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Autore: Enchalott    28/12/2022    3 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a tutti! :)
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Dopo una guerra ventennale, i Salki vengono sottomessi dalla stirpe demoniaca dei Khai. Negli accordi di pace figura una clausola non trattabile: la primogenita del re sconfitto dovrà sposare uno dei principi vincitori. La prescelta è tanto terrorizzata da implorare la morte, ma la sorella minore non ne accetta l'ingiusto destino. Pertanto propone un patto insolito a Rhenn, erede al trono del regno nemico, lanciandosi in un azzardo del quale si pentirà troppo tardi.
"Nessuno stava pensando alle persone. Yozora non sapeva nulla di diplomazia o di trattative militari, le immaginava alla stregua di righe colorate e numeri su una pergamena. Era invece sicura che nessuna firma avrebbe arginato i sentimenti e le speranze di chi veniva coinvolto. Ignorarli o frustrarli non avrebbe garantito alcun equilibrio. Yozora voleva bene a sua sorella e non avrebbe consentito a nessuno di farla soffrire."
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Vendetta
 
Il corpo di Shama le pesava addosso, tenaglie spietate l’inchiodavano nell’erba, le braccia intorpidivano per la pressione, il respiro ridotto a un ansito. Nell’ottundimento Yozora intuì quanto stava accadendo.
«No… vi prego…»
La voce sgorgò impercettibile, qualcuno rise bieco. La costrizione valicava le sue forze, la mente attraversò un varco immateriale e perse la cognizione del presente.
Il reikan insinuò le mani sotto i brandelli di stoffa, prolungando la sua agonia e incrementando la propria eccitazione.
Qualcuno! Qualcuno mi aiuti!
«Sta supplicando» commentò gelida Althāri «Vergognoso persino per una shitai
«Sei prevenuta, mia cara. Forse implora un accoppiamento vero perché Mahati è un incapace. È così, principessa?»
Si strofinò contro di lei, pronto a inasprire la prevaricazione.
Qualcuno… qualcuno abbia misericordia…
«R-Rhenn…»
Shama inarcò un sopracciglio.
«Perché chiama l’Ojikumaar
«Chi se ne importa! Sbrigati, stiamo aspettando i tuoi comodi!»
«Sei accalorato, fratello? Questa sottomessa solletica tanto i tuoi bassi istinti?»
Quello replicò con un pesante insulto. Invece Saji strinse le palpebre, osservando il volto pallido della Salki. Le premette il pollice sulla caviglia, mandando in circolo una nuova dose di veleno.
«Vediamo cosa viene dall’allentamento dei freni inibitori. Se la deliziosa occasione coincidesse con la conferma delle voci sull’erede al trono, coglieremmo due prede con un’esca. Avanti, Shama, nessuno la sentirà.»
Questi torse la chioma bruna della sua vittima, obbligandola a guardarlo.
«Non ti azzardare a ignorarmi, shitai
Yozora sentì le lacrime scorrere sul viso, lo stomaco rivoltarsi, il dolore aumentare a dismisura. Gridò. Il mondo divenne sangue.
 
La testa di Shama piombò in una siepe, l’espressione di grottesca sorpresa congelata nell’atrocità della morte. Lo spruzzo vermiglio tinse il prato in una curva irregolare, spargendosi sui vestiti preziosi di Althāri e imbrattandole il volto altero. Il contrasto si acuì quando la donna realizzò la provenienza dell’attacco e sbiancò.
Thiara fissò le mani viscide, gocce dense e rosse le scorrevano lungo le braccia: soffocò uno strillo e diede di stomaco, incurante del lignaggio khai.
Saji e Shiadar mollarono la presa, balzando all’indietro, le mani sulle else, gli sguardi allucinati di chi viene catapultato in un incubo, le zanne snudate in un’inutile minaccia.
«Sguainate e diverrete carne da macello.»
La voce era glaciale bonaccia. Il vento sollevò le vesti cerimoniali di Rhenn, accrescendone l’aspetto spaventoso: più nero della seta che lo ammantava, identico al Custode dell’oltretomba. Avanzò a lama snudata, scostando con un piede il cadavere afflosciato sul corpo inerte di Yozora.
Dei, c’è tanto di quel sangue che non riesco a capire se…
Afferrò alla gola il primo superstite, costringendolo in basso come un supplice.
