Fumetti/Cartoni americani > Rick & Morty
Ricorda la storia  |      
Autore: GirlDestroyer1988    08/01/2023    0 recensioni
Tempo incomprensibile? A chi appartiene a Gravity Falls, sconosciuta porta sui mondi e altro mondo essa stessa i misteri non conoscono vera soluzione. Ma se ti fidi di uno squilibrato dai capelli assurdi (o se non lo fai) innumerevoli porte continueranno a aprirsi. Forse troppo innumerevoli per un idiota come te
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Morty Smith
Note: Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

C’è l’hai avuto, ora chissà dov’è, chi lo deterrà, dove il camion n’

RM0289

Della nettezza urbana vomiterà i suoi raccolti. E ricomincerà

Come da un rendez- vous (Paolo Conte-Gli impermeabili-Paolo Conte). Vi interessa il futuro, quanto l’idea di voler viaggiare aldilà delle strade, dei mari e dei cieli che vi rinchiuderanno come topi in una nave scientemente fatta colare a picco dove-in qualunque parte del globo-un disastro vi travolgerà come un auto corre addosso a un dissuasore di velocità: New York travolta dall’oceano in La distruzione del mondo di Felix Feist, se guadagnereste la fuga dall’aeroporto di Kennedy atterrereste in Giappone, a Tokyo, e là c’è Akira di Izo Hashimoto conchiuso e riassunto in Tetsuo (Alessandro Quarta) che collima psichicamente con i bambini esper e la loro guida soprannaturale Akira in un nero muro grande quanto la Canopus. Temo che nemmeno in Italia incontrereste più fortuna, tra lo Ymir a Roma e in Francia la Cobra che scioglie la Torre Eiffel nell’acido almeno per una concreta salvezza momentanea con Tucidide sempre in agguato ritornereste a prima che il mondo vi crollasse senza che il sottosuolo dove rintanarvi come Gatto Silvestro in L’inferno non può attendere di Fritz Freleng vi possa proteggere indefinitamente, ma con una comoda via di fuga che trae velocità dalla sua immobilità, facendovi correre più veloce di un auto senza che il vostro studiolo da IMA Film nella Franciacorta bresciana debba essere messo a soqquadro da motori 29 cavalli. Illudersi concretamente di far virare lo Shaihuludata della storia dove non farebbe danni, a prima che il cielo diventi una prigione di bombardieri, a prima che tutto il mare si raccolga in un onda che annega con essa il cielo, a prima che una ridente cittadina di cartapesta bruci e si sciolga alla fine di un countdown atomico presieduto da Carson City Noi invece, attirati come a Morannon alle falde dell’Onnisciente Occhio di Sauron raggiungemmo a Gravity Falls, Oregon, scomparendo come Ettore Majorana. Anche se non è vero, assistemmo e ci muovemmo dopo gli eventi da cui fuggire, sfrecciando senza frecce sull’autostrada del destino (scommettiamo quella di Final Destination 2?) Innanzi a Sidney Blackmer e Lois Wilson, Mitsuo Iwata e Mami Koyama, William Hopper e Joan Taylor, Channing Tatum e Rachel Nichols eoni nel futuro. E dai boschi e dal mare ritorna la vita,

e ancora la terra sarà popolata,

fra notti e giorni il sole farà le mille stagioni

e ancora il mondo percorrerà

gli spazi di sempre per mille secoli almeno,

ma noi non ci saremo (Francesco Guccini-Noi non ci saremo-Folk beat n’1)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tokyo come potrebbero essere i miei denti dopo aver preso a morsi un incudine su cui s’alternano a estro dei giorni una pioggia innaturalmente leggera, la falsa doccia  dei softcore di Aristide Massacessi, cadendo anche in bucolici scenari innevati sputtanati però dalla morte e da quella cupezza automatica di L’amante del presidente di Sergio Turone, fatta tutta da errare  degli autobus delle linee di Ikebukuro e Toshima mossi solo dall’impossibilità dei loro ESP d’accorgersi dell’estinzione del genere umano

Dal Babbo Natale che saluta dal neon animato della sua insegna, caduta come una ghigliottina su alcuni cassonetti, l’Atlantico ondeggiare i suoi marosi dal puntale dell’Empire State Building, il Colosseo crocefisso come i partigiani di Piazza Martiri del 7 Luglio di Reggio Emilia a opera d’impalcature votate a risanarlo dalle bazookate che lassù avevano ucciso lo Ymir con lo stesso Ymir ormai divorabile dai turisti mentre dal canto suo Urbano Cioccetti esigeva una consegna ai musei cittadini preoccupato vieppiù da cosa quella carcassa avrebbe presupposto per l’igiene pubblico, la sconsolata torre Eiffel a cui la giunta Delanoe non sa aiutare a guarire dall’acido che ha vinto persino l’acciaio, con tutta Quai Branly indeterminatamente chiusa ai trasporti. Scomparsi gli umani sul Colosseo ferito è cresciuto un muschio eterno sulla carie, mentre la torre di Parigi è una rosa del deserto che lo sgretolamento  di Avenue des Nations Unites ha impreziosito di cozze d’acqua dolce quando la Senna ha potuto cominciare a ossidarla, On commença à percevoir l'existence du règne ferromagnétique au déclin de l'âge radio-actif. C'étaient de bizarres taches vio­lettes sur les fers humains, c'est-à-dire sur les fers et les composés des fers qui ont été' modifiés par l'usage industriel. Le phénomène n'apparut que sur des produits qui avaient maintes fois resservi : jamais l'on ne décou­vrit de taches ferromagnétiques sur des fers sauvages. Le nouveau règne n'a donc pu naître que grâce au milieu humain (J H Rosny Aîné). La Terra come assistetti a essa era diversa eppure familiare. Raggiungemmo una città-giocattolo, un giocattolo creativo e combinatorio da e di Carlo Basso, affidato però a un piccolo Koichi Tateishi con l’assistenza di una piccola Catherine Norman. Fantasia non è la parola adatta per quello che era quel lisergico Metaverso, in cui negli esperimenti genetici di Gorky 17 architettonici e non euclidei inflitti all’occhio un castello gotico malevole nella sua corazza di cavalletta e corteccia di ocotillo malgascio s’imbiancava come una mucosa oloturia in un cemento cristallino e quarzifero innervato di tessuti fungosi, vegetali e cnidari, ogni costruzione, torre e polveriera grottesca, capricciosamente cangiante come una alessandrite attaccata da [Ga Keen] con il suo [Atomic Hurricane], accogliente nel suo folle specismo (un ecosistema di grattacieli come incantevoli formicai di carne di corallo, chiodino e muschio spagnolo) con come scrigno la stessa paratia che sbocconcellava  [Trinity City] i cui padroni, i cui Paperopolesi erano simili alla Scatola della Verità, creature di pura energia digitale e elettronica, nostri stallieri e protettori. Voi avete Voltamatron, noi Bill Cipher. uesto triangolo è Bill. NON PENSATECI. NON COMPARIRÀ PIÙ. Noi invece, nella sua smania di colonizzare la nostra realtà-con successo, disperdendosi rendendo la realtà stessa il Super Scary Labyrinth of Fear di Utopia andata e ritorno di Philip k Dick-lo vedemmo comparire con il permesso datosi da solo (ma quando cresci diventando Kathulos della Dimensione del Caos chi può controbatterti?) Di fermare il Sole con nubi temporalesche arricciate in tanti uragani quanti attorcigliandosi come i capelli di Arukenimon (Monica Gravina) avrebbero strappato ciascuno degli alberi delle foreste dell’intero Oregon. Sembrava L’uovo dell’angelo di Mamoru Oshii. Ma certamente degli anime avrei voluto vedere diventare veri i veicoli “incapsulati” della famiglia Brief, la Mach 5, la polizia corazzata di Rio un ragazzo contro un impero non assolutamente un minaccioso e inquisitorio occhio oltremondano a tramonto su un mare di sangue! E se potreste pensare che L’uovo dell’angelo vi condanni alla anablefobia, Patlabor una trappola da 450 milioni di anni ve l’aumenterà con un pò di (mal)sana talassofobia. Nel cielo di un futuro remoto di 50? Comunque milioni di anni ora esisteva un fratello del Sole. Oggi è impossibile (Rick Sanchez mi ha millantato esploderebbe tutta la Svizzera….ma una volta aveva fatto scoprire alle formiche come funziona uno di quei cosi la cui responsabilità è di Van De Graaf proiettandole in un universo alternativo) eppure dovevano esserci riusciti. Dovevano essere passati millenni su millenni per com’erano diversi piante e animali. Questo fiore nella tasca del mio Wranglertm ad esempio

Non credo esista oggi. Ha una sorta di ghiandola che colava mucillagine, oggi diventata rinsecchita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dopo l’estinzione dei dinosauri le creature satellitari-quei mammiferi racconta Qwfq sempre più preponderanti, agguerriti e specializzati-conquistarono il mondo: mammiferi, uccelli, poi evolvette l’uomo. E l’uomo fu creato quando il mondo fu finito (Ricordi d’infanzia-Creazione-Io uomo). A casa a Chattanooga ho i DVD di Balalaika e Piangerò domani, con i corti tutti e due intitolati Pace in Terra agli uomini di buona volontà. I also discovered that there was a remake. Good Will to Men (1955, directed by William Hanna and Joseph Barbara, MGM) generally follows the same story as the original, though with mice instead of squirrels, and an even stronger Christian theme. The biggest difference is that the human race is exterminated through nuclear Mutual Assured Destruction, represented by two explosions spreading over the planet.

Though updated to reflect the Cold War threat of nuclear annihilation, Good Will doesn’t have the same impact on Peace on Earth. The destruction and death of the original, horrifying precisely because it came down to a very personal, physical level, is replaced by an abstract, general destruction. There was nothing comparable to witnessing the last two human beings murder each other.

That’s what it came down to, I thought: humans were so flawed that even without nuclear weapons, even without corrupt leaders, we would eventually slaughter ourselves to extinction, one by one, billions of acts of individual violence (Peter Tupper)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quando toccherà a noi d’andarcene….accompagneremo la megafauna dei nostri zoo. Chi oggi è piccolo s’affaccerà su questo mondo impoverito, a cui come diceva Nigel Marvin “mancherà qualcosa”. Dalle rovine, dai grattacieli cariati da 107 gradi Celsius, dalle fattorie trascurate dalla morte dell’ultimo contadino marciarono-Goonies confusi dalle scenografie di Paul Radford-ratti, serpenti, corvi, maiali, Il pianeta irritabile di Paolo Volponi e il 249esimo episodio di Adventure Time che, Believe-it-or-not! Abbiamo visto nelle loro controparti reali. Come le aeronavi di Verne e Salgari e l’allunaggio di Wells la fantascienza realizzata. Abbiamo un amica meccanica, un pò Cybernella (Silvia Pepitoni) un pò Blackarachnia (Rossella Acerbo), di nome Jenny Wakeman, una Eva futura la cui bellezza è pari al Burattinaio (Stefania Patruno), adorata in quella città con la Luna nel nome, alcova di Piretoplasti che in una prestidigitazione elargiscono whisky bollente che raffreddano a quote Dispolce “mangiandone” il calore, in mezzo a macchinari umanoidi come lei che la vezzeggiano più umanamente che mai, come si è fatto vezzo di Sofia Loren come di Rachel Welch come di Beyoncé. Non essendoci carne in lei eravamo però oltre. La chiamammo principessa, Ci sono piatti, ma non appetito

Fedi, ma non scambievole amore

da almeno trecento anni.

 

C’è il ventaglio – e i rossori?

C’è la spada – dov’è l’ira?

E il liuto, non un suono all’imbrunire.

 

In mancanza di eternità hanno ammassato

diecimila cose vecchie.

Un custode ammuffito dorme beato

con i baffi chini sulla vetrina.

 

Metalli, creta, una piuma d’uccello

trionfano in silenzio nel tempo.

Ride solo la spilla d’una egiziana ridarella.

 

La corona è durata più della testa.

La mano ha perso contro il guanto.

La scarpa destra ha sconfitto il piede.

 

Quanto a me, credete, sono viva.

La gara col vestito non si arresta.

E lui quanta tenacia mi dimostra!

