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Autore: Rubra Bovina    31/12/2022    0 recensioni
Ash, insieme alla sua ragazza Serena si trovano nella città di Ferropoli, a sud di Kalos. Qualche giorno dopo, Serena si sarebbe dovuta esibire.
Non è la prima volta che i due viaggiano insieme, ma già dalla prima notte di soggiorno, accade qualcosa di strano.
Ash ha delle visioni riguardanti un misterioso individuo, uno scienziato chiamato Sebastian.
L'incontro con colui che all'apparenza è un semplice pilota, riuscirà a fare chiarezza sulla storia di quest'uomo e sul quello che è accaduto alla sua famiglia?
Genere: Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ash, Lucinda, Nuovo personaggio, Serena
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
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Il richiamo di Darkrai



Ash non poteva di certo lamentarsi della sua vita. Aveva avuto l’opportunità di viaggiare per il mondo, di incontrare tante persone e Pokémon, nonostante la giovane età non poteva di sicuro definirsi un novellino.

A dire il vero, in quel momento, era l’allenatore più forte di tutti.

Insieme alla sua squadra, non solo era riuscito a vincere il titolo, ma anche a difenderlo.

E le cose non andavano bene solo da quel punto di vista.

Non avendo più nulla da dimostrare a nessuno, finalmente si è potuto occupare anche di altri affari, tra cui anche quelli sentimentali.

Insomma… si era fidanzato.

Con una ragazza della regione di Kalos che non ha sicuramente bisogno di presentazioni.

L’allenatore più forte e una delle migliori coordinatrici al mondo insieme è stata una notizia al centro di molti articoli di cronaca rosa, sebbene i due avessero fatto di tutto per tutelare la loro privacy.

Nulla sembrava potesse far cambiare una così bella una situazione simile, ma si sa, nulla dura per sempre.

Erano le due di notte.

In giro per Ferropoli, ridente cittadina a sud di Kalos, nota principalmente per il circuito automobilistico, situato ad alcuni chilometri dalla sua periferia, nemmeno un’anima viva.

Dopotutto erano le tre di notte, non ci si doveva sorprendere troppo.

Ash si svegliò di soprassalto. Facendo spaventare tanto il suo fedele Pikachu, quanto la sua ragazza.

-Ash, che ti prende? Mi ha spaventato!

Ti ricordo che saremo io e la mia squadra a esibirci… te dovrai solo guardare.

E poi è solo giovedì, i prossimi due giorni saranno semplici prove, non capisco cosa ti preoccupi.

-Si, tranquilla, non è quello, è come se avessi avuto, sai, delle strane visioni, nel sonno…

Le rispose il ragazzo, ancora molto scosso.

-Una sorta di incubo, quindi?

Gli chiese la ragazza, ricevendo una risposta non esattamente soddisfacente.

-Non so, non l’ho vissuto io in prima persona, è difficile da spiegare, è come se stessi guardando un film, al cinema, ma, invece di avere quella piacevole sensazione di stare su una comoda poltrona, magari sgranocchiando qualcosa, era come se mi avessero legato a una sedia e forzato a guardare.

-Come se stessi vivendo il sogno di qualcun altro?

Gli chiese la ragazza.

-Esattamente. Ma è come se mancasse qualcosa. 

-Cosa?

-Non sono riuscito a capire di chi fosse il sogno.

Non conoscevo nessuna delle persone che sono apparse. Scusami se ti ho svegliato. Notte.

- Notte. 

Mentre Serena riuscì ad addormentarsi, subito, lo stesso non si poteva dire per Ash.

Non solo perché si doveva ancora scusare con Pikachu, ma anche perché voleva andare un attimo in bagno a rinfrescarsi.

Così fece. Il ragazzo scese dal letto, si infilò le ciabatte e raggiunse il bagno. Aprì silenziosamente la porta ed entrò. Accese la luce ed attese alcuni secondi, prima che la lampadina, al centro del soffitto, illuminasse completamente la stanza con il suo rilassante e delicato colore giallo. Il ragazzo aprì il rubinetto dal lato dell’acqua fredda e si lavò la faccia. Fatto questo tornò a letto. E riuscì a riprendere sonno, anche se non ci volle molto perché il sogno, come se fosse il secondo tempo di un film, riprese.

Almeno all’inizio, in quel sogno, non c’era nulla di troppo spiacevole.

La prima immagine era quella di un laboratorio:

Diversi scienziati stavano lavorando ad un macchinario che il ragazzo non riusciva ad identificare in alcun modo.

Era una sorta di contenitore di metallo di forma cilindrica che, per certi versi ricordava una pattumiera.

Dalla parte superiore del contenitore usciva una sorta di proboscide.

Il ragazzo riuscì a capire cosa fosse quel dispositivo solamente quando uno degli scienziati, un uomo sui quaranta, massimo quarantacinque anni, di altezza media, capelli castani scuri, corti, occhi castani. Indossava un paio di occhiali da vista molto spessi, che assomigliavano a dei fondi di bottiglia. L’uomo aveva in mano una Pokéball e dalla sua espressione si capiva che non era la sua. In ogni caso non la tenne in mano per molto tempo. Si affrettò ad appoggiarla su di una sorta di ripiano realizzato in metallo.

L’uomo puntò quella sorta di proboscide sulla Pokéball. E quest’ultima, molto lentamente, iniziò a smaterializzarsi.

Ash aveva capito che quel dispositivo era una versione molto primitiva del trasferitore.

Un dispositivo che aveva usato decine e decine di volte.

Per questo aveva sempre dato la sua presenza come qualcosa di scontato.

Non aveva idea che lo stesso dispositivo, appena una ventina di anni prima, non fosse nulla più di un prototipo.

In uno dei suoi viaggi gli era capitato di visitare un centro Pokémon abbandonando e ricordava di aver visto una vecchia macchina scambiatrice pneumatica. 

Solo che, nei suoi pensieri, quella macchina, doveva essere molto, molto più vecchia.

Mentre il suo subconscio elaborava queste informazioni, la proiezione andava avanti.

Sembrava seguire il percorso di un cavo e… attraversò una parete. 

Dalla parte opposta della parete vide un macchinario molto simile a quello precedente.

A operare con quel macchinario una donna, di massimo trent’anni. Una donna di altezza media, magra, occhi verdi e lunghi capelli rosa. Indossava un camice da laboratorio bianco. Perfettamente ordinato.

In quella visione, Ash riuscì a vedere la Pokéball materializzarsi, con la stessa lentezza con cui si era smaterializzata.

Ci fu come un taglio, come un salto temporale.

Ora, ad armeggiare con quella primitiva macchina non c’era più quel gruppo di scienziati, ma solo un uomo. Un volto noto.

Ma certo! Era lo stesso dell’altra volta, quello che aveva aveva sistemato la Pokéball.

Doveva essere passato del tempo dall’ultima volta.

Questo si poteva intuire dall’aspetto dell’uomo, che sembrava assai più stressato.

Il macchinario, dall'esterno, non era cambiato, sempre simile a una pattumiera con una proboscide che partiva dalla parte superiore. 

Per un motivo sconosciuto al ragazzo, l'uomo non usò una Pokéball, ma un mazzo di chiavi. 

Come in un cambio di scena al cinema ora a essere inquadrata era una donna, anche lei non un volto nuovo. La stessa donna dai capelli rosa dell’altra volta. Ma a questo punto Ash aveva più di una domanda. 

Perché dovevano passarsi un mazzo di chiavi in quel modo?

Come mai i due avevano un’espressione sconcertata?

Lui non aveva idea del fatto che il trasferitore potesse essere usato in quel modo.

E, in più, pensava che i due avessero idea del fatto che il trasferitore potesse essere usato in quel modo.

Ma così non era.

I due si trovavano nella stessa stanza e stavano discutendo di quanto avevano sperimentato.

-Hai visto, Sebastian? Con questo trasferitore possiamo trasferire anche gli oggetti! Non è fantastico? Non vedo l’ora di raccontarlo ai nostri colleghi!

- No. Non dobbiamo dirlo a nessuno! 

Sebastian fece il gesto di avvicinarsi un dito alla bocca per rendere ancora più evidente il fatto di stare in silenzio.

- Pensaci, noi abbiamo sperimentato con un mazzo di chiavi, ma in futuro cosa potrebbero trasferire?

Armi? Materiale di contrabbando? O chissà cos’altro! Non dobbiamo dirlo. E se dovessero scoprirlo facciamo finta di nulla.

Ash era confuso, forse anche di più della donna dai capelli rosa.  

Ancora non aveva capito perché mai qualcuno dovrebbe mostrargli la storia dei trasferitori.

Per tutto il giorno cercò di non pensarci e riuscì anche a non parlarne con la sua ragazza.

Si era promesso che ne avrebbe parlato solo qualora la situazione fosse degenerata.

Buona parte del giorno l’aveva spesa ad assistere alle prove.

Quella piccola arena, poco più di un campo lotta con una gradinata, che integrava al suo interno i bagni e gli spogliatoi, non sarebbe stata il luogo dell’esibizione, ma era semplicemente uno dei posti messi a disposizione da parte dell’organizzazione per provare.

Tra i vari posti disponibili era quello più vicino all’hotel dove i due avevano deciso di passare la notte.

Dopo una dura sessione di allenamento, sia per lei che per la sua squadra, Serena era soddisfatta. Aveva provato numerose combinazioni ed era abbastanza sicura che sarebbe andato tutto per il meglio.

Ormai da tempo aveva più paura di esibirsi davanti al pubblico. 

Poco importava se fosse dal vivo o da remoto.

Sapeva anche che la sua squadra avrebbe preso esempio da lei. Qualora avessero percepito la sua tensione, sarebbero stati tesi a loro volta, mentre se l’avessero vista calma e tranquilla, sarebbero stati calmi a loro volta.

Aveva ottenuto risultati importanti, era riuscita a spodestare dal trono la precedente regina di Kalos, Aria, ed era diventata una super coordinatrice, consacrandosi ad Hoenn, sconfiggendo Vera in finale. 

E, nonostante questa esibizione non fosse valida per alcun concorso, avrebbe comunque fatto del suo meglio.

Nonostante fosse praticamente certa di non avere rivali, avrebbe comunque dato il massimo e i suoi Pokémon come lei.

Erano le due di notte e Ash stava avendo nuovamente uno di quei sogni.

Ormai il ragazzo non il temeva più, aveva capito che erano innocui. Non potevano fargli male perché non erano suoi.

Questa volta la proiezione era in un laboratorio diverso, sempre di notte.

Aveva ormai imparato a conoscere le due persone presenti nel laboratorio, perlomeno di vista. Uno era Sebastian, l’altra la donna dai capelli rosa, di cui non conosceva il nome.

Doveva essere passato diverso tempo dall’ultima volta.

Sebastian, aveva in mano una sorta di Pokéball.

Era abbastanza simile a quelle che conosceva, tranne per il colore, un rosso scuro.

L’uomo si rivolse alla donna:

-Immagino che tu conosca questa Pokéball. E, come sai, l'abbiamo progettata per due scopi.

Studiare il comportamento dei Pokémon e permettere agli allenatori meno esperti di migliorare il loro rapporto con i Pokémon che catturano.

- Mi sembra uno scopo nobile. Non ci avranno chiamato per questo, ma abbiamo comunque accettato.

- Si, non ho alcun dubbio che sia così. Il problema di cui volevo parlarti è un altro. Ho notato qualcosa che non torna e volevo parlartene. E lo sai, sei la sola persona di cui mi fido davvero.

- Dimmi.

- Lo sai benissimo, nell’ala del laboratorio dove sperimentiamo non possiamo introdurre alcun tipo di Pokéball a parte questa. 

- Si, e quindi?

- Secondo te perché dovrebbero impedire a chi ha delle normali Pokéball di entrare se le possiede?

- Effettivamente non c’è alcun motivo per farlo.

Gli rispose la donna.

- Prova con la tua, fai uscire uno dei tuoi Pokémon.

La incoraggiò l’uomo.

- Ok. Vieni fuori Vulpix! 

Niente. Il piccolo Pokémon Volpe non uscì dalla Pokéball, nonostante l'insistenza della scienziata. 

-Visto? Sembra impedisca alle altre Pokéball di funzionare. E ho paura che nascondano anche altri segreti.

- Cosa intendi?

- Sai, per studiare il comportamento di un Pokémon viene usato una sorta di chip, e lo stesso permette anche di rendere i Pokémon più… docili. Per cui cosa vieta di usare i due dispositivi insieme per degli scopi diversi dai motivi per cui la stiamo progettando?

-Dici come per i trasferitori?

- E forse anche peggio.

