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Autore: Verfall    03/01/2023    4 recensioni
«Io e te, solo per questa notte, saremo fidanzati. È solo questo che vuoi, giusto?»
E lui, che cosa voleva?
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23 marzo 1990: Per Ryo inizia una giornata come tante altre, ma non sa che una certa stilista ha deciso di scombinare la sua routine.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
Capitoli:
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V – Quel che resta della sera
 
Ryo aprì stancamente gli occhi nella penombra della sua stanza e sbuffando si mise supino, le mani dietro la nuca. Si era concesso un parziale dormiveglia, non riuscendo a dormire davvero. Quando era tornato a casa prima dell’alba si era limitato a scivolare silenzioso come un’ombra nella sua stanza e, senza svestirsi, si era buttato sul letto.
Senza pensarci portò la mano destra nella tasca dei jeans, prese l’orecchino e se lo portò davanti agli occhi. Mentre si rigirava il piccolo pendente tra le dita, non poté fare a meno di chiedersi se avesse sbagliato, se forse sarebbe stato meglio non dare il via a quella messa in scena. L’altra parte di lui, però, quella che era costantemente sacrificata per amor della ragione, gli diceva che non doveva pentirsene, che quella serata sarebbe stata ben custodita nella sua memoria poiché gli aveva dato l’occasione di conoscere Kaori sotto un’altra luce. Lo aveva divertito scovare nuove sfumature del suo essere, e sarebbe stato interessante riuscire a ritrovarle col tempo anche nella loro quotidianità. Quel pensiero, però, lo rabbuiò in un instante.
“Eppure un giorno dovrò permetterle di tornare a una vita normale…” si disse non senza una punta di amarezza. Con un sospiro sommesso si girò sul fianco sinistro, il pugno ancora stretto con l’orecchino.
 
“Ah, spero che nulla cambi…”
 
Era questo il suo maggior desiderio: il poter proseguire la sua routine con Kaori il più a lungo possibile, in quel rapporto ambiguo che era un po’ più di un’amicizia ma un po’ meno di una relazione. Da tempo era giunto alla conclusione che quella era la soluzione migliore per poterle permettere, un giorno, di tornare a una vita normale, senza legarsi in modo compromettente con lui.
Ma lui sarebbe mai stato pronto a darle la spinta necessaria per il distacco?
 
«Ryoooooo»
 
Lo sweeper balzò su per lo spavento. Non si era reso conto che mentre era perso nei suoi pensieri si era fatto giorno.
 
«Svegliati! Ormai è giorno!» la sentì urlare dal piano di sotto.
 
«Sì, non urlare!» le gridò di rimando per poi mettersi una mano sulla bocca.
 
Non era da lui rispondere così prontamente alle sue sveglie, solitamente si degnava di emettere qualche rantolo sofferto solo dopo almeno quattro o cinque richiami. Anche Kaori doveva essere sorpresa per il suo comportamento, infatti la sentì mormorare un «Va bene» stupito prima di allontanarsi dalle scale.
“Ah stupido! Comportati come sempre!” si rimproverò dandosi un pugno in testa.
 
«E tu stai buono» disse poi al suo amico che, nonostante la costrizione dei jeans, non aveva mancato di manifestare la sua felicità per quel nuovo giorno.
 
Mentre si alzava e stiracchiava lentamente, si domandò se Kaori sarebbe stata in grado di comportarsi come sempre, ma nel grattarsi pigramente il collo decise di fare del suo meglio per aiutarla a ripristinare il loro solito rapporto, nel caso ci fosse stato bisogno. Scese le scale fischiettando e, una volta entrato in cucina, sorrise debolmente nel vedere la sua socia indaffarata come sempre ai fornelli.
 
«’Giorno» bofonchiò mentre si sedeva al suo solito posto.
 
La vide irrigidire lievemente le spalle per una frazione di secondo prima di voltarsi verso di lui.
 
«Buongiorno Ryo. Come mai siamo così mattinieri oggi?»
 
