Tanti Auguri Chiara

A tutti è dovuto un buon mattino

Era sempre un po' un diesel alla mattina Suga. A differenza di Daichi.
Se era il suo giorno libero poi! E se magari coincideva con quello di Daichi, allora Koushi si prendeva veramente tutta la calma del mondo. Anche quando il suo adorato, dopo avergli posato una serie di piccoli baci sulla nuca come personale buongiorno mentre lo teneva abbracciato stretto da dietro, scivolava fuori dal letto.
E allora Suga si rannicchiava nel letto, in posizione fetale, per ricercare il calore che l’assenza di Daichi aveva lasciato. Allungava una mano fuori dal confortante piumino e, a tastoni, recuperava il cellulare per controllare l’ora.

Le 06.52.
Scosse la testa divertito, pensando che Daichi non ce la faceva proprio a starsene tranquillo a letto nemmeno nel suo giorno di riposo.
Si girò dall’altro lato, abbracciando il cuscino di Daichi come suo surrogato, chiudendo nuovamente gli occhi ma lasciandosi cullare dai rumori che provenivano dalla cucina, sentendo la voce sussurrata del suo compagno chiacchierare con Sushi, la loro calico, mentre lei si lamentava vistosamente per il cibo che lui le aveva messo nella ciotola, evidentemente non di suo gradimento.
Koushi ridacchiò. Daichi stava viziando paurosamente quella gattina. A cominciare dal fare tutte quelle vocine quando si rivolgeva a lei. Cosa che fece ridacchiare ancora di più Suga, perché era meraviglioso vedere un uomo fatto e finito come Daichi, grande e grosso, coccolarsi la loro gattina. Era un’immagine che scioglieva sempre il cuore di Suga e lo inondava d’amore. Come quando rientrava a casa e li trovava sul divano entrambi addormentati.
Si lasciò cullare dal suono delle stoviglie, dal rumore del bollitore, dal ronzio dello spremiagrumi che, nel silenzio della casa, gli arrivavano soavi alle orecchie. Si lasciò tentare il naso dal profumo del toast caldo che Daichi stava preparando. Sorrise. Daichi gli stava preparando la sua colazione preferita.
Volse il volto verso la porta quando vide provenire uno spiraglio di luce dal corridoio. Daichi stava ritornando.
- Bell’addormentato, sei di questo mondo? - gli chiese Daichi ridacchiando, mentre posava il vassoio con la loro colazione sullo sgabello, sempre pieno di libri, al fianco del letto.
- Sì, perché tu mi hai svegliato. - rise soave in risposta.
- È giorno fatto, Suga. -
- Veramente fuori è ancora buio. -
- Dettagli. - specificò Daichi, mentre prendeva nuovamente posto sotto al piumone, abbracciandolo e Koushi trovò rifugio sul suo petto, tra le sue braccia, nella sua stretta sempre così salda e sicura ma anche così dolce.
- Ho un programmino per la giornata... - riprese a parlare Daichi con la sua voce bassa e avvolgente, mentre gli accarezzava i capelli. Parole che fecero emettere un lamento a Koushi. Sentiva dal vento che sibilava impetuoso che fuori la giornata non doveva essere delle più invitanti ma conosceva altrettanto bene Daichi da sapere che avrebbe potuto portarlo fuori a fare una “camminata rinvigorente”, come la chiamava lui, anche con meno venti. Camminata che, per inciso, era praticamente una marcia militare.
- Dai, sentiamo... - disse sospirando e facendo la parte di un condannato a morte, cosa che fece ridacchiare il poliziotto.
- Restarsene tutto il giorno a letto. -
Rise ancora di più, Daichi, quando vide come Koushi sbatté gli occhi un paio di volte, incredulo.
- A coccolarci. -
- Solo a coccolarci Daichi? Eri partito così bene. - lo perculò divertito Suga, facendolo ridacchiare mentre se lo tirava nuovamente al petto.
- Ti ricordo, caro Suga, che “coccolarci” era il modo in cui volevamo intendere “fare l’amore” quando ci siamo messi insieme al Liceo. -
E Koushi sorrise, perché era certo che Daichi, anche dopo dodici anni da questa cosa, fosse ancora inevitabilmente arrossito.

E lui lo amava alla follia proprio come quel primo giorno.