“Sicuro suor Orsola”

“mai nome è stato più giusto, un orso.”

“Te le ricordi le sue raccomandazioni?”

“Sì”

“Ecco, questa mi ammazza!”

Suor Orsola, il piccolo armadio a tre ante dall’accento tedesco, più alto e largo di Sergey.
La suora che per abbracciarlo gli aveva quasi incrinato una costola – non era certo del quasi per Ivan – dopo le presentazioni di Daitenji e i piccoli dettagli sulla loro storia. La stessa che aveva tirato fuori una spessa bacchetta di legno minacciandoli di spiacevoli conseguenze se non avessero rispettato le regole di castità, buona condotta e un’altra dozzina di norme scritte su un foglio appeso in ogni camera. Sempre lei che davanti al loro immediato colorito cereo per gli spiacevoli flashback era scoppiata a ridere dicendo di scherzare.

Pessimo senso dell’umorismo.

“Aspetta che arrivo”

“Ok”

Yuri scostò le coperte rabbrividendo al contatto dei piedi nudi con il pavimento. Le gambe dolevano ad ogni passo così come le braccia stese per afferrare i vestiti ordinatamente ripiegati sulla sedia. In canotta e boxer scoccò un’occhiata obliqua al quadro cercando di infilare il jeans in una gamba provando contemporaneamente a scrivere un altro messaggio.

Era inquietante vestirsi e svestirsi con due occhi fissi su di lui, seppur disegnati.

“Ma lei sei riuscita a farla andare via?”

“Eh?”

“Chi?”

Il sopracciglio scattò su meccanicamente insieme alla zip dei pantaloni.

“Lo spirto santo”

“Come chi, la fonte dei tuoi problemi idiota!”

“No! Sta ancora qua!”

Il telefono aperto sulla conversazione finì abbandonato sulla sedia.
Yuri scosse il capo facendo attenzione a non stirare troppo le braccia mentre il maglioncino scivolava al suo posto. Il problema più grande sarebbe venuto a galla con le scarpe.

“Se sapevo come fare non ti chiamavo”

A fatica riuscì ad infilare il primo scarponcino.

“Come credi debba sbarazzarmi da solo di un bombolone alla crema di sette chili?!”

“Mi serve per questo il tuo aiuto”

Cosa?!

Yuri smise di fare il contorsionista fissando sbigottito il display del cellulare. La gamba ancora sollevata sul poggia-candele per agevolare la legatura dei lacci tirò alla base del polpaccio ma non gli diede peso. Incapace di muoversi o fare qualunque domanda continuò a fissare ad occhi sbarrati gli ultimi due messaggi avvertendo distintamente la sua temperatura corporea salire.

“Yu, ci sei?”

“Perché visualizzi e non rispondi?”

Un bombolone alla crema.
Era stato svegliato dopo una giornataccia estenuante per un bombolone alla crema.

«Tu mi hai svegliato alle due e mezza del mattino SOLO perché non sapevi come disfarti di un bombolone alla crema di sette chili?» esordì ad un soffio dal microfono quasi scavando lo schermo sul pulsante di registrazione, scandendo bene ogni singola parola, a ritmo contenuto, con una calma da fare invidia al più integerrimo pacifista «Buttarlo dalla finestra no, eh?»

“Te lo sto dicendo da mezzora!”

“Ma quale finestra e finestra, domani lo vedrebbero”

“Si alzano col gallo queste”

“Io non ne potevo più del loro Ramadan!”

“Lo stomaco brontolava”

Yuri evitò di sottolineare che il digiuno di quaranta giorni prima di Natale effettuato dalle suore, a cui loro purtroppo si erano dovuti adeguare, fosse nettamente diverso dal Ramadan islamico. Era fiato sprecato, in quel caso, cartilagine delle dita usurata inutilmente.

“Se Maometto non va alla montagna, la montagna va da Maometto”

Soprattutto se metteva in mezzo Maometto.

“Hanno scassato il cazzo”

Lui era il capitano, doveva sistemare i casini della sua squadra.

“Loro, il digiuno e il Natale”

Da lui dipendeva anche la sopravvivenza degli altri due.

“Io volevo mangiare”

Era una sua responsabilità.

“Yu, ma ci sei?”

Doveva ingoiare il rospo, trattenere la rabbia per altri quattordici giorni e poi eventualmente sopprimere la pecora nera del gruppo. Facile a dirsi, no?

 

Da dove cazzo lo hai fatto entrare un bombolone alla crema di sette chili, di notte, in questo posto in cui la sicurezza fa concorrenza al KGB?! Nemmeno posso tirare fuori il beyblade che subito mi ritrovo una suora alle spalle!