Poi, toccando la pancia della donna, con un tono molto, molto più dolce

-Dobbiamo assicurarci che abbia un futuro, qui non potrà mai avere una vita normale.

- Hai ragione. Ma non possiamo scappare ora. Ci scoprirebbero subito. 

-Allora aspettiamo. Intanto non ne facciamo parola con nessuno. Sinché resta fra noi non dovrebbe esserci alcun pericolo.

Ash ancora non aveva ancora capito il perché.

Perché mostrargli quella storia?

Altro giorno di allenamento per Serena e la sua squadra. Stavano perfezionando la tecnica ideata il giorno prima, quando, a un certo punto…

La porta della piccola arena si aprì.

Entrò una ragazza, accompagnata da un Piplup.

Ash non si accorse di nulla, era troppo preso dall’esibizione della sua di ragazza.

Lucinda, capendo di non essere stata ancora vista, approfittò per fare una delle sue solite entrate in scena.

Lanciò uno sguardo fulminante al suo Piplup, che ben poteva tradursi con la frase “fai silenzio”, e, con passo furtivo si diresse dietro le tribune, per entrare negli spogliatoi.

Qui posò la borsa sportiva che portava a tracolla. Era bianca e aveva il disegno di una Pokéball stilizzata rosa.

All’interno della stessa si trovavano il suo vestito, che appena ritirato dalla tintoria, le capsule con bolli per la sua squadra e una borsetta dove teneva le sue sei Pokéball.

Per rendere ancora più teatrale la sua entrata, era riuscita a convincere il suo Piplup a aspettare nello spogliatoio.

Per non farlo sentire solo, aveva fatto uscire dalla Pokéball la sua Togekiss.

Tenne gli altri quattro Pokémon nelle rispettive Pokéball.

La sua Togekiss era il Pokémon più educato e silenzioso che conoscesse, in precedenza era stata allenata da una principessa, la principessa Salvia. 

Nonostante viaggiassero insieme da anni, quest’ultima non aveva perso un briciolo della sua flemma.

In più, i due Pokémon erano estremamente legati, Togekiss lo difendeva molto spesso dai fallimentari Dragobolide del Gible di Ash. Ogni volta che il Pokémon di tipo Drago/Terra tentava di usare la mossa Dragobolide, questa precipitava sempre addosso al malcapitato Pokémon Pinguino, la Togekiss della ragazza rispediva al mittente il colpo con una delle sue ali. 

Ora che la ragazza non stava più indossando l’ingombrante borsa, poteva finalmente salire sulle tribune senza farsi sentire dall’amico. 

Ash era seduto al centro di una delle prime file, in una posizione con una buonissima visuale sul campo.

Lucinda era salita in silenzio sino alla fila sopra quella in cui era seduto Ash.

Si era accovacciata dietro la seggiola dove lo stesso era seduto, in modo da non fasi vedere.

Iniziò a toccargli leggermente la spalla con un dito, ma non sortì alcun effetto. Il ragazzo era troppo concentrato a guardare l’esibizione della sua ragazza e, al contempo, stava coccolando il suo Pikachu.

Era stupita dal fatto che l’amico potesse fare due cose insieme.

Provò allora a togliergli il berretto.

E funzionò.

Il ragazzo si alzò di scatto, spaventando il suo Pikachu.

Il povero topo elettrico si trovava in uno stato a metà tra il sonno e la veglia.

- Ehi! Chi va là?

Lucinda soffocò una risata.

Ash si guardò attorno, ma non vedendo nessuno, aveva pensato che potesse essere uno degli scherzi del suo Gengar, ipotesi scartata i non appena si rese conto del fatto che il Pokémon spettro si trovasse ancora dentro la sua Pokéball, che risultava perfettamente chiusa. 

Sapeva che Gengar amava fare scherzi, ma detestava quando veniva accusato ingiustamente di qualcosa. E Ash, volendo bene a tutti i suoi Pokémon, evitava di accusarlo, se non aveva prove.

Doveva essere qualcos’altro, o meglio… qualcun’altra.

Il suo cervello, per una volta dopo molto tempo, stava elaborando qualcosa di diverso da una strategia al limite da applicare in una lotta in cui la sua squadra si trovava alle strette.

- Lucinda! Quanto tempo!

- Ehilà, Ash! Sei sempre il solito distratto, vedo! Non hai notato nulla?

- No? Cosa avrei dovuto notare?

- Non importa, prima o poi te ne accorgerai.

Lucinda abbracciò Ash, con quest’ultimo che aveva l’espressione da vittima degli eventi.

E questo, con tutta probabilità, lo avrebbe salvato dall’ira della sua ragazza.

Lo stesso non si poteva dire di Lucinda.

Ci volle poco perché Serena se ne accorgesse. E che si precipitasse sulla tribuna.

Intanto Lucinda si era seduta accanto a Ash.

Ash, vedendo l’espressione cupa della sua ragazza capì che la situazione poteva degenerare.

- Ma lo sai che Ash è il mio ragazzo, vero?

- E… quindi?

- Non sopporto che altre ragazze gli girino attorno, sappilo.

La tensione tra le due era paragonabile a quella che si respira nella griglia di partenza di un Gran Premio, a pochi istanti dallo spegnimento dei semafori.

- Sai, io e Ash siamo solo ottimi amici. Abbiamo viaggiato insieme per un’intera regione, ho fatto il tifo per lui quando sfidava le palestre e lui ha fatto lo stesso quando prendevo parte alle gare.

Pensa che ero anche tra il pubblico quando è diventato l’allenatore più forte di tutti.

- Lo stesso ho fatto io con lui con le palestre qui a Kalos e lui con i varietà a cui ho partecipato. Mi è sempre stato vicino quando ho dovuto affrontare delle cocenti delusioni, e io con lui.

- Se è per questo pure io.

- A questo punto, dato che è Ash il soggetto della contesa direi che dobbiamo risolverla alla sua maniera. Ehi, tu!

Un ragazzo biondo, magro, non molto alto, era entrato nell’edificio, mentre le due ragazze discutevano.

- Io?

- Si, tu!

- Cosa v… v… vuoi da me?

Il ragazzo, rendendosi conto di essere stato chiamato in causa dalla Regina di Kalos in carica, aveva avuto un attimo di esitazione. Pensò di aver fatto qualcosa di sbagliato o altro del genere.

Capendo la situazione, Serena cambiò tono. In fondo quel ragazzo non le aveva fatto nulla.

- Abbiamo una piccola cosetta da sistemare. Ti andrebbe di fare da arbitro per una lotta Pokémon?

- Oddio, non l’ho mai fatto in vita mia, ma ci posso provare. Dopotutto non dovrebbe essere troppo difficile, no?

Ma che importava. Glielo aveva chiesto la Regina in carica, non poteva rifiutare.

- E sia!

- Inizia la lotta tra Lucinda e Serena, sarà una lotta uno contro uno, vince chi per prima riesce a rendere il Pokémon non più in grado di lottare.

Intanto le due ragazze si erano disposte una di fronte all’altra, lungo il lato corto del campo.

La squadra completa di Serena era già fuori dalle Pokéball, ma questo Lucinda non poteva saperlo.

Pensava che, come lei, la sua avversaria fosse in grado di affrontare una lotta totale, ossia una lotta sei contro sei. 

Lucinda perse il suo Smart Rotom e scansionò i tre Pokémon dell’avversaria, in attesa che la stessa scegliesse chi schierare.

Sylveon : Tipo folletto. Malgrado il suo aspetto elegante mentre danza leggiadro facendo fluttuare le antenne, quando attacca va dritto ai punti deboli degli avversari.

Pancham: Tipo lotta. Fa il duro e guarda tutti in cagnesco per essere preso sul serio, ma quando è rilassato gli sfugge sempre un sorriso.

Delphox: Tipo fuoco e psico. Grazie ai suoi poteri psichici, può generare un vortice di fiamme a 3000 ºC con il quale avvolge i nemici e li incenerisce.

- Vai Sylveon!

- Vai Typhlosion!

Ash era sorpreso. Non aveva idea che il Quilava dell’amica si fosse evoluto. Era lo stesso Cyndaquil che aveva visto nascere

dall’uovo ormai diversi anni prima. 

Un uovo regalato all’amica da un’amica in comune, come premio per la vittoria in una lotta. 

Più semplice la storia della Sylveon di Serena. Catturata quando era ancora una Eevee, inizialmente era incredibilmente  timida e riservata ed era, sin da quando era selvatica, una grande amante della danza.

Di quest’ultima, era stato testimone dell’evoluzione, durante una lotta in cui aveva partecipato accanto al suo Pikachu, in una serata di balli. Una lotta contro una ragazza innamorata di lui e un ragazzo che ben conosceva.

Quella per lui era una situazione difficile.

Non sapeva per chi delle due tifare.

Certo, Serena era la sua ragazza e Lucinda era solo un’amica.

Ma davvero era solo un’amica? Per lui era molto di più. Era paragonabile ad una sorella.

Una sorella che non ha mai avuto, essendo figlio unico.

Dopotutto i viaggi che ha affrontato con loro sono stati poi così diversi?

Ma ora non ci doveva pensare.

In fin dei conti non lottavano per lui, ma per l’orgoglio.

Serena aveva preso il suo Smart Rotom e scansiono il Typhlosion dell’avversaria.

Typhlosion: Tipo fuoco: si nasconde avvolto da una lucente nube di calore creata dalle sue fiamme roventi. Questo Pokémon crea esplosioni spettacolari che riducono in cenere ogni cosa.

- Testa o croce?

- Testa.

Dichiarò Serena. Lucinda dovette scegliere obbligatoriamente la croce. Il ragazzo lanciò la moneta. Attese che il lanciatore elettronico facesse il suo lavoro e dichiarò chi avrebbe iniziato la lotta. 

- Bene, allora incomincia Lucinda.

Il ragazzo mostrò alle due il risultato.

- Typhlosion, usa Ruotafuoco.

Ordinò la nativa di Sinnoh. Il Pokémon si appallottolò e le fiamme sulla sua schiena si estesero a tutto il corpo.

- Sylveon, schiva e poi usa Vento di Fata.

Sylveon attaccò il Typhlosion rivale, che stava ancora cercando di colpirla.

L’idea di Serena era quella di sfruttare l’attacco della sua Sylveon per far perdere l’equilibrio al rivale.

Rapidamente giunse alla conclusione che quel Pokémon era stato allenato per fronteggiare situazioni simili, non doveva dimenticare che la sua avversaria era una coordinatrice di altissimo livello.

E che, come lei, si era allenata con Ash. Doveva cambiare strategia.

- Typhlosion, usa comete.

- Sylveon, usa comete anche te! 

I due attacchi si scontrarono al centro dell’arena, creando un effetto spettacolare. Se fosse stata una gara, sarebbe stato difficile scegliere chi premiare.

- Typhlosion usa lanciafiamme

- Sylveon Protezione!

La Sylveon della ragazza si rinchiuse in una sorta di bolla dal colore verde chiaro, proteggendosi dagli attacchi del suo avversario. L’idea della ragazza funzionò. Le fiamme vennero dissipate prima di colpirla.

A giudicare dagli sguardi delle due e dei loro Pokémon, sembrava che la lotta potesse durare a lungo, molto a lungo.

- Sylveon, usa i tuoi nastri per intrappolarlo.

Lucinda sorrise. Se lo aspettava.

In passato aveva vinto una gara di lotta contro un Sylveon, proprio perché il suo coordinatore gli aveva ordinato di fare la stessa cosa. Sfruttare i nastri per immobilizzare l’avversario. 

- Typhlosion aspetta.

Serena non capiva. Perché farsi attaccare? Cosa avrà in mente?

- Typhlosion, vai! Ruotafuoco!

Il Pokémon Vulcano ricoprì il suo corpo di fiamme e si mise a rotolare, tirando con sé i nastri della sua avversaria, che, in breve tempo iniziò a rotolare insieme ad esso.

Dopo aver rotolato per un po’ per il campo di lotta, la Sylveon della nativa di Kalos riuscì a mollare la presa e liberarsi dall’oppressione del Pokémon Vulcano.

Non senza danni, era stata ferita e sentiva una grande sensazione di calore, come se fosse stata bruciata. E così era. Era stata bruciata, e lo si poteva capire anche dalla sua espressione sofferente.

- Sylveon, te la senti di continuare?

Chiese la sua allenatrice. Il Pokémon Legame la guardò con uno sguardo che valeva più di mille parole. Non si voleva arrendere. Era diventata una questione di principio. 

- Molto bene, allora. Forza, usa Vento di Fata.

La sua Sylveon eseguì. Lanciando contro l’avversario una corrente d’aria dal vago colore rosa. Le intenzioni della sua allenatrice erano simili a quelle della volta precedente. Cercare di fargli perdere l'equilibrio, o, perlomeno rallentare di molto i suoi attacchi. 