«Beh, una volta tanto anche i migliori sbagliano» disse con finta solennità.
 
Si aspettò una replica a tono ma Kaori si limitò ad annuire col capo prima di tornare concentrata ai fornelli. Ryo appoggiò pigramente il mento sul palmo della mano: non gli erano sfuggiti i suoi occhi arrossati, contornati da occhiaie, che testimoniavano una notte in bianco. Non che la cosa lo meravigliasse.
“Chissà se ha pianto” si chiese, stupendosi a sua volta di quel pensiero.
 Kaori era una donna molto forte, ne aveva avuto numerose dimostrazioni nel corso degli anni, e custodiva i suoi dolori e i suoi tormenti gelosamente, non lasciandoli trapelare all’esterno. Eppure lui sapeva che quei momenti di sconforto e tristezza c’erano, e il fatto di saperla nascondere le sue lacrime nel segreto della sua stanza non mitigava l’amarezza che provava nell’immaginarla in quei frangenti.
 
«Ecco, oggi ti ho preparato una colazione all’occidentale, visto che la desideravi tanto» gli disse mentre appoggiava sul tavolo un piatto con uova strapazzate, bacon e quattro salsicce.
 
Ryo fisso per qualche attimo il piatto, sorpreso per quello strano trattamento; non riusciva proprio a ricordare quando effettivamente l’avesse reclamata. Le lanciò un’occhiata fugace e quello che carpì fu sufficiente per comprendere come la sua socia non riuscisse a comportarsi del tutto come sempre. Quella gentilezza… Certo, gli faceva piacere, ma dov’era finito il suo brio? Si schiarì la voce e partì all’attacco.
 
«Di’ un po’ Kaori» esordì sfoggiando un sorrisino sardonico «Cosa mi nascondi?»
 
«Eh?!» la ragazza trasalì con il viso totalmente in fiamme, segno di aver raggiunto i massimi livelli di imbarazzo. Soddisfatto, Ryo proseguì aggiungendo benzina sul fuoco.
 
«Tutte queste attenzioni sono sospette» proseguì con fare ovvio «Confessa, vuoi farmi sgobbare per un uomo, giusto? E pensi pure di comprarmi con una colazione mediocre che potrebbe passare più per una punizione?»
 
Si sentì prendere per il collo della maglia e venne strattonato con forza verso una Kaori furiosa che troneggiava su di lui, pericolosamente vicina al suo viso.
 
«Non meriti neanche un po’ di considerazione, sei pessimo Ryo!» sibilò fulminandolo con gli occhi.
 
In quello stesso istante Ryo si predispose per l’attacco imminente e, dopo aver strizzato gli occhi, alzò gli avambracci sopra la testa, pronto ad accogliere il peso della furia; eppure il colpo non arrivò immediato come si aspettava. Aprì un occhio e vide ciò che non avrebbe voluto: nello sguardo ferito e carico di livore della sua partner c’era dell’esitazione.
 
“Allora Kaori-chan, non vuoi tornare a colpirmi dopo ieri sera? Eppure lo sento che hai comunque bisogno di sfogarti”
 
In un attimo mise su la sua miglior faccia da schiaffi e la martellata lo travolse con una velocità e forza che aveva sperimentato in poche occasioni.
 
«Sei pessimo, davvero un pessimo elemento!» la sentì urlare mentre usciva dalla cucina.
 
