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Autore: Cress Morlet    31/12/2022    10 recensioni
[Mercoledì/Xavier]
Fare sesso con lei non ti ha aiutato.
Assolutamente no.
Non ti ha aiutato, ti ha rovinato e guarda ora come sei costretto a raggomitolare i tuoi sentimenti tra pugni e bende insanguinate.
Tu credevi che così saresti guarito.
Che stupido.
Sei stato tremendamente stupido. Ti sei rovinato con le tue stesse mani. E, adesso, sei perso e basta.
Genere: Angst, Erotico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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NO JUST ART FOR MICHELANGELO TO CARVE





I won't cry for you

I won't crucify the things you do
I won't cry for you
See (see), when you're gone I'll still be Bloody Mary
(Bloody Mary, Lady Gaga)



Fare sesso con lei non ti ha aiutato.
Assolutamente no.
Non ti ha aiutato, ti ha rovinato e guarda ora come sei costretto a raggomitolare i tuoi sentimenti tra pugni e bende insanguinate.
Tu credevi che così saresti guarito.
Che stupido.
Sei stato tremendamente stupido. Ti sei rovinato con le tue stesse mani. E, adesso, sei perso e basta.





**************





Non riesci neanche a distinguere il modo in cui sono trascorsi i tuoi ultimi mesi. Stai cercando di ricordare, bloccato nel giardino della scuola ad osservare gli altri ridere e scherzare.
Pensi che il nuovo anno scolastico era iniziato nella stessa maniera in cui si era concluso l’anno precedente.
Con te sulla cima delle scale e Mercoledì lontana, uno sguardo impossibile da decifrare. Il suo inquietante maggiordomo con dei bagagli tra le mani e sua madre chinata a sussurrarle delle parole all’orecchio sinistro.
L’hai salutata e lei ti ha risposto con un cenno del mento.
Hai nascosto la delusione in un calzino bucato, appallottolandola sotto al letto. Hai ingoiato la bile calda che ti prosciugava la gola e ti sei mosso verso il tuo dormitorio senza più voltarti indietro.
Va bene così, ti sei detto. Non parliamo dei messaggi di questa estate, non parliamo delle poesie.
Va benissimo così, ti sei ripetuto fino all’inverosimile.
Poi sei crollato con la faccia contro il cuscino e hai trattenuto l’urlo che ti stava squarciando le tempie in miliardi di pezzi. Ti sei concentrato a respirare. Hai pensato di contare fino ad un milione, trattenendo il fiato. Di stringerti la fronte e strizzare le palpebre e di strapparti piccoli pezzi di cuore.
Ma nulla avrebbe funzionato. Sei uscito in piena notte e ti sei nascosto nel tuo capanno. Lontano dal mondo intero e con le ossa verniciate di nero. Ti sei inzuppato le mani di pittura, hai immerso le braccia fino ai polsi e poi fino ai gomiti.
Hai disegnato fino all’alba.
Soltanto ritratti di lei.