«L’hai violata?»
«N-no…»
Strinse fino a udire lo scricchiolio del collo.
«L’hai sfiorata?»
«Hai visto, non serve che ti risponda.»
Rhenn arricciò le labbra in un sorriso gelido, disgustato dallo sfoggio ipocrita della fierezza della sua stirpe. Gli perforò la spalla con un affondo.
«Non ho sentito, Saji. Ti sei rivolto a me omettendo l’onorifico?»
Mentre quello domava un gemito, gli occhi ametista dell’Ojikumaar saettarono su Shiadar.
«E tu? L’hai toccata?»
«Sì! Sì, altezza reale, ma l’ho solo tenuta ferma!»
La lama abbandonò la sede provvisoria e si abbatté sul giovane, aprendogli un taglio sul petto: questi incassò con un grugnito, mantenendo il contegno ma abbattendosi sulle ginocchia. Rhenn scosse il capo con sarcastica acquiescenza.
«Solo?» ripeté.
Dentro di sé fremeva d’incontenibile collera, avrebbe voluto accertare le condizioni di Yozora, ma il senno gli urlava di non lasciarsi trasportare.
Quale sovrano si occuperebbe di una prigioniera? Presterei il fianco al nemico, non posso che far valere la mia autorità e punire l’oltraggio al mio clan, come se lei non contasse nulla.
«E tu, Althāri?» domandò sprezzante «È opera tua questa miserabile esibizione?»
«Non ho niente da dirti.»
Rhenn le assestò un ceffone, poi la prese per i capelli, il filo metallico appoggiato alla gola sensuale. La sentì deglutire.
«Sforzati di contenere la boria in mia presenza.»
«Lasciami immediatamente o giuro…!»
«O cosa? Offendi la casa reale e ne trai vanto? Sai qual è la pena, vero?»
Lei sollevò sfidante il mento, si asciugò le labbra livide e non rispose.
La guardia reale, impietrita all’ombra dei salix, osservava il violento scambio senza osare un passo. Persino le fronde pendevano immobili, l’unico suono era il respiro accelerato di Thiara, che si sorreggeva sgomenta, fissando il lago vermiglio sotto il cadavere mutilato di Shama.
«Portateli via! Sono accusati di alto tradimento!» tuonò l’erede al trono.
Attese un tempo consono, rinfoderò la lama e si concesse di perdere la testa. Sollevò la principessa, tergendole il sangue dalle guance e dalla fronte. La pelle delle braccia e del petto era segnata, la stoffa zuppa non forniva indizi su quale danno le fosse stato arrecato.
Cani maledetti, moriranno senza onore! Se l’hanno stuprata, estirpare dall’universo la loro discendenza non basterà a placare la mia furia!
«Yozora, parlatemi!»
Sganciò il mantello e ne occultò la nudità, la prese tra le braccia, il cuore martellava rintocchi di un dolore mai provato, uno strappo bruciante dell’anima gli annebbiava ogni razionalità.
Rientrò a palazzo per un sentiero secondario, raggiunse gli appartamenti del fratello e abbaiò alle dorei di convocare i guaritori. Depositò la ragazza sul letto mentre quelle sciamavano in preda all’orrore e all’angoscia. Si piegò su di lei con affanno.
«Yozora, non fatemi questo!»
Questo? Che sarebbe “questo”? Farnetico come un moccioso impaurito!
«Mahati…»
La mano incerta salì a sfiorargli il viso, infliggendogli un contraccolpo di sollievo.
«Non sono M…»
«Giungi sempre con il sangue…»
Rhenn aggrottò la fronte: le bende scure raccoglievano la capigliatura argentea, le tende tirate filtravano la luce, lei era confusa dalla tossina. Nessuna meraviglia che lo scambiasse per il fratello, ma la fredda logica non scacciò la fitta d’irritazione.
«Non sono…»
«So chi sei. L’uomo dei miei sogni» sussurrò Yozora, cingendogli il collo.
Lui spalancò gli occhi e si lasciò attrarre nel gesto carico d’affetto, sconvolto nel profondo. Le labbra di lei si posarono sulle sue, troncandogli la parola e la possibilità di chiarire l’equivoco. La volontà di rivelarsi svanì quando si trovò a ricambiare il bacio. Non sperimentare né l’opposizione con cui lo aveva allontanato a Shamdar né la disperazione di Minkari, percepire che Yozora stava esternando inconsapevole l’amore che provava per Mahati, lo annichilì.