Vorrebbe viver più della mia vita! (Wislawa Szymborska). Nicki Minaj ha 28 anni, con il suo sederone come la vela di una Plymouth Superbird scalda i 425 cavalli nelle tette d’acciaio-enormi e feroci-per correre nuotare guidare volare contro Jessica Rabbit, appiedata ma cartoon eterno con la fantasia di correre veloce come la valanga (We learn to run at speed of light

And to fall down from any height

It's true but just remember that

What we do is what you just can't do Aqua-Cartoon heroes-Aquarius), la Minaj sulla sua Lamborghini Aventador sbuffa e suda da immobile per pagaiare un pò più avanti alla maratoneta  di plastica e effetti speciali, pugna contro la nostra stessa ombra, contro Ariel, dalle onde aprenti nel mare mentre la Minaj è chiusa-Barbie contorsionista-in un motoscafo da Formula 1, come in una favola di Esopo la Sirenetta Ariel ha già vinto, come nella filosofia di Zenone la Minaj perde perché deve fare cento volte quello che la pupilla di Nettuno fa in cinquanta mosse, contro Jasmine il suo tappeto volante scivola già oltre, dalle altre odalische (Yasminda, Miriam, Nida, Rouge), mentre la Minaj le accorre con il suo EF111 Raven puntualmente con risultati per la poppona di Barcellona deludenti, da Setsuko Karasuma abbattuta da orde di scarafaggi in Twilight of the cockroaches di Hiroaki Yoshida. Jenny era parimenti ineguagliabile, come ineguagliabile è l’aratro per le figlie di Abele contro la strategia di trascinare sue caviglie in pugno la più pettoruta di loro affinché capezzoli e sacche lattee solchino il terriccio come si fa in spiaggia per farsi un velodromo di biglie

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Calzava iridescenti pattini a 8 compatte rotelle che la movimentavano senza posa né quiete che non fosse quella della scultura cinetica, con una sola domanda che cresceva come una sinfonia; potevi venire? Il suo manager ce la diede, le sciolse i lacci, altera mentre gli ellissografi delle sue metalliche gambe tornite (la clonata Alraune massaggiata da Picchiarello che le colpisce le gambe con lo stesso martello pneumatico con cui ha imbullonato alla perfezione la faccia di Buzz Buzzard in Wild and woody) tracciavano Tlon Uqbar Orbis Tertius in giro per quella che credevamo essere Ooo. Una Ooo che con Beach City ha in comune più dell’Imperatrice in realtà-ci scommetto-Diamante Rosa

Ma anche la grande dominatrice, Diamante Bianco. L’atmosfera mi ricordava I visitatori di Clifford D Simack, con il cielo fenduto per lasciar passare qualcosa di dimensioni inimmaginabili. E non erano solo le dimensioni a possedere quell’ aggettivo qualificativo; inimmaginabile era la sua stessa potenza. Se c’erano forme di vita che potevano parlare correvano intimando d’andarsene, cacciarsi nelle tane, mulinare le braccia come nel Ballo di Simone di Giuliano Cederle da Giuliano e i Notturni per afferrare rami e scalare alberi (ma se ci stava per cadere addosso quello era un regalo per gli oppressori…). Nuvole che si contorcono, si spiralizzano in zucchero filato all’aroma di temporale nel crepuscolo in un giorno di Ottobre, raccogliendo con un fiato da [Kikai Juu] Kurabas P9 ogni foglia morta delle foreste a contorno di quella conca desolata, in un poltergeist che qualunque meteorologo riterrebbe ordinaria amministrazione, ma noi come Joseph Binks di Fruscio di streghe di Anna Dale conosciamo troppe più cose e leggiamo tra le pagine bianche degli altrui romanzi. Sbocciò un occhio in cielo, ovale [King of Vega] di giallo senza luminosità, con uno squarcio di pupilla rossa che purtroppo per noi non stava a significare che [Grendizer] aveva vinto. Bill Cipher. Credo che il vostro Voltamatron non appaia manipolando l’intera troposfera, 11 chilometri di aria sì ma soprattutto annientamento psichico collettivo da Utopia andata e ritorno e Le tre stimate di Palmer Eldricht di Philip K Dick. Quei fuggitivi, quelle bestioline di Mammuk di Bruno Bozzetto come noi in ultimo avevano perso: sapere che Bill Cipher si è sciolto unendo i suoi atomi alla realtà stessa non è un gran incentivo a alzarsi dal letto ogni mattina, ma credo che se Rosalba Vatellaro riesca a far accettare a dei bambini che contro la mafia non può esserci un completo lieto fine nemmeno io Marco Diaz mi sento di dovermi arrendere. Dopotutto se ho sudato meno di quello che mi aspettavo con un muro Heel tipo Randy Orton quale Rasticore il coraggio contro Bill potevo trovarlo. Creature scolpivano quelle piramidi, scanalate come la fontana di Dominioni in Piazza San Babila a Milano e con un raffazzonato occhio indagatore. Erano infantili come The adventures of Sonichu di Christian Chandler ma come quegli scarabocchi disturbanti nel sovrapporsi di tratti da poster fatto in quinta elementare-prima media e sesso pornografico, devianza e violenza raccapricciante anche perché CHIUNQUE sentiva che quegli occhietti ci perseguitavano, muovendo le loro scarabocchiate pupille dentro le loro orbite in sincrono con i nostri movimenti. Ossessione? No, ma non potei non notarlo. E non mi sfuggirono altre statue, folklorismo da Darfo Boario Terme, ma molto più destabilizzanti degli scavi archeologici a opera di Antonio Bazzini.  Avevano trovato marmo purissimo e vi avevano scolpito una figura procace, imponente, è difficile da descriverla, sembrava una action figure di Elastigirl di quelle con lo sciroppo di mais dentro tirata pronta a lanciarla a mò di fionda umana con un seno da far invidia alla Malibu Stacy tettona “ritirata dal mercato perché una bambina ha finito con il cavarsi gli occhi”, qui con una rotondità incipiente e che se non congiurava contro il tuo senso della vista ti inquietava come se fossi uno sciatore immobile e impedito al cospetto di una valanga. Il suo copricapo era di putrelle intrecciate in una stella il cui nucleo era un unico elmo di Mean Machine Angel i cui raggi come ingigantenti di capelli affetti da forfora alternavano come nella danza dei ventagli la nudità rugginosa dei loro supporti, con un escrescenza all’insù simile a un copricapo faranoico, piegato (così mi sembrò) a angolo retto di 80° verso l’osservatore. A ribadire l’influenza dell’Egitto c’erano le due losanghe che favorivano un aderenza maggiore alla testa nuda come quelle della monumentale maschera regale di Tutankhamon (e non sarebbe la prima volta che l’Egitto dei faraoni e delle mummie si riscopre da tutt’altra parte che il Cairo, dalla saga Universal/Hammer della mummia al corto di Superman che chiaramente va a essa rifacendosi, The mummy strikes di Isadore Sparber, il personaggio di Cleo fin dal primo Animal Crossing per GameCube, la Catwoman del film di Jean Christopher Comar e la Fantomette della serie animata di Sophie Decroisette, i due obelischi di Via Montefiorino di Reggio Emilia, un ristorante dal’insegna egiziana lungo la Via Emilia in direzione Cittanova, un gruppo beat di cui non ricordo nemmeno il nome del vocalist, immagino fossero l’ininfluenza fatta pentagramma), da Saqqara a Venezia, per due pindariche mascherine non certo di porcellana ma di una qualche ancora più delicata varietà della pietra orgoglio di Massa Carrara che chinavano lo sguardo a levante e ponente di quella che sarebbe dovuta essere l’unica, accettabile, autentica faccia

Abbandonando l’altresì troppo martoriato cranio con l’incipit e excipit di un nobile collo di Modigliani, passando ai seni che ho già descritto e che penso abbia suggerito abbastanza appartenessero a una gigantessa, agghindati con il resto del corpo con un parto davvero che avverrà tra un milione di anni di Yoji Yamamoto, un abito da sera con lo spacco a sirena (in)degno della Raven (Laura Boccanera) di Spicy City in realtà un plaid tagliato per farci passare una testa con più improbabilità di farsi strada attraverso qualsivoglia materiale di un ceratopside con maniche fatte di trenini di sbuffi, tipo American Embassy di Niki de Saint Phalle. Poi apparii alla Madonna. E non mi chiamavo Carmelo Bene. Lo stesso strafalcione dei Graham Chapman, John Cleese e Michael Palin di Brian di Nazareth suppongo. Era un grumo di calcantite blu come la pietra di Libiola sagomata in una donna avvolta a 360° da panni in mezzo ai quali appariva una mascherina come quella delle pupe di Angelica del teatro dei pupi siciliano. Si era di punto in bianco passati dal manierismo di Michelangelo Buonarroti al minimalismo di Luigi Ontani. Capii poi che quelle figure erano le discendenti di Diamante Blu e Diamante Giallo. Steven, il mio balneare amico di Beach City le conosce molto meglio di me. A partire da Beach City la loro popolarità dev’essere cresciuta sfidando il tempo, neppure si trattasse di DC one milion di Grant Morrison

  

 

 

 

 

 

 

 

 

Infatti dove Bill Cipher si stava agglutinando tipo la sigla di The Superjail! Di Stephen Warbrick era pieno delle loro effigi, che si era tentato di replicare ogni volta ottenendo un opera diversa. Le veneravano, ma chi non lo farebbe? E chi non l’ha altresì fatto. Lucia Noceda mi ha iniziato alla stregoneria e al culto dei demoni-con anche Tom Lucitor, Hekapoo e Charlotte Magne. I Lucitor e i Butterfly demoni venerati come dei stile Godzilla Monster of monsters non hanno bisogno d’accendere il Nintendo Entertainment System per incontrarli, da Wrathmelior la focosa (in tutti i sensi) MILF del mio amico Tom

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A Alastor (Charlotte sembra trovarlo sensuale, e dopotutto se funziona per Rachel Leighton/Diamante andrà alla grande anche per lei! Ma condivido i “dubbi” di Vaggie)

Finendo ovviamente con la più triste di queste storie, Globgor e Eclipsa. Ciononostante non mi sembrava di essere circondato da demoni. Ma dopotutto il leitmotiv degli angeli è il dire “non abbiate paura”. Paura mi sovvenne assieme agli altri (le Crystal Gems sfoderarono le armi) quando l’apice dell’evoluzione delle astronavi, l’ultimo anello delle catene dei calcinculo di Crazy World da Jungle Jessy (Perla Liberatori) a Alfastar (Emanuela Damasio), l’indiscussa protagonista dello spettacolo di cheerleaders armate di pon pon caduti sulla Terra, Numerose sfere quasi trasparenti si movevano pulsando in varie direzioni. Al centro di ciascuna si trovava una macchia d'ambra che, cadendo sotto i raggi diretti del proiettore, si accendeva di un colore rosso sangue... Intanto gli esseri trasparenti e delicati continuavano a dividersi, a muoversi, a scontrarsi…Anatoljn Dneprov-Il fattore tempo-La formula dell’immortalità. Racconti di fantascienza|erano fondamentalmente delle nuvole, un pò di mercurio, un pò d’acqua, un pò di panna montata. Sembravano placente in cui erano state imprigionate delle lottatrici di wrestling, sul punto di avere le Buena Girl (Anna Lana), Penny Pluton (Paola Piccinato), La Flamencita (Loredana Nicosia) e Cindy Slam (Gemma Donati) libere con le vesciche pulsanti loro addosso come agglomerati di feti di ragno lacerate alle loro spalle. Ma erano veicoli, assorbibili dal corpo delle Gemme e emettibili a piacimento come una Lanterna Verde. E quel tormento cellulare cessò quando ci stavamo quasi annoiando, convinti dopo il primo sbalordimento di essere semplicemente finiti a una Biennale di Anicka Yi. Non più Perle, ma Ammoliti, come Tyr’ahnnee regina di Marte (Alessandra Korompay) bellissime sebbene senza naso (come i rinopitechi dorati), con 5 occhi e gli abiti delle Dinah e Pearl (kinda ironic) di Starlight Express, i cui fiammanti pattini sembravano versioni munite di ruote delle tradizionali scarpette da etoiles de ballet con telaio ammortizzato per compiere salti e acrobazie da Fantabuggy (Antonello Governale), irradianti noi con sorrisi fatti di lucente statico televisivo, come se Francesco Misseri per Pozzie avesse animato il liquido energetico di Tron. Fecero un carosello per mostrarci quanto fossero diventate superbe e evidentemente per captato benevolentiae, attendendo i Diamanti. I diamanti: i migliori amici delle ragazze,   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I più duri figli di puttana del mondo minerale, per sfoggiare questo mio lato Mr Crocodile Dundee. Che poi sono carbone i cui atomi, alla lotteria hanno opzionato un ordine diverso molto spesso per caso. Un fatto che troppo spesso si sono dimenticate. E se è vero che il diamante è nell’ambito a noi noto il più duro, come la fauna di altri pianeti nonché la flora sono completamente diverse da quelle del nostro pianeta, anche l’ultimo dei regni di Spicacci varierà spesso senza che il nostro intelletto terrestre possa arrivarvi prima.