Bianca ha cercato di aiutarti.
Scalciando nella tua bolla di disperazione e di compianto sei riuscito a riconoscere che ti vuole bene e che ha tentato di salvarti dai vermi accucciati sul tuo cuore.
Un pomeriggio ha bussato alla tua porta e ti ha chiesto di passeggiare con lei.
Ti ha portato nei boschi e tu hai cercato di sorridere pur di farla contenta. Lei ti ha chiesto di non fingere, non con lei. E tu ti sei sentito rotto, qualcosa deve essersi spezzato. Le ossa delle costole hanno ceduto e il tuo sentimento è colato a terra, macchiando tutte le foglie di rosso.
Hai cominciato a piangere senza rendertene conto e Bianca ti ha stretto le mani, continuando a farti camminare senza mai asciugare le tue lacrime.
Una mattina l’hai trovata in corridoio con la colazione tra le dita e un chiaro calore sulle labbra.
Ti ha chiesto di mangiare insieme nel parco e tu hai acconsentito nonostante il pugno in gola e le linee elettriche che accartocciavano le tue spalle.
L’hai seguita sotto il sole e hai riso alle sue battute anche se non l’ascoltavi del tutto.
Ti stava raccontando qualcosa quando tu le hai fatto una domanda stupida.
“Come faccio a smettere di amarla?”
Bianca ha smesso di parlare e ti ha indicato il bicchiere di latte caldo che ti eri dimenticato sul ciglio della panchina.
“Non bisogna saltare la colazione, Xavier. Neanche per Mercoledì Addams.”
Lo ha detto con quel suo tono che ti ha sempre fatto sentire più leggero. Quel tono che - sembrano trascorsi secoli - ti aveva attirato verso di lei.
Come se ogni cosa al mondo potesse essere risolta - così tutto facile e tranquillo, perché mai preoccuparsi, non esiste nulla di cui aver paura.
Hai riso con tutto il cuore che ti era rimasto e Bianca ha riso per la tua risata, avvicinandoti il bicchiere alle labbra.
E tu avresti continuato a sorridere del niente e, forse, a goderti la mattinata. Ma lei ti ha afferrato con i denti la coda dell’occhio.
Ti sei voltato di scatto e lì l’hai trovata.
Mercoledì Addams, dinanzi al portone principale. Enid al suo fianco e Mano sulla spalla.
Ti sei bloccato e ti sei chiesto perché.
Perché mi stai osservando, perché hai un tale sguardo, perché mi guardi così, perché alzi il mento in quel mondo, perché stai stringendo le labbra, perché fai così, perché, dimmi perché, Mercoledì perché. Perché non mi parli più.
Hai anche abbandonato la panchina e fatto un passo verso di lei, guadagnando solamente la sua schiena come risposta e il viso sbigottito di Enid - come guardava la sua amica e come si copriva la bocca con le unghie colorate.
Poi Bianca ha buttato la colazione in un cestino. Ti ha scosso per il braccio e ti ha accompagnato a lezione senza nominare nulla della scena a cui aveva assistito.
Ti ricordi che una sera Bianca ti ha trascinato nella biblioteca dei Belladonna e ha cercato di distrarti con ricerche inesistenti.
Ti ha fatto leggere milioni di pagine e mostrato miliardi di dipinti di antiche profezie e ti ha fatto segnare migliaia di nomi. Tu hai implorato pietà e lei in maniera giocosa ti ha colpito la testa con uno dei tuoi quaderno da disegno. Uno dei ritratti di lei è sgusciato fuori, depositandosi a terra. Bianca non l’ha raccolto. L’ha fissato per qualche secondo, sospirando soltanto alla fine di qualcosa che ti era sembrato come un lungo e tormentoso ragionamento. Ti ha parlato così.
“Dovresti davvero non saltare la colazione, Xavier.”
Una notte ti ha chiesto di poterti accompagnare nel tuo rifugio. Non eri contento della sua richiesta ma il senso di colpa e la stanchezza ti hanno costretto ad acconsentire. Così Bianca ha osservato per ore tutti i ritratti con cui hai tappezzato il capanno. Tutti i ritratti di lei. Tutta la sua musica. Tutte le sue parole taglienti.
Ti ha abbracciato e tu non hai mosso le braccia dai tuoi fianchi.
“Si aggiusterà tutto, Xavier. Te lo prometto.”
Tu non le hai creduto e hai scelto di nascondere la fronte contro la sua spalla borbottando qualcosa di incomprensibile. 

Ora pensi che non avresti mai dovuto dubitare di Bianca. Ora sì che te ne rendi conto.
La colpa ricade esclusivamente su di te. Tu sei stato altamente stupido.

Nessun altro.