“Missione compiuta” si disse cercando di ritornare in sé. Una ben magra vittoria, lo sapeva bene, e intanto che si riprendeva da quelle tonnellate che gli erano franate addosso, si chiese se valesse davvero la pena rischiare di rimetterci la vita per continuare in quel modo. E per quanto non fosse piacevole, fu costretto ad ammettere che quello era l’unico modo in cui doveva continuare ad agire se voleva proteggerla. Lei era sicuramente l’incarico più lungo e rognoso che gli fosse mai stato affidato, ma anche il più divertente, imprevedibile, violento…
“Ah Maki, come mi hai incasinato la vita” disse mentalmente mentre si alzava massaggiandosi la testa. Erano ormai quasi cinque anni da che gli aveva promesso di prendersi cura di sua sorella, e quello che in un primo momento era sembrato un compito di breve durata si era rivelato un legame intricato quanto un nodo gordiano. E la colpa era soltanto sua; avrebbe dovuto scoraggiare l’intento di Kaori di stargli accanto fin dai primi giorni, ma non ci era proprio riuscito. Non quando aveva visto i suoi occhi così decisi a voler prendere il posto di suo fratello, così sinceri con lui da non riuscire a nascondere la paura di una futura solitudine. E lui l’aveva sperimentata fin troppo bene quella solitudine, tanto che, quando si era reso conto che mandare via Kaori avrebbe significato tornare alla sua vecchia vita, la sua parte irrazionale aveva deciso di non voler rinunciare a quella nuova compagnia che lo divertiva come non aveva mai fatto una donna in vita sua. Non era riuscito assolutamente a mandarla via, come avrebbe potuto? Non aveva avuto niente da dire, se non fare una tiepida protesta, nemmeno quando Kaori aveva deciso di trasferirsi al sesto piano, e anzi, in cuor suo ne era stato anche felice…
La sua pancia brontolò rumorosamente e nello stesso istante lanciò un’occhiata alla colazione ancora intonsa. Sospirò rassegnato e increspò le labbra in un sorriso triste: quel piatto ricolmo di cibo per lui era la cosa più vicina al concetto di famiglia, era giusto disfarsene solo perché era la cosa più giusta da fare? E allo stesso tempo, poteva continuare ad averla vicina solo perché lui una famiglia non l’aveva mai avuta? Nonostante tutto, la sua cara partner non sembrava voler andar via. Conoscendola, non avrebbe perso tempo in caso avesse voluto vivere per i fatti suoi, e negli anni non le erano mancate le occasioni. Sayuri prima e Uragami per ultimo le avevano offerto una possibilità per cambiare idea e lasciare quella casa, quella vita pericolosa… per lasciare lui. Ma Kaori non l’aveva fatto e Ryo ormai ne conosceva il motivo.
 
“Non te la prendere Maki, ormai penso alla tua sorellina fin troppo. Facciamo così: lei resta qui ancora per un po’, almeno fin quando non si stancherà di me o tu mi farai capire che mi vuoi morto, ok vecchio mio?”
 
Mangiò il suo pasto con voracità – in fin dei conti non aveva cenato la sera prima – e, dopo aver fatto una rapida sosta in bagno, salì le scale diretto in camera sua; dal rumore che vi proveniva non si meravigliò nel trovare Kaori intenta a sbattere con le mani il materasso con fin troppa energia. Si appoggiò con una spalla contro lo stipite della porta e incrociò le braccia, divertito da quella visione.
 
«Mi spiace ma per il momento non puoi stenderti sul letto. Sto cambiando le lenzuola e devo dare una ripulita alla stanza» gli disse Kaori, lanciandogli uno sguardo obliquo.
 
Ryo fece spallucce «Nessun problema, non era nei miei programmi restare qui. Ero salito solo per cambiarmi»
 
Lasciò indugiare il suo sguardo per qualche istante di troppo sul bel fondoschiena della sua partner – che aveva ripreso a lavorare senza aspettare una sua risposta – e, prima che il piccolo Ryo potesse manifestare il suo apprezzamento, si lanciò di getto a raccogliere le lenzuola sporche che giacevano ammucchiate per terra. Kaori lo guardò interrogativa mentre continuava imperterrita nella sua operazione.
 
«Allora… Le vado a mettere in lavatrice…» disse infine, dopo alcuni momenti di indecisione in cui era rimasto al centro della stanza con il bozzolo tra le mani. Aveva agito d’impulso, non voleva prendere quelle maledette lenzuola; aveva cercato solo qualcosa da fare per evitare la comparsa del mokkori, ma adesso si sentiva veramente stupido.
 
