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Autore: Brume    25/12/2022    5 recensioni
Vigilia di Natale. Un mese passato dentro un ospedale, la lontananza da...Lui. Il rientro a casa, sentimenti che tornano a galla. E' giunto forse il momento, per Oscar, di mettere in chiaro alcune cose?
Una storiella senza pretese, AU, la giusta dose di patimento e romanticismo.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Non ho nemmeno fatto in tempo a ringraziarlo…

Oscar si stava accingendo a salire sulla macchina scura che l’ avrebbe riportata a casa dopo la lunga degenza passata in ospedale; Parigi si stava assopendo, ricoperto dalla coltre bianca di neve , scesa per tutta la giornata precedente. Intorno a lei, ogni rumore, voce risultava attutito quasi fosse avvolto dalla bambagia; forse anche per questo motivo quel pensiero le era tornato facilmente e prepotentemente alla memoria, davanti agli occhi ed al cuore.

Chissà…chissà come sta. Non l’ ho più visto né ho avuto alcuna notizia. Né sua né…di André…si trovò a pensare, ancora. Ma stavolta i suoi pensieri erano stati interrotti dalla voce dello zelante taxista.

“Madame, qual è la vostra destinazione?” le aveva domandato.
 Lei, accomodata sul sedile posteriore, si era scusata ed aveva risposto.
“Jossigny, Monsieur…”
L’ uomo aveva sorriso bonariamente ed aveva armeggiato con tachimetro e navigatore.
“Parigi è molto più caotica del solito, la avverto che potrei scegliere strade alternative, le quali potrebbero anche allungare il percorso” aveva detto l’ autista. Oscar aveva annuito.
“Va bene” aveva risposto, infine: l’ importante era arrivare a casa.
Partirono, dunque, infilandosi nel dedalo di auto, moto e le sempiterne vetture diplomatiche che ad ogni ora del giorno e della notte viaggiavano lungo le sponde della Senna; la città era frenetica, come suo solito.
Le luci non si spengono mai , a Parigi pensò Oscar , sorridendo. Amava quella città che tanto le aveva dato.
L’ amava da sempre.
…Nonostante tutto.

Nonostante ciò che le era accaduto.

Era passato meno di un mese: un mese fatto di sofferenza, dolore, rabbia.
Un mese durante il quale aveva dovuto ricostruirsi, in tutti i sensi.
Un mese devastante era passato, dall’ aggressione nel faubourg di Saint Antoine.

Ancora se la ricordava quella sera.
Non avrebbe potuto fare altrimenti.

Insieme ad André si era recata in città - l’ orologio da polso segnava più o meno le otto  - per raggiungere l’abitazione di  Hortense, sua sorella maggiore, la quale aveva appena dato alla luce il suo ultimogenito, Michel. Carica di regali era scesa dalla macchina e, seguita da André, si era immessa nel vicolo che conduceva
all’ abitazione.  I negozi erano ancora aperti e almeno per il primo tratto di strada vi era un gran via vai di persone tuttavia, appena girato l’ angolo -mentre diceva all’amico  di sbrigarsi -  una mano era sopraggiunta a tapparle la bocca, violentemente, e subito dopo si era sentita  sollevata di peso e sbattuta contro il muro, per fini che poteva tranquillamente immaginare. André, colto altrettanto di sorpresa, era corso verso di lei.
Il resto…il resto era tutto confuso: ma ben chiare, nella sua mente, erano le immagini di quel coltello che
all’ improvviso era affondato nel suo fianco e poi, le parve, sul volto e le braccia di André …

Non le avevano fatto nulla d’ altro, ne era certa…ma quelle ferite….

Ricordava che tutto era durato non meno di qualche minuto, poi un gran trambusto ed una voce.
Hans.

Stai bene? State bene? Le aveva chiesto, i malviventi ormai lontani …Oscar, dimmi, ti hanno fatto….?
Lei aveva negato: no, non l’aveva sfiorata, in quel senso. Ma il suo fianco perdeva sangue, lei si sentiva venir meno le forze…ricordò di aver guardato André, poi Hans.
Si, l’ ultima cosa che aveva visto fu il viso di Hans.

Infine, il buio.


