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Autore: MollyTheMole    03/01/2023    0 recensioni
Tanti anni prima, suo padre aveva detto loro di trasferirsi in Giappone, che lì sarebbero stati al sicuro. Sarà anche stato vero, ma da quando era arrivato nella terra del Sol Levante gliene erano successe di tutti i colori. Insomma, quante possibilità c'erano di trovare uno stalker particolare, un dinamitardo narcisista, tutta la famiglia Mouri - piccoletto iettatore incluso - nonché Gin, Bourbon e compagnia bella, tutti dentro lo stesso centro commerciale? Per non parlare di lei. Solo quel giorno gli stava facendo perdere dieci anni di vita.
Genere: Azione, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jodie Starling, Rei Furuya, Shuichi Akai
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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… La stessa persona che voglio trovare io.

 

1.

Amare due donne allo stesso tempo… Non sono quel tipo di uomo.

 

 

Dalla pasticceria vicina proveniva un buon profumo di cheesecake.

Non era mai stato un grande amante dei dolci, ma per la cheesecake aveva sempre fatto un’eccezione. Quella americana in particolare aveva un buon sapore agrodolce, soprattutto quando ci versava sopra la salsa di frutti di bosco. 

La vetrina dall’altro lato della strada era appena stata imbandita e un crocchio di signore erano intente a discutere a proposito di quale torta comprare, avvolte nei loro vestitini estivi. 

Lui non era mai stato un grande mangiatore di dolci, ma Jodie sì.

La prima volta che si era deciso ad invitarla ad uscire, l’aveva portata al cinema. Erano andati a vedere la versione restaurata de Il buio oltre la siepe. Avevano preso i popcorn, ma Jodie aveva presto optato per la cioccolata e si era sbafata una tavoletta intera da sola, di quelle infilate tra due pezzi di biscotto. 

Suo fratello si era sempre chiesto che cosa ci facessero quei dolcissimi biscotti al ciottolato americani nella sua credenza, lui, che odiava gli zuccheri. Era stato ben presto costretto a confessare, soprattutto quando, raspando nell’armadio, suddetto fratello - impiccione - aveva trovato della biancheria da donna in un cassetto.

Guardò la vetrina della pasticceria e sentì il vento sfiorare ciò che era rimasto scoperto del suo viso. 

Sembra una vita fa. 

In un certo senso, forse era davvero passata una vita. Si sentiva cambiato. Come avrebbe potuto essere diversamente? La sua vita era finita sottosopra e non accennava a ritrovare la retta via. 

Aveva perso suo padre. Forse era morto, forse no. Poco importava. Era rimasto solo con suo fratello e sua madre in attesa della sorellina, e lui era il figlio più grande, quello sulle cui spalle erano ricaduti tutti gli oneri, tutte le aspettative.

Quell’evento era bastato a cambiarlo nel profondo, a dargli una responsabilità che a quindici anni non gli competeva per nulla.

Soltanto lui sapeva che cosa aveva dovuto sacrificare in quegli anni. 

Poi aveva perso Akemi. Era stata tutta colpa sua, o forse no. Certo era che si sentiva responsabile come se fosse stato lui a premere il grilletto. Indipendentemente da tutto ciò che aveva scoperto - accidenti a sua madre e a quando aveva accidentalmente omesso di essere la sorella di Elena Miyano -  le aveva voluto bene. Lei era stata la sua famiglia; in un certo senso, data la parentela, lei era la sua famiglia. 

Quando aveva fatto la scelta di lavorare per l’FBI aveva messo in conto che avrebbe potuto perdere delle persone care, che l’amore sarebbe potuto essere più un ostacolo che un’agevolazione, ma mai avrebbe creduto di vivere quella perdita sulla propria pelle.

Un evento che può segnare un uomo per sempre.

A parte suo fratello, aveva perso praticamente tutti. 

Alla fine era morto pure lui, personalmente.

Beh, più o meno.

Se fosse stato un film, Shuichi si sarebbe messo a ridere. Aveva fatto di tutto per rendere la sua finta morte credibile, anche grazie a quella piccola peste di Conan Edogawa e ai gingilli - non sempre funzionanti, andava detto - del dottor Agasa.