Okay, la Cristobalite non ha la durezza del diamante (essendo una variante del quarzo) ma se è vero cosa avevano speculato, che un Quarzo, Rosa Quarzo, aveva fatto a pezzi un Diamante, Diamante Rosa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Allora le priorità da durezza saltavano con entusiasmo. C’era però qualcosa che non andava, e il Sym Bionic Titan se ne accorse. Non penso fosse un mistero quanto Diamante Bianco e Bill Cipher fossero vicini

E quanto il nostro “amorevole” triangolino sia un manipolatore. Sbaglio o il vostro Voltamatron non è di pasta molto diversa?

Questa sì che era un osservazione cogitò Maximus irriverentemente appropriata di Marco. I Vendicatori non erano [Emperu Ou] che muove la colossale flotta militare di Emperius in una battaglia di Sena Gallica de visu, ma il pressoché solitario [Daikengo] che il [Mazeran Taitei] l’ha combattuto nelle retroguardie, con pure la coorte del suo stesso pianeta che lo braccava come disertore sobillata dal Saruman [Daresu]. E alla stessa maniera Voltamatron non era un distruttore di mondi come Cold e il figlio Freezer (Vittorio Bestoso, Gianfranco Gamba), Majinbuu (Riccardo Rovatti), Baby (Luca Sandri) e Turles (Christian Iansante), ma più un Concetto, un concetto pervadente come lo possono essere D Reaper (Daniela Calò), Love Machine e Palmer Eldricht (o meglio gli alieni che lo manipolano). E lo studio della storia lo piegò a chiedere se Bill Cipher, angioma dei sogni, non fosse un Entità similare Sì, sì, abbondantemente sì. Il mio amico Dipper l’ha sperimentato in prima persona

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Già ho avuto una bruttissima esperienza anch’io vagheggiò Marco e penso che Diamante Bianco possa essere definita come concettuale alla stregua degli altri due. Voglio dire: tu ti aspetti un personaggio lineare, uno sciame di locuste agglomerate in un unica carestia capace di camminare come il tuo uomo formica, una macchina per conquistare e maciullare pianeti con tutta l’intelligenza di Rebo dei fumetti di Luciano Bottaro, ma per un ironica inversione una groiupie di Steven Universe, sai chi è? Morty me ne ha parlato dall’attaccamento più malato del fantasma dell’opera. Quando passi dall’amore all’idolatria….quella fangirl di Stella una volta si era impallinata con i Love Sentence, ma cominciò a vacillare nella sua fungirlaggine quando lesse di quanto il frontman Justin Towers fosse arrivato vicino a farsi violentare sul palco da un orda di sue cultiste. E quando dico “cultiste” intendo che c’era una setta religiosa che li venerava come dei, e quel concerto le vedeva nel pieno della guerra dei contadini tedeschi, motivo per cui l’intera band partì per una tangente come quella di Franco Battiato successiva allo scioglimento degli Ambulanti. Vi ringrazierei ma non saprei se declinare questi miei elogi in senso sarcastico o sorprendentemente meravigliato. Ora immaginate una puntata di Daikyu Maryu Gaiking il cui Mostro Nero du jour ha a che fare con i nostri bellocci canterini spalleggiato da Uomini Uccello declinati al femminile come quelli codazzo di Erika (Alessandra Korompay). Diamante Bianco….è esattamente questa cosa. Steven racconta: Diamante Giallo e Blu venivano freddate come un Danny (Scott Bakula) e una Sawyer (Jasmine Guy) quando Darla Dimple (Ashley Peldon) fa capire più potentemente dei barriti di Woolie Mammoth (John Rhys Davies) che per Lei gli animali devono solo fare versi, con doppia doccia ghiacciata per i gatti inopportuni a opera del maggiordomo Max (Mark Dindal) con poi-dopo l’onta dell’acqua tanto odiata dai felini-un sonoro calcio fuori dagli studi alla menzione di Bianco, figuriamoci alla sua grand entreé

 

 

 

A questo giro Darla è Perla Bianca, con quell’inquietante vocetta da Barbie stravolte in sexy giocattoli assassini in Small soldiers di Joe Dante, o sempre rimanendo a Dante Ciuffo Bianco (Elio Pandolfi) in ambo i Gremlins, disturbante se non vi piace il falsetto o avete direttamente la ligirofobia. Io ne ho una forma blanda e comunissima, mi irrigidisco se sento un motore rumoreggiare acutissimamente per strada alla bisogna chiudendomi gli occhi, più per fastidio che per paura però, mentre ho comuni forme di crepitofobia e brontofobia. Innegabilmente però Perla Bianca ti cola ketchup ghiacciato lungo la colonna vertebrale ogni volta che apre bocca, ha la voce che ha la bambola computerizzata di I criminali della galassia di Antonio Margheriti, o il pupazzo a molla con i denti da Jerry Lewis di Profondo rosso di Dario Argento. Solo che quest’ultimo in Glauco Mari suscitava solo stizza avendo presto ragione del giocattolo, io quella là la sogno la notte. Grazie Steven, m’impresti fobie come cartucce del Game Gear. Con Steven d’altrocanto dal ketchup ghiacciato iniettato con un catetere fin dove l’ago cozza con le ossa vertebrali si passava alle infradito a Dicembre. Più Diamante Bianco coccolava Steven più l’adrenalina scioglieva sudore nei succhi gastrici. E questa morbosità era usuale anche con Diamante Rosa, quella viziata

 

 

 

 

 

Okay, questo è Art Attack West Wing! Proruppe Vance dimostrando una “teledipendenza” che non sarebbe dispiaciuta a Siege (Clancy Brown) e Chameleon (Frank Welker) Ma non c’entra più la Casa Bianca, ma l’intero universo. Un intero universo che ha assistito impotente all’One World Trade Center con Tina Brown prenderne tutto il meglio, mangiarlo e cagarlo sotto forma di linee Louis Vuitton che cadono sui mondi oltraggiati in un bombardamento come quello sancito dalla [Nyotei Oreana] ai danni del pianeta Sigma. Quello mi adonta di più di questo pettegolezzo più che storia è lo scempio materno.

Chiedete a Beach City all’autolavaggio It’s a Wash al gestore Greg Universe chi fosse davvero sua moglie. E io pensavo che Mewni con l’affaire Eclipsa fosse un nido di serpi. Almeno se la rivelazione scabrosa su padri & madri indegni c’era comunque rimaneva fissa e stabile. Guarda un pò; i miei romanzi di Philip K Dick preferiti sono Utopia andata e ritorno, Le tre stigmate di Palmer Eldricht e La penultima verità. Tutti nessuno escluso incentrati su una realtà irricostruibile. In ogni caso, fosse Quarzo Rosa, fosse Diamante Rosa, parliamo di una gran brutta persona. Una gran brutta persona che abbruttisce grandemente persone tristemente attratte dalla sua orbita. Come Perla, giunta alla conclusione di essere tutt’ora un ancella, un ancella ribelle, ma un ancella comunque esecutrice di volontà inique, per non dire una serva. Per non dire una sgualdrina. Ancella, serva e/o sgualdrina armata di alabarda, ma per il solito coming back a Utena ci serviva proprio una scoppiata dai capelli rosa a emancipare la regina degli zerbini Anthy Himemiya (Donatella Fanfani)? Un maschiaccio? A me sembra una delle Femizoniane dei Fantastici 4 o una delle isolane di Paperino e l’errore del Paperzucum di Rodolfo Cimino. E siamo sempre al punto di partenza; tanto valeva rimanere a Kenshiro (Alessio Cigliano) che deve salvare Julia (Daniela Caroli). E ho scoperto che in un futuro ipotetico metterò su i suoi stessi muscoli, quindi c’è persino più affinità tra me e lui come lettore. Il suo credo sembrerebbe fosse stato quello che ogni Gemma doveva essere libera di fare e essere quello che voleva. Vi spiegherete da soli l’avversione di Diamante Giallo e Blu a quest’ideologia, avversione giustificata dal sapere che Carnevale non può durare 12 mesi e non è vero che possiamo fare e essere qualunque cosa ci venga l’uzzolo, soprattutto venendo alla natura incontrovertibile delle Gemme. Noi non usiamo i diamanti per il manto stradale e i termometri a oro liquido non calcolerebbero mai i gradi di febbre Ma quelli sono elementi della tavola periodica Beh sulla tavola periodica ci sono cristalli e gemme preziose, per non parlare di quanto Steven e le Crystal Gems mi ricordino Will Magnus e i suoi Metal Men

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Diamante Rosa secondo me non ha mai visto Nightmare before Christmas e Megamind. E questi film al momento dell’uscita al cinema vennero volenterosamente abdicati anche da Ametista, “la più giovane del gruppo” che si è bevuta il suo tè delle 05.00 assolutamente senza perplimersene. Okay, è una mutaforma-più del tipo del mio amico Rex Salazar che Scuba s Duba, i Barbapapà o Tiramolla-ma i suoi tentativi di farsi eleggere sindaca sono state Caporetto ministeriali ancora più sensazionali di Alfredo il tacchino in Morto di fama di Giacomo Michelon. E non lo dico per offendere; già queste due Crystal Gems hanno imparato dai loro errori, e percorso la dura calle volta, mirata, destinata a far loro capire cosa avevano in testa i due bistrattatissimi Diamanti. Non ho ancora parlato di Uvarovite, o Garnet visto che sembra che quello sia il suo vero nome a ascoltare la vox populi. Da puro eco remoto, come Ceres (Pinella Dragani) votata a influenzare Aya Mikage (Valeria Vidali) Uvarovite è stata persuasa a sposare sé stessa da sempre quella Diamante Rosa, sempre per quella sua agenda anarchica da re delle zucche credutosi Babbo Nachele. L’unico sassolino nello zoccolo del suo volo pindarico è la natura fatta di conflittualità primigenia dei coniugi, Rubino e Zaffiro. Lui maschio, rosso, focoso, iracondo, lei femmina, blu, pacata al punto da essere algida. In matrimonio ci si unisce, ma non fino all’ultimo atomo. Altrimenti è Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare di Agosto di Lina Wertmuller. Questo effettivamente accadeva, e la sposa autoinflitta doveva divorziarsi per far sì che Rubino e Zaffiro riguadagnassero il loro territorio, il loro Absolute Terror Field. Almeno non erano fastidiosi come Spongebob e Patrick….e nessuno dei due arrivò mai a impazzire in una città deserta guidando un motoscafo per….fuggire dai motoscafi poiché sei così ammattito da essere diventato nautofobico. Come mai tu fugga da un mondo di barche da cui sei diventato paranoico guidandone una ha senso grossomodo come tutto il perché e il percome di una spugna quadrata con i pantaloni, la casa dentro un ananas e che cucina hamburger. Diamante Giallo e Blu erano però donne irreprensibili, e si sa che il coraggio di opporsi ai figli di mamma, tanto quanto Izuriha Kagari (Eri Kitamura) e la Duchessa Diana (Joanna Hall) che i ben più reali Edoardo VII e Caligola ha un costo. Altissimo. Me le immagino dare le spalle irritate a una Diamante Rosa gonfiata e macerata nel suo mefitico ego da bomba puzzolente El Mongo da Diamante Bianco come un Kamachi (Stefano de Sando) e una Lin (Marzia dal Fabbro) che si rimettono a lavorare sdegnati dalla loro matrona Yubaba (Sonia Scotti) e da come trasmetta il suo dispotismo a Bo (Monica Bertolotti), camminando tra rose dei loro stessi colori. Con la loro frustrata tuttavia intonsa eleganza suonano lo scacciapensieri dei loro tacchi in mezzo alle armoniose risaie di rose gialle come il Sole di mattina e blu come il cielo deterso dall’ultima briciola di notte dopo l’alba dicendosi che con quel Diamante-per di più loro superiore-non servirà mai. E pensare che Diamante Rosa era intelligentissima, la figlia sognata da ogni madre….e da ogni padre.  Il pene è male, il fucile è bene

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tanto per cominciare; cosa c’è di superiore al bianco? Il colore della morte in Giappone (sprizza vita da tutti i pori, ma Diamante Bianco ha ancora meno vitalità di un dakimakura) e del vuoto in Occidente (E quella volta, una domenica di ottobre, già l'autunno ci moriva addosso

E io fumavo sigarette amare

E tu come uno specchio rotto riflettevi quell'immagine sbiadita

Del frammento del brandello del profumo

Di quell'angolo d'estate e mi dicesti

Voglio vivere la vita come un alito di vento nell'aurora che inseguito dalla notte

