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Autore: Doux_Ange    25/12/2022    1 recensioni
A Natale puoi fare quello che non puoi fare mai...
Un nuovo Natale per Anna e Marco,. Un nuovo inizio.
O, più semplicemente, un ritrovarsi.
Buon Natale!
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Anna Olivieri, Marco Nardi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Christmas Time'
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A Natale puoi

Marco’s pov
 
Quando quel giorno d’ottobre di ormai tre anni fa, Sergio è entrato in carcere con la promessa da parte di Anna di aspettarlo, mai avrei pensato di potermi trovare nuovamente qui.
Ma forse i miracoli esistono davvero - non che mi servissero ulteriori dimostrazioni dopo le tante già avute – perché oggi, seduta accanto a me sul divano, davanti al camino di casa, le fiamme che danzano allegre al suo interno, con le luci che brillano sull’albero e due tazze di cioccolata calda fumanti sul tavolino, c’è di nuovo lei.
Lei che non riusciva a perdonarmi.
Lei che aveva cercato rifugio tra le braccia di un altro.
Lei che per qualche assurdo e inspiegabile motivo – almeno inizialmente ai miei occhi –, a un certo punto ha deciso che giocare da sola non le bastava più, e nel tentativo di aiutare Cecchini a ‘riconquistare’ la sua biscottina aveva deciso che, nel doppio a tennis della sua vita, il compagno di squadra migliore ero io - pur con il mio rovescio che faceva (e fa) schifo.
Ecco perché, anche se non amo i cliché e credo poco alle coincidenze, non posso che sorridere al senso di déjà-vu che rievoca questo momento: noi, seduti sul divano di casa mia, mentre sullo schermo del televisore scorrono le immagini di un film natalizio che non mi è nuovo, anzi.
Ricordo bene la prima volta che l’ho visto, anche se sono passati ormai quattro anni. E ricordo altrettanto bene perché Anna aveva voluto lo vedessi.
Non tutto è andato come doveva andare nei mesi successivi a quel giorno.
Ma mentre oggi rivedo il protagonista maschile della storia inginocchiarsi dinnanzi alla sua amata per chiederle di condividere con lui il resto della sua vita, io - senza accorgermene – mi ritrovo a giocare con le dita della sua mano sinistra posata su di me, ripensando agli eventi che nelle ultime tre settimane ci hanno ricondotto qui…
 
A Natale puoi,
Fare quello che non puoi fare mai…
 
5 dicembre
Spoleto quest’anno è già ricoperta da un leggero manto bianco, giusto una spolverata di candida neve a colorare il terreno, ma è comunque sufficiente a fornire l’atmosfera perfetta per l’attesa del giorno più gioioso dell’anno.
Le luminarie, appese in strada e nei negozi insieme alle tante decorazioni a tema, completano quell’aria magica che si può avere solo nelle settimane antecedenti il Natale e in piazza Duomo, come ogni anno, troneggia un grande abete decorato con luci e fiocchi rossi e dorati, ricordando a tutti gli spoletini e non, che a Natale tutto è possibile, se solo ci si crede veramente.
Sono fermo di fronte a una vetrina, in pieno centro, le mani occupate da borse contenenti svariati pacchetti dovuti al necessario pomeriggio di shopping, in attesa della persona che mi ha offerto aiuto per trovare una soluzione ai miei problemi.
Ho praticamente già il regalo per tutti: un nuovo paio di scarpini da calcio per Ines; una borsa di Prada - della più recente collezione e rigorosamente rosa, come so la vuole – per Chiara; una nuova racchetta da tennis per Valentina, appassionatasi allo sport per colpa (o merito) di Anna che l’ha costretta a giocare con lei per sostituirmi - visto il mio infortunio al braccio - nelle scorse settimane; una nuova giacca di pelle per mio fratello Franco e i biglietti per andare allo stadio - almeno un’ultima volta – per me e mio padre Eugenio.
Ho anche già acquistato la Smartbox per Cecchini ed Elisa, con il viaggio di due settimane per Parigi che da tempo vorrebbero fare ma non si decidono mai. Il maresciallo sta infatti investendo tutto nel cenone di Natale perfetto per la sua biscottina e, da braccino corto quale è, ha deciso che il viaggio tanto bramato nella Ville Lumière non si può fare, giacché rifiuta che Elisa compartecipi alle spese. Per superare l’impasse, ed evitare che scoppi una lite tra i biscottini non appena Elisa scoprirà della scelta univocamente presa dal Maresciallo, Anna ed io abbiamo quindi deciso di regalare loro quel viaggio che tanto desideravano fare. Sarà il nostro regalo di Natale per loro. Insieme ad un’altra sorpresa - almeno spero…
 
Solitamente sono quel tipo di persona che si riduce all’ultimo per i regali, ma quest’anno ho un obiettivo preciso da portare a termine, e per farlo ho bisogno di avere quanto più tempo possibile per pianificare il tutto nei minimi dettagli,  in particolare visti gli sforzi catalizzati da Cecchini sul cenone che sta organizzando, e di cui blatera a chiunque sia così sfortunato da prestargli attenzione. Non che non ci aspettassimo un’uscita del genere, le sue stravaganze sono ben note a tutti, e la sua futura moglie non è che sia poi tanto diversa. L’unica cosa che temiamo è infatti la sua reazione quando scoprirà che il maresciallo vuole tenerla fuori dai preparativi.
 