Quella volta sul passo di Rahia si era quasi rotto una costola e si era sbucciato la fronte, ma sarebbe potuta andare peggio. 

Dopo l’affaire al valico di Rahia, aveva trascorso qualche tempo rannicchiato sul tappetino posteriore dell’auto di Hidemi Hondou, quanto necessario per essere fuori dalla portata di Gin. Poi si era seduto dolorante sul sedile del passeggero, massaggiandosi la costola e asciugandosi il sangue - vero - dalla fronte. Aveva giusto sentito alla radio dell’incidente sul valico e della sua presunta morte quando aveva ricevuto un messaggio da parte di suo fratello.

 

Bella questa. Degna di te. Dove ti trovo? Merita una bevuta. Offro io. 

 

A parte suo fratello, dunque, che l’aveva beccato con le mani nella marmellata, poteva dire di aver perso tutti. 

Sua sorella era alla sua disperata ricerca, anche se prima o poi sarebbe dovuta venire a patti con il fatto che Shuichi Akai, il suo adorato fratello fin troppo simile ad un padre, era morto. 

Sua madre non era pervenuta, non aveva idea di dove fosse o di che cosa stesse facendo. 

Meglio, un’idea ce l’aveva, ma preferiva non pensarci.

Jodie e i suoi colleghi lo credevano sepolto sotto una bandiera a stelle e strisce. 

Quando tutta quella brutta storia sarebbe finita e lui fosse miracolosamente ricomparso da sotto la maschera di Subaru Okiya, non tutti avrebbero capito le sue scelte.

Aveva cercato di concentrarsi sul qui ed ora, su ciò che era contingente in quel momento: sconfiggere l’Organizzazione degli uomini in nero, rinchiudere quella pazza di Vermouth prima che facesse del male a Jodie, arrestare quell’odioso di Gin e tutta la sua combriccola, magari nel frattempo salvare la sua cuginetta Shiho e ritrovare suo padre, vivo o morto che fosse, o almeno avere un posto per piangerlo in caso di dipartita. 

Dopo, non sarebbe rimasto altro che vivere, finalmente.

Non gli era sfuggito però che la sua concentrazione sul momento contingente era anche un modo per non vedere la dura realtà. 

Ammesso e non concesso, infatti, che sarebbe sopravvissuto abbastanza da vedere Vermouth rinchiusa e Gin in galera, il futuro restava un’incognita. Con chi, infatti, l’avrebbe vissuto? Sua madre avrebbe accettato il suo ritorno? Sua sorella lo avrebbe odiato? L’FBI gli avrebbe permesso di tornare, o di andarsene senza imporgli il programma protezione testimoni?

Sarebbe mai tornato a vivere con il proprio nome e mostrando il proprio viso al mondo?

C’era poi un ulteriore dubbio, che solo apparentemente rappresentava l’ultimo dei suoi problemi. 

 

Il giorno precedente, infatti, aveva ricevuto una telefonata di fuoco dal suo capo. 

- James. Che cosa posso fare per te?-

- Cavarti d’impaccio e dire la verità. Adesso stiamo oltrepassando il segno.- 

L’agente speciale James Black, il suo supervisore, non perdeva mai la pazienza. Nonostante fosse americano ormai da molti anni, non aveva mai perduto parte del suo aplomb inglese. Nulla poteva scomporlo, insomma, tranne una cosa soltanto.

La sua figlioccia Jodie Starling.

- Che cos’è successo?-

- E’ successo che s’è quasi fatta ammazzare per te. Cioè, per uno che ti somiglia.-

Era stato così che aveva scoperto delle prime mosse di Bourbon. 

Quando aveva progettato la sua finta morte in compagnia del piccoletto con gli occhiali, Shuichi aveva avuto ben chiaro che non l’avrebbe fatta franca. Aveva avuto in mente fin dall’inizio, infatti, che Gin e gli altri sarebbero voluti essere certi della sua dipartita. Se, però, avrebbe potuto fregare il biondo psicopatico con i trucchetti del dottor Agasa, ce n’era uno che non si sarebbe di certo fermato alle apparenze.

Lo conosceva bene da tanto tempo, e sapeva che lo odiava troppo per ignorare i segnali.

