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Autore: k_Gio_    28/12/2022    0 recensioni
C'è una nuova arrivata in casa famiglia. Il caos è il loro pane quotidiano e lei ha tutte le carte in regola per diventare il suo inferno personale. Kaz Brekker cerca solo di sopravvivere a questa vita che non gli ha sorriso e l'arrivo di una ragazza Suli potrebbe minare la sua reputazione che ha faticato a costruirsi. Potranno convivere pacificamente o saranno vittime dei loro sentimenti?
Genere: Erotico, Parodia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inej Ghafa, Kaz Brekker
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Inej
 

Il resto della giornata era trascorso in modo tranquillo, ero tornata in camera mia e mi ero messa a studiare in attesa della cena. Eravamo tutti seduti quando Kaz ed Imogen arrivarono in cucina. Tornai ad osservare la ragazza. Era indubbiamente carina, capelli biondi, lentiggini e una fessura in mezzo agli incisivi che le dava quel tocco in più. E poi era chiaro come il sole che gli piaceva il mio scolaretto kerch. Dovevo solo capire se anche a Kaz piacesse lei…e allora sì che sarebbe stato divertente. Per me di sicuro.
«Quindi non rimani a cena?» sentii Jespere chiedere. Riportai l’attenzione sui due ragazzi che rimanevano sull’uscio della sala.
«No, accompagno Imogen a casa. A dopo» rispose ruvido come suo solito, quasi si stesse sforzando a comunicarci i suoi movimenti.
Mi stava apertamente sfidando. Non mi aveva rivolto mezzo sguardo, ma poco prima di uscire completamente dalla mia visuale mi aveva lanciato un’occhiata ammonitrice che aveva tutta l’aria di dire ‘’Non azzardarti a seguirmi’’. Alzai un sopracciglio indignata, cosa credeva? Che il mio mondo girasse intorno a lui?
Lo avrei seguito solo per dargli fastidio.
Finita la cena avevo messo il mio piatto dentro il lavandino quando «Ehi ragazzina, oggi tocca a te pulire.» Mi disse quell'idiota di Rojakke. 
«Ma se ho l'ho fatto l'altro ieri.» Ero l'ultima arrivata mica la prima scema da mettere sotto. 
Mi sfiorò la guancia con fare lascivo «È il tuo turno ma se vuoi che lo faccia io al posto tuo possiamo andare un attimo in bagno, mi fa un servizietto e abbiamo risolto. Che ne dici? Mi pare che con Brekker te la spassi AH». Gli assestai un pugno in pieno volto, un calcio in mezzo alle gambe che lo fece piegare in due. Gli tirai i capelli in modo che mi guardasse negli occhi. Li strabuzzó sorpreso di quel mio gesto che di sicuro non si aspettava. Facevo qualche lavoro per Kaz ma non andavo a picchiare gente a caso o per divertimento. Mi consideravo una persona tranquilla. 
«Ascoltami bene testa di cazzo. Se ci tieni a quel cosetto che hai in mezzo alle gambe rimani al tuo posto». Nessuno poteva e doveva toccarmi senza il mio permesso. Non lo avrei mai più permesso e poi per quanto riguardava Kaz, un conto ero io che mi prendevo certe libertà con lui, un altro che gli altri potessero fare illazioni su noi due. Kaz non voleva che si sapesse di noi, almeno credevo, non mi ero posta il problema, volevo solo che si rompesse sotto le mie mani di solito e per il resto del tempo non è che parlassimo di queste cose. Ma finché non ne avremmo parlato non volevo incasinare le cose. E poi erano affari miei con chi facevo cosa.
Vederlo con Imogen mi aveva fatta infuriare, aveva pensato di farmi fessa portandola in casa mentre pensava che fossi  fuori? Sul serio? Aveva cinque anni? Credeva che non lo avrei scoperto se alla fine fossi andata davvero in biblioteca? Idiota. 