A fare i conti, in questo tardo pomeriggio di dicembre, mi manca quindi solo un regalo da acquistare, il più facile ma al contempo difficile. Perché so già cosa deve essere, o meglio cos’è, ma non so come presentarlo al destinatario. E per questo ho bisogno di aiuto.
La persona che devo incontrare e mi ha offerto una mano per venire a capo della matassa, è in ritardo, come sempre. Ma sono contento di avere questo attimo di pausa dopo il pomeriggio impegnativo.
Mi osservo attorno, compiaciuto da quanto concluso oggi. Respiro profondamente, gioco come i bambini con l’effetto che si crea fra il calore che espiro e l’aria fredda che mi circonda.
La più recente ‘nuvoletta’ si fa largo nel buio della sera che cala, illuminata dalle luci natalizie che si stanno accendendo, quando mi sento – finalmente – chiamare: «Marco!»
Mi volto verso l’origine della voce, un suono che non sento da tempo, se non per telefono. La persona in questione, dopo mesi, è tornata a Spoleto per passare le feste con la famiglia.
«Chiara!» rispondo aprendo le braccia per accoglierla in un abbraccio che lei ricambia immediatamente.
«Il tempo passa, ma tu resti sempre il solito panda! Non sei cambiato di una virgola!» mi dice sorridendo, sciogliendosi dall’abbraccio. «Siamo in via di estinzione ma tiriamo avanti,» le rispondo, mentre lei ridacchia. «Scusa il ritardo, ma mi sono persa ad ammirare le vetrine dei negozi. Mi mancava proprio tanto Spoleto!» mi dice poi lei, calmata la risata, gesticolando animatamente.
«Non ti preoccupare. È normale, dopo tutti questi mesi lontano, volersi godere di nuovo la familiarità della città natale…» dico sorridendo. «Siamo contenti tu abbia deciso di venire a passare le festività con noi, anche se non penso tu abbia veramente avuto molta scelta» concludo ridacchiando, consapevole di quante telefonate abbia fatto Elisa per convincerla.
«Non vedevo l’ora di tornare e rivedervi anche io. E le feste capitano a fagiolo. Insomma, quale migliore occasione per stare un po’ di tempo insieme?» mi risponde. «Sto facendo quello che amo, quello per cui ho studiato e che ho raggiunto anche grazie a te ed Anna, ma mi manca un sacco la quotidianità che avevo qui…» continua poi. Mentre sorrido alla sua risposta, lei riprende però a parlare guardandomi con una faccia seria. «Mi spiace informarti che Anna mi ha tenuto però aggiornata su tutto quello che accadeva in mia assenza...».
Non mi ci vuole molto a capire cosa intende, ma decide di dare voce lei stessa al pensiero. Assume un cipiglio arrabbiato, portandosi le mani ai fianchi. «Sergio se ne va e tu che fai? Ti metti con Valentina! Sei forse idiota?» mi dice dandomi uno schiaffo al braccio, incredula.
«Tua sorella non è mai stata brava a darmi segnali che le piacessi, fin dalle origini. Oltre al fatto che le piaceva rimarcare continuamente che ero solo un amico. Non puoi dare tutta la colpa a me!» mi difendo io, massaggiandomi il braccio che ha colpito. «Posso farlo eccome, invece!» risponde lei. «Non posso mica sempre pensarci io a farti svegliare e dichiarare…» conclude allargando le braccia.
«Forse è per questo che stavolta si è dichiarata lei, allora…» le dico ridendo mentre lei, scuotendo la testa, con un sorriso in volto e un dito puntato contro di me, mi risponde infine «La dichiarazione più importante però spetta sempre a te».
La guardo confuso, fingendo di non sapere di cosa parli. La osservo fissarmi con uno sguardo capace di fulminare vivo chiunque e, prima che parli, alzo le mani per prevenire la sfuriata. «Scherzo, scherzo, scherzo!».
Lei rotea gli occhi e riprende a parlare. «Non si scherza su ‘LA domanda’. Soprattutto visto che il fato, e mia sorella, sono stati così clementi da darti una seconda possibilità di farlo. Non tirare la corda!» mi dice seria.
«Lo so, non ti preoccupare. Non farò lo stesso errore due volte, te lo assicuro,» rispondo più sincero che mai. Lei mi sorride. «Non ho dubbi, credimi… Anche perché sono qui io ad aiutarti ad organizzare il tutto!» dice congiungendo le mani, elettrizzata. «Che cosa hai in mente?» mi chiede poi.
Un sorriso sornione si fa largo sul mio volto, mentre la prendo a braccetto e ci dirigiamo al vicino bar per pianificare il regalo di Natale perfetto per la mia Anna…
 
Riprendere a giocare, riprendere a sognare,
Riprendere quel tempo, che rincorrevi tanto…
 
10 dicembre
Uno potrebbe pensare che dopo ben due matrimoni - seppur saltati - ci sia esperienza su tutto ciò che concerne l’universo delle nozze. Io stesso ripeto sempre che, essendoci passato, “ne so qualcosa”. Ma la verità è che sono completamente imbranato per quel che riguarda il primo passo da compiere. Tra l’altro, quello fondamentale per procedere.
Quattro anni fa, mi presi una terribile influenza e svariati due di picche prima di raggiungere l’obiettivo finale. E come sempre, avevo avuto bisogno dell’aiuto di altri per farcela.
Anche stavolta le cose non sono tanto diverse.
Qualche giorno fa, Chiara, dopo aver bocciato svariate mie proposte sul come compiere il passo, ha infine promosso una delle idee, decidendo che fosse la migliore e più adatta allo scopo.
Ero felice di averle chiesto aiuto, perché si era rivelato producente. Ma avete capito bene, ero felice.
Perché due giorni dopo, quando per sbaglio si è lasciata sfuggire davanti a Cecchini cosa stavamo progettando, il mio entusiasmo per quel suo sostegno è andato in frantumi.
Non voglio sembrare irriconoscente, sia nei confronti di Chiara che in quelli di Maresciallo Cupido. Tutt’altro. Voglio bene ad entrambi e non sarei arrivato fino a qui senza quello che hanno fatto per me, ma i piani che coinvolgono Cecchini non sono mai andati a buon fine. Mi deve pur essere concesso di avere dubbi, grossi dubbi, no? Anche perché si sono rivelati fondati nemmeno ventiquattro ore dopo…
Ottenuta, infatti, la promessa dal maresciallo di non far parola con nessuno del piano, mi sono consolato nel pensiero che, fortunatamente, avendo da occuparsi del suo tanto decantato cenone, il suo intervento sarebbe stato minimo. Non avevo calcolato però l’effetto slavina che si verifica quando Cecchini è a conoscenza di un segreto non suo e deve mantenerlo tale.
Un’impresa, nemmeno a dirlo, che gli riesce particolarmente male. Come si è constatato a tavola durante il pranzo di famiglia per l’Immacolata.
Chiacchierando infatti del più e del meno con Chiara, per poco non ha svelato a tutti il piano segreto per il regalo ad Anna.
Sarò sincero: non so che santo devo ringraziare, ma per miracolo la sua biscottina Elisa lo ha frenato in tempo, intromettendosi nel discorso per parlare elettrizzata delle sue idee per Natale.
Tuttavia, la situazione non è migliorata nelle ore successive e se cosa è accaduto non fosse accaduto, probabilmente, ora non so se sarei qui.
In quel momento, infatti, l’intromissione di mia ‘suocera’ era stata involontaria, perché Elisa ancora non sapeva del piano. Viste però le facce mia e di Chiara rivolte al maresciallo poche ore dopo, quando lo stesso non stava per svelare nuovamente il mio progetto, Elisa ha chiesto spiegazioni e nessuno è riuscito a trovare il coraggio di contraddirla quando ci ha costretti a vuotare il sacco. L’effetto slavina di cui parlavo prima.
Quindi eccomi qui, a cinque giorni dalla scelta presa con Chiara sul come dare ad Anna il suo regalo di Natale, nella gioielleria – ironia della sorte - della famiglia di Sergio, insieme ad Elisa, Cecchini e Chiara a scegliere il gioiello che molte ragazze, fin da bambine, sognano di ricevere dal proprio principe azzurro.
«Questo?» chiede Chiara indicando sul catalogo uno dei preziosi.
«Non vorrai essere spilorcio anche questa volta, vero?» mi intima sua madre osservando cosa la figlia ha indicato. «Di fronte a certe cose, non si deve badare a spese!» si intromette Cecchini, a sostegno della futura seconda moglie, prima che io possa rispondere. «Da che pulpito» commento a bassa voce, sperando non mi senta nessuno. Desiderio ahimè vano, visto che odo Chiara ridacchiare, e alzando lo sguardo dal bancone della gioielleria, mi ritrovo faccia a faccia con Elisa, le mani sui fianchi, in posizione canzonatoria, mentre Cecchini ribatte «Che ha detto?» perché non ha capito.
«Niente, tesoro» risponde Elisa al mio posto, «vero, Marco?» mi dice poi. «Sì, maresciallo, non ho detto niente. Riflettevo tra me e me…» rispondo laconico, mentre lui mi osserva confuso. «Constatavo che la sua affermazione è più che vera… Per certe occasioni non bisogna badare ai soldi. Come Lei sta facendo per il suo cenone…» concludo.
Il maresciallo tossisce nervosamente al mio finale di discorso, decidendo che è meglio non commentare oltre e continuare a osservare i numerosi preziosi che la gioielleria Spada ha da offrire, sperando al contempo che Elisa non abbia notato la sottolineatura da me fatta.
«ECCOLO!» urla improvvisamente Elisa, facendo prendere un infarto a tutti. «Mamma! Ti pare il caso di reagire così?» commenta Chiara con una mano appoggiata sul cuore, a calmare il battito accelerato che il suo grido ha provocato. «Scusami, tesoro. Ma questo prezioso merita tutto il mio entusiasmo. Guarda!» le risponde sua madre, mostrandole il gioiello. «WOW» commentiamo io e Chiara vedendolo. «Che ne dici, Marco?» mi dice mia cognata. Sorrido, annuendo alle due donne «È lui. È perfetto».
«Siete sicuri? Questo a forma di Sfinge non è male…» commenta Cecchini alle mie spalle, alzando poi lo sguardo che incrocia i nostri scettici e il silenzio che li accompagna. «Lo prendo come un no,» corregge il tiro lui alzando le mani, arrendendosi.
«Avete scelto, dunque?» mi chiede il commesso. «Sì, questo» gli indico. «Ottima scelta. La sua fidanzata è una ragazza fortunata…» commenta spostando il gioiello in una scatolina di velluto rossa. «Il vero fortunato sono io» rispondo, sorridendo e porgendo la carta di credito per il pagamento.
Nel mentre, sento una mano poggiarsi sulla mia spalla sinistra. Incrocio lo sguardo commosso di Elisa, che mi sorride. «Non sai quanto io sia contenta di quanto stia accadendo» mi sussurra poi. Porto la mia mano destra a stringere la sua poggiata sulla mia spalla.
So quanto sia stato difficile anche per lei vivere tutto il post “fuga dall’altare” di Anna e quanto ha fatto per provare a risolvere le cose tra noi. Le sarò sempre grato per esserci comunque stata per me, quando avrebbe potuto – e dovuto, con ragione – voltarmi le spalle. Per quanto lei e Cecchini siano dei casinisti spesso, sono felice che fossero entrambi presenti oggi qui con me.
Usciti dalla gioielleria, i biscottini sono andati a svolgere una serie di commissioni per il loro imminente cenone – Elisa a quanto pare ha scoperto i piani del maresciallo e ora ha preso il comando della situazione, manco fosse un affare di Stato -, mentre io e Chiara siamo andati alla ricerca del materiale che mi serve per portare a termine il mio piano.
È infatti arrivato il momento, di dare inizio all’operazione “Mrs Nardi” …
 