**********************




“Non credevo di essere in una commedia adolescenziale dai dialoghi banali e con una trama ridicola.”
Non ti eri accorto che lei era entrata nel tuo rifugio e le sue taglienti parole ti hanno fatto cadere il pennello e imbrattare di viola la tela bianca. Ma lei era lì.
Sulla soglia della porta di legno e con le sue sopracciglia arcuate e lo sguardo adirato.
“Mercoledì.”
Il suo nome come un sospiro che lei allontana con un movimento risoluto della mano. Una mosca da schiacciare tra due polpastrelli, senza pensarci un secondo.
“Pensi che le mie giornate siano altamente tediose e che abbia bisogno di te e Bianca al fine di conferire elettricità alla mia esistenza?”
Ti sei sentito scosso e hai raddrizzato la schiena per smetterla di sentirti tanto impotente dinanzi al suo cospetto.
“Non so di cosa tu stia parlando.”
Hai fatto un passo avanti e lei ha aggiustato lo zaino sulle sue spalle. Ha gettato il suo sguardo risoluto lungo tutte le pareti e notato i quadri nascosti da panni e gli angoli scoperti. Senza battere ciglio e senza mai scomporsi.
“Ti illumino. La tua fidanzata Bianca pensa di essere altamente intelligente e suppone di essere un eroina il cui unico scopo nella vita sarebbe di proteggerti. Si presenta da me e pronuncia vuote minacce al solo scopo di condurmi qui, da te, a chiederti cosa desideri tanto ardentemente dirmi.”
Ha pronunciato ardentemente con una sfumatura di derisione che ti costringe a serrare i denti e contenere l’acido risalito nella tua bocca e sulla tua lingua.
“Sei tu che minacci. E nessuna minaccia potrebbe mai spaventarti.”
L’hai vista muovere il capo in un segno di assenso e il suo sguardo trasformarsi, reso brillante da una luce di trionfo e soddisfazione.
“Concordo. Per questo motivo ti avviso che dovresti ringraziare Enid. La tua ragazza ha ancora entrambi gli occhi esclusivamente grazie al suo misericordioso intervento.”
“Non è la mia ragazza.”
Una frase che blocca il suo flusso di parole come redini tirate con forza contro il muso di un cavallo ritroso.
“Non è realmente di mio interesse.”
Un battito di troppo. Una pausa stonata. Qualcosa che ti spezza ancora altre costole e poi più giù la base dello sterno.
“E perché sei qui? Perché stai facendo esattamente come Bianca ti ha ordinato?”
Lei muove qualche passo verso di te e i suoi occhi neri ti inghiotiscono. Dei sacchi di carbone in cui crollare a testa bassa e da cui farsi bruciare con prepotenza.
Le sue pupille sembrano sempre così enormi.
“Dopo che Bianca è stata accompagnata in infermeria sono stata scossa da un moto di curiosità. Oltre che dal desiderio di dirti personalmente le sue condizioni.”
“Che cosa hai fatto? Mercoledì, io non so come definirti, che cosa hai fatto?”
Hai sentito un moto di intensa preoccupazione pervaderti le membra e lei ti ha bloccato il passaggio muovendo un altro passo contro la tua direzione - contro di te e la tua ansia nei confronti di Bianca.
“Rilassati. Cavaliere dalla scintillante armatura.”
Di nuovo quel tono di scherno. Nel modo in cui ha pronunciato cavaliere e poi armatura.
Gli altri avrebbe sentito soltanto il suo usuale modo di parlare monocorde. Niente altro. Tu hai percepito la sottile derisione che riesce a reciderti le coronarie in un intricato intreccio di farfalle e bruchi.
Dolore e sempre dolore.
Hai guardato le sue labbra e notato che soddisfazione si celava dietro ai suoi denti.
Si sente bene - felice e tronfia delle sue azioni e della sua vendetta.
“Dovresti ascoltarmi meglio. Come ti ho già detto sei costretto a ringraziare Enid. Bianca ha soltanto qualche graffio.”
Non ha trattenuto il sorriso alle parole qualche graffio e tu hai sentito tutto il sottobosco dei tuoi sentimenti esplodere.
Ogni insetto carnivoro gettarsi via dai rami delle tue costole e riversarsi sotto pelle e poi fuori. Tra i tuoi piedi e l’aria che non respiri.
“Io sono senza parole.”
Lo sforzo delle tue uniche sillabe completamente vano. Lei non si era accorta della pittura che continuava a colare dalle tue unghie e non si accorge del dolore martellante racchiuso nel tuo petto.
Del mio cuore è rimasta soltanto la cenere di un carboncino masticato.
“Io sono perplessa. In questa stanza ci sono almeno nove miei ritratti e sembra il rifugio di un maniaco.”
Cenere sputata dalla testa di un bruco imprigionato nella tela di un ragno.
“Sei nella mia testa. È l’unico modo per dimenticarti.”
Una tela dura e appiccicosa. Impossibile da recidere e da spezzare. Una prigione - una tomba.
“E funziona?”
Un altro passo verso di lei e un altro laccio d’acciaio intorno al tuo cuore.
Non hai risposto. Non credevi lei volesse realmente una risposta. 
Il silenzio ha cominciato ad allungarsi e nell’assenza dei rumori tu hai ritrovato il tuo respiro. E gli odori della vernice e il tatto del tessuto ruvido della tela vicino a te e il suono dei fischi del vento.
E la vista di lei. Le braccia incrociate dinanzi al suo petto con i muscoli contratti in una lotta invisibile. Il graffio sulla fronte e il sangue fresco sulla tempia. La frangia in disordine. Le palpebre mai abbassate e le labbra arcuate nell’attesa.
“Forse dovrei chiederti cosa ne pensa Bianca. Dato il suo interesse.”
Così all’improvviso hai visto e sei rimasto folgorato.
“Tu sei gelosa.”
Dentro la tua testa si riversano una serie di fotogrammi. Ogni immagine di lei che ti mostra soltanto le sue spalle, la schiena rigida. Il modo in cui lo sguardo si è indurito ogni giorno di più. Il silenzio delle sue labbra schiuse in espressioni di lieve rabbia e incredulità.