- Typhlosion, usa Ruotafuoco, ma questa volta non attaccare davanti, cerca di disorientarla!  

Typhlosion si era appallottolato e le fiamme sulla sua schiena erano cresciute di dimensioni, era una gigantesca palla di fuoco che girava all’impazzata per il campo lotta. 

Sylveon cercava in ogni modo di seguire quella palla di fuoco impazzita, ma più cercava di farlo, più si stancava inutilmente, Nonostante avesse subito già degli importanti danni, durante quella lotta, non poteva resistere ancora per molto, anche se faceva di tutto per non darlo a vedere alla sua allenatrice, voleva che fosse orgogliosa di lei. 

 - ADESSO! 

Gridò Lucinda. Secondo la coordinatrice di Duefoglie, Sylveon era abbastanza stanca, ed era sicura che quel colpo sarebbe bastato. E la sua previsione si rivelò corretta. Il colpo fu anche più duro del necessario.

- Sylveon non è più in grado di continuare. Vince Typhlosion. Di conseguenza la vincitrice è Lucinda.

Dichiarò il ragazzo, che aveva finito il suo lavoro da arbitro, ed era fuggito a gambe levate. 

- Sylveon, ritorna, sei stata fantastica.

Serena ricoverò la sua Sylveon nella sua Pokéball. Doveva assolutamente riposarsi dopo una lotta così intensa. 

- Typhlosion, ritorna, ha davvero mostrato il tuo valore.

Lucinda si complimentò con il suo Pokémon per quella lotta, per poi aggiungere, rivolgendosi alla sua avversaria.

- Allora ancora con quella storia o possiamo superarla?

- Secondo te?

Le rispose la nativa di Kalos.

L’abbraccio tra le due e i reciproci complimenti per l’abilità in lotta ne furono la dimostrazione.

Intanto il ragazzo che aveva fatto da arbitro si era dileguato.

Aveva giurato a se stesso che non avrebbe più arbitrato una lotta in vita sua.

E se fosse stato possibile, non avrebbe mai più voluto incontrare quelle persone.

- Ah l’ho notato!

- Alla buon’ora.

- Ti sei comprata un nuovo cappello.

- No, ma non importa. Ho lasciato qualcuno da solo e ho paura che possa aver combinato qualche guaio.

Naturalmente Lucinda si riferiva a Piplup e Togekiss.

I due, per ingannare l’attesa, ben più lunga delle aspettative, avevano giocato a Scopa, Rubamazzetto, Tressette, Scala 40…

- Scusatemi se ci ho messo più del dovuto, ma, sapete sono successe tante di quelle cose che…

Ma ora potete venire, sapete cosa ci aspetta. E ho scoperto che avremo delle rivali assai temibili. Ma per ora manterremo un approccio amichevole.

Intanto Lucinda era tornata, scortata da Piplup e Togekiss. 

Ironia della sorte il suo primo Pokémon, un dono del professor Rowan e l’ultimo, sempre un dono, da parte della principessa Salvia. Si, una vera principessa.

Ma non lo diceva mai in giro. Di natura Togekiss è un Pokémon molto raro, basti pensare che il solo esemplare diverso dal suo di cui era a conoscenza era nella squadra di Camilla, la campionessa della regione di Sinnoh.

E dire che la sua era il dono di una principessa, per lei, era una cosa di cui non voleva vantarsi.

Quando qualcuno le chiedeva informazioni sulla sua Togekiss, diceva semplicemente che le era stata regalata da una ragazza. Senza specificare altro.

Questi pensieri l’avevano condotta al campo di allenamento.

Per essere precisi, esattamente al centro di esso.

Solo un Eterelama della sua Togekiss la salvò dal prendersi un Neropulsar in piena faccia.

Solo sentendo il tonfo del Pancham di Serena, colpito dall’Eterelama della sua Togekiss, si rese conto di quanto era accaduto. Aveva percorso l’intera distanza tra lo spogliatoio dal centro del campo, totalmente immersa nei suoi pensieri.

Solo quel tonfo la fece tornare in sé.

- Bene, Pancham, può bastare. Ora riposati.

Poi, rivolgendosi a Lucinda, cambiò tono, passando da un tono dolce e gentile a qualcosa di un po’ più cattivo.

- Ma non avevamo detto che l’avevamo superata? E tu attacchi così?

- Non avevo esattamente pianificato di farlo. Ero talmente immersa nei miei pensieri e mi sono trovata nel bel mezzo del campo senza accorgermene. E, vedendo l’attacco del tuo Pokémon, lei ha cercato di proteggermi.

Poi, cambiò tono, intenzionata a sdrammatizzare:

- Ma non ha esattamente dosato la forza e…

Serena, che era comunque una ragazza sveglia e intelligente, aveva capito che le intenzioni di quella Togekiss erano tutt’altro che bellicose, per cui si affrettò nello scusarsi per quanto detto prima.

Prima di congedarsi per fare una visita al Centro Pokémon.

La squadra di Lucinda aveva sconfitto, senza troppi problemi, due dei suoi Pokémon.

Recandosi al Centro Pokémon, lasciò soli i due amici e ex compagni di viaggio.

Aveva lasciato la sua squadra alle amorevoli cure dell’infermiera Joy.

E ora non doveva far altro che aspettare.

Ma… che Pokémon era quello?

Non ne aveva mai visto uno.

Nella concitazione della situazione, non era riuscita a scansionarlo attraverso il suo Smart Rotom.Ora era sola, quindi poteva occuparsene in tutta tranquillità.

Parlando sottovoce, richiamò alla mente le caratteristiche del Pokémon:

- Allora, vediamo… era bianco, volava… ma certo! Eccolo qui!

- Togekiss: tipo Folletto Volante. Non si presenta mai dove c'è un conflitto. Di recente le sue apparizioni sono diventate rare.

Poco tempo dopo

- Bene, la tua squadra è tornata in forma.

Era l’infermiera Joy. E sicuramente parlava con lei.

Il Centro Pokémon, in quel momento, era deserto.

Intanto, nell’arena Ash e Lucinda si stavano raccontando le rispettive avventure.

Dopotutto si erano solamente visti, per poco tempo, all’ultima finale del torneo. Torneo dove Ash si era consacrato come campione. E quindi avevano molto, molto da raccontarsi.

Ash dei suoi viaggi, cercando il più possibile di tralasciare i particolari della relazione con Serena, non voleva di sicuro riaprire una ferita appena rimarginata.

Lucinda, invece gli raccontò di come abbia tentato, senza successo, la scalata al rango di Super Coordinatrice nelle regioni di Kanto e Johto, prima di riuscire a consacrarsi in patria, contro un'avversaria che mai aveva avuto prima, sebbene fosse tutt’altro che una sconosciuta.

Era una Wildcard.

L’espressione di Ash si fece assai dubbiosa.

- Cosa diavolo è una Wildcard?

- Quando una persona partecipa a un concorso o a una competizione anche se normalmente non ne avrebbero diritto.

Solitamente si concede questo permesso a persone famose nell’ambito.

- Capisco. E chi era questa Wildcard?

- Non ci crederai mai.

Ash era sempre più curioso.

Lucinda lo notava, e cercava in ogni modo di allungare il brodo, come i conduttori dei quiz televisivi.

Poi, con voce tremante

- Mia mamma

- Sul serio? La coordinatrice più forte di tutti i tempi?

- Siamo amici, lo sai benissimo che non ti mentirei mai.

A dire il vero la cosa è stata abbastanza improvvisata.

- In che senso, scusa?

- Vedi, si era scoperto che colei che sarebbe dovuta essere la mia avversaria non aveva veramente vinto cinque fiocchi. Due erano dei falsi.

- Ma come hanno fatto a non notare subito il falso?

- Erano dei falsi talmente fatti bene che nessun membro della giuria aveva notato delle incongruenze.

- E allora come se ne sono accorti?

- Vedi, mia madre non solo è una super coordinatrice, ma è anche un rispettabile membro della giuria internazionale. E, guardando la prova, aveva notato delle incongruenze.

Pensando che la truffatrice non proseguisse più di tanto non aveva voluto avvisare. Ma appena aveva scoperto che sarebbe stata la mia avversaria per la finale…

- Si è precipitata ad avvisare la giuria.

Ash completò la sua frase.

- Esattamente.

- E poi?

- E poi… è stata squalificata e arrestata per truffa.

Ma a questo punto c’era un problema. Immagina che delusione, per il pubblico. Vedere una coordinatrice arrestata e colei

 che sarebbe dovuta essere la sua rivale vincere a tavolino.

Non trovi anche te che sarebbe stata una grossa delusione?

Ash, immaginando di essere il protagonista di una scena simile, immaginando un suo sfidante messo dietro le sbarre, si affrettò a rispondere. 

- Posso immaginare. Ma come si è arrivati a avere tua madre come avversaria? Non si poteva rifare tutto da zero?

- Non credo proprio! Sai quanto costa organizzare un Gran Festival? Pensa dovendo ricominciare da zero. Dovresti saperlo, hai partecipato a qualche gara anche te.

Due performance non vengono mai uguali. E poi, i giudici si aspettano qualcosa di nuovo.

E no, non potevano richiamare la sua sfidante. Era già scappata. In lacrime.

Ne ho parlato con lei dopo la mia vittoria.

- E?

- E mi ha fatto i complimenti. Mi ha detto che non se la sarebbe sentita di continuare. Era troppo delusa da se stessa.

Non si sarebbe sentita a suo agio nel trovarsi lì per una vittoria a tavolino.

- Capisco.

- E com’è stato sfidare tua madre? So bene che è stata la persona da cui hai preso ispirazione per il tuo sogno.

Intanto, Serena era rientrata dal Centro Pokémon e aveva ascoltato, in maniera più o meno volontaria, parte della conversazione:

- Ma quindi sei la figlia della leggendaria Olga?

- Si.

Lucinda non nascose un velo di orgoglio, ma anche un po’ di invidia. Era ancora conosciuta come“la figlia di”.

- E come mai non lo hai detto?

- Sai ci conosciamo da poco, non pensavo fosse importante

- Sai, invece Serena è mfmfmfmf

Serena lo aveva zittito prima che potesse dirlo.

Non voleva che lo sapesse. Per lei era abbastanza imbarazzante. Era la figlia di Primula, la leggendaria fantina di Rhyhorn.

Ma visto i suoi scarsi risultati con questi ultimi e la conseguente scelta di una professione totalmente diversa, preferiva che non se ne parlasse.

in ogni caso, non era tornata per quello.

Doveva continuare l’allenamento e aveva l’opportunità di farlo con una coordinatrice del suo stesso livello, o forse più alto.

Non un’opportunità che ti capita spesso.

- Cosa ne pensi di una sessione di allenamento insieme?

- Perché no? Venite fuori!

- Venite fuori anche voi!

Le due ragazze lanciarono le rispettive Pokéball.

La Buneary di Lucinda, quasi non facendo in tempo di uscire dalla Pokéball, corse dall’amato Pikachu.

Erano entrambi felici di rivedersi, dopo tanto tempo. 

Serena era stupita, non aveva idea che Lucinda avesse una squadra completa.

Era una cosa abbastanza strana.

Solitamente le coordinatrici e le performer avevano squadre da due, o al massimo tre Pokémon.

- Non avevo idea che avessi una squadra completa. Di solito è una cosa tipica per chi si dedica alle lotte in palestra… vedi, io ho solo tre Pokémon.

Lucinda le rispose immediatamente, cercando di giustificarsi. 

- Vedi, ognuno di loro ha una storia. Piplup è stato il mio primo Pokémon. Ero davvero indecisa su chi scegliere, ma lui mi ha conquistato. Anche se all’inizio la nostra convivenza non è stata facile. Ora siamo inseparabili. 

Il piccolo Pokémon pinguino fece un gesto d'orgoglio.

- Buneary, invece è stata la mia prima cattura. Devo dire che non è stato affatto facile. Altrettanto si può dire con Pachirisu.

Mi ha fatto dubitare di essere capace come allenatrice, ma poi è passato tutto. 

Mamoswine, invece… L’ho catturato quando era ancora un piccolo Swinub.

Penso che sia stato il Pokémon che più di tutti mi ha dato difficoltà, pensa che a un certo punto ha cominciato a essere disubbidiente. Per fortuna le cose sono migliorate con il tempo. Il nostro rapporto si è definitivamente consolidato quando è stato attaccato e ferito da un Aggron.

Typhlosion, invece, si è schiuso da un uovo che mi ha regalato un’amica, l’ho allevato da quando era un piccolo Cyndaquil.