«Allora, hai capito?» Presi il coltellino che tenevo nella tasca dei pantaloni ogni giorno da quando Kaz me lo aveva regalato. Lo aprii e glielo puntai alle sue parti basse. «Ho detto, mi hai capito?!»
«Sì sì ho capito, dai stavo scherzando Inej. Lo sai che non ti toccherei mai. Kaz mi ucciderebbe.»
Lo strattonai ancora più forte, «Allora sei proprio stupido. Ti uccido io se provi a toccarmi di nuovo. Kaz mi aiuterebbe solo a gettarti nel canale.»
Allora annuì più seriamente sentendo la lama premuta sui pantaloni. Se pensava che stessi scherzando aveva capito male. 
Lo lasciai e lo spintonai all'indietro, cadde a terra portandosi una mano sui genitali. 
Riposi il coltellino in tasca prima di lanciargli un altro calcio per scrupolo e mi avviai verso la porta. Poi tornai indietro e gliene assestai un altro. 
Non avevo più nemmeno voglia di andare a perseguitare Kaz, mi chiusi in bagno e mi lavai la faccia. L’acqua fredda che lavava via ogni tocco indesiderato, la furia dentro di me non sembrava però placarsi. Tornai in camera mia chiudendomi dentro, mi misi una felpa più calda e uscii dalla finestra, arrampicandomi lungo la parete esterna e andando a sedermi sul tetto, poco lontano dalla finestra di Kaz.
La luna piena brillava, l’argento che bagnava ogni tetto di quella maledetta città. Volevo tornare a casa mia, volevo rivedere la mia famiglia. A differenza di questi disgraziati io da qualche parte avevo qualcuno a cui mancavo. O almeno cercavo di ripeterlo a me stessa in notti come quella.
Presi il cellulare e iniziai a guardare se Imogen avesse pubblicato qualcosa. Kaz non aveva nemmeno un social, il telefono solo per i messaggi e fare ricerche su cose che voleva rubare. E per lo studio ovviamente. Il divertimento per quel ragazzo era tabù. Una foto della stessa luna che stavo guardando anche io l’unica cosa che aveva condiviso la ragazza. Almeno non era una foto con loro due insieme, ero dell’umore giusto per buttare il telefono di sotto. Presi un respiro, non ero stupida, il telefono mi serviva per cercare i miei genitori, buttandolo avrei solo fatto un danno a me stessa.
Il freddo mi aiutava a pensare lucidamente, mi portai la treccia sulla spalla e iniziai a districarne l’intreccio. Chissà come sarebbe stato farsi sciogliere e pettinare i capelli da quelle mani guantate…forse gli avrei chiesto di farlo. Se gli piaceva Imogen io potevo solo divertirmi con lui, che poi era l’unica cosa a cui puntavo. Spensi il telefono e me lo misi in tasca, mi tirai sulla testa il cappuccio e mi accomodai meglio sulle tegole.
 
«Inej! Che ci fai qua fuori?! Entra». Aprii gli occhi di scatto, mi ero addormentata. Mi voltai verso la voce rauca che mi aveva svegliata. Lo guardai male, per una serie di cose, non solo perché mi aveva fatto prendere un mezzo infarto.
Kaz mi diede un’ultima occhiata e tornò dentro, stava per chiudere la serratura. Balzai verso la finestra, spingendone un’anta verso l’interno.
«Che fai mi dici di entrare e poi mi chiudi fuori?» avevo la voce mezza impastata dal sonno ma ero abbastanza sveglia da vedere i tratti del suo volto rilassati, quasi sereni, e un mezzo sorriso che mi fissava spavaldo. Mi si formò un nodo allo stomaco, gli era bastato un pomeriggio con Imogen per sortire quell’effetto di pace al suo aspetto di norma malaticcio e perennemente incazzato?!
«Ho solo pensato di svegliarti, vedere il mio ragno spiaccicato al suolo sarebbe stato uno spreco» e mentre mi parlava mi dava le spalle, togliendosi la giacca nera, in movimenti decisi e sicuri. Nessuna sbavatura, solo gesti utili e funzionali. Si era cambiato la felpa prima di uscire in favore di un maglioncino sempre nero, il suo armadio una risorsa sicura per eventuali funerali.