Così, senza troppi mezzi termini, aveva messo il piccolo Conan sul chi vive, certo che quell’uomo sarebbe venuto a cercarlo. 

L’alternativa, dunque, era una sola. 

Il dolore dei suoi amici sarebbe dovuto essere reale. 

Almeno, questa era la giustificazione che si era dato per far tacere la sua coscienza.

 

Era venuto fuori che qualche giorno prima era successo un piccolo - nemmeno poi così piccolo - incidente in banca. 

A quanto pareva, James, Jodie e Camel avevano voluto comprare una bottiglia per fare un bel brindisi, ma si erano ritrovati a corto di liquidità. Jodie era andata in banca a prelevare, ma si era trovata nel bel mezzo di una rapina.

E meno male che il Giappone è uno dei paesi più sicuri al mondo. Qualsiasi suo angolo, tranne Beika. 

Considerata la preparazione di Jodie come agente speciale dell’FBI, non ci sarebbe stato da impensierirsi, se non fosse stato per la presenza di un tizio che somigliava parecchio a lui, anzi, che era uguale preciso identico a lui tranne che per una bruciatura su un occhio e per il fatto che non parlava mai.

Beh, forse mi assomiglia anche in quello, anche se due parole le spiccico, ogni tanto.

A giudicare da quanto emergeva dal racconto di James, Jodie si era messa in un bel casino nell’estremo tentativo di salvargli la vita, proteggerlo dai rapinatori e portarlo in ospedale, dove lei stessa avrebbe fatto di tutto per fornirgli l’assistenza medica necessaria a fronte dei suoi evidenti problemi di memoria.

Era stato a quel punto che James aveva perso le staffe, e tra un perdindirindina e un accidentaccio gli aveva fatto capire chiaro e tondo che non aveva intenzione di mettere a rischio la vita della sua figlioccia più di quanto già non facesse per il suo lavoro all’FBI.

Shuichi aveva provato a rassicurarlo.

- Non preoccuparti. Non credo che accadrà una seconda volta. Se davvero si tratta di chi penso io, allora ha già avuto quello che voleva. Il suo scopo era comprendere se i miei colleghi mi credessero morto o meno. Adesso che sa che Jodie mi crede sepolto sotto un bel po’ di terra, probabilmente non la cercherà più e sarà in una botte di ferro.-  

In un certo senso, il giovane agente era davvero convinto di quello che stava dicendo. Bourbon era un agente della Polizia Segreta e un nazionalista convinto. Aveva fatto esperienza delle sue idee, del tutto malcelate, durante i suoi anni da infiltrato. Malcelato era anche il suo disprezzo per Shuichi e per tutto ciò che rappresentava. Era anche per questo che lo temeva. 

Sperava che quell’incidente alla banca avesse definitivamente allontanato Bourbon dalla sua scia e anche da quella dei suoi colleghi. 

- Jodie sta bene?-

- A parte un bernoccolo in testa, fortunatamente sì. Spero davvero che tu abbia ragione, ragazzo, perché non ho mezza intenzione di inseguire Jodie per tutta Beika alla tua ricerca, né di seppellire anche lei!-

Così, nell’estremo tentativo di fare pace con James e per capire davvero che cosa fosse successo quel giorno alla banca, Shuichi aveva chiesto al suo capo il permesso di osservare le telecamere di sorveglianza alla sede dell’istituto di credito. 

Se Bourbon era entrato in azione, lo avrebbe riconosciuto, e magari avrebbe riconosciuto anche i suoi complici. Era infatti praticamente impossibile che fosse stato capace di mettere in piedi quella messinscena assolutamente da solo, e il giovane agente si era fatto un’idea di chi potesse davvero esserci dietro. Del resto, durante i suoi anni da infiltrato, aveva individuato chiaramente chi fosse il complice delle scorribande di Bourbon, e il caso voleva che quella persona fosse anche particolarmente brava nei travestimenti.

Naturalmente, si trattava di Vermouth.

E la combinazione Jodie, Bourbon e Vermouth nella stessa stanza poteva rivelarsi davvero esplosiva.

 

Era stato con quel pensiero in mente che era uscito di casa quella mattina.