Già racchiude le speranze di un domani tutto mio che mi appartenga

E come donna accarezzare nuovi scampoli d'assenza

Io dicevo sì capisco

Vuoi gli scampoli d'assenza ma pensavo

Puttana Claudio Bisio-Rapputt’-Patè d’animo). Lei a ripensarci proprio non era cambiata di un millimetro. Si era solo abbandonata al nudismo e nonostante da vedere fosse molto migliore del mago nudo di Ooo (Ivan Andreani) o dei campagnoli magicamente truffati del 50esimo episodio di Catastrofici castori (Giulio Platone; Fabrizio Manfredi) avrei preferito non mi assaltasse il pene come l’ipogonadismo, continuamente le sue tette fradice coperte appena da una maglietta in faccia come Velvet von Black contro El Superbeasto, ugualmente senza una conclusione escrettiva; appesantito dalla mia brillantina all’aroma di squali Hariboc cotti in padella mi sentivo Pippo (Riccardo Billi) in Un lavaggio difficile. L’unico suo vestiario e tratto distintivo era l’elmo identico a quello delle sculture, uno scaglioso Mamuthones Sacabambaspis le cui scaglie simili allo Stealth Hunter della Exo Force LEGO n’7700 non avevano alcun tramite fisico alla loro fonte ma rimanevano attaccate sfruttando il magnetismo dei treni moscoviti. Se ci fosse stata anche Diamante Rosa sarebbe stata Lady Godiva assisa sul suo Sac Back del Mare Ameboide. I capricci da diva non conoscono limiti di nessun genere e certamente, se questa possibilità si potesse cogliere come una margherita dall’angolo di un sottopassaggio s’ingigantirebbero come la She Beast di I was an atomica mutant! Abbandonando ogni possibile pezzo di stoffa a fini di copertura pur di pubblicizzare l’ultimo album dell’ultima generica troia le cui tracce saranno i versi che fa quando fa sesso. Ma prima stavo discutendo di come nella famiglia Diamanti manchino figure maschili e che conseguenze discenderebbero da questa prima osservazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non erano le vere Giallo e Blu quelle trucidate dal Titan e dall’altro robot, Garunsen, ma delle loro eredi. Agimmo d’istinto, e sicuramente il futuro è cambiato. Creature minerali simili alle Gemme sono state da noi incontrate, e non ho idea di come la linea temporale in cui Diamante Dash (perché è più bianca del bianco) ha trionfato abbia influenzato le loro vite, ma ragionevolmente quella era la peggiore delle loro vite. Già in questo nostro presente da Publio Valerio Comazone Eutichiano la Eliogabalo Diamante Bianco ha meritato la sua personale electio ad Caesarem Marcus Aurelius Severus Alexander Augustus in modo che l’Homeworld (l’Italia delle Gemme) venisse governata con meno superficialità (una versione gemmologia di Commodo avrebbe fatto meraviglie molto più immediatamente, Apologeticum di Tertulliano), in quel futuro cotanta Maria Antonietta avrebbe addirittura conosciuto la lama del boia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Uscito da tutto questo, Steven s’interrogò se le Gemme non sarebbero state l’eredi dell’umanità. Les Ferromagnétaux, surtout, préoccu­paient Targ. Ils prospéraient. C'est qu'il avait sous l'oasis, à peu de profondeur, une réserve considérable de fers humains. Le sol et la plaine environnante recouvraient une ville morte. Or, les Ferromagnétaux attiraient le fer souterrain à une distance d'autant plus grande qu'ils étaient eux-mêmes de plus forte taille. Les derniers venus, les Tertiaires, com­me les surnommait Targ, pouvaient ainsi, i pourvu qu'ils y missent le temps, puiser à plus de huit mètres. Par surcroît, les déplace­ments du métal, à la longue, ouvraient dans la terre des brèches par où les Tertiaires pou­vaient s'introduire. Les autres Ferromagné­taux déterminaient des effets analogues, mais incomparablement plus faibles. D'ail­leurs, ils ne descendaient jamais dans des profondeurs de plus de deux ou trois mètres. Pour les Tertiaires, Targ ne tarda pas à constater qu'il n'y avait guère de limites à leur pénétration : ils descendaient aussi loin que le permettaient les fissures.

Il fallut prendre des mesures spéciales pour les empêcher de miner le sol où habitaient les deux familles. Les machines creusèrent, sous l'enceinte, des galeries dont les parois furent doublées d'arcum et plaquées de bismuth. Des piliers de ciment granitique, assis sur le roc, assurèrent la solidité des voûtes. Ce vaste travail dura plusieurs mois : les puissants générateurs d'énergie, les machines souples et subtiles, permirent de l'exécuter sans fatigue.  J H Rosny Ainè. Aveva ricamato fantasie su di lui, sulla famiglia fatta con Connie come Neanderthal in mezzo agli uomini neolitici, all’inizio della storia e del suo ingombrante antropocentrismo. L’effetto di vivere in mezzo a cristalli viventi. Per la storia, Sergio Trinchero non ha mai pensato a Cartoonia come ai prossimi milioni di anni nell’evoluzione umana. E non è questione di concretezza e/o sua mancanza; abbiamo visto le console evolversi nello stile di Vita con gli automi inebriando e intersecando il nostro mondo reale con i videogiochi. Effettivamente sapere di essere degli ibridi aveva preparato Steven a quel futuro dolorosamente interpolato, da puzzle panenteista di Tim Klein. Sicuramente Diamante Bianco e le Nekki Basara (Hayashi Nobutoshi) al Suo servizio aveva progetti sul futuro imponenti tanto quanto le affascinanti speculazioni di Steven (simili a Il giorno del giudizio di Edmund Hamilton). Si tratta infatti di due situazioni squisitamente sperimentali: sappiamo benissimo come l’umanità può adattarsi e sopravvivere in una condizione di rarità femminile: non sappiamo ancora cosa può succedere nel caso opposto Franco Bandini. Stella, nei momenti in cui a parlare è la farfalla dentro di lei, retaggio preistorico ancora più arretrato della già inammissibile scimmia-Non siete macchine, non siete bestie, siete uomini diceva Charlie Chaplin-dice che se mi fidanzassi, se addirittura copulassi con una ragazza diversa da lei il mondo finirebbe.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ancora non riesco a digerire mnemonicamente il cuore infranto di Jacqueline Thomas, ma sapevo zittire Stella; riuscii a sedare la sua Mewbertà, a farle capire che nel mondo degli insetti la zuccherosa monogamia è una rarità, spesso suggellata da cannibalismo tra le vedove nere e mamme kamikaze degli acari Adactylidium. Soprattutto i miei ricordi bibliofili la motivarono a comportarsi meno da sposa combinata, soprattutto se il suo odio per i matrimoni a orologeria è quello che ha generato forfait tra lei e Tom. Ancora mi ricordo quant’erano terrificanti gli uomini ridotti a gigantesche amebe di carne macellabile in Man After man: Il cibo è il problema principale. Molti degli animali più grandi erano visti come eccellenti fonti di proteine ​​per gli alieni. In alcuni grandi edifici ora siedono su più file, geneticamente migliorate, gonfie, informi e irriconoscibili. Enormi montagne di grasso e carne crescono in robuste stalle, alimentate da sostanze nutritive chimiche pompate attraverso pompe e tubi attaccati direttamente ai tessuti. Le macchine da raccolta tagliano la carne, rimuovendo carne e grasso mentre si accumulano. Solo la presenza di pochi organi riconoscibili - arti rimpiccioliti, palpitanti e volti ciechi e vuoti - mostra che questi generatori di cibo sono stati trasformati da ciò che era un tempo più nobile. Mandata quella maledetta pagina 123 per Gmail a Morty disse che cose anche peggiori succedevano nei mondi alieni da loro visitati.  Dopotutto i mattatoi visitati da Antonio Ligabue danno il voltastomaco anche a me. No; non cedo all’animalismo: vidi Red e Toby nemiciamici di Art Stevens e lessi Raptor Red di Robert Bakker, ho anche esperito roba assai più selvaggia e granguignolesca

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Bright eyes/burning it like fire….

Con relative notti insonni, ma la violenza inutile so ancora riconoscerla. Tipo mettere delle ballerine sexy a presenziare l’abbrustolimento sulla sedia elettrica di Serpente (Silvio Anselmo). Homer Simpson, prima di venire distratto dalle tettone di Carmen Electra giustamente s’inalberò per la cosa quando quasi toccò a lui e divenne tutta una puntata di Tutti insieme compatibilmente (Quindi era tutto uno scherzo? Non mi sono mai sentito più sollevato….sollevato E INCAVOLATO!). Le Gemme sono solamente femmine dicono. E vivono in una società perfetta. Talmente perfetta da essere soltanto sodomizzabile Wubba Lubba Dub Dub

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ovviamente, anche se già presenti, Rick & Morty erano stati evocati. I re degli stronzi. La nostra fa pena, con tutti i motivi per peggiorarcela, ciononostante come disse Stefano Benni, altra società non c’è e cambiarla, renewing her, è solo un ecatombe. Tornando a quel futuro regno magico di Calendar Land, ogni Gemma nasce con un preciso scopo. Come un robottino che porge panetti spalmabili di burro impiattati e dall’alto di quel suo musetto ciclopico da versione Pichimon di  (YMS-15 Ghial ) si disperava per quella era l’unica cosa che mai avrebbe fatto e che quello era il proposito della sua vita e per cui la sua vita era mai cominciata in primo luogo e i Miguardi, alieni blu col ciuffo aranciata di David Bowie, che da una nube vengono dalla loro omonima scatola per un singolo compito e a quella nube tornano, perché esistere fa loro male e il compito da affidargli dev’essere il più concretizzabile possibile, perché con la dolorosa esistenza di un Miguardi tra le mani non c’è tempo da perdere. Per le Gemme sono specchi in cui si vomita a guardarci attraverso, con l’unica differenza che la raison d’etre delle Gemme è più avvolta da fuffa, così da dare a ciascuna di costoro un input solido ma attraverso cui navigare

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La loro società ha sembianze paritarie, meritocratiche-ognuna sorge dal terreno già conscia di cosa dovrà fare, nessuna disdegna e/o invidia le altre-ma almeno un peccato lo compie: la misandria. Come in una puntata di Sex and the city o in Il lichene cinese di John Whyndam I maschi o sono stalloni da sesso o degli idioti fatti tutti male. Inoltre, c’è discriminazione anche per le Gemme difettose. O meglio, in questo mio tentativo di seguire da Michelangelo Martelli i deliri e le contraddizioni del femminismo, le Gemme difettose sono comunque brave a fare le loro cose. E non c’entrano nulla i nostri circhi di fenomeni da baraccone deformi; lavorano tutte attivamente, sfruttando le loro deformità come i coprotagonisti del 27esimo episodio di My name is Earl. Da partecipare alle gare per la miglior reincarnazione di Bonaparte. Va comunque ulteriormente precisato che questa struttura a piramide a suon di rivolte e guerre civili è passata dalla cruda Sparta di Erodoto e Tucidide alla monarchia illuminata di una Matilde di Canossa. Non cito lei a caso; la pegognaghese era una donna di potere. E hanno fatto tutto prima e con più glamour del nostro pianeta. Come api e formiche. Ma se un esemplare rimane da solo, errabondo Yoshi a Racoon City in Lust for puppets di Seth Green? Ogni Gemma saprà cavarsela da sola soletta. La mia Gemsona è Ambra, ambra di tiglio orbitante attorno a un autostrada. Lavoravo tra un groviglio di cavi, molto in alto e senza rete di soccorso, quando è andata via la luce e mi hanno scollegato.

Vento tagliente-ente. Panorama d'inferno-erno.

Sono sempre così perso dietro ai collassi mentali che all'inizio non mi sono neanche accorto.

Ale-ale dolore cerebrale-ale.

Atterrato. Disossato.

E poi nel buio totale-ale. Scollegato.

(...)

Piccolo pollo. Piccolo pollo solo nel buio.

Piccolo pollo

piccolo pollo piccolo pollo piccolo pollo

Nel buio.