Così come è adesso.
Ti osserva con disgusto e solleva il mento verso l’alto con infinito sdegno.
E tu non la lasci parlare.
Perché tu stai comprendendo qualcosa che si era annidato in un crocicchio della tua mente e che eri certo fosse scomparso.
“Quella mattina. Tu hai visto me e Bianca ridere insieme e te ne sei andata, non mi hai dato modo di parlare, sei andata via e basta. Tu eri gelosa. Tu sei gelosa.”
Ogni nuovo respiro è un passo in avanti e ti ritrovi estremamente vicino a lei.
Non c’è più nulla a separarvi.
La distanza di un sospiro e sfioreresti il suo corpo. Mercoledì non si smuove - comprendi che potrebbe farlo.
Senza compiere un passo indietro, potrebbe muoversi di lato e fuggire da una tale vicinanza. E non lo fa.
Rimane lì a guardarti con quegli immensi occhi neri che non ti mettono in soggezione - non lo hanno mai fatto - e che semplicemente ti squarciano il petto.
Gli angoli della bocca ostinatamente abbassati mentre incrocia le braccia e ti combatte con frecce grondanti veleno.
“Conclusione errata e fuori contesto.”
E con archi di violino letali, simili ad un incrocio di lame bronzee e spilloni d’argento.
“Tu non vuoi che Bianca sia la mia ragazza. Tu sei arrabbiata perché credi che lo sia.”
Lei immergerebbe i denti nel tuo cuore e ne sputerebbe i bocconi marci sui tuoi piedi.
“La pateticità della tua vita sentimentale non mi tange.”
Ti lascerebbe al freddo con l’addome tagliuzzato e mezzo scomposto.
“Non dovresti essere gelosa. Sai cosa provo per te.”
Siete talmente tanto vicini che le tue labbra glielo dicono contro la sua fronte e lei non si sposta e tu senti delle immense vertigini che ti smuovono lo stomaco in onde di calore insopportabile. Talmente tanto calde che ti formicola il ventre e ti stringe l’addome.
E Mercoledì ha sempre quel suo sguardo impossibile da descrivere - e ti osserva e ti osserva e non ha smesso mai di osservarti da quando si è buttata dentro il rifugio e ha rovesciato ogni cosa che credevi di aver capito di te e di lei e di voi due insieme.
“La gelosia è il sentimento dei deboli. Non tocca la mia persona.”
Troppo vicino a lei.
Da lontano forse non lo avresti notato o forse sì - perché tu guardi sempre i suoi occhi, ti ha incastrato lì, tra due linee marroni che percorrono le sue iridi, ti ha richiuso lì dentro e mai più potrai essere libero.
Così tu ti rendi conto della nota stonata.
Che all’improvviso - un secondo o forse l’eternità racchiusa dentro un millesimo di secondo - i suoi occhi sono stati nascosti dalle palpebre.
Un battito di ciglia.
Ha perso la concentrazione. Qualcosa l’ha turbata. Qualcosa è crollato e si è aperto uno spiraglio e hai visto. Hai visto cosa la sta turbando realmente.
Sei arrabbiata. Non vorresti provare tutto questo e sei arrabbiata. Mi odi, tu vorresti odiarmi e mi odi. Mi detesti. Sei sempre arrabbiata, mi guardi e provi una tale rabbia. Non vorresti provare nulla e mi odi. Mi odi e sei gelosa, lo sei davvero, e mi odi, mi odi talmente tanto.
Mercoledì sospira più forte e senti il suo respiro sulla giugulare e ti rendi conto che basta, va bene, cedi le armi. Va bene così - che abbia fine questa tortura, amarla ti sta uccidendo, allora che sia fatta la sua volontà, dille addio.
“Va bene. Basta.”
Le tue mani si muovono da sole.
Le tue mani proseguono i tuoi pensieri e sono parole che continui a ripeterti in testa e di cui non sei consapevole se non quando è troppo tardi. Le tue mani si chiudono intorno alle sue guance e sollevano il suo viso.
E la tua schiena.
Così spontaneo abbassarla per raggiungerla e lì ti blocchi. Le tue labbra sulle sue e ti fermi, ne senti il sapore.
Sei bloccato in un bacio a stampo e senti il ghiaccio scorrere in tutte le tue vene fino a gelarti il cuore. Sai che devi allontanarti - ti stai allontanando, hai baciato il tuo incubo e devi lasciarlo andare, immolandoti sull'altare - ma lei si aggrappa al tuo collo e tu ricadi giù. Un respiro fuori dall’acqua e un secondo dopo l’intero oceano nel tuo sterno.
Mercoledì ti sta baciando.
Le sue dita tra i tuoi capelli della nuca.
Il suo naso contro il tuo.
Le labbra già schiuse e la lingua che ti sfiora i denti.
E tu sei perduto, tu sei la vittima sacrificale, tu sei il sacerdote profano.
Il ghiaccio si scioglie tutto in un calore intollerabile. Le tue labbra si schiudono ad accogliere le sue e non ti controlli più.
Le tue mani sono scese dal viso al collo e dal collo alle spalle e dalle spalle ai fianchi. La stringi. La baci e non le concedi mai aria. Segui un ritmo che ti sta soffocando e non riesci a fermarti - non puoi o ti senti morire, senti solo che la desideri, che ti sei consumato nel desiderio di possederla in ogni modo possibile e adesso pensi soltanto che vorresti entrare dentro di lei e smetterla di soffrire.
Le attiri i fianchi contro i tuoi e le tue dita si insinuano ai lati della gonna, sotto, abbassandola leggermente. Senti la pelle dell’inguine con il pollice e poi le ossa sporgenti e lì perdi un gemito gutturale sulla sua lingua, assaporando il modo in cui lei risponde ad ogni tuo gesto e sospiro.  Che la Musa abbia pietà del suo mendicante, e poi capisci di star delirando e che la stai stringendo tanto forte da lasciarle dei lividi.
Le tue dita scendono ancora e le liberi le labbra - gonfie, lei ansima, non pensavi l’avresti mai vista così.