A Natale puoi
Dire ciò che non riesci a dire mai
 
15 dicembre.
Ho sempre amato la caccia al tesoro. Forse perché era uno dei giochi preferiti di mia madre Elena.
Quando ero piccolo, si divertiva a nascondermi i regali di compleanno in giro per casa, lasciandomi biglietti e indovinelli da risolvere per trovare i successivi indizi e arrivare al tesoro finale.
Sarà l’entusiasmo con cui ho raccontato di questo ricordo del mio passato ad aver convinto Chiara che una caccia al tesoro speciale fosse adatta per il mio piano.
In fondo, la nostra storia è un percorso a tappe, fatto di progressi e di momenti di arresto. Di luoghi speciali, che ci hanno fatto crescere, che ci hanno posto dinnanzi ai nostri limiti e alle nostre paure. Luoghi che, nel bene e nel male, fanno parte del nostro viaggio. Quello che non sapevamo – e non sappiamo - dove ci avrebbe condotto, ma che percorso insieme sarebbe stato comunque magico e bello.
Non so cosa il futuro riserverà, ma so che la mia incapacità di esprimermi deve passare da questa caccia al tesoro, perché solo così sarò in grado di dire ad Anna tutto quello che non sono mai riuscito a dirle.
 
Come un calendario dell’Avvento – seppur più coinciso -, giorno dopo giorno, indizio dopo indizio, voglio ripercorrere con Anna le tappe del nostro viaggio, che spero non abbia una meta finale, ma una tappa intermedia importante sul più lungo tragitto, dove la promessa fattaci un paio di mesi fa diventi realtà…
Perché tutto questo possa avvenire, insieme all’aiuto di Chiara, mi trovo in giro per Spoleto a nascondere cinque bigliettini, con gli indizi per trovare il successivo e le parole che ad Anna non sono mai riuscito a dire.
In molti credono nel potere della scrittura, nella capacità che questa ha di tirare fuori le parole che non saremmo in grado di dire mai. Non sono tra questi, o almeno ero scettico. È stata un’idea di Chiara, infatti.
Il mio piano originale era solo quello della caccia al tesoro. Lei affascinata dal mio ricordo ha suggerito di rendere il tutto ancora più speciale. «Deve essere qualcosa di cui lei si ricorderà per sempre, vero… ma deve essere anche qualcosa di speciale per te. Un nuovo ricordo, bello, da affiancare a quello che lo ha ispirato» sono state le sue parole. E insieme allora abbiamo cercato il modo perché quella sua osservazione divenisse realtà.
«Sai cosa penso? Che uno dei più grandi ostacoli tra voi sono stati i “non detti”. Forse è il momento di dargli voce» aveva osservato dopo il lungo brainstorming per arrivare al piano finale.
È stato quello il momento in cui abbiamo realizzato che aggiungere agli indizi quelle cose che non ho mai avuto il coraggio di dirle o che non sono mai riuscito a dirle nel modo corretto, fosse l’ideale per rendere la caccia al tesoro il modo perfetto per chiederle di ri-sposarmi…