Non si ritrasse perché ogni sua fibra, esulando dalla pulsione fisica, precipitò in un turbine emotivo. Nessuna regola a impartire un dettame morale, nessun divieto a imporre di non cedere terreno alla paura, nessun veleno a intaccargli lo spirito. Era qualcosa di pulito, di sincero.
Zanne nell’anima. Belker abbia pietà di me.
Yozora ricadde sui cuscini, gocce di sudore freddo le ruscellarono lungo il collo. Rhenn ruggì come una belva ferita, i guaritori irruppero nelle stanze con un’urgenza superiore a quella scandita dal compito cui erano preposti. Si ritrasse, percorrendo a falcate inquiete il perimetro delle arcate esterne, attendendo che la lavassero e la visitassero, immaginando un numero infinito di pene da infliggere ai rei, nessuna sufficiente ad ammansirlo.
«Altezza reale?»
Sobbalzò al richiamo, posando la mano sulle spade in un gesto intimidatorio.
«È stata drogata con il chari, l’effetto è potente ma transitorio. Si riprenderà presto.»
Kan’sha, kamiya!
«Che altro?»
«Il veleno non è stato inoculato per sopprimere, è una dose esigua.»
«Che altro!?» incitò, la pazienza veniva messa a dura prova.
«Le escoriazioni sono lievi, le abbiamo medicate.»
«L’hanno violentata!?» deflagrò Rhenn sbattendo il pugno contro la parete.
L’uomo trasalì e stropicciò i lembi della tunica con palese imbarazzo.
«No, mio signore.»
«Siete sicuri!?»
«Sommo Ojikumaar, la principessa è vergine.»
Rhenn lo guardò come se fosse pazzo, poi calcolò ogni genere di conseguenza in merito all’informazione e lo abbrancò per il colletto.
«Se lo raccontate in giro ve la vedrete con me! Sempre che non stiate mentendo per qualche losca trama!»
«N-no, mio signore. Obbediamo.»
Il primogenito cacciò tutti in malo modo, serrando a chiavistello le porte comunicanti.
Mahati ha mentito! Perché, per gli dei!?
L’indignazione per essere stato preso in giro e il ragionevole stupore divergevano dall’improprio senso di conforto seguìto alla rivelazione. Sciolse le bende dal capo, si passò le dita tra i capelli, sedette sul talamo e strinse la mano della ragazza.
«Rhenn?»
La voce uscì incerta. Lui occultò il sorriso tra le lunghe ciocche.
«Sì.»
«Da… da quanto siete qui?»
«Da quanto occorre per rinfacciarvi che vi avevo messa in guardia.»
Yozora ritrasse la mano, l’espressione tormentata.
«Mi dispiace.»
«Per cosa in particolare? Per esservi dimostrata imprudente, per non avermi prestato ascolto, per aver elargito le vostre grazie al clan di Ŷalda, per la fine dell’ardimentoso Shama o per altro che non immagino?»
«I-io…» gli occhi bruni si riempirono di lacrime «Dov’è Mahati?»
«Vi stupirà apprendere che…»
«Sono qui.»
Il Kharnot sbucò dall’accesso superiore: lo sguardo feroce designava che l’avevano messo a parte dell’accaduto. Sedette sulla sponda opposta, lanciando un’occhiata cupa al fratello, e si sporse a baciare la fidanzata. Lei restituì il gesto spaesata.
Ho forse sognato? Non era al mio fianco poco fa?
Mahati scostò il lenzuolo, esaminò i segni sulle sue membra e serrò le mascelle.
«Ognuno di essi è un atto di guerra! Pagheranno ogni istante delle loro miserevoli vite! Lo giuro sul mio onore!»
«Ti prego!» ansimò la principessa «Se ti vendicherai, il loro clan sfrutterà l’occasione per ribellarsi alla corona!»
«Dovrei accettare l’ingiuria e spalancare la via a un’immagine blanda di me!?»
«È colpa mia, sono caduta in un tranello banale! Se non riesco a distinguere gli amici dai nemici… forse lo merito!»
«Cosa!? Chi ti ha messo in testa un’idea del genere?»