Ora, finalmente ristabilita, stava tornando nella propria casa o, meglio, quella dei suoi genitori; li avrebbe riposato e si sarebbe ripresa, con calma, prima di ricominciare la sua solita vita.
Li avrebbe rivisto André, forse, del quale non aveva più notizie da almeno tre settimane.
Li, forse, avrebbe potuto invitare Hans per ringraziarlo di averli caricati di peso sul suo fuoristrada senza attendere ambulanze e medici, portandoli all’ ospedale più vicino….
“Madame, siamo quasi arrivati.”
La voce bassa e roca del taxista la fece sobbalzare.
 Non si era accorta, infatti, che da tempo avevano ormai lasciato la città ed ora stavano percorrendo la strada a due corsie che  l’ avrebbe condotta a Jossigny.
Cercò di darsi un contegno.
Mi lasci pure in Rue De Tournan , rispose.
 L’ uomo tornò a guardare la strada.
Oscar prese la borsa, estraendo un portacipria con uno specchietto.
 Si guardò; i lividi erano spariti dal suo volto e la cicatrice sotto il mento era a malapena percettibile al tocco; ma intorno agli occhi aveva ancora aloni scuri. La ferita al fianco si era cicatrizzata abbastanza bene ed al momento non le causava problemi.
Sono impresentabile… pensò; lei, che di solito non badava molto a tutto questo, provò per un istante vergogna. Tuttavia, fu solo un attimo.
La frenata un poco brusca la riportò, per l’ ennesima volta, alla realtà.
“Siamo arrivati. Ha bisogno di una mano con il bagaglio?”
Lei mise mano al portafoglio.
“No, grazie. Va bene così…” rispose allungano la banconota da cinquanta euro.
L’ autista prese i soldi infilandoli in un portafoglio dal quale estrasse il resto.
“Grazie, Madame. E tanti auguri!”

Oscar lo guardò senza capire il motivo di quella frase.

“E’ la vigilia di Natale…” disse l’ altro.
Oscar fece finta di nulla. Nemmeno aveva pensato che si, effettivamente, quella era la sera della vigilia…sorrise e ricambiò gli auguri, poi scese, attendendo il bagaglio; infine, iniziò a camminare e ben presto si trovò davanti all’ imponente cancello, dove si fermò per un istante.
“…è bello tornare a casa” mormorò, proseguendo verso l’ entrata laterale.
Era davvero esausta ma si era ripromessa di non scomodare nessuno, così, nonostante le sue gambe furono sul punto di cedere parecchi volte, tenne duro. Cercò le chiavi, le trovò, entrò.
Era a casa.
Al sicuro.

Alzò gli occhi cercando l’ abitazione e , subito, notò quanto fosse silenziosa: probabilmente i genitori si erano recati da qualche amico o forse anche da una delle sue sorelle.
In tutta onestà…non ne fu delusa. Li avrebbe rivisti il giorno dopo, con più calma o, quanto meno, li avrebbe avvisati del suo ritorno a casa non appena sistemata.
Alcuni passi e raggiunse la magione.
Non entrò dalla porta principale ma preferì la porta di servizio che immetteva direttamente negli ambienti della cucina, come di consueto; la spinse, era aperta. Non appena fu dentro, un profumo di cannella e cioccolato la avvolse.
Casa…. Mormorò, piano.
Posò la borsa.
Si guardò in giro.Non un rumore, nulla.

“Nanny?”

Nessuno rispose. Che la vecchia governante avesse seguito i suoi genitori?
Avanzò ancora, raggiunse il corridoio illuminato a giorno dal grande albero di Natale che, come ogni anno, facevano giungere da Arras; ma anche li non trovò nessuno.
Altrettanto nel grande salone.
Un po' delusa, un po' sollevata – avrebbe potuto andare subito a riposare – tornò in cucina, prese la borsa e raggiunse camera sua.
…e tu, André? Dove sei? si chiese , posata la borsa sul letto…io non ho fatto altro che pensare a quando avrei rivisto Hans,  al fatto di ringraziarlo doverosamente ma tu…dove sei? Non ho avuto più tue notizie...

Si guardò in giro.
Nemmeno del suo più caro amico vi era traccia.

“Sono stata una stolta…” mormorò.
Si levò la giacca, la gettò nell’ armadio.
Infine, andò alla finestra dalla quale osservò i giochi di luci delle abitazioni più o meno vicine.

Dove sei, André?

“Stolta, stolta! Dopo tutto ciò che hai fatto per me… “  disse, ancora.

Scuotendo il capo come tacito rimproverò verso sé stessa, tornò verso il letto e infilò la mano nella borsa, afferrando il telefono.
Con impazienza, scorse la rubrica finchè non lo trovò.
André.

Le dita sottili sfiorarono il display, inoltrando la chiamata.