 

“L’ho rubato dalla dispensa di suor Orsola”

 

….

….

….

 

«Andiamo Yuri, ti vuoi dare una mossa?»

Boris schioccò le dita freneticamente facendo avanti e indietro nella stanza.
Nel corridoio le voci si erano attenuate, evidentemente sfiancate da una caccia surreale, anche se poteva ancora sentire i passi pesanti di suor Orsola andare da una parte all’altra borbottando qualche stranezza in tedesco.

«Dai, quanto ci metti»

Stufo di aspettare sbloccò il cellulare mandano altri tre messaggi apprensivi al suo capitano, notando per la prima volta la singola spunta di consegna ai messaggi, l’improvvisa scomparsa della foto profilo di Yuri e l’ultimo accesso risalente a “molto tempo fa”.

«Ma…cosa…»

Al tentativo di chiamata per sviare i dubbi lo schermo gli restituì l’avviso di connessione fallita con l’allegro messaggio che invece di rassicurarlo sortì l’effetto opposto.
Spiacente, non puoi chiamare Yuri a causa delle sue impostazioni di privacy”.

«Non ci credo… Mi ha bloccato!» sbottò ripetendo inutilmente l’operazione più volte, premurandosi di mantenere un tono di voce contenuto per evitare di attirare l’attenzione del segugio appostato dinanzi la porta «Lo stronzo mi ha bloccato!»

Boris fissò a bocca aperta il cellulare spostandosi nella chat di gruppo in comune con Ivan e Sergey, constatando suo malgrado di non poter comunicare nemmeno lì.

«Fottuto mestruato»

Il suo capitano era sempre stato troppo irascibile e vendicativo, ma con un limite. Era drasticamente peggiorato da quando si erano trasferiti là dentro. La colpa era senz'altro l’assenza di un pranzo normale, degli zuccheri, dei grassi saturi…almeno prima dopo una fetta di crostata gli poteva rivolgere la parola civilmente. Persino chiedere un favore! Ora era praticamente impossibile anche parlargli. Yuri era pronto a saltare alla sua giugulare al minimo sospiro… o a bloccarlo senza motivo per i suoi cinque minuti da isterico.

Nemmeno un grazie gli aveva inviato, eppure aveva pensato a lui con cui mangiare insieme il dolce sgraffignato.

«Ingrato»

Era stato abbandonato al suo triste ed ignobile destino. L’unico modo per uscirne vittorioso era quello di combattere e rinfacciare a Yuri l’indomani l’aiuto non fornito, magari alla presenza di Sergey così da avere manforte nel farlo sentire in colpa.

Non gli restava che farsi coraggio.

Boris convintissimo inspirò a fondo, le mani battute sulle ginocchia e una luce risoluta negli occhi. Lo sguardo fisso dinanzi a sé, alla seduta della sedia con in bilico il bombolone alla crema di sette chili. La forchetta stretta nella mano destra.

«A noi due bombolone»

 

 

Note:

Adoro la sezione delle note, posso parlare da sola! :D

Lo so che vi starete chiedendo di quali disturbi io soffra per partorire delle idee così strane ma avevo bisogno di scrivere qualcosa per riprendere il ritmo e dedicarmi a tutto quello che ho lasciato in sospeso. Abbiate fede (come sono spiritosa!), non durerà a lungo.

Il Natale è fatto di gioia, leggerezza, allegria…e per questo motivo io ho fatto precipitare dalla padella alla brace questa povera squadra che nemmeno l’ha mai vissuto XD. Il genere principale è senz’altro quello comico, ma non sono brava a mantenermi in un unico settore; quindi, non sorprendetevi se qua e là troverete delle frasi un po’ più “serie”.

A parte gli scherzi, so che potrebbero esserci imprecisioni qui e nei prossimi capitoli sulla gerarchia ecclesiastica ortodossa, la planimetria del monastero e varie cose annesse ma consideratele delle libertà poetiche, non sono molto ferrata su tutti gli usi di questa religione.

Infine, dato che io i social che ho collegato a questo profilo nemmeno li uso in maniera costante, se volete fare quattro chiacchiere mi trovate su telegram con il seguente nick: @Aky96 o nel gruppo di EFP.

Detto questo, la chiudo qui prima di occupare troppo spazio. >.<


Buon Natale a tutti e al prossimo capitolo!

 

Aky

 

 

 

Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Takao Aoki, questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro

 

   
 
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