«Sicuro di stare bene Ryo?» gli domandò Kaori con un sopracciglio alzato.
Il letto era ormai sistemato e si era avvicinata a lui.
 
«A meraviglia, perché?»
 
«Mmmh… Se lo dici tu…»
 
Ryo capì che non era affatto convinta, ma preferì non aggiungere altro così da spegnere l’argomento. Stava per girarsi quando sentì le mani di lei sfiorare i suoi avambracci e prendere il loro contenuto.
 
«Faccio io, non preoccuparti»
 
Non c’era più traccia di rabbia nella sua voce ma Kaori mantenne lo sguardo basso. Ryo la lasciò fare ma, prima che potesse andar via, la trattenne chinandosi vicino al suo orecchio destro.
 
«Grazie Kaori»
 
Fu un attimo, si era già diretto verso l’armadio che aveva aperto quando si girò nuovamente verso di lei. Stringeva stretto al petto il voluminoso gomitolo di lenzuola ma la vide sorridere con gli occhi.
“Pace fatta” pensò con una punta di sollievo e si sentì di colpo tornare di buon umore. Tanto da sentire l’impulso irrefrenabile di stuzzicarla un pochino.
 
«Beh, ora se non ti dispiace dovrei cambiarmi. So che vuoi ammirare lo spettacolo, ma sono molto timido» disse quasi in falsetto, coprendosi la bocca con la mano in modo pudico.
 
La vide saltare sul posto, come se avesse realizzato in quell’istante la sua immobilità, per poi lanciargli il solito sguardo in tralice che riservava solo a lui ogni volta che diceva assurdità.
 
«Che scemo che sei! Cambiati pure, chi ti vuole vedere?!» esclamò girando il viso dall’altra parte con sdegno teatrale, per poi dirigersi verso le scale «Da non credersi, sono una persona impegnata, io!»
 