Anna’s Pov

16 dicembre.
Sono in giro per Spoleto con mia sorella Chiara alla ricerca dei nostri vestiti per il cenone che si terrà tra qualche giorno a casa del maresciallo. Ancora non ci credo che lei e Cecchini abbiamo deciso di organizzare una cosa tanto in grande per Natale. Ma dopotutto ci hanno sempre abituato ai colpi di scena, non dovrei essere sorpresa più di tanto.
Il pomeriggio di shopping è stato fortunatamente fruttuoso. Non mi piace fare compre, soprattutto se si tratta di vestiti e per di più se devo andarci con mia sorella, capace di trascinarti in ogni singolo negozio per poi comprare la prima cosa che ha visto nel primissimo esercizio visitato.
Oggi, però, è stranamente tranquilla e vaga. Non è stato stressante cercare l’abito, anzi. È stata comprensiva delle mie esigenze, non ha cercato di farmi uscire dalla mia confort zone… La cosa è sospetta, a pensarci bene.
«Ti senti bene, Chiara?» le chiedo, mentre riprendiamo la strada verso casa con le borse contenenti i nostri abiti e scarpe per la festa in mano. «Mai stata meglio. Perché questa domanda?» mi risponde sorridendo, ma confusa. «Non hai obiettato su nessuna mia scelta per il vestito e non hai proposto nessun capo d’abbigliamento stravagante, nessun push up…» le dico scrutandola con un sopracciglio alzato. Si mette a ridere alla menzione del push up. «È Natale, e penso che nessuna delle mie proposte sarebbe mai stata adatta…» inizia a dirmi, mentre io annuisco «E poi credo che tu sia migliorata molto nella scelta dei tuoi look. I tuoi capelli più corti, ad esempio. Ti stanno molto bene. E vogliamo parlare degli abbinamenti di colore che fai? On point. Dopo anni hai finalmente imparato qualcosa tu da me!» conclude, entusiasta. Scuoto la testa sorridendo. È maturata così tanto negli ultimi anni. Sono molto orgogliosa che abbia trovato la sua strada.
E so bene che è merito anche delle conoscenze che abbiamo fatto dopo il nostro ritorno a Spoleto. Una su tutte, soprattutto. Non saremmo ciò che siamo se non fosse per Marco. Sarebbe stupido negarlo.
Un po’ sono ‘gelosa’ del fatto che il mio Marco – suona sempre bene con l’aggettivo possessivo – sia stato e sia importante anche per altre. Ma allo stesso tempo sono molto orgogliosa della cosa. È un uomo speciale. Un panda in via d’estinzione, come direbbe Chiara. È capace di tirare fuori il meglio da chiunque gli stia attorno, senza sforzarsi e senza rendersene conto spesso.
Mi ci è voluto tempo per capirlo. O meglio per accettare di nuovo il concetto. Non ho mai smesso di pensarlo. Il dolore per quello che era successo mi aveva annebbiato la vista, ma in cuor mio sapevo che Marco non avrebbe mai potuto tradirmi con lo scopo di ferirmi, volontariamente.
Non possiamo cancellare il passato, ma possiamo e voglio guardare con lui al futuro. E so che questa consapevolezza è dovuta al fatto che ho imparato tanto da lui e con lui. Proprio come è successo a Chiara e anche a Valentina.
«Terra chiama Anna? Ehi? Mi stai ascoltando?» mi richiama Chiara. Non mi ero accorta di essermi ‘assentata’ per perdermi nei miei pensieri, finché non ho visto la mano di Chiara sventolarmi davanti. «Scusa ero sovrappensiero. Dicevi?» le rispondo un po’ imbarazzata. «Fammi indovinare: Marcoland?» mi dice con sorriso sornione. «Marco-che?» controbatto con voce acuta e sempre più imbarazzata. «Sono felice di ri-vederti così…» prende a dire, ignorando la mia domanda.  «Non capita tutti i giorni di vedere Anna Olivieri comportarsi così out of character, innamorata e con la testa tra le nuvole. Stare con Marco ti fa bene, in tutti i sensi…» conclude prendendomi una delle mie mani. Stringo la sua in risposta, grata per le sue parole, abbassando la testa per celare il rossore sul mio volto. «Ehi! Non c’è niente di cui imbarazzarsi…» mi dice lasciando la mia mano per alzare il mio volto. «Lo so. Ma è strano per me essere così…si insomma, mostrarmi così…» prendo a dire incapace di concludere la frase. «Vulnerabile?» mi risponde lei, mentre io annuisco. «Non c’è niente di male nell’esserlo, Anna.» continua poi. «Ma capisco perché sia così difficile per te aprirti agli altri, più di chiunque altro, e lo sai…» dice guardandomi negli occhi con un sorriso malinconico. «E sai anche che papà sarebbe molto orgoglioso di te e di vederti così felice, pur con tutte le tue imperfezioni e vulnerabilità…».
Arrestiamo entrambe il passo per abbracciarci. Non so bene come, quando o perché questa passeggiata post shopping si è trasformata in un momento tanto intimo e pregno di significato, ma mi mancavano gli abbracci di mia sorella Chiara e parlare con lei, con la mia migliore amica.
Quando sciogliamo il nostro abbraccio, asciugandoci le lacrime – che nemmeno ci siamo accorte stessero scendendo - a vicenda, mi guardo attorno. Siamo arrivate sotto casa. Appeso al tronco del primo albero del giardinetto, lungo la scalinata che porta al portone, c’è un biglietto bianco. O meglio, una busta. Mi avvicino incuriosita e rimango stupita dalle parole scritte sopra: Per Anna…
Non riconosco la calligrafia e confusa mi volto verso Chiara, che per tutta risposta fa spallucce. «Aprila, magari capiamo di chi è…» mi dice.
 
Che bello stare insieme…”
 
Recita così la prima frase sul foglietto.
Nel mentre Chiara si è avvicinata a me, cercando di sbirciare nel biglietto, ma uno strano senso di gelosia mi pervade e le occulto la vista delle righe che seguono. Mi guarda confusa, ma decide di non dare peso alle mie azioni, lasciandomi sola nella lettura, diretta verso casa.
Riapro la busta, curiosa di sapere come continua il messaggio che cela al suo interno:

Forse sarebbe più corretto dirti che “è bello cambiare insieme”, come mi hai detto tu anni fa.
Questo giardino racconta tanto di noi, del percorso fatto insieme e anche separatamente.
Della gelosia mia e tua nel vederci con altre persone.
Di baci mancati e baci di riconciliazione.
Di voglia di stare insieme, di costruire un futuro insieme.
E di tanti “vorrei dirti che…” mai diventati realtà.
Avrei dovuto essere sincero con te, quel giorno, di ormai tre anni e mezzo fa, quando mi hai chiesto di perdonarti per non avermi detto del Pakistan.
Non voglio riaprire ferite, ma non ho mai nemmeno avuto il modo di dirti perché non ho parlato.
Avevo paura. Come sempre del resto.
Paura di perderti per sempre. E i mesi successivi sono stati un lento e inesorabile ricordo che era una paura fondata. Perché sapevo che non mi avresti perdonato.
Rinviare il momento della verità non era una volontà di ferirti, come è successo e sicuramente hai pensato in quei momenti, ma semplicemente il tentativo di lasciarmi aperto uno spiraglio per guadagnarmi il perdono. Se quel giorno avessi parlato, saresti partita per il Pakistan. Saresti stata a settemila chilometri da me. Non ci sarebbe mai stato modo per me di implorare il tuo perdono.
Non avevo calcolato però che averti accanto e non saperti più mia, sarebbe stato peggio.
Non so ancora come da quel giorno siamo arrivati all’oggi. Ma sono grato alla vita e a te per avermi dato una seconda possibilità. Perché non c’è nessun altro posto nel mondo che abbia sapore di casa, se non accanto a te…