Volevo essere io la causa di quella serenità, io a smussare gli angoli affilati del suo viso. E poi quel maglioncino lo rendeva ancora più sexy, Santi, ero arrabbiata ma lo volevo comunque.
Prima che si sciogliesse dal collo la sciarpa gli presi i lembi e lo tirai giù.
«Inej, cazzo, mi dovrai pagare le visite dal fisioterapista. La mia schiena non ne può più di questi scatti improvvisi» gemette ad un palmo dal mio naso.
«Se ti facessi già trovare piegato e pronto per me non avresti di questi problemi» soffiai sulla sua guancia. Aveva un odore diverso, qualcosa di dolciastro gli si era appiccicato alla pelle. Lei lo aveva toccato?! Gli morsi la guancia, riprendendo il controllo del terreno che mi era stato sottratto.
«Inej! Smettila, fermati» e nonostante lo dicesse le sue mani guantate erano sui miei fianchi senza davvero spingermi via. Tirai ancora di più la sciarpa, il giro intorno al suo collo che si stringeva di più, sentivo il suo fiato sempre più corto.
Lo morsi di nuovo sulla mascella, questa volta più forte e ne uscì un gemito di dolore. Mi bloccò le mani, rilasciando la stretta della sciarpa, si alzò abbastanza da guardarmi con un cipiglio confuso e indagatore.
Si rimise in posizione eretta, mettendo definitivamente distanza tra noi due.
«Ho sentito che hai picchiato Rojakke»
«Se lo meritava»
«Cosa ti ha fatto?»
«Non sono affari tuoi» in realtà lo erano in qualche modo ma in quel momento volevo solo saltargli addosso e levargli l’odore di Imogen da dosso. Il suo volto si scurì, dandomi di nuovo le spalle e finendo di togliersi la sciarpa poggiandola accanto alla giacca. Prese il bastone e zoppicò verso il suo letto. Si inchinò per recuperare le pantofole sotto di esso e il maglioncino si alzò sui suoi fianchi. La camicia al di sotto che ne celava la pelle. La sua pelle quasi diafana avrebbe brillato alla luce lunare…
Aspettai che si mettesse seduto sul bordo per spingerlo senza tante cerimonie sulla schiena. Stava per aprire bocca per replicare ma quando mi vide salire a cavalcioni su di lui si ammutolì. Imogen poteva prendersi il suo cuore, io mi sarei presa tutto il resto.
Gli portai le mani sopra la testa, era completamente esposto sotto di me, il suo pomo d’Adamo che andava su e giù. Sentirsi alla mercé di qualcuno a Kaz non piaceva…di solito.
La luce della stanza era spenta, la luna illuminava abbastanza da poter scorgere ogni linea del suo viso, il suo petto che iniziava a muoversi più concitato.
«Imogen ti ha baciato, Kaz?» gli chiesi guardandolo fisso negli occhi, non mi avrebbe mentito. La mia voce dura e severa. 
Indurì la mascella «Non sono affari tuoi» mi restituì le mie stesse parole, pietra ruvida la sua voce. Era statuario sotto di me, immobile per quanto riuscisse ad esserlo. Mi avvicinai pericolosamente al suo viso.
«O forse l’hai baciata tu?» volevo sentirglielo dire. A disagio per quell’interrogatorio mosse il suo bacino che si andò a scontrare inevitabilmente contro il mio.  Strabuzzò gli occhi per quel contatto che involontariamente aveva creato lui stesso. Sogghignai. «Le cose che ti faccio io lei non te le fa, Kaz?» sussurrai al suo orecchio, e vidi la sua pelle incresparsi sotto la mia voce.