Nel sentirla borbottare lungo il tragitto, Ryo non poté fare a meno di sghignazzare; Kaori era proprio uno spasso quando cercava di nascondere l’imbarazzo con il disgusto, la sua espressione non mancava di divertirlo sempre come se fosse la prima volta. Intanto che si vestiva, rifletté su come fossero quelle piccole cose a rallegrarlo davvero. Era confortate oltre ogni dire avere a casa qualcuno come Kaori, con cui poteva permettersi di fare lo scemo e non essere giudicato; quando viveva da solo…
Appoggiò la fronte contro l’anta dell’armadio. Sembrava passato poco tempo e allo stesso tempo gli sembrava di vivere con Kaori da sempre.
Se non ci fosse stata lei sarebbe stato il paradiso, così aveva detto alla piccola Mayuko Uragami alcuni mesi prima, ma in verità sapeva bene che sarebbe stato un iniziale inferno. Certo, alla fine si sarebbe abituato nuovamente alla solitudine, ma nel frattempo sarebbe stata un lenta atrofia interiore. Sì, perché avrebbe dovuto ripristinare il gelo che lo aveva accompagnato e che sarebbe stato indispensabile per continuare a sopravvivere.
Ma a lui piaceva la sua vita attuale… Gli piaceva davvero tanto che avrebbe voluto continuare a vivere così fino alla fine dei suoi giorni. Era così bello tornare a casa e trovare un ambiente accogliente, avere qualcuno ad aspettarlo, o meglio, tornare a casa insieme a qualcuno. E parlare, scherzare, condividere anche le cose più insignificanti. Tutto ciò gli trasmetteva un senso di pienezza che il confronto con il passato lo faceva soffocare. E soprattutto, se doveva essere davvero sincero con se stesso – e strinse gli occhi, perché era davvero doloroso per lui –, sentiva di aver sviluppato una certa dipendenza da cui non voleva in nessun modo disintossicarsi: ricevere l’affetto incondizionato di una persona. Al di là di qualsiasi sentimento romantico, che si era imposto di non contemplare più in alcun modo, era innegabile che Kaori nutrisse un affetto sconfinato nei suoi confronti, e lo stesso era per lui. Era bello tenere alla vita di qualcun altro più che alla propria, lo faceva sentire più umano e, allo stesso tempo, lo aveva aiutato a rivalutare la sua stessa esistenza; i tempi delle missioni suicide era terminato da un pezzo, ovvero da quando aveva avuto la consapevolezza di doverla proteggere e vegliarla. Fino a quando sarebbe stata con lui, avrebbe sempre garantito la sua incolumità.
Si scrollò da quella posizione scomoda, prese una camicia dalla gruccia e la indossò in un solo gesto. Desiderava che Kaori avesse la libertà di scegliere la propria vita. Quella stessa libertà che a lui era stata negata, poiché la vita stessa lo aveva indirizzato verso una strada senza uscita. Per questo motivo le aveva infilato l’orecchino nella tasca anteriore dei jeans mentre le sussurrava “grazie”. Il cerchio si era chiuso, la scarpetta era tornata dalla sua Cenerentola e, in cuor suo, sperava che Kaori non ricorresse più a tali escamotage. Se voleva cambiare, provare qualcosa di nuovo, doveva farlo senza alcun travestimento. Si augurò che anche lei giungesse a quella conclusione una volta che lo avesse ritrovato. Allo stesso tempo, però, si era scoperto: sì, Kaori poteva unire i punti e arrivare alla conclusione che lui sapeva chi fosse la ragazza misteriosa.
Sospirò intanto che si infilava la cinta. Era un rischio che aveva deciso di correre, e il perché non lo sapeva nemmeno lui. Forse perché una parte del suo orgoglio, quella che reclamava la massima conoscenza del mondo femminile, che come un cane da tartufo scovava bellezze e imprimeva nella sua memoria granitica qualsiasi donna incontrasse, era rimasta ferita dalla sera precedente. A mente fredda, però, doveva riconoscere che non era stata una mossa intelligente, considerando che il dover dare spiegazioni a Kaori avrebbe compromesso la loro situazione.
Senza fretta uscì dalla stanza, scuotendo leggermente la testa mentre dentro di lui andava formandosi una certa sicurezza; Kaori, insicura com’era, non avrebbe capito o, comunque, non avrebbe sollevato la questione. Mentre saliva le scale che portavano al terrazzo, si ripeté più e più volte che in quell’aspetto erano molto simili: avevano paura di perdere la loro quotidianità.
Aprì la porta di ferro e subito il vento gli sferzò contro con forza, facendolo sentire improvvisamente più leggero, come se quegli sbuffi dispettosi gli stessero sollevando in parte un peso che si sentiva sul cuore. Sempre a passi lenti e misurati si diresse verso il suo lato preferito, che lo aveva visto innumerevoli pomeriggi e notti fermo a rimuginare sulle sue scelte e azioni, arrovellandosi il cervello per cercare risposte sfuggevoli e per tentare di rappacificare i suoi sensi. Poggiò mollemente gli avambracci sul muretto e si sporse quel tanto per avere una perfetta visuale dei movimenti sotto di lui; non avvertiva nessuna minaccia vicina, sembrava un tranquillo primo pomeriggio, ma non gli sfuggì il taxi che si fermò proprio davanti la sua palazzina. Vide scendere una testa corvina da cui spuntavano due scarpine femminili e Ryo capì che la visitatrice doveva essere Eriko. Non se ne sorprese.
 
“Sarà venuta per avere un rapporto dettagliato di ieri sera… Ho fatto bene a rifugiarmi qui, immaginando come sarà delusa nel sapere che il suo piano non è andato a buon fine, potrebbe incenerirmi con gli occhi”
 
Alzò l’avambraccio destro e posò il mento sulla mano. Ripensò per un attimo alla notte precedente ed emise un verso indefinibile.
 
«Una cenerentola metropolitana… già» mormorò tra sé, sorprendendosi che uno come lui, che aveva così tanti problemi con le parole, avesse trovato la giusta definizione per Kaori; socchiudendo gli occhi si disse che, però, preferiva la versione ‘casalinga’. Perché era quella vera.
 