Il biglietto non è firmato, ma è chiaro il mittente. Non pensavo avrebbe mai trovato il coraggio di dirmi perché quel giorno non mi ha detto la verità. Glielo ho chiesto, negli anni, nel tempo, ma ha sempre evaso la risposta. E ha ragione. Ero convinta fosse stato egoista all’epoca. Mentendomi fino all’altare, mi aveva impedito di partire, di realizzare uno dei miei sogni. E forse anche per questo il dolore mi aveva accecato a tal punto da non dargli nemmeno la possibilità di riscattarsi.
Ora leggendo queste sue parole, sono felice di aver trovato il coraggio di andare oltre il dolore e perdonarlo. Di aver riaperto la porta al suo amore. È rientrato in punta di piedi, con il terrore di sbagliare ancora. Ma la verità è che l’errore iniziale lo avevo fatto io non dicendo la verità dell’offerta di lavoro da parte di La Gumina. Perché so che se ne avessimo parlato, lui non si sarebbe opposto a una mia partenza. Avremmo trovato il modo di far convivere il tutto. E oggi saremmo già sposati, magari con uno scricciolo intento a compiere i primi passi e a domandarci se un fratellino o sorellina per lui/lei non fosse il successivo passo da compiere nel viaggio insieme.
Mentre asciugo le lacrime dovute alla lettura, non posso non notare che un passaggio è scritto più calcato del resto. Confusa sul perché, mi accingo a rientrare a casa, sperando di trovare il mittente ai fornelli per dirgli che anche per me, casa è dove siamo insieme…
 
17 dicembre.
Ieri sera Marco non era a casa quando sono rientrata. Mi ha scritto un messaggio, poco prima di cena, dicendomi di essere dovuto andare a Perugia da Franco per parlare del nuovo ciclo di cure cui si deve sottoporre suo padre, e spiegandomi che starà fuori un paio di giorni.
Ovviamente mi spiace non poter passare questi ultimi giorni prima di Natale insieme – soprattutto perché mia madre è più agitata che mai e il suo aiuto mi sarebbe stato molto utile – ma capisco che la salute di suo padre venga prima di tutto questo. Ricordo ancora le sue difficoltà a perdonare Franco e Eugenio, quindi sono molto orgogliosa dei progressi che ha fatto con entrambi. Non si sarebbe mai perdonato il non avergli concesso un’opportunità, ne sono certa. E sono quindi felice, per una volta, di essere stata io ad aiutare lui a realizzarlo.
 
Oggi sarà una giornata impegnativa. Mia madre vuole provare gli abiti tra cui è indecisa per Natale. E siccome ci tiene che il suo biscottino non veda assolutamente niente, ha architettato che la prova avvenga a casa di una sua amica, appena fuori città. Se per un semplice cenone natalizio stanno architettando tutto questo casino, non oso immaginare cosa combineranno quando sarà il momento di programmare il loro matrimonio...
Io e Chiara decidiamo di raggiungerla direttamente là non appena concluso il mio turno in caserma. Quando arriviamo, è chiusa in una stanza con alcune altre sue amiche intenta  già alle prove dei vari vestiti.
Ci sediamo sul divano del soggiorno della villetta che ci ospita, in attesa di vederla uscire, insieme a Valentina, che si è offerta di venire con lei prima. «Allora? È nervosa? Spero non ti abbia fatto impazzire…» dico alla giovane Cecchini dopo averla salutata. «Nervosa è un eufemismo…» mi rispondere ridendo. «Ma tranquille, non mi ha fatto impazzire. Dopotutto vi ricordo che per il momento convivo ancora con lei e lo zio… nonostante tutto sono ancora sana di mente…» conclude, mentre noi ridiamo. «Tuo papà viene per Natale, vero? Il maresciallo è in ansia che nessuno riesca ad arrivare viste le previsioni meteo che danno neve…» le chiedo mentre l’attesa di mia madre continua. «Sì, arriva domani. E da cosa ho capito, anche Lia e Tommasi… proprio per non rischiare di rimanere bloccati per strada…» mi risponde. «Assuntina viene?» interviene Chiara. «Sì. Arriva in treno questa sera. Appena abbiamo finito qui, io e vostra madre andiamo a prenderla in stazione, visto che lo zio è in caserma…» spiega Valentina. «Ottimo, direi. Peccato non possa venire Don Matteo, il maresciallo ci teneva molto…» affermo io, mentre il suo di una serratura richiama la nostra attenzione.
Dalla porta di una delle tante stanze della villetta, emergono le amiche di mia madre e dietro di loro lei, avvolta da un vestito in velluto rosso, con intricati disegni di paillettes tono su tono e un coprispalle di pelliccia, visto che siamo a dicembre. Quello che colpisce sia me che mia sorella è la gioia che emana. Un sorriso in volto che non vedevamo da tantissimi anni. Ci alziamo e avviciniamo a lei. Valentina si complimenta e l’abbraccia, subito dopo anche Chiara fa lo stesso, con me al seguito. Per qualche ragione, sembra quasi una prova generale dei preparativi al matrimonio, e tra le lacrime di commozione che hanno iniziato a farsi largo sul suo volto, si apre una breve risata che lasciata le altre persone presenti confuse. Probabilmente anche lei ha avuto questa sensazione.
Decido di prendere la parola, una volta tanto. «Io e Chiara siamo molto felici per te…» le dico sciogliendo le braccia per aprirmi verso Chiara che si unisce a noi. «E io sono molto orgogliosa di voi. Delle donne che siete diventate…» ci dice commossa. «E noi siamo orgogliose tu abbia finalmente ripreso in mano la tua vita per fare e divenire quello che hai sempre voluto…» le dice mia sorella. «Saremo per sempre grate di quello che hai fatto per noi, anche se non lo dimostriamo sempre…».
La giornata si è svolta più tranquillamente di quello che pensavo, anche se è stata particolarmente strana. Stiamo organizzando un cenone di Natale, mica un matrimonio.
Dopo la prova dell’abito che ha scelto e un tè tutte insieme, Chiara ed io ci siamo messe in viaggio per tornare in città.
In questo periodo, c’è molto traffico in entrata e uscita da Spoleto, per via delle festività. Ferme in coda appena fuori il centro città, noto dal finestrino un drive-in. Anzi, il drive-in. Lo nota anche Chiara. «Ehi, è aperto! Che ne dici di andare a vedere un film?» mi chiede entusiasta.
«Chiara, sono le cinque del pomeriggio…» rispondo scettica. «E allora? Non si può vedere un film alle cinque del pomeriggio? Dai, tanto non hai niente da fare, che Marco non c’è. Che ti costa? In onore dei vecchi tempi…» mi chiede facendo gli occhi da cerbiatto. Maledetta! Sa che non ho mai resistito a quella faccia.
«E va bene. Ma niente Cenerentola!» rispondo, mentre lei sbuffa e accetta. Rido alla sua reazione, girando per entrare nel parcheggio del drive-in.
Dopo aver pagato l’ingresso e aver comprato i pop-corn, ci accingiamo a salire su una delle auto, mentre sullo schermo parte la proiezione de Il Grinch – dopotutto è Natale. Accomodatami sul sedile inizio a vedere il film, ridendo e sgranocchiando pop corn.
 