E infine Togekiss mi è stata regalata da un’amica, perché realizzasse il suo desiderio di vederla partecipare a delle gare Pokémon.

Invece la tua squadra?

- Penso che sia abbastanza semplice.

Delphox è stata la mia prima Pokémon. Non ho avuto indecisioni. Potrei definirlo un colpo di fulmine.

Pancham ha una storia particolare. Posso definirlo come un tipo che adora essere al centro dell’attenzione. L’ho conosciuto durante uno dei miei primi varietà. Infine Sylveon, l’ho conosciuta da Eevee. Era davvero molto timida e, approcciarmi con lei non è stato affatto facile. Ma alla fine ci sono riuscita. E ora… eccola qui.

Dopo le varie presentazioni le due iniziarono l’allenamento, sotto l’attento sguardo di Ash.

Si era ormai fatto tardi. E il gruppetto si era diretto all’albergo.

Era notte. Più o meno le due.

E Ash ebbe ancora una volta uno di quei sogni.

Erano sempre quei due scienziati, questa volta vestiti in abiti civili, un semplice maglione azzurro e una canadese per l’uomo, un maglione a collo alto e dei pantaloni morbidi per la donna. Solo guardando meglio, aveva notato che tanto Sebastian quanto quella che ormai credeva fosse sua moglie indossassero un pendente. Solo che non erano soli. Con loro c’era una bambina che poteva avere al massimo 3 anni.

Aveva i capelli rosa e gli occhi verdi, per cui Ash la collegò immediatamente alla donna. E poi, ricordandosi di quanto visto

in precedenza all’uomo.

Doveva essere il compleanno della bambina, o qualcosa di simile, poiché la stessa stava aprendo un pacco regalo. 

All’interno di quest’ultimo c’era un pupazzo di Eevee.

La piccola sembrava felicissima.

Pochi istanti dopo, la scena cambiò totalmente.

L’uomo, con la bambina in braccio, che ancora brandiva il pupazzo, aveva un aspetto triste, come se dovesse comunicare una brutta notizia.

Aveva baciato l’amata e poi aveva detto qualcosa come “ci vediamo presto”.

Aveva indossato un gigantesco giubbotto, almeno cinque taglie più grande del necessario, ma non l’aveva chiuso. Aveva lasciato la bambina in piedi, vicino a lui. 

L’uomo aveva preso nuovamente in braccio la bambina e stava camminando, a passo svelto, verso un luogo che fino ad ora Ash non aveva mai visto.

L’uomo salì sul sedile passeggero di una Jeep. Alla guida una donna. Capelli neri e ricci. Magra. Indossava abiti militari.

La donna prese un piccolo telecomando e tutte le luci della base si spensero.

- Abbiamo pochi minuti, ma dovremmo riuscirci. Ricordati il piano, quando ti tocco la spalla chiudi lentamente il giubbotto e indossa il cappuccio.

La Jeep si muoveva lentamente. A fari spenti.

Non troppo tempo dopo, come aveva annunciato in precedenza, la donna toccò la spalla all’uomo.

L’uomo chiuse delicatamente la zip e indossò il cappuccio.

La donna fermò la macchina poco prima della sbarra che separava la base dal mondo esterno.

- Signorina perché sta uscendo a quest’ora? Per di più con una persona accanto a lei.

- Senti, non sono cose che ti riguardano. E se non vuoi essere promosso a lavapiatti, vedi di farmi passare.

L’uomo uscì dal gabbiotto e sollevò la sbarra.

La donna premette a fondo il gas e in breve l’auto si allontanò dalla base.

L’uomo si tolse il cappuccio e abbassò la zip. Facendo uscire la figlia, in seguito l’avvolse in una coperta.

Dalla storia dei trasferitori e di uno strano tipo di Pokéball, si era passati a quella di una famiglia che, a causa degli eventi, si era dovuta separare.

Qualcosa che Ash non avrebbe mai potuto immaginare.

Volente o nolente, la proiezione proseguì.

Dovevano essere passati degli anni. La bambina con gli occhi verdi era cresciuta. Della donna nessuna traccia.

Qualcosa doveva essere andato storto, Ash si ricordava di come, nella visione, l’uomo e la donna si erano promessi che si sarebbero rivisti presto.

Ma per qualche motivo, questo non era accaduto.

Nella visione, la bambina si trovava in un giardino mentre stava giocando con una Ralts shiny.

Nemmeno il tempo di abituarsi a una visione tutto sommato felice, che la stessa passò all’interno della casa.

Gli interni erano molto semplici e impersonali, come se quella casa fosse stata arredata per abitarvi poco tempo.

Vide il padre della bambina parlare con una donna.

L’aveva già vista da qualche parte. Aveva capelli ricci e lunghi. Neri, anche se iniziava a vedersi qualche segno di grigio.

- Sebastian, so che tu e tua figlia vi siete trasferiti qui da poco, ma dovete di nuovo cambiare casa. Ti prometto che sarà l’ultima volta.

- Non posso fare altro che accettare, suppongo.

Le rispose l’uomo.

Altro cambio di scena.

A distanza di non molto tempo, al massimo un mese.

Padre e figlia si trovavano davanti a una villetta di tre piani. Con un garage attaccato alla parte destra.

Tra il cancello e l’ingresso c’era un bel giardino, molto curato. L’ingresso della villetta non era parti terra, ma rialzato.

- Questa sarà la nostra nuova casa, ti prometto che sarà il nostro ultimo trasloco.

La bambina dagli occhi verdi si limitò ad annuire.

Un altro lungo salto temporale.

Doveva essere il compleanno di quella ragazzina. Era mattina presto e la ragazza era entrata in salotto. Aveva spalancato la porta e si era trovata davanti suo padre.

Aveva le mani dietro la schiena. 

- Tieni le mani aperte e chiudi gli occhi! - Le disse.

- Va bene.

L’uomo mise nella mano destra della ragazzina una Pokéball e nella mano sinistra una busta.

- Ora li puoi riaprire!

Si rivolse a lei con dolcezza.

La giovane aprì gli occhi e si accorse di quello che il padre le aveva messo nelle mani.

- Adesso hai dieci anni. L’età in cui si diventa allenatori a tutti gli effetti.

- Grazie babbo, ma… perché questa Pokéball?

- Lo sai benissimo. Falla uscire.

- Allora, vieni fuori… Gardevoir! 

La Ralts con cui aveva giocato anni prima si era evoluta. Prima in Kirlia e infine in Gardevoir.

- Cosa aspetti, apri la busta.

La neo allenatrice lo fece.

Dentro c’era una borsa.

- Non pensare che sia finita qui, forza, aprila.

La ragazza lo fece. Dentro oltre a una custodia per le medaglie, un portachiavi della principessa e una custodia per fiocchi, cinque Pokéball e…

- Ehi, aspetta e questo cos’è?

La ragazza dai capelli rosa aveva in mano una custodia di legno pregiato.

La aprì. E la sua espressione diceva tutto.

Le aveva regalato un mega-ciondolo. Un bracciale formato da una catena di archi color crema con una Pietrachiave incorporata in un cuore rosa. 

Sotto il bracciale, sparato da una membrana in gommapiuma, un pendente dorato con una megapietra.

- Che aspetti? Indossa il bracciale. Alla megapietra ci penso io.

L’uomo fu di parola, facendo indossare alla Gardevoir della ragazza il gioiello su cui era incastonata la Megapietra.

Altro taglio, ma non molto tempo dopo.

La ragazza era tornata a casa. E sembrava molto felice.

Suo padre era seduto a suonare il pianoforte.

- Evviva! Ci siamo riuscite!

- Cosa?

- Abbiamo vinto la nostra seconda medaglia! Gardevoir è una vera forza della natura!

- Bravissime! Ma ha lottato solo lei o ha lasciato anche spazio agli altri?

Prima che la figlia potesse rispondere l’espressione dell’uomo si fece assai preoccupata.

- Forza, scappa! Stanno arrivando! Ci hanno scoperti!

Alla ragazza non importava chi li avesse scoperti. Ash ipotizzò che la ragazza sapesse che suo padre aveva dei nemici molto potenti.

Ad ogni modo la ragazza salì al piano di sopra, sparendo dal campo visivo.

- So cosa volete da me! Non divulgherò mai i miei segreti! E non vi conviene entrare. Sono armato.

L’uomo aprì un cassetto della credenza.

Tolse in fretta e furia delle tovaglie, sollevò il doppio fondo del cassetto e prese una grossa pistola.

Tremava mentre la teneva. Era evidente che non fosse a suo agio a impugnare un’arma.

Era chiaro che non l’avrebbe mai voluta usare.

Tolse la sicura e sparò un colpo.

La sua intenzione era quella di far capire che le sue intenzioni erano serie.

Un proiettile spaccò il vetro.

Ash si svegliò di soprassalto. Come la prima notte. Svegliando tanto il suo Pikachu, quanto Serena.

- Che ti prende?

Gli chiese la ragazza.

- Non so. Mi sono svegliato per un fortissimo dolore in questa zona.

Il ragazzo si toccò il centro del petto.

- Ti posso assicurare che non ho mai provato un dolore simile. Come se mi avessero…

Ash ripensò un istante al sogno che aveva fatto quella notte e poi disse.

- Sparato.

Il ragazzo fece per alzarsi e andare in bagno, ma si bloccò subito dopo aver visto una strana creatura, non appena accese la luce della sua bajour. 

Era una creatura simile ad un'ombra, la testa piccola, sormontata da una specie di cresta formata da una sostanza bianca simile alla nebbia. Una sorta di capigliatura molto lunga, che tendeva verso l'alto e copriva uno dei suoi luminosi occhi azzurri. La creatura aveva inoltre una cresta rossa appuntita intorno al collo che ricordava un collare.Le sue braccia erano lunghe e magre e dei brandelli neri appesi alle spalle, ricordano un mantello strappato. Il suo corpo, di colore nero, ricordava nella forma una clessidra.

Non c’erano dubbi.

Era Darkrai.

- Pikachu! Usa Fulmine!

Prima che il Pikachu del ragazzo potesse attaccare, Darkrai lo aveva già attaccato con Vuototetro.

Comunicò, tramite telepatia in primo luogo a Ash e, come diretta conseguenza, a Serena.

- Non attaccatemi. Non ho cattive intenzioni.

So bene che quelli come me non hanno una bella reputazione.

Ma io sono qui perché ho bisogno di voi. Di te in particolare, Ash, e di quanti altri allenatori e allenatrici forti riesci a trovare. Anni fa ho perso un carissimo amico umano. E mi ero promesso che avrei protetto sua figlia. 

Venni gravemente ferito e quando mi ripresi, la ragazza era scomparsa nel nulla.

Non si trovava neppure dove avrei dovuto incontrarla nel caso in cui le cose si fossero messe male.

Serena, con la voce ancora impastata dal sonno, gli pose un importante quesito.

- In base a cosa dovremo crederti?

Esiste un motivo se… quelli come te, come gli hai definiti hanno una brutta fama. Non sanno controllare il loro potere e per giustificarsi si inventano delle storie dietro gli incubi che causano.

- A me sembrava sincero. Proviamo a dargli retta. Se poi le cose dovessero mettersi male e scoprissimo che avevi ragione te, puoi fare di me quel che desideri.

- Ok, come vuoi. Ma ci pensiamo domani dopo l’esibizione. Ora dormi, o non potrai fare il tifo.

In verità Serena si fidava di Ash. Era sempre stato in grado di capire i Pokémon.

Il dolore di Ash era praticamente scomparso e si era riaddormentato subito.

Era finalmente arrivato il giorno dell’esibizione.

L’esibizione era programmata dalle 10 alle 14.

Essa, a dire la verità, sarebbe stata un semplice evento di contorno per un altro evento.

E il luogo dell’esibizione era un autodromo.

I coordinatori e le coordinatrici si sarebbero dovuti esibire davanti a un pubblico che era venuto per tutt’altro.

Per questo, era lecito chiedersi che opinione dei coordinatori avesse il pubblico.

Era ampiamente plausibile che parte del pubblico pensasse che allenare la propria squadra per quel genere di esibizione fosse una perdita di tempo, e allo stesso modo era plausibile che un’altra parte fosse affascinata da quel tipo di esibizione, o che quantomeno avesse la consapevolezza del grande lavoro che si cela dietro quel tipo di performance.

Serena si era alzata prestissimo e aveva costretto il ragazzo a fare altrettanto.

Non sarebbe mai voluta arrivare tardi, voleva esser pronta nel caso ci si presentasse qualche imprevisto.

L’autodromo si trovava fuori dalla città e, se fossero partiti tardi, si sarebbero trovati nel bel mezzo del traffico.