La gonna a terra e le tue mani tra le sue cosce. Lei spinge il suo ventre contro i tuoi polpastrelli e tu capisci che dovresti fermarla, che le tue dita la stanno già esplorando e che tra pochi secondi la prenderai lì, sul pavimento sporco e i panni macchiati di vernice, e non va bene, è troppo tutto insieme.
Il silenzio sulla loro estate, le sue spalle voltate, la sua gelosia, il bacio e tu che non sei pronto. Non dopo averla desiderata tanto a lungo.
E chi fermerà te?
Come potresti fermarti con lei?
I respiri di Mercoledì sono pesanti e dentro di te scorrono troppi desideri e troppe emozioni. Mercoledì ti bacia l’angolo della bocca e tu stai peggio. Mercoledì ti afferra le mani che hai allontanato da lei e le pone nuovamente tra le sue gambe - il calore ti bagna le dita - e tu scegli di fermarti. Non così, non dovrebbe essere così.
Mi sta uccidendo. Baciarla e non baciarla. Toccarla e non toccarla. Mi uccide comunque.
Sussurri un ‘no’ che gela entrambi.
Poni la tua fronte contro la sua e sai che lei vorrebbe picchiarti - non vuole neanche guardarti in faccia - e volta il viso di lato lasciandoti solo la sua tempia a cui appoggiarti.
Ripeti ‘no’ e lei compie un passo indietro quasi inciampando nella sua gonna e tu la segui stringendole le spalle.
“No. Non così.”
Le baci la tempia e lei si irrigidisce ancora di più. Mezza nuda tra le tue braccia senza mai tremare.
“Questa sera. Questa sera presentati al mio dormitorio. Avremo tutta la notte. Avremo un letto.”
Dimmi che per te è importante come lo è per me. Per favore. Per favore non farmi sentire usato.
“Seriamente, Xavier?”
“È importante per me.”
Si volta. E ti osserva. Ma tu adesso non riesci a sostenere il suo sguardo perché sei troppo esposto. Le baci le palpebre e le ciglia e lo fai con estrema dolcezza anche se sai che lei potrebbe sentirsi nauseata da questi tuoi gesti. Ma ti senti spezzato in più punti e non sai bene come reggerti in piedi senza più sentire la sua pelle e il suo calore tra le dita. Senza i suoi gemiti nelle orecchie e il suo corpo a modellare il tuo.
Ti amo, vorresti dirle.
Ti amo e mi stai uccidendo. Mi sta uccidendo amarti.
Ti scongiuro, liberami.
Mercoledì.
Lasci la sua pelle, lasci il suo corpo e ti condanni.
“Io ti aspetterò.”







Angolo autrice
Sono soddisfatta? Ma certo che no, altrimenti non sarei Cress Morlet. Spero tantissimo di ricevere le vostre opinioni, ne ho davvero bisogno. Mi sono perdutamente innamorata di loro e tanto altro deve accadere. Seguitemi, se volete. E, soprattutto, buon anno nuovo!
   
 
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