Il fatto che Eriko avesse pensato che bastasse sistemare la sua amica in modo più raffinato per farlo cedere, significava che, evidentemente, non aveva capito niente di lui. Poteva mostrarsi come un inguaribile dongiovanni pervertito, ma non era certo un uomo così frivolo e superficiale. Allo stesso tempo, però, si poteva dire soddisfatto; il riuscire a rendersi illeggibile agli occhi altrui lo aiutava a mantenere una certa sicurezza. Gli confermava che il suo scudo continuava a proteggerlo. Non c’era cosa peggiore che mostrare le proprie debolezze agli altri, e questo era un punto che continuava a mantenere fermo nella sua vita.
 
§
 
Aveva appena finito la sua sigaretta, che aveva fumato osservando la luce del crepuscolo infuocato che stava inglobando nel suo bagliore gli alti edifici davanti a lui, quando il suo udito sensibilissimo avvertì un passo leggero, che conosceva perfettamente nel suo incedere inconfondibile su per i gradini che portavano al terrazzo. Kaori aprì la porta metallica con energia e la lasciò chiudersi rumorosamente.
 
«Ah, ecco dov’eri finito!» esclamò la giovane intanto che lo raggiungeva.
 
Ryo abbozzò un sorriso e spense la cicca sul davanzale. Era passata all’incirca una mezzoretta da quando aveva visto Eriko uscire dal palazzo, e si era aspettato che la sua partner lo avrebbe raggiunto prima. Non riusciva a credere di sentirsi un po’ deluso per questo, a riconferma che, come un bambino, in fondo cercava le stesse attenzioni che platealmente urlava di non sopportare.
 
«Pensavo che fossi uscito…» continuò ignara Kaori, appoggiandosi a sua volta al parapetto accanto a lui.
 
Ryo girò il capo verso sinistra, mostrandole un sorrisino irriverente «Dovremo aspettarci altre visite della tua amica? Se è così, mi farò trovare pronto per la cara Eriko-chan!»
 
Kaori lo fulminò all’istante «Devo farmi trovare pronta anch’io?» emise truce.
 
«M-ma no, scherzavo!» si affrettò a rispondere lo sweeper, sventagliandole contro la mano. Perché prendeva sempre troppo alla lettera tutto ciò che diceva?
 
«Certo, lo so io come sono seri i tuoi scherzi» commentò non ancora pienamente convinta mentre tornava ad appoggiarsi sul muretto.
 
Ryo la osservò con la coda dell’occhio senza aggiungere altro; rimasero per un po’ così, il rumore della città si inserì e ampliò il loro silenzio. Ma non era nulla di pesante o deprimente, al contrario gli stava trasmettendo serenità. Kaori riusciva a donargli quella sensazione che solo il giardino della villa del Professore era riuscito a trasmettere nel suo animo. Una sensazione che sapeva di frescura, di fronde sonanti e acque placide. Senza una parola lei riusciva a calmare i suoi pensieri e, allo stesso tempo, a renderlo pronto a qualsiasi cosa. Dovette constatare che era soprattutto quando gli era lontana che i suoi pensieri angoscianti, le sue responsabilità e i suoi dubbi per il futuro lo sopraffacevano. Quando erano insieme si soffermava sulla presenza rassicurante di quel presente che sembrava voler scacciare via tutto il resto. Forse questo era uno dei motivi per cui non poteva decidersi ad allontanarla dalla sua vita così a cuor leggero.
 
«Davvero una bella serata» la sentì mormorare a un tratto.
 
«Già»
 
«Ah, senti Ryo…»
 
L’uomo si girò verso di lei e con un cenno della testa le indicò di continuare.
 
«Prima, poco dopo che Eriko è andata via, è passato Kobayashi-san per avvisare che tra un mese lascia il suo bilocale al quinto piano»
 
«È riuscito a trovare un affitto più economico?» domandò sorpreso.
 