Solo quando le luci si riaccendono, noto attaccato al volante una lettera, che come quella di ieri reca in bella vista le parole Per Anna…
Mi volto verso Chiara, confusa, ma lei non è già più lì. Stranita, apro la lettera:

Che sembra di volare…”
Non ho mai provato la sensazione di stare tra le nuvole prima di conoscerti. Sai quella felicità assoluta, piena, quasi irreale, che vedi e credi esista solo nei film? Quella.
Quando sono con te il mondo attorno svanisce. Anche solo pensare a te, mi dà quella sensazione di discostamento dalla realtà.
Insieme stiamo costruendo la nostra favola. Come quella di Cenerentola, ammetto che ha un certo punto sembrava destinata a non raggiungere il lieto fine. Nel nostro orologio la mezzanotte è scoccata quando ho ricevuto la telefonata di Don Matteo di correre in ospedale perché avevi avuto una crisi respiratoria.
La mia corsa verso la tua stanza è stata letteralmente come in un film. Attorno a me tutto si muoveva a rallentatore. E quando le tendine si sono chiuse ho pensato veramente che tutto fosse perduto.
Non solo ero stato un idiota a lasciarmi scappare te, ma avevo fallito nel proteggerti dal male che qualcun altro volutamente ti stava infliggendo.
Che razza di principe azzurro lascia che tutto quello possa accadere alla principessa?
La messa in scena ti era riuscita bene però. Anche se non so perché avevate deciso di infliggermi quello spavento. Non ero io che dovevo sentirmi in colpa… già convivevo con quel peso da tempo, senza che infieriste.
Quando in piazza, qualche giorno dopo ti ho detto che tra amici e colleghi ci si aiuta sempre, non pensavo avresti preso alla lettera le mie parole. Esserti amico mi è sempre stato stretto, non vedo perché negarlo.
Ma era sempre meglio che non averti più nella mia vita. Speravo che dopo il “funerale” le cose potessero migliorare, e per un qualche imprevedibile motivo è andata meglio di quanto potessi immaginare.
Oggi fortunatamente sto di nuovo volando. Con te e per merito tuo. Perché hai deciso che insieme potevamo ancora essere più di noi presi singolarmente e la nostra migliore versione.
Voglio tu sappia che puoi rendermi felice, che mi stai rendendo felice. Perché solo con te io sono più di me stesso. E posso ancora migliorare. Per te e con te. Come il mio rovescio a tennis. Se solo mi lasciassi colpire qualche pallina in più quando siamo al campo…

Mentre finisco di leggere la lettera, noto che anche questo messaggio reca una parola scritta più marcatamente. E a rifletterci, le parole di quella di ieri ero una sorta di indizio che indicavano proprio questo luogo. “Posto nel mondo” faceva parte di una frase che gli dissi proprio qui, al drive in.
Tornando a casa, in auto con Chiara, le chiedo se sa qualcosa circa questi messaggi, che sembrano indicare un percorso ben preciso. Mi dice di non sapere nulla, eppure, mentre guido, con la coda dell’occhio noto un leggero sorriso farsi largo sul suo volto…
 
18 dicembre.
Sono contenta che Valentina si sia appassionata al tennis e che siamo riuscite a superare le nostre divergenze. Quando Marco non c’è, come in questi giorni, almeno ho qualcuno con cui giocare e scaricare la tensione.
Non mi aspettavo accettasse di andare al circolo oggi, col freddo che fa. Valentina, come Chiara, ha un concetto di inverno che prevede lo stare tutto il tempo in casa perché fuori si gela. Plaid, film e cioccolata calda il passatempo invernale per eccellenza.
Certo, devo ammettere che la mia decisione di voler andare al circolo oggi non è esattamente dettata dalla volontà di volermi allenare, quanto più dallo scoprire se un’altra lettera mi attende al campo.
Il messaggio di ieri aveva “tennis” evidenziato. Se ho capito il meccanismo di questa sorta di caccia al tesoro – è una cosa del genere, credo – una nuova lettera/indizio dovrebbe trovarsi lì. Almeno penso.
L’unica cosa certa è che la curiosità mi sta divorando da ieri. E avevo bisogno di una scusa per venire al circolo e vedere se sto capendo il gioco, sempre che di un gioco si tratti. Non mi piace non sapere le cose.
Sono quasi certa Chiara sappia cosa c’è dietro alle lettere di Marco, ma so anche che non me lo dirà mai. Per cui l’unico modo per venire a capo di questo enigma è risolvere lo stesso da sola, facendo quello che mi riesce meglio: indagare.
Ecco perché mi trovo quindi ora al circolo. Di Valentina, tuttavia, nemmeno l’ombra. Mentre mi guardo attorno alla ricerca della mia compagna di gioco, scorgo una figura dai capelli biondi e corti venirmi incontro. «Mamma?»
«Ciao, tesoro!» mi risponde lei entusiasta. «Che ci fai tu qui?» le chiedo confusa. «Sostituisco Valentina…» mi risponde. «Ha avuto un contrattempo alla pokeria e non so cos’altro è successo con suo padre… Mi ha detto che doveva venire qui con te, ma doveva disdire l’appuntamento per questi motivi, e allora mi sono proposta di venire al suo posto…» conclude. «Non c’era bisogno, mamma» le dico «E se ti ammali o ti fai male a pochi giorni dal tuo importante cenone di Natale?» dico preoccupata. «O non ti preoccupare, tesoro. Sono contenta di passare un po’ di tempo con te. E poi mi sembra un ottimo modo per scaricare un po’ di tensione prima delle feste. Che dici?» mi chiede lei. Sorrido, annuendo. «Che stiamo aspettando, allora? Andiamo!» dice entusiasta trascinandomi verso il campo.
 