Ash si era anche preoccupato di svegliare l’amica, anche perché non farlo non sarebbe stato carino da parte sua. Preferiva comportarsi con lei come aveva sempre fatto.

Alla fine, era riuscito a svegliarla.

- Non serve che ti prepari qui, sistemati un pochino se vuoi, ma ti assicuro che lì avrai tutto il tempo per prepararti.

- Se lo dici tu.

Ma diavolo, sembra che abbia ancora il cuscino attaccato alla faccia.

- Non lo dici anche tu? Non serve preoccuparti! E poi chi credi che ti veda? Serve che ti ricordi che vi porteranno letteralmente di fronte all’edificio coi camerini? E che le navette hanno i vetri scuri per la privacy? E se partiamo presto saremo praticamente solo io, te e Serena.

- Se lo dici tu!

Lucinda si era sistemata come meglio poteva.

E, non molto tempo dopo, i tre si trovavano in una delle navette messe a disposizione dall’organizzazione. Era un pulmino blu elettrico con dei fari enormi, a sviluppo diagonale. Cofano corto e un’ampia griglia grigia e nera. 

Aveva un’aria piuttosto aggressiva per essere un mezzo commerciale. 

Per contratto, nella navetta, ogni coordinatore o coordinatrice poteva essere accompagnato da una sola persona.

Nella maggior parte dei casi, l’accompagnatore era il ragazzo o la ragazza, un amico o un’amica, altre volte un fratello o una sorella. Si può dire che Ash rappresentasse molte di queste categorie.

Era sia il ragazzo di Serena che l’amico di Lucinda, ma era chiaro ed evidente, anzi, lapalissiano che quella con Lucinda non era una semplice amicizia. Era quasi quel rapporto che si ha tra fratello e sorella.

Ad ogni modo i tre erano i soli passeggeri della navetta.

Era molto presto, ma iniziava già ad esserci del traffico, in direzione dell’autodromo. Era lecito chiedersi come sarebbe stata la situazione anche più tardi. La navetta giunse all’autodromo.

Quest’ultimo si trovava fuori dai confini della città, lontano dagli edifici residenziali.

La navetta entrò da un ingresso riservato.

L’autista abbassò il finestrino e scansionò il suo tesserino in un macchinario apposito. La sbarra che impediva l’ingresso ai non addetti ai lavori, si alzò cigolando.

Un altro breve percorso e il pulmino si fermò di fronte a un edificio di due piani.

L’autista premette un pulsante e la porta scorrevole si aprì, permettendo ai tre di uscire.

Mentre le due ragazze scesero in maniera aggraziata, Ash saltò fuori con troppo entusiasmo, rischiando di perdere l’equilibrio e di farsi seriamente male.

Per qualche miracolo, riuscì a non cadere faccia a terra.

Ripresosi dallo spavento accompagnò le due dentro l’edificio.

Un lunghissimo andito con tante porte tutte uguali, tranne una. In fondo allo stesso un ascensore e una tromba di scale.

La prima porta a destra aveva un cartello con scritto “sala d’attesa”, era il luogo dove gli accompagnatori potevano attendere i coordinatori.

Tutte le altre porte davano sui camerini.

Su ognuna una targhetta con il nome della coordinatrice o del coordinatore a cui il camerino era destinato.

Ironia della sorte, i camerini di Serena e Lucinda erano uno accanto all’altro.

I camerini erano tutti uguali. Una toletta, una seggiola, un appendiabiti, una panca dove poggiare le proprie cose.

Sulla toletta un ricchissimo set di trucchi. E un pulsante per chiamare una specialista per trucco e capelli.

Poco distante dal set, un pass vip, con una foto, informazioni personali e piccole scritte che indicavano le noiose informazioni tipiche da pass, come per esempio il fatto che si tratta di un pass personale e che non può essere ceduto cedibile, che il detto pass poteva essere controllato in qualsiasi momento dal personale autorizzato e tante altre, noiose, informazioni.

Una porta dava su un piccolo ed essenziale bagno privato.

Ash stava attendendo le due ragzze nella sala d’attesa.

La sala d’attesa era una stanza ampia. C’erano diverse sedie tutte unite tra loro a formare una panca. Al centro della stanza un bel tavolino con poggiate sopra diverse riviste e un telecomando.

Appeso alla parete un grosso televisore a schermo piatto.

Ash, guardando le riviste, si accorse di come trattavano argomenti da lui giudicati poco interessanti, come la moda.

Prese il telecomando e accese il televisore.

Sul canale in cui era sintonizzato, stavano trasmettendo una replica delle qualifiche del giorno prima.

Ash aveva iniziato a mettersi comodo e a guardare la TV.

Una giovane donna entrò nella stanza. Aveva al collo un badge con una sua foto e dalla grafica dello stesso era intuibile che la donna si occupasse dell’organizzazione. In mano teneva una sorta di cartellina rossa, con dei fogli di carta tenuti bloccati da una pinza di metallo.

La donna, appena entrata, si rivolse al ragazzo: - Sei un accompagnatore? -

- Si!?!

Poi, sfogliando i fogli, la donna giunse alla sua conclusione.

- Ah, sei Ash Ketchum, ecco il tuo pass.

La donna consegnò al ragazzo un tesserino simile al suo e a quello di coordinatori e coordinatrici.

La sola differenza riguardava la categoria del pass.

La donna, dopo aver consegnato il pass al ragazzo, aggiunse:

- Sai, è ironico che l’allenatore più forte del mondo, il campione in carica, assista all’incoronazione di un campione del mondo.

- E… chi sarebbe questo campione?

- Lo vedi?

La donna stava indicando lo schermo della televisione che in quel momento stava dando l’onboard di Orlando Bir, pilota della scuderia ARTM.

In quel momento stava per iniziare il giro lanciato.

Mentre la donna spiegava, in TV il pilota aveva superato la linea del traguardo. E stava per affrontare una curva a gomito a destra.

- Quindi dici Bir?

- Si, lui. Sai, ha già vinto il titolo lo scorso anno, al debutto. Stupendo tutti.

- Incredibile.

- Non che voi due siate diversi eh!

La donna rimase in silenzio alcuni istanti.

-  Ah, giusto, dimenticavo di dirti una cosa.

- Cosa?

- Sai, dal momento che sei un accompagnatore, hai diritto a sederti sulla tribuna riservata.

- Tribuna riservata?

- Si, i coordinatori e i loro accompagnatori hanno diritto a sedersi in una tribuna speciale, con la visuale migliore, sul traguardo. Ti accompagnerò dopo l’esibizione. Scusa se sono indiscreta, ma posso sapere chi accompagni?

- Si, figuri! Accompagno Lucinda e Serena?

- Dici le due super coordinatrici?

- Beh... si… loro

- Bene, ci vediamo più tardi.

La donna ne ne andò.

Ash, nonostante la conversazione, non aveva staccato gli occhi dallo schermo nemmeno per un istante.

Dopo la curva, il pilota aveva affrontato un breve rettilineo, quindi una serie di cinque curve, due a destra e tre a sinistra. Aveva fatto il miglior tempo assoluto in quel settore. Circa quattro decimi meglio del tempo precedente. In seguito era passato in un breve rettilineo, quindi in un’altra curva a gomito, a destra, un altro breve rettilineo e altra curva a gomito a

 destra, quindi un lunghissimo rettilineo, un’altra curva a destra, curva nove, e altro record.

Aveva migliorato il tempo precedente di sei decimi. Ora stava affrontando un rettilineo non troppo lungo, unito a quello successivo da una lunga curva a destra.

Quest’ultimo conduceva all’ultima curva, l’undicesima, che riportava nel rettilineo principale.

Il pilota aveva terminato il giro, stampando un tempo da record.

O almeno così pareva, dato che il telecronista stava gioendo come un bambino.

Guardando negli occhi il suo Pikachu disse:

- Esulta proprio come un bambino.

Rise.

Nella stanza era arrivata tanta altra gente.

Talmente tanta da superare il numero di posti a sedere.

Nonostante questo, Ash stava continuando a guardare le qualifiche, sperando che nessuno lo riconoscesse.

Non voleva essere riconosciuto in quel momento.

Non quando non era lui a dover essere al centro dell’attenzione.

Non ci volle molto che prima venisse riconosciuto, prima da una persona, poi, a causa del chiacchiericcio, da tutti.

E diverse persone gli avevano chiesto foto e autografi. Non poteva certamente rifiutarsi.

Dopo una lunga ed estenuante sessione di foto e autografi, era riuscito ad accontentare tutti.

Erano le 10 in punto.

Tra non molto sarebbe iniziata l’esibizione.

In tutti i camerini era udibile la voce dell’annunciatrice.

- Tutti i coordinatori e le coordinatrici sono pregati di recarsi all’ingresso.

Lucinda e Serena erano pronte.

Stavano cercando nello sguardo dei loro rispettivi Pokémon quella tranquillità che avevano perso.

Nessuna aveva mai visto l’altra in abiti da esibizione.

Lucinda indossava un abito senza maniche. Abito bianco nella parte superiore e che gradualmente andava verso il blu scuro mano a mano che si andava verso la parte inferiore. Il vestito era decorato con un colletto blu scuro, una cintura di perline bianche trattenuta da un nastro blu scuro e balze bianche sull'orlo. Al colletto e alla cintura erano attaccate alcune perline bianche e altre, di colore giallo, a forma di mezzaluna, altri, più piccoli, erano a forma di stella.

Indossava dei guanti blu scuro, contornati di giallo e, ai piedi, dei tacchi blu scuro.

I capelli intrecciati e trattenuti da forcine abbinate agli accessori indossati sul colletto.

Serena, invece, indossava un abito rosso senza spalline con una fascia rosso scuro, come il nastro e marte delle balze. L’altra parte delle stesse, invece, erano arancioni.

Naturalmente, i complimenti tra le due, sui rispettivi abiti, non erano mancati.

Entrambe erano consapevoli del fatto che stava per giungere una sfida che non poteva più essere rimandata.

Di fronte all’edificio era arrivato un pullman scoperto.

- E questo?

La stessa donna che aveva consegnato il pass a Ash, spiegò:

- Solitamente un privilegio del genere è riservato ai piloti, ma per voi faremo un’eccezione.

- Per cosa?

Chiese Lucinda.

- Potrete salire qui e partecipare a una parata tutta per voi.

- Ma non c’è il palco in mezzo alla pista?

- Non ti preoccupare di quello, sali e basta.

Poi, guardando Lucinda e Serena

- Anche se voi due avrete dei posti d’onore.

I vari coordinatori salirono sul mezzo. Lucinda e Serena in quello che era stato definito “il posto d’onore”.

Che si era rivelato come una sorta di piccola piattaforma, disposta sopra la cabina di guida del mezzo, in posizione più rialzata e avanzata rispetto a tutti gli altri.

L’autista partì non appena ricevette la conferma che tutti erano a bordo.

Proseguì dritto per quella stessa strada, fino a quando la stessa non si incrociava con una delle strade di servizio dell’autodromo.

La stessa permetteva di accedere alla griglia di partenza.

Esattamente davanti al palco.

Alcuni operai stavano lavorando all’allestimento del palco, altri, invece, si stavano occupando dei droni per le riprese.

Era l’ultimo momento in cui ci si poteva rilassare prima della performance.

Se avere centinaia di migliaia di occhi puntati addosso potesse, in qualche modo, essere rilassante.

E no. Non lo era.

Aggiungeva solamente pressione, come se ce ne fosse bisogno.

Nessuno cercava di darlo a vedere agli altri. Tutti i coordinatori e le coordinatrici, salutavano il pubblico sorridendo.

Per farsi notare, qualche coordinatore aveva chiesto al proprio Pokémon di lanciare qualche attacco.

Non Lucinda e Serena.

Molto lentamente la parata terminò.

Gli organizzatori erano stati molto furbi.

Avevano pensato bene di far esibire i coordinatori base al loro livello. E, per scegliere l’ordine tra quelli dello stesso livello, l’ordine alfabetico inverso. La prima scelta era stata giustificata per fare in modo che i coordinatori meno esperti non si facessero terrorizzare dagli sguardi di quelli più esperti.

La verità era ben più cruda, volevano che il pubblico assistesse alle migliori performance in coda all’esibizione.

In poche parole Lucinda e Serena, essendo le uniche super coordinatrici si sarebbero esibite per ultime.

Le esibizioni dei meno esperti stavano giungendo al termine e quindi stava giungendo il suo momento.

Lucinda prese un bel respiro e, guardando il suo Piplup, disse:

- Tra poco sarà il nostro momento. Tutti si aspettano molto da noi, non deludiamoli.

- E se faceste qualcosa di diverso da tutti gli altri?