Solo (Andrea Zingoni). La mia Ambra era nella sua Ferrari Enzo rischiarata nella notte solamente dai suoi fari. E’ sola, piccola Diogene, Portami dove mi devi portare, Venere, Marte o altri locali

Fammi vedere che cosa succede a viaggiare davvero (Luciano Ligabue-Il centro del mondo-Secondo tempo), i suoi fari unica Luna per me. Piccola Gemma segui senza problemi la tua natura anche se nessuno ti sostiene nel farlo, piccola Gemma sei più disinvolta di me. Ci guardano straniti. E incazzate, con odio, quell’odio che non si vorrebbe provare perché consapevole di starsi dirigendo verso vittime innocenti ma scaturito da una rabbia che non fa ragionare ordinatamente, perché certe Gemme, un certo Quarzo e un certo Diamante ci hanno idolatrato. E per questa idolatria si sono fatte la guerra. Una guerra le cui vincitrici hanno sancito che era il Pianeta Natale a esigere troppa perfezione, alla stregua di uno Stefano Mancini che rapisce un cane per dare il 6 politico a una studentessa di cui si è innamorato nel modo più banale fantasticabile, Roberta Gervasi in 3 metri sopra il cielo di Federico Moccia a discapito delle più che giuste obiezioni della professoressa Giacci sull’ignoranza della sua arrapata studentessa, da parte loro che diventano Torquemada alla minima molecola respirata di supposta omofobia. Ave, colti e inclini latini devoti a Priapo!  Ma m'importa di più lo «spirito di tolleranza» dei pagani e dei loro dèi, così civili e misericordiosi. È vero che i cristiani ne hanno fatte di crude e di cotte, ma è noto quanto i pagani (vedi, p. es., Diocleziano) furono tolleranti verso di loro, così come lo è stato il paganesimo moderno (vedi comunismo e nazismo). È noto anche che la Rupe Tarpea fu un'invenzione cristiana come la schiavitù e i sacrifici umani delle epoche pre-giudaica, egizia e azteca. Tutti esempi di civiltà e tolleranza, come lo jus vitæ ac necis del bonus paterfamilias romano sui propri figli, jus che oggi il neopaganesimo rivendica con l'aborto e con la fecondazione artificiale, che mi pare piacciano tanto ad Augias e ad Augé... (Giorgio Liverani). L’Homeworld o Pianeta Natale che dir si voglia si basa su un equilibrio, un equilibrio possibile solo se ciascuna Gemma si mantiene e contiene alla natura della sua creazione. Qui comincerei-devo cominciare-un discorso sull’utilità, il parametro più venerato sull’Homeworld. Per me se anche i contrattempi sono utili, l’inutilità permane come concetto. Persino i chindogu giapponesi sono esentati perché, pazzia a parte, hanno uno scopo. Martha Nussbaum dava addosso a Martin Heidegger sull’inutilità di poesia, letteratura e filosofia perché ci migliorano. Ancora una volta, chest bump e supporto al Giallo e al Blu. Che sanno che alle emozioni bisogna mettere un tetto. Soprattutto se si rivive l’angoscia di re Leonzio in La famosa invasione degli orsi in Sicilia di Dino Buzzati. Quando incontri noi umani, prega d’incontrare quelli più riusciti, i migliori, i salvabili. Quelli come me, persino come quel caso umano di Rick col nipote afono Mortimer. Che però arrivarono per secondi. Mi domando che madri avete avuto.

Se ora vi vedessero al lavoro

in un mondo a loro sconosciuto,

presi in un giro mai compiuto

d'esperienze così diverse dalle loro,

che sguardo avrebbero negli occhi?

Se fossero lì, mentre voi scrivete

il vostro pezzo, conformisti e barocchi,

o lo passate, a redattori rotti

a ogni compromesso, capirebbero chi siete?

 

Madri vili, con nel viso il timore

antico, quello che come un male

deforma i lineamenti in un biancore

che li annebbia, li allontana dal cuore,

li chiude nel vecchio rifiuto morale.

Madri vili, poverine, preoccupate

che i figli conoscano la viltà

per chiedere un posto, per essere pratici,

per non offendere anime privilegiate,

per difendersi da ogni pietà.

 

Madri mediocri, che hanno imparato

con umiltà di bambine, di noi,

un unico, nudo significato,

con anime in cui il mondo è dannato

a non dare né dolore né gioia.

Madri mediocri, che non hanno avuto

per voi mai una parola d'amore,

se non d'un amore sordidamente muto

di bestia, e in esso v'hanno cresciuto,

impotenti ai reali richiami del cuore.

 

Madri servili, abituate da secoli

a chinare senza amore la testa,

a trasmettere al loro feto

l'antico, vergognoso segreto

d'accontentarsi dei resti della festa.

Madri servili, che vi hanno insegnato

come il servo può essere felice

odiando chi è, come lui, legato (Pier Paolo Pasolini-La ballata delle madri-Poesia in forma di rosa). Provo per quell’uomo, per quel padre crollato nell’essere stato e nell’essere figlio un odio biasimevole, l’odio che Tom Felleghy prova per Michael Brandon nonostante l’effettiva gravità del del Brandon delitto considerandolo qualcuno che comunque obiettivamente si è macchiato le mani di sangue e un individuo di malaffare, come tutti i rockettari a partire dalle verità di Adam Yauch (Finalmente, abbiamo una grande influenza negativa sulle persone. Quando create della musica, essa esercita un'influenza considerevole sulla società). Fuga da una gabbia, fuga da una vita mediocre per ciascuna delle parti, per ambedue questi Joe Dallesandro e Martine Brochard  di Fango bollente di Vittorio Salerno, per questi George Hill di Castigo senza delitto di Ray Bradbury, assassini dall’amore malato e instabile di macchine e robot senza colpa, nazisti i cui dinosauri ormonali mesencefali li muovono ai Colossei di torture a cui da finto loro simile David Swinton assiste divorato dall’orribile consapevolezza di stare assistendo alla festa di dolore di creature a sé sorelle e che lo aggiungeranno inesorabilmente se svelassero la sua diversità che prigionieri di una routine esistente anche per i più esagitati hanno finito con il diventarlo lo stesso, per legge di Tucidide, per inesorabilità delle cose (Ciak!!!

Il regista grida: “Azione!”.

Vola un auto nel burrone

e si accartoccia

su di una roccia.

 

Stop!!!

Il regista grida: “Buona!”.

Esce indenne una persona

da quei rottami,

che battimani!!!

 

Lo stuntman

rischia sempre, rischia molto

e ce la fa.

Lo stuntman

è un campione di coraggio e agilità

CHE SI ALLENA TUTTI I GIORNI.

 

“Il pericolo è il mio mestiere”,

questo è il motto dello stuntman,

ride e non conosce la paura,

la sua vita è tutta un’avventura Alessandra Manera-Stuntman il pericolo è il mio mestiere-Cristina d’Avena e i suoi amici in tv 9). Quell’uomo ha un padre? Un padre che ha già vissuto? Scommetto che dopo l’arrivo di suo figlio e la caduta luciferina da rockstar rockstar a rockstar benzinaia è passato davanti all’autolavaggio proletario mostrandogli il suo testamento in fiamme in annunciazione che lui, adesso che ha realizzato tutti i suoi sogni, non è più suo figlio. Com’è successo nei fratelli Pines, Stan e Ford, non i nipoti. Era innamoratissima della nostra squallida sessualità binaria, dal fatto che sulla Terra maschi e femmine sottostiano alla stessa acefala mediocrità del potere Parli proprio come Rick, o come Morty quando diventa Rick

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ma porca puttana è vero! Morty col nonno sciroccato mi ha aperto molti orizzonti e fatto uscire da molte caverne. Già Mewni mi sembra un ostile Narnia o Florin che non riesce nemmeno a incollarsi come Iluvatar comanda i suoi stessi brillantini, figuriamoci quando sono dentro l’intero reparto bambine del Toys ‘ɹ’ Us AKA Homeworld. Stella, dovresti disintossicarti dalle unifarle e dagli zuccheri complessi. Apparentemente, le Gemme sono androgini ologrammi massificati. Paroloni di Rick e Ford smentite un pò a Gravity Falls Oregon un pò lassù tra le stelle. Semplicemente le Gemme maschili sono molto effemminate, a metà tra teatro greco e giapponese. Jasper/Wustite e Bismuto sono eccezioni, dovute alla volubile libido made in Condè Nast, quella del club delle collezioniste di bambole Darbie che per pugnare contro Dexter (Federica Valenti) in stile American Gladiators fanno elargire alla gladiatrice prescelta il bastone da botte a un palestrato belloccio biondo, o al perché gli Harmony venivano letti anche da Lorena Bobbitt, il tipo di misandrica che non sente il benché minimo conflitto di coerenza personale a scoparsi qualche squattrinato organizzato mentre salivava come un Enuncator Sorbens a pesca. E quella cicciona Mafalda rosa tanto spergiurava che faceva come le altre. Nel di Greg caso non era nemmeno un Adone, ma le femmine sanno giocare bene con la gelosia, qui nemmeno esistente. O meglio; delle gelose c’erano, gelose ambigue, concubine che vogliono l’attenzione del satrapo. Tanto Diamante Rosa/Quarzo Rosa si strusciava su Greg lussuriosamente (e lei ci è andata giù di smerigliatore come nella polluzione, dove l’attrito erotico del pene su una superficie piana culmina nell’eiaculazione), tanto lo facevano le altre tre Uvarovite/Garnet, Ametista e Perla, dando a intendere volessero il Diamante/Quarzo. Il conflitto che il sopraggiungere di Radames causò tra Aida e Amneris aveva una piega di perversione che sia Verdi che Ghislanzoni, comunque uno scapigliato contestatore anticlericale vicinissimo al Garibaldi che definiva il papa un metro cubo di letame che si burlava del cristianesimo immaginandolo una curiosità etnologica di un futuro ateo nel suo Abrakadabra storia dei tempi futuri non volevano indulgere (L’arte lirica, non volendo essere trascurata, ci si metteva pure lei, e il rispettabile teatro dell’Opera di Parigi presentava L’italiana in Algeri di Rossini in una versione hard in cui il regista si compiaceva nelle allusioni (un paio di seni gonfiabili, simulazione di penetrazioni anali, massaggi erotici….) senza però osare la pornografia come gli rimproverava un critico parigino Paul Virilio): le tre Crystal Gems ereditiere odiavano Greg perché stava portando loro via l’ape regina Quarzo Rosa come un rozzo ma sincero calabrone, uno yeti (Paolo Marchese) che rapisce la seducente Lissy (Lorella Cuccarini) mettendo fine al triangolo tra lei, Franz (Sergio Lucchetti) e Sybille (Emanuela Rossi), ma di quello stesso Greg calabrone con il pungiglione da Hal el Guardian degli Squalibabà non riuscivano affatto a fare a meno, appunto concubine infatuate di un satrapo che se le porta a letto con meccanica indifferenza da stallone fecondatore. Esempio pratico: dopo la seduzione di Quarzo Rosa con quel mix tra Si promette facilmente, l’aria di Arminda da La finta giardiniera di Mozart e Would you go to bed with me? Dei Touch & Go da Touch & Go arrivò la seduzione dell’ibrido fatto da Perla con lei Quarzo Arcobaleno, ambiguo cardiofitness che rimanda al tandem ardimentoso nello sfidare treni in corsa donde dimostrare come si potrebbe essere sessualmente insaziabili di Il supermaschio di Alfred Jarry. Quarzo Rosa ottenne più di quanto una donna potesse ottenere, non si sa come non si sa perché ma dal nulla, da una delle dimensioni convenientemente tascabili che Rick caccia giù nel motore della sua auto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Arrivò Steven. Momotaro gli fa una pippa.

 