Spiacenti, l’ utente desiderato potrebbe non essere raggiungibile o la scheda potrebbe non essere più attiva rispose una voce maschile, meccanica.
Oscar gettò il telefono sul letto.

“Maledizione! Tu ed il tuo solito tempismo, Oscar!” esclamò.



Decise allora di tornarsene in cucina: avrebbe preparato una tisana e poi letto un buon libro, seduta davanti al camino della grande biblioteca; doveva calmarsi, riprendere padronanza di sé. Ancora vestita di tutto punto, legati i capelli in una coda bassa e morbida, preparò il tutto e, vassoio in mano, raggiunse l’ ambiente distante solo alcuni metri.
Aprì la porta ed entrò; non accese la luce, del resto conosceva quell’ ambiente a memoria.
Raggiunto il suo angolo, posò il vassoio poi si portò davanti all’ antico camino, dove armeggiò con la legna , accendendolo.
Meno di dieci minuti dopo , esattamente il tempo di infusione della sua tisana, tornò a sedersi alla sua poltrona dove si lasciò cadere, stanca, pensierosa.


“Non credevo di vederti tanto presto.”

Oscar si alzò di scatto come avesse appena ascoltato la voce di un fantasma; guardando bene, sforzando un po' la vista nella stanza scura, lo trovò, appoggiato alla parete alla sua destra, le braccia incrociate al petto.

“André…André! Sono felice di vederti…!” disse.
L’ uomo sorrise. Era provato, stanco. Quasi in imbarazzo.
Oscar notò che aveva una lunga frangia di capelli  scuri a coprirgli parte del volto.
“Anche io, Oscar…anche io” rispose lui facendosi avanti “ dopo l’ incidente tutto…tutto è precipitato…”
La donna arrivò a pochi passi da lui.
“Già. Non che avessimo molto tempo o modo per incontrarci, ma speravo almeno di incrociarti…dove ti hanno mandato? Perché non mi hanno più dato tue notizie?” domandò.
Fu tentata di allungare la mano, accarezzargli il viso…ma non ne ebbe il coraggio.

André si fece avanti, sorpassandola, raggiungendo il camino e sedendosi nella piccola poltrona proprio davanti al fuoco.
“…Mi hanno detto che dopo il  nostro ricovero sei stata trasferita in una clinica privata per qualche giorno ed io, di li a due giorni, ho seguito la tua stessa sorte: sono andato a finire a Lyone, per via dell’ occhio….”
Oscar lo raggiunse e prese posto accanto a lui.
“L’ occhio? Cosa è successo al tuo occhio?” domandò  preoccupata.
André sollevò il ciuffo di capelli mostrando una cicatrice che ricopriva la quasi totalità della parte sinistra del volto.
Oscar si portò le mani alle labbra.
“Tu…? Tu come stai, Oscar? Perché non hai avvisato del tuo arrivo? Avrebbero sicuramente mandato qualcuno a prenderti o, forse, sarebbe passato tuo padre…”
“ Non avevo voglia di vedere nessuno, sinceramente; ho preferito così, sapevo sarebbero stati impegnati… tu, piuttosto, sei qui da solo…”
André si aggiustò i capelli e si toccò il viso.
“Nonna ha raggiunto alcuni vecchi parenti a Brest, io ho preferito riposarmi. Sono stato dimesso una settimana fa, ancora non mi sento in piena forma” rispose.
Oscar chinò il capo, le sue dita iniziarono a formare cerchi sulla stoffa dei pantaloni.

“Lui? Lo hai visto, lo hai ringraziato? Io non sono più riuscito a trovarlo….”

Oscar ebbe un tuffo al cuore.
“Hans?...N-no….non l’ho più rivisto…anche se non ti nego che ho pensato molto a lui….” rispose istintivamente.
Un sorriso amaro comparve sul volto dell’ uomo.
Oscar sentì il suo cuore battere forte mentre un silenzio imbarazzante scese, i loro occhi a cercare un appiglio e i pensieri a riempire il cervello.

“Io…io però…piuttosto…dovrei ringraziare te. Nonostante ciò che è accaduto tra noi tempo fa, non hai esitato a difendermi…”

André la gaurdò con infinita dolcezza.

“Cosa avrei dovuto fare, Oscar? Lasciarti a loro? “ rispose pronto “…non l’ ho fatto per farmi perdonare,
sappilo; l’ ho fatto…perché ho voluto. Come ho visto quelle mani su di te….”
Oscar pensò alla sera in cui aveva sentito altre mani su di sé, ma subito si vergognò per il paragone. Quegli animali e André…non erano di certo la stessa cosa!!!