«Wow. Sei davvero brava, mamma. Da quando giochi a tennis anche tu?» le chiedo alla fine della partita, che per la prima volta in vita mia, ho perso. «Da chi pensi di aver ereditato il tuo talento?» mi chiede lei sorridendo. «Da giovane giocavo a tennis… ho dovuto smettere quando, per potermi pagare gli studi, ho iniziato a lavorare come cameriera in un ristorante dopo scuola…» mi dice poi. «Ho ripreso quando tu e Chiara avete iniziato l’università, anche se non gioco spesso. Non trovo mai un avversario alla mia altezza…» conclude guardandomi orgogliosa di averne trovato uno. «Grazie per il bel pomeriggio, mamma…» le dico sorridendo. «Non devi ringraziarmi. Abbiamo beneficiato entrambe di questa attività, o no?». Annuisco in risposta. «Ora sarà meglio andare, prima che ci ammaliamo a stare tutte sudate in mezzo a questa aria gelida…».
Mentre mi alzo dalla panchina su cui mi ero seduta, noto che dove prima era appoggiato il borsone di mia madre, c’è un foglio. Anzi, una lettera.
Confusa di come sia arrivato lì – prima non c’era, ne sono sicura –, alzo lo sguardo alla ricerca di mia madre che, però, è già incamminata verso l’uscita, senza aspettarmi.
Non è che pure lei, come Chiara, sa qualcosa?
Raccogliendo la busta, che come sempre reca la frase Per Anna…, non posso fare a meno di notare che i miei sospetti però erano corretti: un altro messaggio/indizio è qui, al campo da tennis, per me.
Ma perché Marco sta facendo tutto questo?
Decido di aprire la busta, per capire qualcosa in più:

Che voglia di gridare Quanto ti voglio bene
Avrei voglia di gridare al vento e al mondo tante cose. Ma non solo ora, anche ripensando al passato.
Avrei voluto avere il coraggio di gridare a mio padre di smettere di far soffrire mia madre, prima che fosse troppo tardi.
Avrei voluto avere il coraggio di affrontare Federica e Simone vis-a-vis dopo quello che mi avevano fatto, davanti a tutti, mostrando al mondo che non ero io quello stronzo solo perché l’ho lasciata all’altare da sola.
Avrei voluto avere il coraggio di dirti che quel bacio a casa tua non era stato un errore, una debolezza del momento. Che lo volevo e da molto prima di quel giorno.
Avrei voluto gridarti che ti amavo e ti amo tantissime volte, ma sono sempre stato un codardo. E ho rischiato così di perderti più e più volte.
Ma il fato, o chi per lui, mi ha dato una nuova possibilità di poterlo fare. E vorrei oggi gridare a tutto e tutti che Ti amo. Che non c’è distanza che tenga e possa impedirmi di amarti. Anche tu volessi partire per la Siria, il Pakistan o la Luna.
Ho voglia di gridare al mondo quanto sono orgoglioso di poter dire che la mia fidanzata è un capitano dei carabinieri ambizioso, con tanti sogni nel cassetto ancora da realizzare e la forza di un uragano per poterli raggiungere. E io voglio essere accanto a te nel tuo percorso di crescita professionale. Se vuoi, ovviamente.
So che la possibilità di partire con Valente e la sua squadra c’è ancora. E io vorrei tu valutassi l’opportunità di coglierla. Non voglio essere un ostacolo. Lo pensavo allora e lo penso tuttora. Spero e vorrei però che la scelta di partire non ci separi. Che come me, anche tu, voglia gridare al mondo che sei pazza, perché ci credi ancora.

Marco non sarà mai un ostacolo. Ma sempre un trampolino di lancio verso nuove esperienze, che non voglio più fare da sola. Come non voglio più giocare da sola a tennis e nella vita.
Voglio essere pazza. Voglio, perché ci credo ancora. Anzi, più che mai…

19 dicembre.
Marco è rientrato quest’oggi da Perugia. Non ci siamo ancora visti, perché è stato impegnato tutto il giorno in tribunale e io sto rincasando soli adesso che è già buio.
È quasi ora di cena e non vedo l’ora di rivederlo.
Nel tragitto tra la caserma e casa ricevo, però, un messaggio.
Ci vediamo più tardi, non riesco ad arrivare per cena. Marco
Ma che è, in questo periodo? Sono quasi cinque giorni che non vedo il mio fidanzato. Ogni volta succede qualcosa di nuovo.
Chiedo solo di poter stare un po’ da sola con lui, e magari scoprire cosa si nasconde dietro al ‘gioco' che ha organizzato.
Ma evidentemente mi toccherà aspettare ancora qualche ora…
 
Sono passate da poco le 23 quando il mio telefono improvvisamente prende a squillare. Marco non è ancora rientrato.  Un magone mi prende alla gola al pensiero che possa essergli successo qualcosa.
Sullo schermo è il nome del Maresciallo che lampeggia.
«Signor Capitano? Scusi l’ora, è un’emergenza!» prende a parlare non appena rispondo e senza salutarmi. «Che succede, Maresciallo?» chiedo preoccupata, alzandomi dal divano. «Ho perso Tempura!» mi dice in preda al panico. Rimango momentaneamente interdetta, realizzando solo dopo qualche secondo che si riferisce al cane di Valentina.
L’emergenza è Tempura. Io sono preoccupata per Marco e il problema è un cane scomparso?
«Okay, stia calmo. Dove si trova? Così la raggiungo e l’aiuto…» rispondo con tono pacato, anziché stizzito. In fondo non è colpa del maresciallo se il mio fidanzato è scomparso nel nulla. E poi, proprio per questo, non ho niente di meglio da fare.  Se mi concentro su altro magari smetto di farmi mille film mentali su cosa possa essere successo. Perché siamo sicuri che a lui non si successo nulla, vero?
 
«Sono al Ponte delle Torri. Veniamo sempre qui a passeggio… Mi son distratto un attimo a parlare con una vecchietta e quando mi sono girato non c’era più…» mi risponde lui, dall’altro capo del telefono.
«Va bene. Stia calmo. Si guardi attorno, che io nel mentre la raggiungo, d’accordo?» gli dico mantenendo la calma. «Sì sì sì… ma si sbrighi!» mi dice lui in affanno, prima di riattaccare.
 
Mentre esco di casa, sento dall’appartamento del Maresciallo il vociare di più persone. Una di queste sembra proprio quella di Cecchini, ma è impossibile visto che mi ha appena chiamato ed è fuori. Sarà la stanchezza che mi gioca brutti scherzi…
 
Arrivata al Ponte, di Cecchini non c’è traccia, tantomeno del cane. Non si sarà perso anche lui?
Mi guardo attorno. Chiamo sia lui che Tempura, sperando di ricevere risposta, invano. Mentre mi muovo avanti e indietro, noto però una sagoma bianca attaccata al corrimano della ringhiera.
Mi blocco.
Sei pazza, perché ci credi ancora”.
Non può essere. 
Prima Chiara, poi mia madre, ora Cecchini. Non è una coincidenza.
Sono tutti a conoscenza di cosa si cela dietro questa specie di caccia al tesoro.
Quindi Tempura non si è perso.
La voce che proveniva da casa del Maresciallo era proprio la sua.
Sono stata condotta qui con l’inganno.
 
Mi avvicino velocemente al corrimano, la lettera come sempre reca la scritta Per Anna… 
La apro, impaziente di capire cosa stia succedendo. Un bel gioco – perché in fondo è bello – deve durare poco.
Voglio risposte.
Bramo risposte.
È la mia indole.
 