I fratelli Pines erano abituati ai viaggi nel tempo con la disinvoltura unita alla resilienza alle avventure (anche quando promettono di non avere uscite, soprattutto quelle di quel genere) della fauna dei boschi dell’Oregon e dell’Idaho. Passata la prima volta, l’immergente scoperta da parte della vita animale in emersione dalle tane, dalle arnie e dalle uova di un mondo grande come mille foreste, oceano bacino dell’acqua scorsa dai milionesimi ruscelli, un miliardo di cieli con tremila nuvole nelle cangianti dei pulcini di falco pellegrino che cadono per la prima volta e imparano come la bottiglia beve il rubinetto che la gravità è la loro amica suprema, dei puledri di appaloosa quando eleggono a loro Polaris gli stalloni e giumente a essi legati per genitorialità guardando tutti gli alberi, i raggi di sole e le chicche del terreno (altri zoccoli scomparsi ma con l’orma indimenticata nelle rughe del fango secco, i Filadelfi tutti corolla, le sterpaglie riarse e gialle), Pierre de la Verendrye sulle orme dei vichinghi, moschetto Charleville in pugno ma nonostante la meccanica pesantezza di ciascuno dei richiestissimi passi e l’arma fenduta ancora prima di ogni altro gesto la stessa affacciante consapevolezza, lentamente sempre più disincantata, concentrata, e perciò migliorata nello scoprire e nel constatare le novità e le cose preesistentemente ignote. Il rapace ghigliottina la preda come un maglio, ma una volta sorpresa! Il coniglio o il cane della prateria corrono più veloci di quanto lui precipiti e capisce che c’è chi riesce a evitare quel suo attacco; non può più piombargli addosso. L’ungulato diventa Sea Biscuit anche da incamminato, ma una sconfitta all’ippodromo non influenza solamente il suo George Woolf ma anche l’animale, di modo che entrambi sviluppino una nuova strategia di galoppo. Dove gli Shoshone avevano fatto terra bruciata erigendo la propria acropoli in secoli crebbe e si stagliò Pocatello, la cui tettoia più alta è l’Hotel Bannock. Qui i Pines, famiglia Scarpa a cavallo di gambe di due Stati (Oregon e Idaho) ha fatto nascere Dipper e Mabel. E pensare che il vate veneziano doveva lacerarsi le gambe per abbracciare le due madri di Paperopoli e Topolinia, qui la divaricazione era minima, da tappetino pieghevole da doccia. Satterfield Drive è dove c’è casa Pines. All’inizio i coniugi Pines avevano adocchiato Coleman Street, ma per far giocare i bambini c’era un repellente deserto (oltretutto afferente a un territorio non arido come quelli di Susanna la coyote, ai confini dell’algida Columbia Britannica). Un parco dal verde presupponente che i figli non sarebbero morti di sete era molto migliore come opzione. Opzione che comunque non inficiava retroattivamente quella del deserto, secondo Spiderwick che riusciva a trovare gnomi pure nel deserto, ma tutti quegli alberi e quell’erba garantivano comunque piacevoli incontri con il piccolo popolo. Uno sprono a cercare un mezzo virtuoso nella nostra crescita. I fratelli Dipper, già in partenza l’unione tra il [Grendizer] dell’ursino ma virtuosamente generoso [Duke Fleed / Umon Daisuke], un roccioso redneck con i modi che perfettamente si adattano a un Sulo Remes di Il bosco delle volpi impiccate di Aarto Paasilina e il [Marine Spacer] dell’altera, caparbia e inesorabile [Makiba Hikaru], non una qualche supereroina ma una campagnola di adamantini principi che in nome solo dell’amore affiancherà un mite eroe in situazioni pericolosissime, anche con l’aiuto e il beneplacito dei loro padri (patrigno in un caso), la cui amicizia sorregge un amore, cioè un altra amicizia ma ancora più profonda alla stregua di membri del Battaglione Vestone contemplavano e elucubravano la forte fragilità della vita grazie ai rendez-vous all’IDMNH, Idaho Museum of Natural History, con gli scheletri dei bisonti, gli erbari, gli esempi d’artigianato pellerossa, tempio di contemplazione su temi come l’innalzamento dei mari per lo scioglimento dei ghiacciai, l’avvento di una quarta era glaciale e come l’uomo risultasse insignificante innanzi a queste e altre cose. Finirono prestissimo a cacciare romanzi di Clifford d Simack come i Daleks del Duca di Zill (Romano Malaspina) nei meandri della Marshall Public Library. E di riffa o di raffa la trasferta in bilico tra l’estate di Ethan Field e l’Autunno di Maka Albarn

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In una foresta tropicale in Africa, avvolta da vapori piovaschi e muschi rigonfi un esploratore va alla ricerca di una creatura leggendaria. I nativi ne avevano paura, descrivendolo come un mostro infernale. Ma il nostro eroe non si fida delle leggende; sa benissimo che l’uomo dà ai suoi fin troppo interiori demoni una concretizzazione esterna. A un certo punto sente dei versi, un suono rullante come accanito assolo di tamburi, e leggende della parte più oscura di quel continente sembra si palesino a prova di tatto in quello stesso momento. Gli si para davanti un muscoloso scimmione dallo sguardo fiero e dal verso notevole, accompagnato da pugni battuti ritmicamente sui pettorali e sui capezzoli. Quell’uomo, William Winwood, ha scoperto il gorilla. La zoologia è una scienza coinvolta, appassionata, il cui oggetto d’indagine è quanto c’è di vivente, come noi fatto di carne e sangue, con pensiero e introspezione. Uomini e donne che hanno messo piede e occhi nelle foreste pluviali, al di sotto degli oceani, sulle vette delle montagne, scavando sotto terra riesumando fossili di ere perdute, servendosi di cannocchiali, oculi e microscopi osservando l’infinitamente piccolo….

 

 

 

In einem tropischen Regenwald in Afrika, eingehüllt in Dampf, Regen und aufgequollenes Moos, begibt sich ein Entdecker auf die Suche nach einer legendären Kreatur. Die Eingeborenen hatten Angst vor ihm und beschrieben ihn als Monster aus der Hölle. Aber unser Held traut Legenden nicht; er weiß sehr wohl, dass der Mensch seinen allzu inneren Dämonen eine äußere Konkretisierung gibt. An einer Stelle hört er Verse, einen Snare-Sound wie ein heftiges Trommelsolo, und Legenden aus dem dunkelsten Teil dieses Kontinents scheinen in diesem Moment taktlos enthüllt zu werden. Vor ihm taucht ein muskulöser Affe mit stolzem Blick und auffälligem Vers auf, begleitet von Schlägen, die rhythmisch auf die Brustmuskeln und auf die Brustwarzen geschlagen werden. Dieser Mann, William Winwood, entdeckte den Gorilla. Die Zoologie ist eine engagierte, leidenschaftliche Wissenschaft, deren Untersuchungsgegenstand das ist, was lebt, wie wir aus Fleisch und Blut, mit Gedanken und Selbstbeobachtung. Männer und Frauen, die Fuß und Augen in die Regenwälder, unter die Ozeane, auf die Gipfel der Berge gesetzt haben, unter der Erde gegraben, Fossilien vergangener Zeiten exhumiert, Teleskope, Okuli und Mikroskope benutzt haben, um das unendlich Kleine zu beobachten ….

 

Un blocco, un figlio come quelli delle merendine della Kinder  (Dal centro della Terra arrivano i Ciottolosi! Spasso scuola con Kinder & Ferrero!) estratto dalle montagne dell’Oregon sull’altra sponda del suo lago più grande, impercettibilmente innervosito da quipu di onde recava su una rozza pagina d’oro in parole rosse l’incipit in inglese e tedesco di Before the deluge di Herbert Wendt, un poderoso preambolo da Drilla di Andrew Clements, ciononostante Dipper Pines non era Nick Allen. Non perché non avesse un imponente quoziente intellettivo, quanto per il ritenere poco interessante e coinvolgente una tale ufficiosità. Herbert Wendt era stato il suo Newt Scamander, certo, tanto per lui che per Mabel sua Wilhelmina Caporal, ma era più un avventuriero, un Viktor Krum, o proprio Scamander in persona. Nessun Pines aveva il cromosoma del conferenziere, dell’affabulatore con la lingua cerebralmente indipendente, erano uomini e donne sintetici e operai. Con tutto sé stesso, Dipper avrebbe preferito un altra cosa, un altro preambolo, un altro Se una notte d’inverno un viaggiatore di Italo Calvino (Sulla parete di fronte al mio tavolo è appeso un poster che mi hanno regalato. C'è il cagnolino Snoopy seduto di fronte alla macchina da scrivere e nel fumetto si legge la frase: «Era una notte buia e tempestosa…». Ogni volta che mi siedo qui leggo «Era una notte buia e tempestosa…» e l'impersonalità di quelle incipit sembra aprire il passaggio da un mondo all'altro, dal tempo e spazio del qui e ora al tempo e spazio della pagina scritta, sento l'esaltazione d'un inizio al quale potranno seguire svolgimenti molteplici, inesauribili; mi convinco che non c'è niente di meglio d'un'apertura convenzionale, d'un attacco da cui ci si può aspettare tutto e niente; e mi rendo anche conto che quel cane mitomane non riuscirà mai ad aggiungere alle prime sei parole altre sei o altre dodici senza rompere l'incanto. La facilità dell'entrata in un altro mondo è un illusione: ci si slancia a scrivere precorrendo la felicità d'una futura lettura e il vuoto s'apre sulla pagina bianca.

Da quando ho questo poster appeso davanti agli occhi, non riesco più a terminare una pagina. Bisogna che al piu presto stacchi dal muro questo maledetto Snoopy, ma non mi decido; quel pupazzo infantile e diventato per me un emblema della mia condizione, un ammonimento, una sfida): Sono riuscito nel mio intento se ho dato un’ora di piacere al ragazzo che è già mezzo uomo o all’uomo che è metà ragazzo. Arthur Conan Doyle. Il museo momentaneamente non interessava a nessuno dei Pines con le famiglie con cui a Gravity Falls avevano siglato un equipaggio da vera Aqua Base. Marco e Stella avevano detto loro di andare a Davenport, Iowa. 5 stati via, sia che si percorresse il viadotto che il sottopassaggio. Per fortuna che ci sono treni e aerei a prezzi buoni, volo da Portland a Quad City International Airport, come voli da Chattanooga International Airport a Quad City International Airport. Se solo Marco e Star l’avessero saputo prima….ma a) errare è umano e b) la stazione a laser antirobot di Ogden Wernstrom (Giorgio Lopez) di Calatrava in Via Città del Tricolore per andare da Sassuolo a Milano oltre che molto più scenografico era invero molto più corretto, visto che il sassolese aeroporto di Via Ancora è incomodo, ti fa obbligatoriamente arrivare allungando il brodo a Bologna paracadutandoti. Buona fortuna se temevi le altezze. Tra le nuvole della freccia rossa, arancione e gialla Mabel guardava e riguardava, come la capsula sepolta dai ghiacci di La notte dei tempi di Renè Barjavel una foto su WhatsApp di un Morty mezzo George Clooney mezzo Will Smith circondato da donne sexy e tettone Morty è diventato fortunato! Dipper si sporse per vedere l’immaginetta Quello non è Morty. Non il nostro Morty. Una versione alternativa diventata di successo. Ecco, se scorri la Galleria trovi il Morty su cui non ho dubbi. Poi…oh, il festival della pubblicità di Cannes. Victoria’s Secret con Summer e Tricia e i loro reggiseni delle migliori amiche. Stanno dando idee a Ann Brashares. Supernova, quella specie di fantasma della 132esima puntata di The real Ghostbusters ma più gnocca e curvilinea che reclamizza un collirio per non lasciare che congiuntiviti e distacchi retinici impediscano di bearsi dell’osservazione del cielo notturno e delle sue meraviglie. Due Xena che impugnano scuri contro le mestruazioni! Un pò ipocrita non credi? In che senso? Con quei Robi fanno laghi di sangue e fanno le guerriere per reclamizzare degli arnesi che assorbono il sangue Beh la storia è piena di pubblicità ipocrite. Tipo Galline in fuga sponsorizzato da McDonald’s, sapete no? MACELLAI DI POLLAME COME MAI NE SONO ESISTITI. Quant’è che dura sto volo? 4 ore. E ne sono già passate 2 Gli rispose una hostess impassibile, quasi una fifinella nata e cresciuta come flibbertigibbet prima e signorina fifinella dopo su quell’aereo che a Dipper riecheggiò vagamente saccente. Ian Coog (Gioacchino Maniscalco) in un episodio di SF Saiyuki Starzinger si allontanava dalla [Queen Cosmos] molto inoltrata nella rotta galattica per il [Daio Wakusei] raggiungendo Kitty (Vicky Morandi) sulla Terra con velocità superfotonica con accelerazione atomica, su questa Terra 4 ore d’aereo su uno stesso continente non impressionerebbe mai un abitante di Zobi, ma far risparmiare tempo sul proprio stesso pianeta è già un biglietto da visita rimarchevole agli occhi dell’universo. Potrebbe esserci gente-in stile 2019 dopo la caduta di New York di Sergio Martino-che fa voli interplanetari ma lascia tutti gli altri con i carretti (Sulla Terra è guerra tra poveri, non c'è posto se ti ricoveri

Tre, due, uno, contatto, parte lo shuttle con tanto d'autografi

Three, two, one... contact!

Con uno shuttle stiamo mandando cacca nello spazio

Meglio così, staremo più larghi, cacca nello spazio

Extraterrestri è in arrivo cacca nello spazio

Voi siete artisti, fate i cerchi nel grano

(E noi) Noi cacca nello spazio, cacca nello spazio Michele Salvemini-Cacca nello spazio-Le dimensioni del mio caos). E come antipasto La legge della tromba di Augusto Tretti, con Angelo Paccagnini come biglietto da visita affinché ci faccia commiserare con tutte le angherie ottocentesche passate sulla Terra in Veneto. Almeno le distrazioni non mancavano, checché Dipper e Mabel non erano bimbetti esagitati con l’unico hobby di suonare i sedili a portata di gambe come una dentiera a molla impazzita la batteria dell’Hamburglar annata 1993. Dipper aveva Open Skies con Charlize Theron in copertina, Mabel un pò di smartphone ubriaco di carica come il [Sado Shuzou] della [Uchuu Bokan Jasdam] un pò di sua testolina. Stava ricapitolando quanto avesse dato la caccia ai ragazzi in passato, come Dipper sbavava a mezz’aria con cuoricini svolazzanti quali tanti scimpanzé montati su quadriplani della Queen Kong di Frazetta

 

Appresso a Wendy Corduroy. Bill Cipher li tentava con la lussuria: tentava Dipper con il metro del tempo di Blandin per resettare il tempo e impressionare Wendy al luna park, tentava Mabel con i Sev’ral TimZ, tentava Soos con GIFfany. Davvero non riesco a credere che delle Gemme, una Gemma sbavasse per i nostri genitali. La maggior parte degli organi riproduttori maschili sono situati all’esterno dell’addome; nella donna, al contrario, sono interni. Nei testicoli vengono fabbricati gli spermatozoi, uno dei quali si unisce all’ovulo e dà vita a un nuovo essere

Il pene è formato da tre corpi cavernosi. I due più grandi sono avvolti da un foglio di un tessuto bianco, flessibile ma resistente. Il più piccolo si trova sotto, avvolto da un tessuto più elastico, e al suo interno scorre l’uretra. Questi corpi cavernosi sono serbatoi che accolgono e trattengono il sangue gonfiandosi come palloncini e indurendosi.