“André…”mormorò , quasi volesse iniziare un discorso. L’ uomo la fissava ancora.

“Ti va di fare una passeggiata? Te la senti?” domandò invece lui, deciso a cambiare argomento.
Confusa,  Oscar si alzò e raggiunse la finestra.
“Si” rispose. Fu grata per quella domanda.

André si alzò, aspettandola; Oscar lo raggiunse, a piccoli passi; uscirono dalla stanza, presero le giacche appese nel disimpegno e si vestirono. Poi, raggiunsero il giardino.

“Sai, sono rimasto perché speravo che tu arrivassi. Mi sono detto: sarebbe davvero un bel regalo di Natale…. ” disse André, come parlasse con sé stesso.
Oscar camminava al suo fianco e sorrise alle parole dell’ uomo.
“…sembra davvero che tutto questo sia stato fatto apposta, sai? Una notte di Natale tranquilla… le luci…mancherebbe solo la neve, anche se ne è caduta in abbondanza, ieri…” rispose.

André indicò il cielo. Fiocchi leggeri iniziavano a scendere.

“Se vuoi rientriamo, prima che ti prenda un accidente” disse.
Oscar negò.
Continuarono a camminare  per qualche minuto lungo i vialetti di candidi sassolini bianchi, passando davanti al giardino sul retro. Le piante di rose erano state messe al riparo dai giardinieri.

“Mi piace la neve…ricordi, André, gli inverni che si passava ad Arras?” disse Oscar.
Lui annui.
“Ricordo, ricordo. Ricordo tutto” rispose. La voce si era fatta bassa, dolce.

Oscar si fermò, erano giunti davanti alla serra , ormai in disuso, utilizzata al momento come deposito.
Quante volte lei ed André erano entrati li dentro a giocare, tra le orchidee che la madre di Oscar amava tanto coltivare?

“Una volta abbiamo rotto il vaso con quel fiore, bellissimo… come si chiamava…?” domandò lui, leggendole nel pensiero.
Paphiopedilum Rothschildianum…l’ orchidea di Kinabalu…” rispose, pronta lei.
“…al pensiero, mi fa male ancora il sedere!” disse André; la sua nonna non si era risparmiata, con quel battipanni in bambù…

Si fissarono, sorrisero. Poi, ancora silenzio.


“…Oscar…”
André pronunciò il suo nome con voce quasi tremante.
“Cosa c’è, Andrè?”
“…Mi perdonerai mai?”

La donna sentì salire le lacrime agli occhi, aveva capito benissimo a cosa si riferiva.
Dentro di se sentì il sangue rimescolarsi, lo stomaco capovolgersi.
 Cosa poteva rispondere? Che nemmeno lei sapeva cosa stava accadendo, cosa provava, ma che aveva un disperato bisogno di lui ?
Si sentiva così confusa, totalmente in balia degli eventi, incapace di controllare i propri pensieri….

André si avvicinò, si accorse che tremava.
Le prese la mano.

“Scusa, non dovevo. Fai come se non avessi detto nulla” disse; e fece per andare via, mesto.

“Ti prego André…resta.” si sentì invece dire da Oscar.
A quel punto, non tornò sui suoi passi ma si girò, guardandola:  la donna teneva il capo chino, tremava.
“Io..io non so più nulla, André. Sono confusa…l’ unica certezza che ho è di aver bisogno di te” disse, lei.
L’ uomo riprese la mano che aveva lasciata qualche attimo prima.
 “Andiamo dentro: fa davvero freddo, ti vedo sofferente” disse.
Lei stavolta lo seguì senza dire nulla.
Una volta entrati dalla piccola porta sul retro tornarono dove tutto era cominciato.
Il fuoco si stava lentamente spegnendo, André lo ravvivò un po'.

Oscar si sedette davanti al camino, reclinando la testa all’ indietro.
Esausta, chiuse gli occhi; li aprì soltanto quando sentì le mani di André ancora tra le sue.
Si era seduto al suo fianco, silenzioso come sempre.

“André, mi vuoi ancora bene?” gli domandò a bruciapelo.