«E come potrebbe se gli hai dato la casa praticamente gratis!» esclamò Kaori alzando gli occhi al cielo «Come per tutti gli altri condòmini» aggiunse poi guardandolo.
 
Poteva sembrare un rimprovero ma Kaori lo osservava con occhi buoni. Ryo ormai sapeva quanto fosse in realtà altruista e che la sua venalità si manifestava solo nella gestione della loro vita domestica, perciò Kaori non aveva mai avuto nulla da ridire sulla sua filosofia da padrone di casa.
 
«Torna dai suoi genitori. Ha detto che Tokyo in fin dei conti non fa per lui e gestirà l’azienda agricola di famiglia vicino Niigata»
 
«Quindi ha preferito le piante al tavolo da baccarat»
 
«Mm- mm» annuì Kaori «Direi che è un cambiamento in meglio. Dovevi vedere come era felice, non la smetteva di elencare tutti i vantaggi della vita in campagna! Ho faticato non poco per chiudere la conversazione»
 
«Voleva convincere anche te a trasferirti in campagna?» le domandò facendole un sorrisino irriverente. Non gli erano certo sfuggite le occhiate sognanti che l’uomo era solito lanciare verso Kaori e, a giudicare dal rossore improvviso che le imporporò le guance, capì che nel suo addio Kobayashi si era mostrato più esplicito del solito.
 
«Come se potessi!» esclamò di slancio la ragazza per nascondere il suo imbarazzo e diede le spalle a Ryo «Ho un lavoro e altre cose di cui occuparmi» aggiunse con voce più bassa.
 
Lo sweeper in un istante intese tutto, anche ciò che era rimasto solo nella mente della giovane; non vi riusciva spesso, ma le volte in cui sentiva di entrare in simbiosi con lei non mancavano di turbarlo per l’intensità del momento. Kaori era solita nascondersi dietro la motivazione del lavoro per giustificare la sua convivenza con lui – e d’altro canto era ciò che faceva anche lui. Comprendeva bene, però, che dietro c’era molto di più: l’assenza di Hideyuki, del suo amato fratello, che non smetteva di essere presente tra loro. Era lui l’autentico filo che aveva connesso entrambi, e proprio grazie a lui, due solitudini avevano formato una famiglia tra le più improbabili. Ryo si sorprese di come ancora una volta la parola ‘famiglia’ gli fosse tornata in mente pensando a Kaori, e decise di lasciar perdere lo scorrere delle sue riflessioni. Girò la testa abbastanza per vederla ancora di spalle, con il braccio destro appoggiato al parapetto. Sapeva che stava dando fondo a tutto il suo autocontrollo per non tradirsi, per non lasciar trapelare riferimenti alla serata che avevano trascorso, e ai suoi dubbi. Quasi si era aspettato da lei un «E anche se me ne andassi, a te importerebbe qualcosa?», ma evidentemente l’esperienza le aveva insegnato l’inutilità di porgli quel tipo di domande.
“È davvero cresciuta” pensò con una punta di orgoglio. La Kaori che aveva conosciuto agli inizi sarebbe stata molto più assillante e volgare, mentre quella che gli era di fronte si era fatta all’occorrenza più taciturna e riflessiva. E anche molto più bella…
Ryo strizzò gli occhi per cacciar via quell’ultimo pensiero pericolosissimo che rischiava di svegliare il suo amico sonnecchiante.
 
«A proposito di lavoro, hai trovato qualche richiesta alla lavagna?» domandò per ripristinare il discorso – e soprattutto i suoi pensieri – alla normalità.
 
«Niente purtroppo» rispose Kaori con fare sconsolato. Gli lanciò una breve occhiata e iniziò a camminare lentamente verso la porta «Per fortuna abbiamo ancora un po’ di soldi da parte grazie a Eriko, che ci ha pagato più che profumatamente, ma dobbiamo fare comunque economia e cercare di non fare debiti con il Cat’s Eye» concluse lanciandogli uno sguardo di fuoco.
 