Perché il pene possa rimanere eretto è necessario che questo sangue non se ne vada; perciò il tessuto che avvolge i corpi cavernosi più grandi intrappola le vene e impedisce al sangue di defluire.

Tutto ciò non basta: per aumentare l’inturgidimento servono anche dei muscoli speciali – l’ischiocavernoso e il bulbospongioso – che avvolgono la base del pene e la strizzano come un tubetto di dentifricio, spingendo il sangue verso la punta. Mi ricorda gli uccelli di Paramonga, giganteschi Phorusrhacos quando Tiramolla (Tonino Accolla) e Saetta (Mario Scarabelli) cercano di capire come hanno fatto a lasciare le loro gabbie imperciocchè i sistemi antifurto erano costosissimi e a prova di bomba salvo arrivare alla scoperta che sono figlioli prodighi che tornano a casa assolutamente inoffensivi. Quando a me viene duro mi sembra di avere una murena gigante che mi sta divorando le gambe e grazie al cielo che masturbandomi mi tolgo anche questo fastidio, mentre dormo donandomi sonni invidiabilmente tranquilli. Ah, questa cosa della masturbazione, E così il secolo dei Lumi, che per Kant segna "l'emancipazione dell'umanità da uno stato di minorità", di fronte alla masturbazione si rivela molto più arretrato, ossessivo e persecutorio di quanto non siano stati i secoli precedenti, regolati dalla religione che forse, più della ragione, ha dimestichezza con la carne e con le sofferenze della sua solitudine Umberto Galimberti. Pratica erotica, auto-erotica o etero-erotica, tendente alla provocazione dell’orgasmo e del piacere sessuale al di fuori dell’accoppiamento, mediante l’eccitamento manuale degli organi genitali. È detta anche ipsazione e, sia pure impropriamente, onanismo. Io come Sanji (Lorenzo Scattorin) non uso le mani perché per un karateka come per un cuoco sono strumenti sacri. Esiste la polluzione,  Nell’autoerotismo alternativo, la persona invece di masturbarsi attraverso l’uso delle mani, utilizza superfici solitamente morbide come il materasso, il cuscino, angolo del divano, od oggetti simili, per fare pressione su di esse spingendoci contro i genitali e strusciandoli in modo da provare piacere. Spesso la persona si posiziona in modo prono (a pancia in giù) ma non per forza, può anche assumere altre posizioni. Perché le donne sono ossessionate dalle dimensioni del pene? Perché secerne più sperma ed è il pene del maschio alfa. Esattamente come a noi maschi piacciono le tettone e le curve giunoniche: più latte per i figli e salute florida. Prendete cosa sto dicendo come diatribe euleriane sulle congetture di Fermat; umani come Gemme gonfiano grotteschi e insulsi castelli gonfiabili su qualcosa che se per me è causa di disagio e sollievo quando la faccio finire non ha tutto questo strabiliante valore, fermi alle parti peggiori dell’adolescenza, buona a essere carogna come ogni altro momento della vita generale e generica (Scienziatelli musicali studian cornamuse anali

All'interno delle proprie

Ricerche personali

Producendo disgustosi festival delle interiora

Dove cercan di insegnarti

Che a soffrire si migliora

Io non ho

Volontà

Di un percorso importante

Verso il niente

Verso il niente

Verso il niente

Niente

Verso il niente

Verso il niente

Verso il niente

Niente Afterhours-La sinfonia dei topi-Siam tre piccoli porcellin)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gli organi genitali femminili sono internamente contenuti nella parte inferiore dell’addome; l’unico esterno è l’apertura, o vulva. All’interno sta alla vagina, un condotto lungo dai 6 ai 12 centimetri che giunge all’utero, o matrice, con il quale è collegato dal collo dell’utero. L’utero è una cavità muscolare di forma triangolare, i cui due vertici superiori sono uniti alle 2 tube di Falloppio, una per lato. All’estremità di ogni tuba abbiamo un ovaia, in cui maturano gli ovuli. Le ovaie hanno più o meno le stesse dimensioni dei testicoli dell’uomo, in cui si formano gli spermatozoi. Tuttavia, mentre i testicoli producono ogni giorno milioni di spermatozoi, le ovaie si limitano di solito a rilasciare un ovulo al mese.

 

 

 

 

 

 

 

Morty, questa parte per cinismo e nichilismo trascende le mie capacità. Gliela racconti tu quella di Greg e….quella roba rosa?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Whoa. Questo è il Main Event per il sottoscritto….ma ho anche’io voglia di riguardarmi Animal house. Quindi Greg era il Bob Geldof manipolato da Bob Hoskins con il proprio James Laurenson ancora in vita (Bring the boys back home) che ha avuto tempo di assistere a una parabola simile a quella di What shall we do now? Young lust, Run like Hell, The show must go on e Waiting for the worms ma con un lieto fine che combina The trial, Outside the Wall con una qualche stupidata delle Holograms tipo Truly outrageous e Who is he kissing? Insomma l’intera parabola raccontata dall’11esimo album dei rosati Floyd Council ma con un lieto fine ancora più crudelmente posticcio di quello autobiografico [The Wall nacque da un’intuizione di Roger Waters e fu sviluppato dalla band assieme al producer Bob Ezrin. Malgrado gli screzi e le defezioni – Wright fu praticamente messo alla porta durante le session – ne uscì un suono molto potente, evocativo, persino accattivante (per lo scorno di alcuni fan). Un sound adatto anzi funzionale alla “fruibile osticità” dei livelli interpretativi escogitati dal bassista-leader. Le quattro facciate narrano la vicenda di Pink, alter-ego di Waters, una rockstar alle prese con devastanti problemi di alienazione, efficacemente simboleggiata da un muro edificato mattone su mattone: la morte del padre in guerra, la presenza asfissiante della madre, l’atteggiamento oppressivo degli insegnanti, il dissolversi del matrimonio… Infine, sorta di chiave di volta, il rapporto col pubblico, quell’adorazione dissennata che elegge a tiranno la rockstar.

All’acme fascista di Pink segue il crollo del muro con le sue schegge di significati potenti e controversi: se dal punto di vista biografico/psicologico accenna ad una “falsa liberazione” che non può non riecheggiare l’implosione psichica del “diamante pazzo” Syd Barrett, ad un più vasto livello interpretativo c’è il tema non nuovo però a suo modo definitivo del crollo delle ultime utopie, da cui il sovrapporsi col simbolo assoluto della guerra fredda nel cuore d’Europa, il tristemente celebre muro di Berlino (col quale concettualmente non aveva molto a che vedere ma la cui aura oppressiva riecheggiò fin da subito) Stefano Solventi]. Le Gemme erano bellissime e soprattutto Quarzo Rosa con la sua dolcezza, il suo ingenuo amore per un bambino piccolo (Panna Acida) e come pur appartenendo alla stessa specie di Greg erano diversi gli uni dagli altri nonché la comprensione e il sostegno incondizionatamente assoluti a Greg pure quando le sedie degli spettatori erano vuote l’elessero a donna angelicata in nome della quale comporre una delle sue canzoni più belle, Like a comet, sequel/riscrittura della precedente e più melensa (a sentirne anche il compositore) Let me drive my van into your heart, un pezzo grosso che in classifica saltò in testa a What is love degli Haddaway da The album, coprendo il suo agente Marty di $, cosa che non ha impedito oggi di fargli fare una vita da Hobbit in un autolavaggio che non può permettersi nemmeno un insegna non claudicante. Quando si dice l’eterogenesi dei fini. Quarzo Rosa era là, la t-shirt dell’uomo su cui a pochissimo sarebbe impattata stile Olwen di The keeper. Of Isis’ light di Monica Hughes e mi sento come si sentì Marty: non solo avrebbe dovuto farsi un harem molto prima comunque facendoselo, ma questa non è una storia dolce. E’ La pietra del paragone di Gioacchino Rossini, dove se non va a finire in un orgia tipo Fantasia di sesso di Ingrid Borner causa pruderie del 1812 comunque non c’è vero amore ma interessi dal cuore sporco (Ah! Se destarti in seno). Come Marco ha già raccontato, Perla fece la gelosona ma da Quarzo ebbe a incontrare resistenza nulla nel loro balletto sexy e bicipite, un pò il playset delle RPM Real Performance Machines Tonkac dedicato a Batman votato a inacidire di bile Greg un pò inebriarlo con la balena Pupac e i suoi fragranti ombretti e lucidalabbra. Insomma, se volevano inturgidirlo al nostro uomo fecero jackpot. E quando Steven, dopo essere nato, s’impose all’attenzione di Diamante Giallo e Blu, come reagirono LORO? Malissimo, male come Takeshi Yoroi (Sandro Acerbo) a sentire che le Lucertole Assassine stanno ancora agendo, sterminando tutti i campioni di arti marziali possano intercettare per scoprire chi è che si era impadronito del Polymeth, nella notte in cui Yoroi divenne Polymar ma non fu capace di salvare il creatore del Polymeth Oregasteru (Mario Scarabelli)-la cui morte comunque non risultò essere né un insuccesso di Takeshi né un trionfo per le Lucertole Assassine giacché il vecchio commise seppuku impedendo ai criminali di continuare a derubarlo delle sue ricerche servendosene contro la legge-e perse il sostegno del padre. Ma quello Bianco festeggiò. Festa che come per gli storpi del circo Rollo si ritraeva sdegnata dopo un irriverente (auto)esaltazione quando qualcosa non collimava con il suo egocentrismo da eburnea, mastodontica Olga Baclanova di 15 metri d’altezza (ma i Diamanti quanto accidente sono alti? Se ne calcola l’altezza in Steven? Giallo è 8 Steven), aspettando da parte nostra infruttuosamente (almeno dalla prospettiva di noi poveri Gregory Wilson) che [Roboizer] riunisca gli UFO del pianeta ribelle Delta per strapparle le gambe, cacciarle un occhio (ma facciamo pure due) dalle orbite e rifarle le ossa delle mani. Nella nostra epoca i due soli Diamanti con onore vollero risolvere in una lotta privata sul nostro pianeta, non ci dovevano essere telecamere, nessuno di quegli sciacalli dai cento occhi e dalle mille zanne che sbavano impiccati dal e al guinzaglio dei voyeurs di tutti i voyeurs AKA i media dovevano anche solo tramare, come i vermi, le termiti, i torsali che altro non erano e sono. Ma persino questa che sarebbe dovuta essere una scelta decisiva di decisivo in sé non mostrava di avere niente. Mio nonno inviò loro dei biglietti d’auguri in merito all’imminente matrimonio tra Rubino e Zaffiro, specificando come a Beach City il nuovo sport fosse diventato l’irrisione nei Loro confronti. Quando lo venni a sapere gli inveii contro come nell’anime Alexander quando Diogene (Giorgio Lopez) rivela a Aristotele (Dario Penne) d’essersi sbarazzato del Solido Platonico pur avendocelo avuto tra le mani abbandonando, trattando come liquame da discarica il raggruppamento, il sinolo della conoscenza dell’intero Universo. Con la nonchalance che tra tutti i tipi di nonchalance della nonchalance di Rick annuncia che avrà ragione cassò la mia sgridata dicendo che serviva un moderatore, le cose sarebbero eruttate lo stesso, almeno non bombarderanno la Terra a tappeto ma se la giocheranno dove nessun paparazzo andrà a ingiuriare ulteriormente il loro dolore e la loro sacrosanta necessità di risolverlo. Con noi avvenne un facsimile, solo che Giallo e Blu le avevano conciate in stile Angelica farfalla di Primo Levi, come volatili a cui mancava ogni umanità. E la colpa era di quel fustino di Tidec la cui sorpresina, sotto il polveroso ipoclorito di sodio dell’avvelenamento dei pargoli era un cadavere. Inoltre, com’è che fanno i Diamanti a diventare così grossi? Diamante Rosa era la più piccola dei Diamanti. Ciononostante da cosa arguii insieme agli altri un ideuzza arrivai a farmela Aspetta Morty. Come hai fatto a seguirci? Questa l’avevo rimossa