Dare un’occhiata ai filmati delle telecamere di sorveglianza. Scovare Bourbon. Scovare Vermouth. Tornare a casa e togliersi la maschera, che la colla tira, e la parrucca, che prude da morire.

Aveva cercato disperatamente di ignorare quel tarlo latente, quel problema che sarebbe dovuto essere l’ultimo dei suoi pensieri e che invece era ancora lì. Lo stesso problema che lo aveva spinto a fare tutta una serie di scelte drastiche fin dall’inizio di quella losca storia e che adesso gli stava presentando il conto.

Forse era lo stress. Forse la stanchezza. Magari, solo l’età. Sentiva il tempo passare veloce come non mai, ed aveva la sensazione di stringere un pugno di mosche in mano e niente di più. 

La sua carriera professionale - nonostante il piccolo inconveniente della sua morte prematura - stava andando a gonfie vele e non se ne poteva lamentare. No, era altro ciò che lo tormentava. Tutto ciò che non aveva e a cui anni prima aveva rinunciato.

 

Amare due donne allo stesso tempo… Non sono quel tipo di uomo.

 

James gli aveva riferito, a suo tempo, che Jodie non aveva preso la sua morte proprio benissimo.

Anzi, si poteva dire che ne avesse fatto una tragedia.

Shuichi sapeva di essere emotivamente complesso. Era negato per le relazioni interpersonali e sapeva essere socialmente imbarazzante, ma questo non voleva dire che fosse cieco o che fosse del tutto immune ai sentimenti. Ne aveva esattamente come tutti gli altri. Sapeva amare e sapeva soffrire. Si poteva dire che tutto ciò che aveva fatto nella sua vita, lo avesse fatto per amore: di suo padre, di sua madre, di suo fratello e della sua sorellina, persino delle sue cugine sfortunate e sole dall’altra parte del globo. 

Piangeva ogni tanto, nascosto alla vista di ogni essere vivente. Si faceva una bella risata qualche volta. Poco contava che nessuno lo vedesse e che venisse costantemente etichettato come il solitario o l’uomo di ghiaccio incapace di provare emozioni.

Shuichi ne aveva a bizzeffe, di emozioni. Non lo facevano dormire la notte. 

Per questo motivo si era ben reso conto che la sua partner era ancora molto legata a lui. Si preoccupava per la sua salute, lo invitava costantemente a riposare perché aveva le occhiaie. A suo modo e nella consapevolezza di non essere più la sua ragazza, Jodie aveva dimostrato di volersi ancora prendere cura di lui. 

Lei era così. Lo era sempre stata. Spumeggiante, chiacchierona, rumorosa e dal cuore grande come un grattacielo. 

Si era innamorato di lei anche per questo motivo. 

Era sicuro che Jodie avrebbe subìto più di altri il colpo della perdita, ma non si sarebbe mai aspettato che la prendesse così.

E’ successo che s’è quasi fatta ammazzare per te.

Osservò il crocchio di donne davanti alla pasticceria dall’altro lato della strada. La banca era soltanto un paio di incroci più indietro, e Shuichi era fermo al semaforo in attesa del permesso di passare. Non appena fosse scattato, Shuichi sarebbe sfrecciato dall’altra parte e sarebbe scomparso tra la folla diretto verso casa, il morale sotto i tacchi per l’irritante gita alla banca.

Quello che aveva visto lo aveva infastidito. Le telecamere avevano ripreso tutto nei minimi dettagli, e ciò che avevano inquadrato era stato per lui sufficiente a trarre le conclusioni.

L’uomo era decisamente Bourbon. Era alto più o meno quanto lui, più o meno avevano la stessa taglia - anche se Shuichi era leggermente più grosso e meno smilzo di lui - e un travestimento così credibile poteva essere solo opera della sua sodale Vermouth. 

Per identificarlo gli ci erano voluti cinque minuti. Per digerire il resto, gli ci sarebbe voluta una settimana e forse anche di più.

Jodie le aveva prese. Era rimasta incosciente nel momento più importante di tutta la rapina, rischiando di morire, ma quelli erano i rischi del mestiere, i pericoli che si corrono quando si dà la caccia ai criminali. Tutti loro, non solo lui e Jodie, erano preparati al peggio.