“Luce blu, c’è qualcosa dentro l’anima che brilla di più…”
Sei stufa di questi indizi, di queste lettere e della mancanza di risposte, vero? So che non è facile per te. Sei abituata ad avere il controllo della situazione. Io faccio, io decido….
Vorrei però guidarti io per una volta. Vorrei ti fidassi di me. Che pazzamente, oggi, lasciassi scegliere agli altri la tua prossima mossa.
Spesso mi sono chiesto cosa spingesse una persona innamorata a fare pazzie per amore. Cosa può guidare una persona bendata su di un ponte ad accettare di buttarsi? L’ho capito solo dopo averti conosciuto meglio.
C’è una forza interiore a due persone che si amano, tale per cui, come magneti, ci si attrae a vicenda. E quindi se uno dei due si butta, l’altro lo seguirà a ruota. Per salvarlo o semplicemente perché, pazzo come la sua controparte, andrebbe verso l’ignoto a prescindere, perché si fida ciecamente.
Quando ti ho incontrato non sapevo saresti diventata la miglior cosa che mi potesse capitare nella vita. Ma è successo. Perché mi sono lasciato attirare da te ovunque, come un magnete.
Fianco a fianco, anche quando apparentemente eravamo distanti anni luce. Perché per quanto male ci siamo fatti a vicenda, c’era sempre stata una luce dentro di noi che brillava e ci richiamava a sé. Come la luce della stella ha richiamato i magi alla mangiatoia che accoglieva Gesù.
Tu sei la mia cometa, lo sei da quando ti ho conosciuto. Mi guidi sempre a casa. Mi fai ragionare quando non ne sono capace. Grazie a te ho ricucito rapporti che avrei altrimenti perso irrimediabilmente e testardamente.
Grazie a te so cosa spinge un innamorato a fare pazzie come crederci ancora, anche quando sembra tutto perduto.
Perché io non ho mai smesso di crederci.
Ma soprattutto non voglio più rischiare e perdere tempo.
Non voglio più doverti dire che arriverà il momento per ri-indossare l’abito bianco che hai nell’armadio.
Voglio vedertelo indosso.
Perché tutto è iniziato un Natale fuori stagione, in mezzo una piazza gremita di gente, vestiti come Babbo Natale. E tutto doveva consolidarsi in una piazza deserta, dopo la fatidica domanda, vestiti sempre come Babbo Natale. E può ancora succedere…
 
Quando sollevo lo sguardo dalla lettera, con gli occhi lucidi per la promessa finale che reca al suo interno, sento le campane del Duomo in lontananza risuonare i rintocchi della mezzanotte.
Inizia un nuovo giorno.
È il 20 dicembre.
Le coincidenze alle volte. Tre anni fa, in questo giorno…..Marco!
 
Non ho mai corso così tanto in vita mia.
Corro verso la mia meta alla ricerca di risposte, alla ricerca del premio finale di questa caccia al tesoro che non dimenticherò mai.
E mentre corro, ripenso alle lettere ricevute in questi giorni. Alle parole con cui ognuna di esse iniziava. Una dietro all’altra, quelle frasi risuonano famigliari. Sembrano formare una canzone, anche se mi sfugge quale al momento. Sono troppo impegnata a correre verso la mia meta finale, sperando di averla capita dall’ultimo messaggio. Sperando di aver capito quale è il premio che mi attende.
Quando arrivo in piazza Duomo sono senza fiato, e il paesaggio dinnanzi a me non mi aiuta a recuperarlo.
Sta riaccadendo.
Nevischia. Nella piazza deserta, sotto l’albero che la troneggia, c’è una figura vestita di rosso dalla testa ai piedi.
Un Babbo Natale.
Il mio Babbo Natale.
Lungo la scalinata che mi conduce alla piazza e a lui, ci sono  ancora un paio di frasi, scritte come nelle lettere finora ricevute.
Sono le parole dell’ultima strofa della canzone che finalmente ora ho riconosciuto, e che come avevo intuito facevano da fil rouge tra i vari messaggi:
 
È la voglia che hai d’amore
Che non c’è solo a Natale
Che ogni giorno crescerà
Se lo vuoi
 
Quando arrivo ai piedi del grande albero, sto piangendo. Inutile negarlo.
Marco è davanti a me, vestito col vecchio costume del Natale di Cosimo e un sorriso enorme in volto.
«Sempre saputo che eri brava nel tuo lavoro» mi dice, mentre io scoppio a ridere, capendo cosa intende.
«Gli indizi conducevano a un solo colpevole. Aver capito dove si trovava è stato un colpo di fortuna…» rispondo io.
«Pensavo odiassi i cliché…» dico poi, sorniona.
«Anche tu, mi pare. Ma ci sono casi in cui si possono fare delle eccezioni…» ribatte lui, facendo spallucce.
«Vero. Però amo anche i finali scontati…» dico speranzosa.
«Lo so…» ridacchia lui, inginocchiandosi davanti a me. «Questa volta ho anche trovato le parole per dirti tutto quello che non ti ho mai detto…»
«Quindi il finale è diverso?» mormoro, cercando di nascondere la delusione.
«Spero di no» ribatte però Marco.
«Dimmi: anche se sono l’uomo più impossibile del mondo, faccio un pessimo brasato e un arrosto troppo salato, ho un rovescio che fa schifo, sono pigro e il massimo dello sport prima di conoscerti era guardare la partita dal divano di casa, vuoi sposarmi?» chiede incrociando il mio sguardo.
«Pensare che oltre a queste mille qualità hai anche dei difetti…» inizio a dire ridacchiando, con le lacrime agli occhi, per stemperare l’emozione.
«Ma non potrei immaginarti più imperfettamente perfetto per me….» rispondo infine.
«È un sì?» chiede lui aprendo una scatoletta di velluto rosso che ha nel mentre estratto dalla tasca della giacca.
«Sì, DUEMILA VOLTE SÌ!» strillo io, ignorando per una volta qualsiasi convenzione sociale che direbbe di non urlare in un centro abitato.
Non mi interessa chi possa sentirmi, se sembro pazza o meno.
Amo Marco Nardi e voglio che questo SÌ sia finalmente e veramente per sempre.
 
Mentre mi infila l’anello al dito, lo osservo. Ha gli occhi pieni di lacrime di gioia come me. Perché anche i PM piangono. E non c’è nulla di cui vergognarsi.
Appena il brillante è al mio dito e lui si è rialzato, mi lancio tra le sue braccia, alla ricerca delle sue labbra che mi mancano come manca l’acqua a un viaggiatore nel deserto, dopo cinque giorni lontani uno dall’altra.
 
 
Non so quanto tempo sia passato, quanto siamo rimasti uno nella braccia dell’altra, sotto la neve candida, ma so che non c’è  altro posto al mondo in cui vorrei essere.
 
Tra qualche giorno festeggeremo tutti insieme il Natale, con le nostre famiglie e i nostri amici, ma oggi è tempo di celebrare  noi stessi, dopo tutta la strada fatta.
Non è essere egoisti, ma riconoscenti. Perché Natale è sempre stata la nostra festa, anche quando era fuori stagione.
Perché in fondo, stasera ho imparato che a Natale puoi fare quello che non puoi fare mai.
   
 
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