Le iridi nocciola di Mahati si conficcarono accusatorie in quelle di Rhenn.
«Era una trappola elementare» confermò questi alzando le spalle «La meschinità e il palese oltraggio al nostro clan non cambierebbero, qualora l’avesse scansata.»
«È questo che ti interessa? Lavare l’onta al trono e non alla mia promessa sposa?»
«Quello insultato nel privato sei tu. In quanto principe della corona, presiederò alla condanna formale. Non possono appellarsi.»
«Una sanzione troppo tenera! So che non intendi compromettere le alleanze, ma senza il tuo appoggio ho le mani legate!»
«Ufficialmente sì, tuttavia gli incidenti capitano persino ai guerrieri di rango.»
«Non mi abbasserò al loro livello! E non adotterò i tuoi subdoli sistemi! Voglio una pena esemplare, che tutti i Khai sappiano cosa accade a chi sfiora la mia donna!»
Rhenn inarcò un sopracciglio nel vedere il minore fuori di sé su un argomento che non lo aveva mai toccato. Lo capiva e lo invidiava, poiché a differenza sua era libero di sfogare la collera.
«Puoi chiedere il duello d’onore» mediò.
«Non ci penso nemmeno! Nessuna concessione decorosa!»
«Mahati» lo richiamò Yozora «Rendere pubblico l’accaduto è una macchia più che sufficiente. Non occorre fomentare l’odio, esso è un precipizio senza fondo, senza contare che scateneresti una faida.»
«Che è ciò che Ŷalda desidera» sottolineò Rhenn.
«Credi che non ne sia consapevole!?» ribatté il Kharnot «Ha varcato il confine di proposito, ha coinvolto chi non è in grado di difendersi! Tollerare ci farà apparire irresoluti o incapaci! Inammissibile! Cerchi il vantaggio per te stesso, come sempre!»
«Eccedere ci esporrebbe. Indicherebbe che sei legato a Yozora, non so quanto sia proficuo.»
«Io non sono… tsk! Lei mi ha salvato la vita! È gratitudine! Che mi sia preziosa non è squalificante!»
Il primogenito osservò sottecchi l’espressione stranita della principessa.
Ma guarda, si attendeva davvero una dichiarazione d’amore. Non si è rassegnata, è caparbia quanto mio fratello sul fronte opposto. Sono davvero fatti l’uno per l’altra.
«Non possiamo buttarla sul personale, se vogliamo il sostegno dei clan. Degraderò i due reikan, potrai destinarli a tuo piacimento. Spedirò le donne al tempio di Belker, renderò insopportabile il loro soggiorno, invierò un richiamo a Ŷalda, premurandomi di farlo sapere all’intero regno.»
Lo sguardo del Šarkumaar era lava. Strinse a sé la fidanzata come a proteggerla dalla soluzione che avrebbe salvato le apparenze.
«Lo riferirò a nostro padre» sibilò.
«Libero di renderti ridicolo.»
«Ti prego, Mahati, accetta» lo incoraggiò Yozora «Non pretendo soddisfazione. Non… non voglio che levi la spada sui Khai.»
La compostezza dell’erede al trono non lasciò trapelare il fuoco che gli scorreva nelle vene mentre assisteva alla delicata confidenza tra i due. Occultò la sintonia con il risentimento del fratello: se lei lo avesse pregato con la medesima dolcezza, avrebbe ceduto.
La reazione dello stratega supremo lo spiazzò.
«Non accetto lui come giudice. Kaniša risulterà ciò che Rhenn non è. Imparziale.»
«Come!?»
«Sei d’accordo con me, fratello, vorresti squartare quei miserabili e appendere le loro viscere alla torre più alta di Mardan. Però non lo ammetti.»
«Quello che vorrei non collima con quanto è sensato svolgere.»
«Non farmi ridere! Usi l’assennatezza come scusa, la verità è che pretendi qualcosa in cambio. Conosco i tuoi schemi.»
«Se ne sei convinto...»
«Non scantonare, Rhenn. Lo prova il fatto che il cadavere di Shama stia ancora decorando i giardini reali, fatto assoluto divieto di ricomporlo per la cremazione.»
«Dettagli.»
«Qual è la tua richiesta?»
«Mh, visto che lo domandi…» indicò la principessa rannicchiata tra le sue braccia «Confessa che la ami.»