Tanto Lucinda quanto Serena, conoscevano quella voce.

Era la stessa donna che aveva garantito loro il posto privilegiato alla parata. - Cosa intende?

- E se voi due improvvisate una gara di lotta, invece di esibirvi una alla volta?

Le due ragazze si guardarono, cercando nello sguardo dell’altra la risposta alla domanda.

Dopotutto perché no? Non avevano nulla da perdere.

Era anche ipotizzabile che il pubblico si fosse stancato di monotone esibizioni e avrebbe voluto vedere qualcosa di diverso.

D’altra parte andava considerato che nessuna delle due aveva lavorato per quello.

Avevano avuto solo una breve, ma intensa, esperienza di lotta.

E in più, Serena stava avendo ancora i flashback del suo Pancham mandato al tappeto dalla Togekiss della rivale in un solo colpo. Dopo aver visto lo sguardo della sua futura avversaria, accettò.

Lucinda non poté che accettare a sua volta.

La presentatrice era al centro del palco. Aveva in mano un microfono.

E l’espressione di qualcuno che stava per dare un annuncio molto importante.

- Gentile pubblico.

Sono ben consapevole che voi non siete venuti qui per questo, tuttavia…

Per noi è un onore avere due ospiti speciali, due super coordinatrici, Lucinda da Duefoglie, nella lontana regione di Sinnoh, e Serena da Borgo Bozzetto!

Per l’occasione si esibiranno in una gara di lotta della durata di dieci minuti. E useranno 2 Pokémon a testa.

Per le due era giunto il momento di esibirsi. Un momento che non poteva più essere rimandato.

In ogni caso, le due erano salite sul palco. Una di fronte all’altra.

Pronte a schierare i propri Pokémon.

- Forza Togekiss, Piplup, sonoquì!

I due Pokémon della ragazza uscirono dalle rispettive Pokéball, con vari effetti di luce.

- Adesso tocca a voi! Delphox e Sylveon!

Serena non aveva schierato Pancham, dato che Lucinda aveva schierato Togekiss.

Non aveva di certo dimenticato com’erano andate le cose, solo il giorno prima.

E, inoltre, essendo un Pokémon di tipo lotta, avrebbe avuto un grosso svantaggio contro il tipo volante di Togekiss e contro gli attacchi dello stesso tipo di Piplup.

Ad ogni modo solamente tre secondi separavano quel momento dall'inizio della gara.

Tre.

Due.

Uno.

Era giunto il momento.

- Piplup, sali in groppa a Togekiss e vai di perforbecco.

Il Pokémon pinguino seguì l’ordine della sua allenatrice, salendo sulla schiena del Pokémon Festa, la quale prese il volo non appena ebbe la certezza che il suo partner fosse ben saldo.

- Vai Delphox, introforza, Sylveon preparati con Vento di fata.

L’intento della nativa di Kalos era quello di disturbare il volo del Pokémon rivale e contemporaneamente di colpirlo con un potente attacco.

- Togekiss, vola in alto, e evita la corrente.

Il Pokémon Festa iniziò a salire in verticale, allontanandosi dagli attacchi avversari.

- Molto bene, ora vai in picchiata con aeroattacco! 

Serena sorrise. Se lo aspettava. Tutto quello che saliva, prima o poi doveva scendere.

- Forza, Delphox, tieniti pronta a usare Fuocobomba, te Sylveon pronta con vento di fata.

Lucinda, a sua volta, si aspettava che la sua avversaria avrebbe contrattaccato e accennò un sorriso.

- Molto bene, Piplup, usa Idropompa!

L’attacco di Piplup, a causa della grande velocità di picchiata di Togekiss, aveva avvolto la coppia di Pokémon. 

Serena era stupita, non si sarebbe mai aspettata una combinazione del genere. 

La sua Delphox aveva iniziato a caricare il suo attacco.

Una coltre di fuoco spinta dal vento di fata di Sylveon si stava ora dirigendo contro la coppia di Pokémon.

Tutto come previsto.

La coppia aveva eliminato la coltre di fuoco, e si stava ora dirigendo a gran velocità contro la Delphox di Serena.

Senza che la sua allenatrice le dicesse nulla, Togekiss riprese quota, passando a pochissima distanza da Delphox. 

Senza che Serena potesse reagire.

- Molto bene, Delphox, Introforza, te Sylveon vai con Comete.

I due attacchi si incrociarono. Creando un effetto straordinario e facendole guadagnare punti.

- Perfetto, Togekiss! Usa Eterelama per distruggere la sua combinazione.

Le stelle e le sfere d’energia vennero distrutte, con uno spettacolare effetto di luce.

Lucinda aveva guadagnato dei punti.

Un veloce sguardo al timer, mostrava come l’esibizione fosse appena a metà.

I vari Pokémon iniziavano a dare segni di fatica. Era evidente la volontà di entrambe di voler chiudere la partita prima dello scadere del tempo.

- Bene Togekiss, usa Eterelama.

- Sylveon , usa Protezione, Delphox tu Introforza.

Eterelama aveva di nuovo distrutto le sfere di energia, ma dato che Sylveon era riuscita a proteggersi, Serena aveva perso meno punti.

Mancavano due minuti.

- Molto bene Togekiss, vai di nuovo di Aeroattacco, te Piplup, Perforbecco.

La combinazione ebbe l’effetto sperato. La coppia di Pokémon stava piombando a gran velocità sulla squadra avversaria.

Sylveon non poté proteggersi, avendolo fatto poco prima, e questo fece perdere dei punti alla sua coordinatrice.

Prima che Serena potesse reagire, Togekiss aveva già recuperato quota.

E mancava un solo minuto.

- Delphox, vai con Fuocobomba, Sylveon Comete.

L’esplosione di fuoco era stata contornata dalle comete, facendo guadagnare dei punti a Serena.

- Benissimo, Togekiss, respingi l’attacco con Forzasfera.

La sfera di energia di colore azzurro respinse al mittente l’attacco, causando grandi danni alle sue avversarie. 

Il tempo era scaduto.

- Tempo scaduto! L’incontro è stato davvero emozionante, ma la vincitrice è una sola. Lucinda!

La presentatrice, rivolgendosi alla vincitrice

- Sai, la vincitrice avrà l’onore di consegnare il trofeo al vincitore della gara. E potrà festeggiare con lui sul podio.

Quasi dimenticavo, e questo lo puoi dirlo anche a Serena. Ossia che voi due e i vostri accompagnatori sarete ospiti speciali della scuderia ARTM. E in più la scuderia vi darà un piccolo omaggio.

- Capito, grazie.

Le due, dopo essersi strette la mano ed aver salutato il pubblico, erano scese dal palco e si erano dirette alla tribuna.

Trovando, proprio accanto a Ash, due posti liberi.

- Siete state entrambe fantastiche!

- Non ti importa che non abbia vinto?

- Sono sicuro che tu hai fatto del tuo meglio. Alla fine è quello che conta, giusto?

- Sai che ti dico? Hai ragione. Non ci giocavamo nulla, dopotutto.

Intanto, rapidamente come era stato montato, il palco stava venendo smontato.

Dieci minuti dopo, il palco era sparito e, una visione familiare alle due ragazze, interruppe le chiacchiere dei tre.

- Ehi guarda, Ash, noi abbiamo fatto un giro su quello!

Lucinda indicava il pullman scoperto

- È stato davvero divertente, sai? Anche se a dire il vero noi due eravamo in una zona, per così dire... riservata

- In che senso, scusa?

La risposta arrivò dalla sua ragazza.

- Dal momento che eravamo le sole super coordinatrici, l’organizzazione aveva pensato di riservarci un posto d’onore.

- Capito.

Il pullman scoperto aveva finito il suo giro e i piloti avevano riguadagnato i box.

Non molto tempo dopo alcune auto iniziarono a girare.

Ash era assai sorpreso dalla situazione e si lasciò scappare un commento

- Perché stanno girando? La gara mica è iniziata.

- Vedi, Ash, dall’alto della mia carica di intenditore di corse automobilistiche... stanno facendo i cosiddetti giri di schieramento.

Ash era ancora più sorpreso. Quella voce era assai familiare.

- Non ci credo, Spighetto, non avevo idea del fatto che tu accompagnassi qualcuno…

- Beh si, effettivamente… ma penso sia abbastanza normale, non la conosci. Sai, è una coordinatrice ancora alle prime armi.

- Ah, ciao Spighetto, quanto tempo!

- E chi è questo ragazzo, Ash? Un tuo amico?

E non me lo presenti?

- Oh, certo, che sbadato! Serena, lui è Spighetto, uno dei capopalestra di Levantopoli, una città di Unima, è un  intenditore di Pokémon di altissimo livello, anche se credo sia intenditore di qualsiasi cosa esista.

- Oh, Ash, così mi lusinghi…

Gli rispose l’amico, leggermente imbarazzato.

- Spighetto, lei è Serena, Regina di Kalos in carica e super coordinatrice.

Il capopalestra/chef/intenditore ebbe solo il tempo di scambiare due parole con la nativa di Kalos, prima che Ash non gli facesse delle altre domande, riguardo la gara. 

- Beh, comunque prima non mi hai dato una delle tue solite risposte da intenditore. Mi è sembrato che mancasse qualcosa.

- Vero. Non ho spiegato il perché. E non esiste cosa peggiore per un intenditore che interrompere una delle sue spiegazioni.

In poche parole fanno questi giri principalmente per assicurarsi che le auto funzionino al meglio e per raccogliere le ultime informazioni sulle condizioni del tracciato, in secondo luogo, lo fanno per posizionarsi sulla griglia di partenza.

- Ho capito, sei stato chiarissimo come sempre.

Dopo un quarto d’ora la griglia di partenza era completa. Tutte le auto erano perfettamente posizionate, anche se non erano ancora pronte a partire.

I piloti erano fuori dalle loro auto.

Questa volta a essere incuriosita dalla situazione era Lucinda

- Scusa, Spighetto, ma cosa stanno facendo?

Perché non partono?

- Vedi, la partenza di una gara è come la preparazione di un piatto raffinato…

Ash, cercò di trattenere le risate.

- Eccolo che parte con le metafore culinarie!

Spighetto lo ignorò e continuò la sua spiegazione

- E, come tale, ha dei passaggi che non possono essere saltati o compiuti frettolosamente. Tra poco ci sarà l’inno.

Una volta terminato, i piloti saliranno nelle loro auto e sistemeranno il loro equipaggiamento.

In seguito, ci sarà l’esibizione della pattuglia acrobatica.

Poi il giro di formazione e solo dopo la fine di quest’ultimo e il riposizionamento di tutte le auto, ci sarà la partenza vera e propria. Ti conosco, Ash, so che stai per fare questa domanda, per cui ti rispondo in anticipo.

La tradizione vuole che i piloti di casa, durante l’inno, stiano qualche passo avanti rispetto agli “ospiti”.

- E io che pensavo che le gare Pokémon fossero complicate! Questi ci battono alla grande!

Commentò Lucinda, abbastanza confusa.

Intanto, esattamente davanti a loro, un ragazzo stava suonando un pianoforte e una ragazza, vestita in abiti eleganti, stava intonando l’inno di Kalos. Aveva davvero un grande talento.

Dopo la fine dell’inno, il pianoforte era stato spostato e i piloti raggiunsero le loro auto, per poi salirvi a bordo.

Cinque minuti dopo, un grandissimo boato spaventò tutti.

Ash, Lucinda, Serena e Spighetto, avendo idea di quale fosse la causa, alzarono gli occhi al cielo.

Otto aerei della pattuglia acrobatica stavano sorvolando l’autodromo.

Ognuno di loro aveva una livrea che ricordava un Pokémon di tipo volante. in particolare Pidgeot, Togekiss, Swellow, Staraptor, Braviary, Talonflame, Hawlucha, e Corviknight. 

Gli aerei, a coppie, emettevano scie colorate, per ricreare la bandiera di Kalos. Turchese, rosso, nero, fuxia.

Dopo il boato degli aerei, ve ne fu un altro, più contenuto.

Il rombo dei motori delle auto.

Ora libere dai meccanici che sino a poco prima le celavano in parte alla vista.

Finalmente era il momento del giro di formazione.

Le ARTM avevano monopolizzato la prima fila, ma anche se non l'avessero fatto, sarebbero state comunque molto facili da riconoscere. E non solo per il loro colore, un rosso brillante, ma anche per le loro forme. 

Volendo fare un paragone era come se le due rosse fossero due Togekiss in uno stormo di Staraptor.

Dove tutti proponevano linee taglienti e squadrate, che sembrava potessero farti male a toccarle, le ARTM proponevano linee morbide e armoniose.

- A quanto pare sono partiti tutti! Benissimo!

