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Autore: Heartsareneverbroken00    03/01/2023    0 recensioni
Possono qualche bicchierino di troppo e un lecca-lecca abbattere il muro di innocenza di Adrien e Marinette?
Genere: Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fu la prima volta in cui guardai Marinette con occhi diversi. Sempre abituato ai suoi sguardi innocenti, alle guance arrossate dal costante imbarazzo, ai suoi movimenti maldestri... quella notte stentai persino a riconoscerla.
Vestita di bianco, i capelli a incorniciarle il viso angelico, le labbra macchiate da un rossetto color ciliegia che ne accentuava la peccaminosità, non sembrò lei.
Trascorse la serata a mandare giù un bicchiere dopo l'altro, sottostando a degli stupidi obblighi di un gioco pur di non rivelare alcuna scomoda verità.
A un certo punto non ce la fece più. Col naso arricciato e una scossa del capo si rifiutò di proseguire e corse immediatamente di sopra.
Vederla in quelle condizioni mi fece preoccupare più del dovuto e subito la inseguii.
Mi ritrovai spaesato dinanzi alle sue ginocchia nude che a stretto contatto col pavimento freddo del mio bagno la tenevano china a vomitare tutto l'alcol che aveva mandato giù.

"Mi preoccuperò dopo di rimproverarti come si deve", pensai quindi, raggiungendola.

«Tranquilla», sussurrai appena, piegandomi di fianco a lei e reggendole i capelli in un pugno mentre con l'altra mano mi premuravo di accarezzarle la schiena e farla rilassare.
Emise un suono buffissimo, stringendo più forte la tavoletta e piagnucolando un malriuscito: «Vattene via, Adrien!»
Finsi di non sentirla.
Piuttosto spostai le dita sulla sua fronte, sorreggendola.
L'amaro ricordo della mia prima e unica sbornia mi strappò quasi una lacrima, il ricordo di mia madre che faceva con me quello che io stavo facendo con Marinette mi rese ancora schiavo del passato.
Avrei dato qualunque cosa per riaverla indietro.
«Va meglio?», chiesi quando si staccò di fretta, tirando lo sciacquone ed evitando il mio sguardo come se avessi avuto la peste.
«Mi dici se va meglio? Mi sono appena resa ridicola ai tuoi occhi, non può certo andare meglio. Vorrei questo fosse solo un incubo!»
«Non credi di stare un po' esagerando?»
Inarcai un sopracciglio confuso dall'imbarazzo che le impoporò le guance, intenerendomi fin troppo nel vederla così.
Aprì il rubinetto, sciacquandosi il volto e ammirando il riflesso di fronte a sé.
Se quel lato di sé stessa così nuovo e a lei sconosciuto la spaventava, la mia presenza alle sue spalle sembrava renderla nervosa.
«Marinette?», chiamai, pregando affinché stesse bene e decidesse presto di tornare lì presente con me.
«Devo andarmene. Subito.»
Farfugliò una parola dietro l'altra rendendo incomprensibile il resto del discorso, per poi dirigersi verso la porta con urgenza.
Sembrava che avesse paura di me, eppure non le avevo mai dato modo di provare un tale sentimento nei miei confronti.
O almeno speravo fosse così...
«Aspetta», teso l'afferrai per un gomito, fermandola. «Non puoi tornare a casa tua in queste condizioni, i tuoi genitori si accorgerebbero che hai bevuto.»
Nessuna risposta.
Nell'aria regnava solo il rumore assordante dei nostri respiri che si confondevano, rendendo l'atmosfera più tesa di quanto già non fosse.
«Marinette», insistei, rabbuiato dalla freddezza con cui mi si stava rivolgendo.
Mi ero invaghito troppo spesso della sua gentilezza, del calore che emanava e della dolcezza con cui trattava chiunque.
Perché adesso si comportava così? Cosa avevo sbagliato?
«D'accordo, rimango. Lasciami, però. Per favore.»
Si sottrasse alla mia presa, scappando di sotto, lì dove la presenza di Alya, Nino e altri nostri compagni l'avrebbe tratta in salvo, impedendole di affrontarmi una volta per tutte.