Mahati trasecolò. Le membra si tesero come corde.
«Sei fuori di testa!?»
«Dillo e basta.»
Yozora lo sentì fremere, il calore del suo corpo incrementò, gli occhi scurirono, le labbra si sollevarono a mostrare le zanne.
Non può farlo, non deve! Perché Rhenn lo costringe a umiliarsi?
«Non permetterò che proferisca una menzogna!» s’interpose «Pronuncerebbe il proibito per il vostro diletto! Siete ignobile! Un Khai non ama, sostenere il contrario è spregevole!»
«Sì, ma questo non vale per mio fratello. Verità in cambio di verità e otterrà la vendetta che agogna.»
«Smettetela! La rivalsa è esclusa! Motivarla con un falso sentire mi darebbe un dolore più grande di quello che mi è stato inflitto! E tu, mio prezioso, non hai bisogno di parole per esibire una sincerità, con la quale ahaki non ha nulla a che spartire.»
Il Kharnot socchiuse gli occhi e ascoltò in silenzio. La rabbia scemò all’istante, ma il proposito di fare giustizia acquisì forza.
«E io che pensavo di farvi un favore» borbottò sarcastico l’Ojikumaar.
«Se l’intento è questo, andatevene! Sarebbe l’unica cortesia da parte vostra!»
Rhenn sospirò teatrale e si alzò sistemando l’abito, le macchie di sangue invisibili sulla stoffa scura.
«Come vi garba. Ma un kan’sha sarebbe gradito.»
Rispose con un sorriso amaro allo sguardo interrogativo della ragazza e uscì.
 
Mahati scese la scala che portava ai sotterranei. La cella riservata ai traditori era isolata dalle altre, perché persino laggiù contava più il rango della colpa. O perché Rhenn sapeva cosa sarebbe successo. Sul volto tirato per la collera si accese un sorriso, provocato dalla comunanza d’intenti: un dono inespresso, che attenuava le accuse ma non riparava la pesante provocazione.
Pronunciare un ahakineti è dichiararsi esuli, rinunciare al trono e alla vita. Mettersi al pari di un hanran, rinnegare il retaggio demoniaco. Mentire.
Tuttavia sull’ultimo punto ogni certezza svaniva, sospinta da sentimenti energici e sconosciuti. L’unico riconoscibile era il desiderio di rivalsa.
 
Thiara era raggomitolata in un angolo della cella e l’alone della fiaccola ricadeva sul volto terreo. Le labbra si muovevano in una silenziosa preghiera, una richiesta di intercessione, di perdono o di coraggio.
Saji indugiava seduto sulla panca di legno, la camicia macchiata di sangue, Shiadar premeva la mano sulla fasciatura, l’espressione distorta dall’apprensione. Althāri era l’unica a mostrare la grinta di una tigre: percorreva lo spazio angusto a falcate nervose, digrignando le zanne.
«Perché Ŷalda non ci fa uscire!?»
«Non ne ha l’intenzione. In questo modo si dissocia, conserva le apparenze e il prestigio, non… Mahati?»
Gli altri trasalirono al nome del Kharnot, mentre la donna si avvicinò alle sbarre e gli rovesciò addosso una cascata di ingiurie.
«Dov’è la tua nobiltà?» la esaminò lui impassibile «Neanche le sguattere sono tanto forbite nella grossolanità verbale.»
«Osi tenermi segregata come una shitai perché hai paura di Rhenn!?»
«Mi trovo d’accordo con lui, ma tento di determinare le responsabilità. A quanto vedo non è difficile creare la classifica.»
«Non chiedere chi, ma perché» ribatté arrogante Althāri «Se tuo padre non mi avesse umiliata, sarei tua moglie e stringeresti tra le braccia un erede! Anzi, il futuro sovrano dei Khai! Hai permesso a Kaniša di decidere, hai accettato l’unione con una lurida sottomessa senza obiettare!»
«L’ipotesi che sia stato io a rifiutarti non ti sfiora?»
«Cosa!?»
«Sposare un’ambiziosa leonessa da salotto, piena di sé e dell’albagia ereditata dal clan, vanitosa e superficiale, tranne quando si parla di privilegi o di calpestare il prossimo. Chi non sarebbe ansioso di averti nel talamo per tutta la vita?»