Ciò che non sarebbe mai riuscito a dimenticare, però, sarebbe stato il gesto del tutto innocente che lei aveva fatto, quella mano sulla spalla di Bourbon poggiata nella convinzione che il falso Shuichi avesse disperatamente bisogno di lei, seduta sempre, costantemente accanto a quell’uomo che ai suoi occhi non la riconosceva né le parlava per chissà quale male.

Anche se stava continuando a pretendere di ignorare quel tarlo dentro di lui, era consapevole dell’amara verità, ed era uscito dalla banca sgomento.

Sapevo già che si trattava di Bourbon. Sapevo già che Vermouth era coinvolta, ma non era con lui. C’ero arrivato, avevo solo bisogno della prova definitiva.

La verità è che ci sono andato soltanto per vedere che cosa è successo a Jodie, che cosa ha fatto e che cosa può trarre Bourbon da tutto ciò.

Che cosa può usare contro di lei.

Quando il semaforo scattò, Shuichi prese ad attraversare la strada, una conversazione di tanti anni fa che riviveva nella sua testa.

 

Non preoccuparti. Finché avrò vita, non dovrai mai fare nulla di tutto questo.

 

All’epoca, l’argomento era come uccidere un uomo e come aveva deciso di proteggerla dall’orrore di togliere la vita a qualcuno.

Nel frattempo, la situazione si era fatta drasticamente più complicata e il suo compito di proteggere i propri cari - lei inclusa - era diventato estremamente difficile. 

Mentre attraversava diretto verso casa, il telefono in tasca prese a vibrare.

Cercò di raggiungere il marciapiede a passo spedito mentre sbloccava lo schermo del telefono.

Era un messaggio di Kir.

 

Sono nei guai. Gin ha mangiato la foglia. Help. 

 

Dannazione. 

Prese a ticchettare freneticamente sui tasti. 

 

Dove sei? 

 

Mi ha dato appuntamento in un magazzino fuori Haido. Da quello che ho capito stiamo andando al centro commerciale di Beika.

 

Shuichi si guardò attorno, cercando di capire dove si trovasse e maledicendo il suo pessimo senso dell’orientamento.

E se fosse stata una trappola?

 

Definisci mangiare la foglia.

 

Che ne so. Dice che al centro commerciale c’è uno che sembra te. Non posso parlare, sta arrivando.

 

Tieni duro, troveremo un modo. 

 

Chiuse il telefono e se lo rimise in tasca.

Per quale accidenti di motivo Bourbon se ne andava in giro travestito da lui al centro commerciale?

E soprattutto, per quale motivo non aveva detto nulla a Gin, al punto tale da scatenare tutto quel caos e sacrificare Kir?

Gli prudevano le mani dalla voglia di scoprire perché. 

Invece di dirigersi verso casa, girò sui tacchi e sorpassò il gruppo di donne di fronte alla pasticceria, giusto in tempo per respirare il buon profumo di cheesecake che veniva dalla porta aperta. 

Il centro commerciale distava soltanto pochi isolati.

Se si fosse sbrigato, forse sarebbe arrivato in tempo per capire che accidenti stesse combinando Bourbon. 

Indossava la maschera di Subaru Okiya. Nessuno l’avrebbe mai riconosciuto, specialmente se Bourbon stava attirando completamente l’attenzione su di sé.


LA TANA DELLA TALPA

Buonasera e buon anno!
Questa è una storia che avevo in mente da un po'. Mi ricordo che, quando uscì per la prima volta, la trovai molto completa.
A parte la figura del dinamitardo. Quella mi aveva lasciato mooolto perplessa, ma è un parere personale, Gosho non me ne voglia.
Questa piccola parentesi mi serve soprattutto per avvertire chi tra voi non ha letto il volume 67 del manga e i relativi episodi dell'anime.
I capitoli successivi conterranno delle descrizioni quasi testuali del caso in oggetto.
Con questa piccola nota dunque la talpa vuole avvisarvi che vi saranno degli spoiler grandi come un grattacielo. Ripeto, SPOILER!
Per il resto, ormai come scrivo lo sapete, quali sono i miei personaggi preferiti lo sapete, che tifo per loro lo sapete... Insomma, sapete a che cosa andate in contro.
Buona lettura!

Molly. 
  
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