Spighetto commentò l’appena avvenuto giro di formazione.

- E se non fossero partiti bene?

Gli chese un Ash, piuttosto curioso.

- Avrebbero dovuto fare un altro giro di formazione e accorciare la gara di un giro. Sono stupito. Non mi hai chiesto a cosa

serve il giro di formazione.

- Se proprio insisti…

- Oh, bene! Il giro di formazione serve ad assicurarsi, per un’ultima volta, che tutto funzioni al meglio, ma non solo.

I piloti, durante il giro, si assicurano di scaldare gomme e freni. Gomme e freni freddi possono causare pericolosi incidenti, soprattutto al primo giro.

Intanto il giro di formazione stava giungendo al termine.

Il poleman era visibile mentre stava affrontando l’ultima curva.

Non molto staccati, tutti gli altri.

Poco tempo dopo la griglia era al completo. Tutti erano perfettamente schierati. I cinque semafori rossi accesi. La tensione era palpabile.

Alla partenza era andato tutto abbastanza bene. Nessun contatto.

Il poleman, Orlando Bir era partito benissimo, non altrettanto il suo compagno di squadra, Alberto Tops.

Alla partenza, infatti, aveva perso due posizioni.

Nulla di grave, avrebbe potuto recuperare, aveva il ritmo per farlo.

Ad avere il ritmo per fuggire era Bir.

E lo avrebbe potuto fare se non fosse stato per un contatto, alla terza curva, tra Manne e Gazze.

Non un botto violentissimo, ma abbastanza spaventoso da far sprammare Serena.

Forse il vederlo dal maxi schermo lo aveva reso peggiore di quello che era.

- Non ti preoccupare.

La rassicurò Spighetto.

- Non si sono fatti nulla.

- E come fai a saperlo?

Gli chiese Serena, ancora molto spaventata.

- Sono in delle botti di ferro. Sarebbe più corretto dire “botti di avanzati materiali sintetici", ma non suona altrettanto bene.

Queste auto sono progettate per resistere a incidenti ben peggiori.

- Se lo dici tu.

Intanto era uscita la vettura di sicurezza. In casi come quello, la neutralizzazione della gara era evento di routine.

Evento di routine o meno, l’evento scatenò la curiosità di Ash.

- Ma perché sta girando una macchina normale?

- Quella è l’auto di sicurezza.

Serve a rallentare le auto in corsa per rendere più sicuro il lavoro dei commissari.

Viene impiegata anche quando le condizioni del tracciato non sono sicure, per esempio in caso di forti piogge.

- Interessante.

I giri proseguivano.

La vettura di sicurezza era rientrata al box dopo aver percorso sette giri.

La ripartenza di Bir era stata davvero buona, tant’è che, per un attimo pensò di aver fatto il grosso del lavoro.

Per sua sfortuna, le cose andarono diversamente.

Rolf Noso, dietro di lui aveva cercato di sorpassarlo, osando troppo.

Era finito in testacoda e aveva fatto finire il poleman contro le protezioni.

Mentre la regia stava trasmettendo dei replay dell’incidente, Orlando cercava di tirare fuori l’auto dalle barriere.

Al secondo o terzo replay avevano anche trasmesso la comunicazione radio tra il pilota e il team.

Naturalmente prima della messa in onda, era stata censurata.

 Un’infinita serie di bip. Trasposta come un’infinita serie di asterischi.

Senza che venisse mostrato in diretta, il pilota era riuscito a uscire e, per fortuna, l'unico danno alla sua auto era l’ala anteriore, che penzolava.

Nonostante l’ala rotta, era riuscito a riguadagnare i box.

La regia aveva smesso di trasmettere replay e aveva ripreso a mostrare la gara.

Ora Bir era in ultima posizione. Al box avevano cambiato l’ala anteriore e montato quattro gomme nuove, della stessa mescola delle precedenti.

Così era stato ordinato dallo stratega.

Non un uomo, non una donna, ma un Pokémon.

Un Metagross shiny.

La rimonta di Orlando sarebbe stata lunga e difficile, ma non si sarebbe arreso senza combattere.

Sotto gli occhi stupiti del pubblico lì presente e del pubblico che seguiva la gara da casa, il ragazzo iniziò a inanellare una furibonda serie di giri veloci, in questo modo aveva recuperato il vantaggio sul penultimo e, poco dopo, l’aveva sorpassato.

Ora era diciottesimo.

Noso era stato squalificato per il gesto, considerato all'unanimità dai commissari della federazione come antisportivo.

La gara era proseguita regolarmente, senza interruzioni o altro.

Tanti altri sorpassi, due cambi gomme perfettamente azzeccati per avere un vantaggio su due piloti particolarmente difficili da superare senza delle gomme fresche, e tanti, tantissimi sorpassi.

Era l’ultimo giro. Bir aveva rimontato fino alla seconda posizione.

Davanti a lui solo il suo compagno di squadra.

Poteva benissimo accontentarsi e chiudere la gara secondo.

Avrebbe comunque vinto il titolo.

Lui, però non si sarebbe accontentato di terminare secondo.

E così affondò un attacco sul compagno di squadra nel suo stile, aggressivo ma corretto.

Poche curve e avrebbe vinto.

Passò sotto il traguardo e, il vedere la bandiera a scacchi, sventolata dalla campionessa Diantha,  gli parve come un miracolo. Avrebbe dovuto completare il giro d’onore, fare qualche donut per il pubblico, e, infine, dirigersi al parco chiuso.

Dopo aver torturato le gomme posteriori, il ragazzo giunse al parco chiuso, dove fermò la sua auto, proprio davanti a una sorta di grosso segnaposto con il numero 1.

Il ragazzo venne inquadrato da delle telecamere, mentre usciva dalla sua auto.

Alla sua sinistra il compagno di squadra, arrivato secondo, a destra con il numero 3 Lito Mili.

Le telecamere indugiarono sul vincitore.

Un ragazzo di altezza media, capelli e occhi castano scuro. E fisico da pilota professionista. Era visibilmente stremato.

Aveva ancora le lacrime agli occhi.

Ash e le due ragazze avevano raggiunto la zona di fronte al podio mentre venivano intervistati il secondo e il terzo classificato, potendo ascoltare solo l’intervista del primo.

Appena venne riconosciuta, Lucinda venne presa in disparte da una donna, la stessa che le aveva dato l’incarico di 

consegnare il trofeo al vincitore.

Intanto la giornalista stava intervistando Bir.

- Oggi sei davvero stato una furia…

- Si, forse ho esagerato con le parole, ma sai, quando si comportano in quel modo…

- No, dicevo per la tua rimonta

- Capisco. Diciamo che in situazioni disperate come quelle non hai molte scelte. O alzi bandiera bianca, oppure dai il meglio, costi quel che costi.

- Molto bene. Com’è stato quando hai sorpassato il tuo compagno di squadra?

Vi eravate preparati la cosa o è stato improvvisato?

- Diciamo che nessuno gli ha detto “levati di torno, che dietro hai Tizio” un gesto del genere non sarebbe stato sportivo e il pubblico non avrebbe avuto una buona opinione di noi.

Chiaro è che… se fosse stato qualcun altro

A tutti era chiaro il motivo per cui si era particolarmente soffermato su “qualcun altro”.

- Non avrei mai tentato qualcosa di simile. Si tratta di una questione di fiducia. Come per le strategie di gara che mi hanno portato fino a lì, anzi soprattutto grazie alla strategia.

- Hai dato gran parte del merito è dovuto alla strategia, qual è il vostro segreto?

- Non abbiamo segreti, come tutti seguiamo il regolamento, che in questo aspetto è molto severo e ci affidiamo alla sua grandissima capacità di elaborare i dati e fornire, in poco tempo, le migliori risposte.

- Va bene, ora vai, ti aspettano sul podio.

Era il momento.

Era sul podio. Davanti a lui una folla immensa. Molti spettatori erano scesi dagli spalti ed erano arrivati davanti al podio.

Il podio era abbastanza normale, era sopraelevato, e dietro era presente una grafica con i numerosi sponsor che avevano finanziato l’evento.

Il gradino del primo classificato era molto più grande degli altri.

Lucinda era vestita ancora come durante l’esibizione. Non aveva avuto il tempo di cambiarsi.

Ed era giunto il momento di consegnare il trofeo al primo classificato.

Tremava come una foglia. Dopotutto si trovava ad adempiere un compito che mai prima d’ora aveva fatto.

Svolgere un ruolo di rappresentanza.

Si, una volta aveva sostituito una principessa, per permetterle di partecipare una gara.

La quale, per gratitudine, le aveva regalato la sua Togekiss.

Ma qui era diverso. Temeva di fare una brutta figura. Magari di scivolare, o magari uno dei suoi tacchi si incastrasse da qualche parte, facendole perdere l’equilibrio…

Ma ormai era il momento.

Aveva in mano l’ingombrante, ma leggera, coppa del primo classificato.

Era davanti a lui.

Sorrise. Gli consegnò la coppa e gli strinse la mano. Stava facendo per andarsene.

- Ehi, dove vai?

- Io?

- Chi, altrimenti? Non te lo hanno detto? Immagino che tu sia la prima classificata all'esibizione? Giusto? E allora devi festeggiare con noi. Quando ci daranno l’ok prendi quella bottiglia di spumante e spruzza come ti pare.

Alla fine si era divertita a festeggiare sul podio. Era completamente inzuppata di spumante.

Per un attimo aveva avuto dei ricordi di quando era una bambina e giocava a fare i gavettoni.

Non era sola. Orlando aveva deciso di accompagnarla dai suoi amici. Dopo aver notato, nel suo sguardo una sorta di senso di smarrimento.

- Devo ammettere che mi sono divertita.

Avevo paura che qualcuno mi giudicasse, mi ritenesse fuori luogo… ma niente di tutto questo.

Lucinda aveva posato lo sguardo sul suo vestito e la sua espressione si fece triste. Aveva notato come lo stesso fosse irrimediabilmente rovinato.

- Non ti preoccupare per il vestito. Te ne compro uno nuovo. Promesso.

- Gentile da parte tua.

Ma… sai dove sono Ash e Serena? Mi stai portando da tutt’altra parte rispetto a dove sono passata prima.

- Non ti preoccupare di loro. Ci stanno aspettando.

Non molto tempo dopo erano tutti nel hospitality della scuderia.

Chiusa al pubblico per permettere alla squadra di festeggiare privatamente.

Ash, Lucinda e Serena erano i soli a non appartenere alla squadra, ma erano comunque ospiti, per cui erano abbastanza a loro agio.

Poco prima della festa, Orlando aveva donato a Lucinda e Serena quanto promesso. Due teche trasparenti. Una conteneva il suo casco. O meglio uno dei caschi che aveva usato quel week end. La calotta era bianca e la decorazione erano diverse strisce colorate. Una verde, una gialla, una blu, una rossa, una fuxia, una viola. Su ognuna un particolare oggetto stilizzato. Su quella verde un computer, su quella gialla una katana, su quella blu una sciabola, su quella rossa un ventaglio con motivi floreali, su quella fuxia un’ala e, su quella viola un’impronta felina.

Dentro l’altra teca un volante, anche se chiamarlo semplicemente volante, non rendeva giustizia al grande numero di comandi presenti su esso e al grande schermo che si trovava al centro dello stesso. Era più simile a un computer che a un volante. 

Orlando aveva chiamato Lucinda da parte.

L’aveva accompagnata in una stanza separata. Una stanza praticamente vuota, tranne per un divanetto e un televisore.

Sul piccolo divano due scatole di rinomate boutique di Kalos.

Orlando prese una delle due confezioni e la porse a Lucinda.

- Su, apri, non fare storie.

La ragazza, leggermente intimidita aprì la scatola. Conteneva un vestito esattamente identico al suo. In ogni minimo particolare.

- Ma non dovevi!

- Io mantengo sempre le promesse.

- E poi dove lo hai trovato? Non eri impegnato tutto il tempo per la gara?

- Si, io, ma non una mia… assistente.

Quando abbiamo saputo che la vincitrice dell’esibizione avrebbe festeggiato sul podio, lei mi ha spiegato che ci sarebbe potuto essere questo inconveniente. Per questo mi ha suggerito di fare così.

- Ho capito. Grazie ancora.

- Scusa se te lo chiedo, ma potresti farmi un piccolissimo piacere?

- Dimmi.

- Mi chiameresti Ash un secondo?

- Ok!

Lucinda si era allontanata e Orlando aveva approfittato del breve momento di solitudine per fare una telefonata alla sua assistente.

Rispose dopo qualche squillo.

- Pronto?

- Ah, sei tu! Complimenti per la gara e per il titolo!

- Grazie! Davvero.