«Ti permetti di storcere il naso e di atteggiarti a moralista, ma sappiamo tutti che l’aikaharr da cui sei uscito è servito a mascherare l’insana passione di Kaniša! Sei un infame bastardo nascosto sotto il manto regale!»
Mahati incamerò l’offesa, l’unica reazione fu l’accentuarsi del sorriso di scherno.
«Ho dimenticato di sottolineare il tuo morboso interesse per i titoli. Per non citare l’incoerenza dell’incaparbirsi su un uomo dal sangue impuro.»
«Agli occhi dei Khai ciò non conta! Per loro la principessa Althāri è stata respinta dal Šarkumaar come indegna di mescolare la stirpe! Surclassata da una shitai accolta come un dono inestimabile! Non credere che mi beva la storia degli accordi di guerra! Per soddisfarli sarebbero bastati Shama o Shiadar!»
«Quindi voi, giustizieri degli oppressi, avete rimediato cercando di stuprare Yozora. Molto equo, sfidare me sarebbe stato sproporzionato e dibattere le disposizioni di mio padre vi avrebbe posti in cattiva luce.»
«Il tuo sarcasmo non mi tocca! Ho creduto che ti fossi piegato per dovere o che avresti trovato il sistema per liberarti di lei, invece…»
«Capisco. Un ligio assassino. Sì, è quello che sono, hai esposto alla perfezione il mio intento originario, ma non hai considerato tutte le pedine schierate sul senya. Yozora possiede dignità e ardimento, ha ottenuto il rispetto della nostra gente e chi la odia per la sua diversità non fa che denunciare la propria inadeguatezza. O peggio manifesta aspettative contrarie alla corona.»
«Osi accusarmi di ribellione!? Tu, che mostri sentimenti simili a quelli degli hanran!?»
«La considerazione per una donna preziosa non viola le nostre leggi. Riconoscerne il valore e ammettere un errore di valutazione è sintomo di intelligenza. Passare dall’obbligo all’apprezzamento è una rara fortuna, non stride con gli insegnamenti di Belker. È la tua invidia a farlo.»
«Non ascolterò la tua paternale! Se non sei qui per sottrarmi alla cella in un impeto di decoro, puoi andartene! Il mio clan saprà reagire all’affronto e si occuperà di quell’intrigante mocciosa salki!»
Mahati aggrottò la fronte. Aveva trattenuto la collera obbedendo ai canoni del suo ruolo benché la misura fosse colma. La minaccia spezzò ogni indugio.
«Vorresti uscire, eh?» mormorò gelido.
Fece cenno ai secondini, che si precipitarono a liberare la grata dai catenacci. La spalancò, mandandola contro il muro. L’eco riverberò nei corridoi, seguita da un silenzio irreale.
Althāri lo fissò interdetta, mentre gli altri si rattrappirono contro la parete. Il principe era spaventoso nella sua calma, il fatto che le spade fossero inguainate e gli artigli a riposo non era sintomo di grazia.
«Prego, la via è libera.»
Lei esitò un istante prima di varcare la soglia. Lui l’afferrò al braccio in una morsa.
«Non è cortese abbandonare una signora nei sotterranei.»
La trascinò all’uscita, dirigendosi in direzione opposta alla residenza di Ŷalda.
«Dove mi stai portando!?»
Althāri paventò che l’intento fosse quello di regalarla ai guerrieri del primo stormo per farle subire quanto aveva progettato per Yozora, ma si ricredette quando superò il quartiere. Provò a divincolarsi.
«Vuoi possedermi a terra come un animale?» ansò incerta «Non ne hai bisogno, da sempre desidero essere tua.»
«Animale? Ne avrai uno della tua specie.»
«Che…? Mettimi giù!»
Mahati ignorò le proteste e varcò i recinti. Gli istruttori s’inginocchiarono rispettosi.
«Quanti nuovi?»
«Tre, altezza. Non sono domi ma obbediscono ai comandi basilari.»
Al suo richiamo sei occhi sanguigni si attizzarono nella penombra, seguiti da una cantoria agghiacciante di strida. I giovani esemplari balzarono dai trespoli, sbattendo le ali e spalancando i becchi.
La donna si irrigidì, aprì la bocca per urlare ma non produsse che un rantolo sordo.
Mahati la scaricò oltre la recinzione, gli occhi adamantini fissi sulla scena truculenta.
   
 
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