Tornai seduta su di lui, stringendo le mie gambe attorno ai suoi fianchi. Tracciai le sue braccia a ritroso, polsi, interno gomiti, spalle. Per poi scendere sui suoi pettorali nascosti dalla morbidità della lana del maglione, e proseguire giù lungo la cassa toracica e arrivare al bordo del tessuto lanoso.
Ne presi i lembi tra le dita e distogliendo solo per un momento i miei occhi dai suoi occhi, che erano diventati due pozzi neri, li diressi verso il basso, dove la camicia bianca prendeva piede man mano che il maglione saliva sul suo torace. Sorrisi al respiro che prese quasi a volersi stabilizzare. Osservandolo constatai che non mi aveva perso di vista un secondo, che la sua mascella era serrata in una morsa ferrea.
Presi la camicia, tirandogliela fuori dai pantaloni e lui sbiancò. La luce lunare che immortalava la sua figura longilinea, un fascio di muscoli e stronzaggine, che ora lì in quella posizione non sembrava lo spaventoso ragazzo che faceva girare a largo i membri delle gang della zona.
Finalmente vidi la sua pelle bianca come il latte, l’argento che entrava dalla finestra lo faceva sembrare una figura eterea. Un demone dalla pelle diafana.
Le mie dita iniziarono a vagare su quella distesa di cicatrici, diciassette anni di risse e pestaggi, dati e presi. La pelle d’oca che suscitava il mio tocco mi faceva solo voglia di averlo di più. Più vicino. Più addosso. Più tutto.
Ma lui voleva Imogen.
Percorsi le sue costole, gradini che salii per arrivare dove doveva trovarsi il suo cuore. Anche quel bastardo ne aveva uno, anche se la maggior parte del tempo non era così scontata la cosa. Aprii il palmo , la mano a marchiare la zona sotto. Il cuore impazzito lo sentivo chiaro e forte contro la mia pelle.
Tornai ai suoi occhi e trovai cosa, cos’era quello? Cos’era quell’espressione?
Lui non voleva me.
Feci pressione sulla sua pelle, le unghie che si conficcavano nella carne. E non la vidi arrivare, ma la sua mano guantata raggiunse la mia. La strinse tra la sua e ne accarezzò il dorso. L'altra arrivò all’altra che avevo lasciato sotto il suo ombelico. Mi ero immobilizzata, cosa stava pensando, cosa voleva, ma soprattutto cosa volevo io?
Mi avventai sulle sue labbra, portandogli le mani ai lati della sua testa, schiacciandomi a lui il più possibile, il calore della sua pelle in fiamme che incendiava la mia anche attraverso i vestiti. Volevo toglierci il fiato dai polmoni. Non volevo pensare. Lui strinse la presa nelle miei mani. Mi staccai, rimanendo ad un soffio dalle sue labbra.
«Non è successo nulla con Imogen» soffiò tra un respiro e l’altro, la sua fronte appoggiata alla mia in cerca d’aria.
Gli angoli delle mie labbra si alzarono a quella rivelazione. Nascosi il viso nell’incavo del suo collo, inspirando di nuovo il suo odore che ora era solo il suo mischiato al mio. «Bravo ragazzo». Gli assestai un’ultima serie di baci sul collo mentre lui affondava le mani tra i miei capelli. Mi scosse un brivido.
Avevo avuto quello che volevo, mi separai dal suo corpo, alzandomi e lasciandolo mezzo svestito sul suo letto.
«Te…te ne vai?» mi chiese confuso ancora disteso.
«Certo, ho sonno. A domani» mi portai i capelli sulla spalla e aprii le serrature, faceva troppo freddo, per passare di nuovo dalla finestra.
Uno sbuffo esasperato raggiunse le mie orecchie poco prima di chiudermi la porta alle spalle.






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Spero abbiate passato buone feste, gente!!!
Potevo proporvi una ff natalizia ma no, continuo su questa strada e con questa storia :') 
Vi faccio gli auguri per un felice anno nuovo e, se volete, lasciatemi un commentino. 
Alla prossima!


 
  
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