Scusa se te lo chiedo, ma potresti fare una piccola commissione?

Andresti nello stesso negozio dove hai preso quell’abito famoso e ne prenderesti uno simile a quello rosso che hai preso?

Di colore diverso, però. L’altro poi lo restituisci e con ti compri quello che desideri ok?

- Ok, ma cosa ne devo fare di quello?

- Poi ti mando l’indirizzo dove farlo arrivare e la destinataria, ok?

- Ok!

- Ci vediamo!

Grazie ancora!

- Di nulla.

Intanto Ash era arrivato, proprio insieme a Lucinda. Con una piccola scusa era riuscito a lasciare sola la sua ragazza.

- Domani a Serena arriverà un pacco con un bel regalo. Lo hai fatto tu, Ok?

Quel tono non ammetteva repliche di alcun tipo.

- OK.

- Però ora andiamo o le ragazze inizieranno a farsi delle domande.

Dall’altra parte del mondo, un potentissimo e influente malavitoso si stava godendo la sua enorme fortuna nel suo ufficio.

Nonostante fossero passati molti anni, non si era ancora abituato del tutto alla sua condizione sociale.

Il malavitoso aveva origini umili, umilissime.

Non lo aveva dimenticato, nonostante ora vivesse nel più totale agio.

Certo, non aveva guadagnato tutti quei soldi in maniera onesta, ma a lui non importava.

Ora poteva fare tutto quello che da piccolo non si poteva permettere.

Era l’ultimo nato di una famiglia numerosissima, aveva quattro sorelle e cinque fratelli.

Quando era nato, le due sorelle più grandi, che avevano venti e diciotto anni, si erano già sposate. Un bene per i suoi genitori, dato che erano due bocche da sfamare in meno. Lui, come i fratelli maggiori, prima di lui, avrebbe intrapreso la carriera militare. Così avrebbe avuto la possibilità di una vita dignitosa.

Ma lui, sin da piccolo non si accontentava di qualcosa di a malapena “dignitoso”. Era un tipo che sognava in grande. E quando si presentò quell’occasione…

- Signor Graziano, sono arrivati.

Quella voce che interruppe i suoi pensieri la conosceva benissimo.

Era la voce di Samuela, la sua fidata segretaria.

E sapeva anche chi erano le persone che “erano arrivate”.

Sapeva che erano arrivati da molto tempo.,Diversi anni prima, aveva chiesto alla sua segretaria di far aspettare i suoi ospiti. A lungo. Molto a lungo. Più gli ospiti erano importanti, più avrebbero dovuto aspettare. L’ufficio del Boss era enorme, luminoso e arredato con gusto. L’uomo era seduto a scrivania realizzata in legno pregiato e decorata a mano da un famoso artigiano. Di certo quest’ultima non sfigurava in una stanza dove il pavimento era un costosissimo parquet.

E lo stesso si può dire rispetto ai costosissimi quadri, appesi alle pareti. O anche delle rare piante presenti nell’ufficio.

I suoi ospiti avevano superato la “prova”. La snervante attesa dei due, era terminata.

I due erano seduti nei gradoni di una pista da corsa per Pokémon. Prima di discutere dei veri affari avevano scommesso su una corsa di Rapidash. Un modo di fare insolito, per Graziano. Per lui era un metodo come un altro per decidere come spartirsi i guadagni di un affare. In poche parole il padrone del vincitore si sarebbe preso la metà dei guadagni. Il secondo il trentacinque per cento e l’ultimo il quindici.

In questo caso, invece, il suo padrone avrebbe vinto cinquecento milioni.

Uno degli inservienti di Graziano si era occupato di sistemare la sua Rapidash ai blocchi di partenza, gli inservienti degli altri due fecero altrettanto. La corsa sarebbe durata tre giri. Il loro padroni avrebbero assistito dagli spalti.

Pur provenendo da parti del mondo totalmente differenti, i tre uomini non erano poi così diversi.

Erano vestiti in costosi abiti dai colori improponibili, avevano le dita delle mani ricolme di anelli d’oro e avevano ottenuto la loro fortuna sfruttando i più deboli.

Il primo giro era terminato. E la Rapidash shiny di Graziano era dietro e faticava a tenere il ritmo. Se fosse finita così, avrebbe perso duecentocinquanta milioni. Certo, per nessuno dei tre sarebbe stato un bagno di sangue, ma lui preferiva guadagnare piuttosto che perdere e, per farlo, non si faceva scrupoli.

Un bagno di sangue…

Pensò.

Il solo modo che ho per evitare di perdere.

Estrasse dalla tasca della sua giacca verde smeraldo una pistola.

Era realizzata in metallo lucido.

Rifletteva in modo accecante la luce del Sole.

I due uomini accanto a lui, non si accorsero di nulla. Erano troppo occupati a esultare per i loro Pokémon che si stavano giocando la vittoria.

I due uomini si accorsero delle sue intenzioni solo quando era troppo tardi.

I due colpi erano partiti e andati a segno.

I cadaveri dei loro Pokémon giacevano in mezzo alla pista in una grossa pozza di sangue. Le fiamme spente. La Rapidash di Graziano passò sui cadaveri senza problemi.

Era abituata.

Il suo padrone faceva sempre così, appena si rendeva conto di essere fuori dai giochi per la vittoria.

Graziano, con ancora in mano la pistola fumante, si rivolse ai due ospiti

- Direi che è chiaro. Prendo tutto io.

Era armato. Non potevano contraddirlo.

A dire il vero a Graziano di quei soldi non importava più di tanto.

Certo, erano sempre soldi, ma, da qualche tempo, la sua concentrazione era rivolta ad altro.

A qualcosa che aveva iniziato oltre dieci anni prima e che non aveva mai potuto portare a termine.

Sarebbe potuto essere il suo più grosso colpo. Anzi, il colpo del secolo, invece si era rivelato un salasso.

Era riuscito a rifarsi delle grandissime perdite subite e quindi non era un problema di soldi.

Tutto era iniziato qualche settimana prima. Al suo indirizzo era stato recapitato un pacco.

Come qualsiasi malavitoso che si rispetti, Graziano era consapevole che poteva trattarsi di un pacco bomba.

Per questo motivo erano sempre i suoi inservienti ad aprire i suoi pacchi.

Se anche un suo inserviente fosse morto… avrebbe fatto sciogliere il cadavere nell’acido e fatto sparire ogni prova. 

Era successo già una decina di volte, ma per sua fortuna, ne aveva sempre una buona scorta. Tanto di acido quanto di inservienti.

Il pacco non aveva l’indirizzo del mittente. Ed era molto anonimo. Una semplice scatola di cartone nastrata.

Una volta aperto, non svelò immediatamente il suo contenuto, protetto da una grande quantità di imballaggio.

Il contenuto doveva essere molto prezioso.

Il suo inserviente gli aveva porto il contenuto del pacco, descrivendolo come una Pokéball rosso scuro.

Ma per Graziano non era una semplice Pokéball di colore diverso.

Era il simbolo del suo più grande fallimento.

Tutto era cominciato circa vent’anni prima.

La sua carriera militare era ancora in pieno svolgimento e, grazie al duro lavoro, ma soprattutto a qualche spintarella, aveva ottenuto una delle occupazioni più ambite.

Era una delle guardie che si occupavano di proteggere tutti i materiali del progetto da cui quella strana Pokéball proveniva.

Ricordava perfettamente tutto, a distanza di molti anni.

Per anni aveva svolto il suo lavoro regolarmente, per guadagnarsi la fiducia di tutti, ma segretamente stava tramando qualcosa.

Dopotutto doveva ripagare il debito verso chi lo aveva fatto arrivare fin lì.

Era consapevole dei grossi rischi che avrebbe potuto correre.

Ma non poteva di sicuro tirarsi indietro, le conseguenze, qualora venisse scoperto, sarebbero state meno gravi di quelle che avrebbe subito, qualora non fosse stato in grado di pagare il suo debito.

Dopo una lunga attesa, ebbe la sua occasione.

Se fosse riuscito a trafugare i progetti a cui tutte quelle menti geniali stavano lavorando…

Avrebbe potuto darli ai suoi superiori e...

Cosa se ne sarebbero fatti?

Non avrebbero potuto sfruttare quelle ricerche in alcun modo.

Per i suoi superiori quelli erano dei semplicissimi fogli di carta con delle scritte e dei disegni incomprensibili.

I suoi superiori avevano i soldi, ma non la testa.

Sapeva che per poter far fruttare quei progetti serviva almeno una di quelle menti geniali.

E, tra tutte le persone presenti, la candidata ideale era lei.

La moglie di Sebastian.

Graziano sapeva benissimo che la donna stava passando un momento di debolezza.

Per molto tempo era stata lontana dal marito e dalla figlia. Lui sapeva che la donna, pur di rivederli, avrebbe fatto di tutto.

Per Graziano non ci volle molto a convincerla.

Prima avrebbe lavorato per lui, poi avrebbe potuto rivederli.

Con questa promessa, la donna accettò.

La fuga fu difficile. Graziano aveva dovuto corrompere una delle guardie che sorvegliavano gli ingressi.

Quest’ultima, proprio la notte in cui sarebbero dovuti fuggire, non era lì presente.

Era a letto. Con la febbre alta.

Nonostante l’inconveniente, il piano non poteva essere rimandato.

O le altre guardie si sarebbero accorte dei documenti trafugati.

Nonostante questo inciampo, la fuga riuscì.

Per qualche anno era riuscito a convincere la donna a lavorare per lui, sempre con la promessa che le avrebbe permesso di ricongiungersi con la sua famiglia.

Dopo quattro anni la donna aveva iniziato a perdere la pazienza.

Graziano non aveva ancora dimenticato la sua sfuriata.

Capendo che avrebbe potuto rimetterci la vita, dovette inventarsi qualcosa.

Non poteva più fingere.

Non le avrebbe mai permesso di ricongiungersi con la sua famiglia.

Ma, al contempo, doveva tenere viva la sua speranza.

Alla fine era riuscito a salvarsi dicendole che, entro qualche settimana avrebbe ricevuto una prova inconfutabile sul fatto che tanto suo marito quanto sua figlia fossero in vita.

Tre settimane dopo, la donna ricevette un pacco. Il mittente, all’apparenza, era suo marito.

Dentro il pacco si trovava una lettera, apparentemente scritta da lui.

Raccontava di come si sentisse solo senza di lei e di come sua figlia, ogni giorno gli faceva sempre la stessa domanda “Quando torna la mamma?”

Raccontava anche di come stesse cercando di far vivere a sua figlia la una vita il più normale possibile.

Ad accompagnare la lettera un bracciale in metallo.

Era davvero stupendo.

Un biglietto la invitava a indossarlo.

Diceva anche che l’avrebbe aiutata a sentire più vicina a sé la sua famiglia.

Graziano, vedendo la donna indossare il bracciale, sorrise.

Il suo piano aveva funzionato alla perfezione.

Indossando il bracciale, la donna non si accorse di nulla.

Anzi, era felice.

Raccontava di come sentisse davvero la sensazione di avere vicino a sé la sua famiglia e di come iniziasse a non sentire più il bisogno di unirsi a loro.

Graziano, nel corso degli anni, era riuscito a scalare le gerarchie e ora era lui il capo.

Una decina di anni prima, ricevette una soffiata.

Sebastian si era trasferito a Ferropoli. E aveva iniziato una carriera come professore.

Nulla di interessante, apparentemente, almeno fino a quando l’uomo non scoprì che Sebastian collaborava ancora con quella Suzanne, la donna che lo aveva aiutato a fuggire.

E grazie a una sua talpa scoprì le loro intenzioni.

Aveva mandato uno dei suoi sottoposti in avanscoperta.

Avrebbe dovuto fingersi interessato al loro progetto e dar loro tutti i soldi necessari. Un affare che se fosse andato per il meglio, si sarebbe potuto ricoprire d’oro.

Il suo sottoposto, ogni settimana, gli mandava dei dettagliati rapporti sui lavori e su quanto tempo ci sarebbe voluto per concludere l’opera e sbarazzarsi dei due.

A un certo punto questi rapporti smisero di arrivare. Causando l’ira dell’uomo.

E, scatenando, nei pensieri del malavitoso l’idea il suo sottoposto l’avesse tradito.

Ricordava ancora l’ultimo rapporto ricevuto. Quest’ultimo riguardava l’acquisto e la ristrutturazione parziale di un edificio abbandonato. A quei tempi presentarsi di persona o far arrivare qualcun altro dei suoi, avrebbe solamente attirato troppo l’attenzione, il suo pensiero poteva essere condensato nella fase “ovunque si trovino quei materiali, sono roba mia”.




   
 
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