MARINETTE


«D-dove sono?»
Arricciai le labbra, spingendo una mano contro la testa pulsante di dolore e guardandomi intorno spaesata.
La figura di Adrien, disteso al mio fianco, mi fece mancare un battito. «Nel mio letto», rispose solo, giocando col bastoncino di lecca-lecca che avvolgeva con le labbra piene e riportando l'attenzione sullo schermo del televisore.
Quell'immagine mi distrasse per qualche secondo, quando poi però compresi il significato delle sue parole balzai subito a sedere. «Nel tuo letto?!»
«Dove, altrimenti? Eri ubriaca come una spugna.»
Desiderai ardentemente scomparire, essere altrove, lontana.
«Ascolta, Adrien... ho detto o fatto qualcosa di strano?»
Nel mentre pregai ogni Dio esistente affinché al mio già pienissimo curriculum di figure di merda non se ne aggiungessero ulteriori.
«Mm, vediamo», con uno schiocco lasciò andare il lecca-lecca, iniziando a giocarci. Gli occhi gli brillavano di una luce pericolosa, di quelle che ti facevano venire le farfalle nello stomaco e che neanche un insetticida avrebbe potuto scacciar via.
«Hai vomitato sul mio parquet, sul cavallo dei miei pantaloni e nel cappello di Nino, poi ti sei persino vomitata addosso e ti abbiamo portata di sopra perché Alya ti cambiasse i vestiti.»
Abbassai lo sguardo sconsolata, il respiro accelerò nel notare che stavolta, al di sotto delle coperte, indossavo solo una sua maglietta.
«Si è accertata che i tuoi genitori credessero alla balla che stessi rimanendo a dormire da lei ed è dovuta correre a casa perché era già in ritardo. Hai passato le ultime due ore a tentare di palpare il mio sedere facendoci degli apprezzamenti e hai confessato di avere una cotta per me fin dalla prima volta in cui ci siamo incontrati.»

Oh porca paletta!

«Ho dimenticato nulla, francesina?»
Arrossii violentemente quando si fece più vicino e il suo fiato bollente mi solleticò la pelle sensibile del collo.
«Non penso avrei potuto fare peggio di così...»
O quantomeno me lo auguro.
Non disse nulla. Sfacciato scese a osservare la mia bocca, prendendosi tutto il tempo di cui necessitava per studiarla in silenzio.
«Vuoi assaggiarlo, Marinette?»
«Ah-ahm, cos-cosa?»
Imbranata e fraintenditrice chinai lo sguardo sul cavallo dei suoi pantaloni, pensando al tempo stesso quanto mi ero resa ridicola in uno stato di totale incoscienza.
«Questo», frappose il lecca-lecca fra i nostri volti, divertito nell'accorgersi cos'avessi io in realtà compreso.
«Ho il gusto ciliegia, fragola, aranci-» Gli si arrestarono le parole quando socchiusi la bocca e timidamente cacciai fuori la lingua per leccare il bastoncino zuccheroso che stava sorreggendo fra le dita.
«È buono.»
Quel commento sembrò risvegliarlo dal suo eterno sonno di innocenza, facendo sì che le sue dita cercassero un po' più rudi le mie guance e le sue labbra diventassero benzina pronta a incendiare la mia bocca infuocata.
Adrien mi baciò con maestria, come mai credevo avrebbe fatto. Pretese le mie labbra con urgenza, in un modo a dir poco primitivo che mi fece arricciare le dita dei piedi e tirare indietro lo stomaco.
Di tutte le fantasie avute su di noi non ero mai arrivata a pretendere tanto. Non avevo mai immaginato un bacio così potente, bruciante.
Fu urgenza la nostra.
Fu voglia di aversi, toccarsi, forse addirittura amarsi.
Non ero mai stata così ubriaca di qualcosa in vita mia, mai.
Non mi ero mai sentita appartenere a qualcun altro che non fossi solo ed esclusivamente io.
Non avevo mai creduto di poter davvero con un bacio sentirmi sollevare da terra e volare.
Eppure con lui accadde.

   
 
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