“Che domande, Oscar…certo che te ne voglio. Se per bene intendi amore, si. Non è mai venuto meno anzi…è cresciuto con il tempo”
La donna sgranò gli occhi.
Amore… non ho mai avuto il coraggio di pronunciare quella parola pensò, per un istante.
Dunque…André l’ amava…l’ amava come un tempo? Ciò che era accaduto era dunque frutto di troppo amore, di una passione che aveva intrapreso, per un istante, la strada sbagliata?
“Amore… è…qualcosa che non…non so se ho mai provato. André… tu lo sai, lo conosci bene, allora? E’ quella cosa che ti fa mancare il fiato, che ti fa soffrire, che ti-“
André posò l’ indice della mano sulle labbra della donna.

“…L’ amore non fa soffrire, Oscar. L’ amore ti porta a fare pazzie, è vero…ma non ti fa soffrire. Ti rende leggero, libero, felice. Questo, per lo meno,  è l’ effetto che ha fatto su di me….”

Oscar scoppiò a piangere, all’ improvviso. Quelle lacrime che aveva tenuto a basa presero a scendere, senza sosta: mesi, anni di volontaria lontananza da quel sentimento, la sbandata per Hans, la confusione riguardo ai sentimenti di Andrè…tutto venne a capo. Lui, come se in fondo se lo aspettasse, la lasciò fare, limitandosi a starle accanto e accarezzarle i capelli; infine, quando si fu calmata, si alzò.

“Vieni” disse, trascinandola con sé.
“Dove stiamo andando?” domandò Oscar
“E’ una sorpresa…”
Ben presto la donna tuttavia capì che si stavano recando verso il fondo al corridoio dove, di fatto, vi era il piccolo appartamentino che divideva con la nonna. Senza porsi molte domande, lo seguì ed entrarono. Giunti davanti alla porta della stanza di André, uomo, si fermò.
“Non preoccuparti, Oscar, non ho intenzioni particolari. Voglio solo mostrarti una cosa…” disse. Lei annuì.
André aprì la porta: davanti a sè, lei si trovò ad osservare la stanza… praticamente colma di candele.
Sul pavimento, sulla scrivania, sul comodino. Ovunque.

“Aspetta qui, per favore” disse André; lei attese, lui entrò e le accese, una ad una.

“Sarò pazzo, lo so…ma speravo che questo momento arrivasse. Avevo intenzione di farti una sorpresa, quando saresti rientrata. “
Oscar era incredula.

“André, io…”

“No…Non dire niente. Se vorrai restare, potremo parlare, stare insieme…ma se non te la senti, ti chiedo di andare via ora. Me ne farò una ragione e,  se lo vorrai , ti resterò comunque vicino , da buon amico…”

Oscar rimase immobile, il cuore che batteva sempre più forte.
André si avvicinò alla porta, in attesa.

La donna sospirò.
“…mi sopporterai, André? Saprai tenere ancora testa ai miei malumori, al mio carattere? Mi vorrai bene, sempre, per sempre? Saremo…saremo in grado di dimenticare il passato e andare avanti, insieme?” domandò con un filo di voce.
Lui sorrise, annuì. L’ abbracciò.
“Si, Oscar. Non posso assicurarti che il futuro sarà rose e fiori ma…si, Oscar, si!  Io ti amo,  ti amerò per sempre” rispose . Lei appoggiò il volto contro il petto dell’ uomo.  André la tenne stretta a sé, come fosse il tesoro più prezioso al mondo; infine, seppur un pochino traballante per le ferite guarite da poco, la sollevò e la prese tra le braccia.

“Penso…penso di amarti anche io, André…”

Lui la guardò, gli occhi lucidi dall’ emozione.

“…Lo so, Oscar. In cuor mio, l’ ho sempre saputo. Ti ho attesa così a lungo…” rispose.


Le loro labbra si avvicinarono ed incontrarono. Oscar non ebbe riserve: lo lasciò fare. Era così…così bello!
André, senza staccarsi da lei, entrò nella stanza.

“Ora…e per sempre” disse, infine, una volta lasciate le labbra della donna e  chiudendo la porta dietro di sé con un movimento delicato del piede.

“Ora…e per sempre” rispose Oscar, guardandolo negli occhi, sicura che il futuro avrebbe regalato loro molte, molte sorprese.
 
 
 
 
 
 
Nota dell’ autrice
E’ una piccola storiella, questa, forse un poco lontana dal mio solito…ma è bello variare ogni tanto, no? Avevo voglia di una storia a lieto fine, senza pretese…eccola qui. Come avete notato, ho mescolato parecchie cose:  la faccenda dello strappo, Saint Antoine, Fersen.

Non vogliatemene, ve ne prego, se sono uscita -un po' troppo- dal seminato.

Buona lettura!....e Auguri, anche se in ritardo! B.
   
 
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