«Ma sì, c-certo!» si precipitò ad assicurare Ryo con tanto di mani alzate.
 
A quello scatto lo sguardo di Kaori si raddolcì e non nascose una risatina soddisfatta.
 
«Bene, allora io scendo, inizio a preparare la cena. Ti conviene non restare troppo a lungo qui sopra, l’aria fredda potrebbe farti diventare ancora più scemo»
 
«Ehi, chi sarebbe lo scemo?!» le sbraitò contro ma Kaori era già volata via allegra.
 
Scosse la testa con un sorriso e si voltò un’ultima volta verso i grattacieli di Nishi-Shinjuku ben illuminati nell’imbrunire. Un altro giorno era passato e lei stava bene.
“Sto tenendo fede alla promessa Maki” si disse e ciò lo rasserenò.
In un quel mare melmoso che era la sua vita, stava riuscendo a fare qualcosa di buono. Stava tenendo fede alla promessa fatta al suo amico in una notte di pioggia, malgrado i suoi ripensamenti e i suoi tormenti. Se stesse sbagliando o meno non era ancora in grado di comprenderlo appieno, ma il riuscire a garantire ogni giorno l’incolumità e la sicurezza di Kaori era per lui già motivo di successo. Un giorno avrebbe smesso di starle accanto e, venuta meno la promessa, si sarebbe spezzato anche quel sottile filo che lo legava ancora a Makimura. Tra tutti i fantasmi del passato, il ragazzo dagli occhi buoni e l’impermeabile sgualcito era l’unico di cui non aveva fretta di disfarsi, anzi. Chiuse gli occhi e concentrandosi gli sembrò di sentirlo accanto a lui, come ai vecchi tempi, quando passavano le serate per Kabukichō a bere qualcosa e a discutere i dettagli di un caso. Ma il passato resta nel passato, una porticina da aprire o da sprangare a seconda dei casi, e con cura Ryo la richiuse. Nel presente c’era una persona che aveva ancora bisogno di lui. Una donna, l’unica che non aveva mai provato a ingabbiarlo, che non gli aveva mai dato pressioni. Che non si aspettava niente da lui, se non la sua presenza nel momento del bisogno. E allo stesso tempo, anche lui aveva bisogno di lei. Per motivi che non aveva voglia e forza di indagare e spiegare a se stesso. Doveva essere così per il momento e così sarebbe stato. La serata precedente aveva rischiato di rompere un equilibrio di vetro, ma avrebbe fatto del suo meglio per mantenerlo inalterato, per il bene di entrambi.
Sospirò e riaprì gli occhi. Ogni incertezza era sparita, ogni dubbio sopito: era ritornato il solito Ryo. E con la tranquillità data da quella certezza si staccò dal muretto e, senza fretta, si avviò verso la porta del terrazzo per raggiungere Kaori, a casa.
 
_____________________________
 
Eccoci al capitolo finale! Ho cercato di dare più voce possibile ai pensieri di Ryo, non solo perché mi piace moltissimo farlo, ma anche perché nel manga ci viene suggerito quanto sia in realtà un tipo molto riflessivo. Considerando il momento temporale in cui questo episodio è collocato, ho ritenuto che i pensieri e dubbi più frequenti di Ryo fossero proprio quelli intorno a Kaori e al loro vivere assieme (sappiamo bene che l’accettazione completa e definitiva di Kaori come partner avviene solo dopo lo scontro con Mick, e la consegna della pistola).
Sono davvero felice di essere riuscita a terminare questo piccolo esperimento, e ciò mi dà fiducia per completare la ff che mi sta particolarmente a cuore :)
Spero che questo piccolo missing moment vi sia piaciuto e ringrazio di cuore chi ha voluto lasciarmi un messaggio, lo apprezzo moltissimo.
Grazie a tutti coloro che hanno letto e leggeranno questa storia.
Vi auguro un anno sereno e ricco di salute (che ce n’è sempre tanto bisogno)
Alla prossima!
Cristina
   
 
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