 

   

E' una storia lunga e complessa, nata nel MIT degli anni 80. Un crogiolo di geni, di prole di Prometeo da parte di nonno e di Deucalione da parte di padre. Immaginate di essere Paul Gray, 18esimo preside del suddetto comprensorio del Massachusetts, in cammino come un pellegrino chartrains lungo i suoi corridoi. C’è la porta dello stanzone dove gli studenti lavorano alla luce del Sole sui propri guazzabugli, ma nonostante l’autorità che vi gonfia il petto e l’ufficio non avete il nerbo d’entrare. Oltre quella soglia ci sono le invenzioni del futuro e i loro fabbri, ma non è un futuro austero e cheto, bibliotecario, ma invero inquieto, nevrastenico, il piede di porco laser, la [Counter Cross] che spalanca già oggi il vaso di Pandora del nostro passato più oscuro, che il Gray lascerebbe volentieri a altri, a uomini più forti di lui, a Daimoni (Diego Reggente) protetti da molteplici strati di Zormanium del proprio [Daiku Maryu]. Pertanto, a costo di sembrare l’idiota più idiota dell’universo (degli idioti) continuò a fissare i propri studenti, quelli che comunque incutono meno di lui a metà tra un internato in manicomio ossessionato da una finestra lontana da lui come lo è la Luna dalla Terra e un bambino davanti alla vetrina di un negozio di giocattoli. Vedeva i Possibles, I Wakeman, I Fenton, I Tennyson, I Saturdays, I Salazar, I Pines, I McGucket, e si sentiva molto più che un pazzo chiuso tra cuscini, e/o un bambino sgranato su un mondo fantastico che rinuncerà a mordere indipendentemente dalla capacità delle sue mascelle (Non ci sei riuscito mai

 

ad avere ciò che vuoi.

Hai imparato a far da solo;

prendi tutto e spicca il volo.

 

Hai caricato il revolver più bello

ed entri nel posto più chic.

L'hai visto fare anche da Turatello,

Arsenio Lupin, Diabolik.

Come gli eroi dei tuoi cartoni,

in un minuto ti sei rapinato

montagne dei soldi più buoni,

dollari di cioccolato.

T'arriva una sberla sul muso,

la grossa mano del droghiere fa male.

Scappi via ma ti senti confuso;

quello che hai fatto ti sembra normale.

Così la realtà ti ha tradito,

a Diabolik non sarebbe successo.

Walt Disney comunque è finito;

adesso il traguardo è il possesso.

 

 

A sei anni tu già sai

ciò che vuoi e non avrai Enrico Ruggeri-Mano armata-Punk prima di te); uno zoologo allo zoo, uno che vive sullo stesso pianeta di quegli animali, ma gli è remotissimo capirli. Studenti non di quell’ossessiva classe lo salutano, e lui ci fa una figura da sonnambulo rimbambito. Un insignificante figuraccia gli fece esplodere qualcosa dentro mentre tentava di raggiungere l’ufficio riuscendoci con più immediatezza del pensato, incapace a causa del buco nero, di quel frammento di cosmo, meraviglioso, eterno e perturbante (Perseverando nella sua esplorazione delle immagini dell’abisso, nel 1975, con Grendizer/Goldrake, Nagai si approprierà dello spazio siderale e ne farà apertamente il luogo di origine dell’orfano e del suo trauma-già-avvenuto che torna a sconvolgere il presente. Ma su questo anime dirò poco: è il mio varco e mi impone la discrezione dovuta al sacro Jacopo Nacci) che gli ha perforato le viscere con un utensile potentissimo e istantaneo, impedendogli di essere cosciente del fatto che esiste un suo ufficio con una porta da approcciare con 40 cm esatti di spartiacque, che la maniglia di metallo ha un impatto tattile diverso da qualunque altra roba, esattamente come la cattedra e la sedia ingenerano reazioni di quel genere e non d’altro genere. Sbuffando come un cavallo s’avventò sullo schedario sotto la superficie lignea del suo desco e ne cavò un disordinato hamburger di fogli martellati con Multiplan su un Commodore 64, un convulso minestrone di materiale universitario rigoroso solamente come può esserlo il libro più iperbolico della sua biblioteca con un antologia dell’anno 1982. Innalzandosene come un generale disperato che non riesce a raccapezzarsi dell’inutilità delle sue manovre cercò il capitolo vergato dai Pines, quelli che lo facevano sentire su delle montagne russe più degli altri. Ford e Stan. Gianni e Pinotto, i due masnadieri, With a little help della Alessi, addobbo natalizio di Massimo Giacon (manco a dirlo, non appena l’uomo elucubrò non quell’addobbo di Trent’anni dopo ma una statuina di Topolino e Paperino Babbi Natale su prestanome-come lo faranno Alberto e Enrico in Christmas Brothers di Mirco Maselli-con Dumbo solo a trainarli in cielo aveva squadernata una pagina con una foto natalizia made in Pines’ family), sempre in combutta, d’accordissimo che erano fratelli e sia mai che avessimo Caino e Abele, assai meglio [Kabuto Koji] e [Kabuto Shiro], ma per un estraneo come lui, per un (Hamagou Hakase) non c’era nulla di rassicurante, nulla  che lo propendesse a dire Ah beh, è così ed è tutto come dev’essere, tipo Professor Waragarasu (Leo Valeriano). E il colmo era che nella loro labirintitica assurdità non avevano un calcolo impreciso, se al principio delle loro astrusità c’era (8x-1)2=(64x2+8x+1)=[x(64x+8)+1]=(64x+8+1)=(64x+9)=64x+9=64x=-9=x=-9/64=x=9/64, e nemmeno la Texas Instrument tascabile voleva dissuaderlo, dagli torto, dar loro torto, e cosa avevano affrontato per stendere quella relazione da un altro mondo, quel reperto cartaceo, quella copia di Doom nelle camere degli assassini del liceo Columbine richiedeva calcoli molto più complessi di quel’esercizietto da terza superiore. Era già passato un sestamestre dalla deposizione un giorno alla volta {e che giorni! 17 Maggio i Possible misero un adesivo di Chewbacca sul frontespizio della loro tesi, andando poi a vedere Episodio VI Il ritorno dello jedi al Burlington di South Avenue, 23 Luglio la Wakeman e il Moshimo gli mandano una tesi di robotica all’indirizzo postale di Jacksonville a metà tra il #23 dei Millemondi Urania e #747 di Pif Gadget con gli occhiali spruzza acqua, 1 Settembre i Fenton fanno la stessa cosa recapitandogli un pamphlet di quantistica a casa, dopo copie diffuse in tutti i Wendy’s da Jacksonville a Cambridge, a metà tra #755 di Pif Gadget con il bowling in miniatura, 26 Settembre adesso tocca al pupillo dei Tennyson con l’astrofisica e a questo giro glielo consegnarono in un consono ambiente accademico, di certo lui non è [Takeo Watta] che con la scusa di difendere la sicurezza dei commerci intergalattici dagli attacchi del (Gabal Sei) marinava la scuola anche con un certo piacere, 27 Settembre ecco i Saturdays con le scienze della vita, 13 Ottobre i Salazar espongono affascinanti progetti di nanorobotica, 24 Ottobre finiscono i Pines, e per lui, rettore, scatta un allarme bomba come quelli dell’indipendentista Yves Stella…ma è una tesi d’archeologia, un bluff innocuo, Asterix in Corsica unito, nella sua rilegatura Dargaud al #209 di Pif Gadget con gli occhiali muniti di nasone e baffi a spazzola} e continuava a bere caffè o birra fredda come aspirina. Una Budweiser sulla spiaggia alla temperatura della pioggia era meglio del freon, all’arrivo del freddo un Wilkin’s bollente li metteva un calorifero dentro. Soprattutto quando ciascun capello delle chiome degli alberi, ciascun oggetto trasformabile della Hair Razor (Claudia Razzi) ex di Crimson il Mentone (Francesco Pannofino) diventava di un verde più ovattato di clorofilla, un dito legato che trasmutava la sua pelle in viola per l’accumulo di sangue con i globuli al muro, prima che quasi con la violenza con cui uno spillo guarisce le vesciche del piede la clorofilla bevuta selvaggiamente dalla foglia fattasi di cotone defluisca prosciugando la foglia come un gavettone o il gadget del #959 di Pif Gadget cioè un cannone a acqua a ampolla gonfiabile che diventa un pesce sega sotto sale dopo l’inondazione, cominciandone la moria e la scrematura a Playful Penguin Race in modo che il ligneo Johnny Swan non rimanga nemmeno sotto la neve che irrigidisce l’isola di Albione scarseggiante di siringhe dalla fiala piena. Un odioso Francis Begbie doveva pur avere qualcosa da spingere i suoi boli giù nel colon e se astutamente non impuzzolentiva l’MIT con i postumi di una sua overdose di birre sempre più feroci, dalla minzione di tapiro all’Arrogant Bastard Ale con tanto di demone malaugurante che sta a dire Questa roba non ti farà venire il mal di testa. E’ NITROGLICERINA INFASTIDITA PREVENTIVAMENTE POMPATATI DRITTA NEL CERVELLO! BOOM! CERVELLO OVUNQUE e/o Stacked Brewer che dice a te, bambina con due monete da 5 marchi che non hai coraggio a bere una birra reclamizzata da Miss Bada Boom Boom Boom sapeva cosa significa fottersi ogni vestito buono del guardaroba perché la coordinazione occhio/mano già con una pinta, una semplicissima pinta, era andata peggio che a sbattersi come un bambino affetto da fimosi e più del contenuto della bottiglia per la tua vecchia, merdosa gola sbagliava strada e splash sulla camicia, sulla giacca, sui pantaloni di velluto e peggio del peggio: svegliarsi navigando nel proprio vomito come Max Bombola degli Orsetten. Il caffè era sovrastimlante, persino il decaffeinato lo sorbiva con un sopracciglio piegato; chi venderebbe qualcosa senza gusto solo perché quel gusto cozza con la sua idea di salubrità? Un caffè decaffeinato, una sigaretta senza tabacco, una birra o un vino analcolici, un hamburger senza carne, un pretzel senza sale, un marshmallow senza zucchero. Allora non fare nessuna di queste cose, anziché quest’adulterazione che non ha nemmeno valenza pedagogica, come le mitragliatrici di profilattici a conio contro un insegnare la castità (Quando tentiamo di tenere i nostri bimbi lontani dalla violenza, dalla morte e dalla realtà facciamo loro un cattivo servizio. La vita non è giusta, il mondo non è giusto, e l’uomo non è buono. "Molte persone che avrebbero meritato di vivere muoiono, e tanti che avrebbero meritato di morire vivono". Prima lo imparano meglio è.
Perchè poi si fanno illusioni, e grandi idee. Magari pretendono che il mondo cambi, secondo le loro idee, dimenticandosi di cosa il mondo è e cosa l’uomo è. Chiedendo a gran voce la conclusione felice della favola.
Cosicchè il loro biglietto da visita dice: "Salve, sono un idealista e un moralista. Potrai sempre contare su di me per non fare alcunchè di concreto, ma solo narrare fiabe astratte ed irrealistiche".

No, non aspettatevi il lieto fine. Dal male da soli non ci si libera. Il principe non sposa sempre la dolce ragazza di cui è invaghito. O, se lo fa, dopo la tradisce con una spogliarellista Antonio Benvenuti). Il nodo gordiano della faccenda è che a lui serve di bere qualcosa, perché questi 14 gli stavano aprendo un tale buco nero sotto le zampe, una [Death Cross] fatta da vorticanti [Grotestar] che senza [Lander Concrete] fosse solo nella più impotente forma che come lui si scola [Rui Jangal] non reggerebbe, schiantandosi tra mille ossa ben più che spaccate. Altri insegnanti, altra gente che non deve fare la corazzata gongola tra quei banchi, tra quei catafalchi di mogano ben peggiori delle mostre paesane della scienza che si fanno nella scuola secondaria, quando arcigni Nick Fisher e Philippe Chappuis ti sussurrano incappucciati di drappi di polvere e con capelli di neve che sei carne da macello, non dargli ordini, non punirli, lasciar far loro tutto quello che vorranno, sempre con quell’eco mentale fatta di lame di ghiaccio e spade fredde e arrugginite senza neanche osare contestare la pericolosissima gravità di quel….di quel…Quella parolaccia che solo i Pines, i Pines che caccerò io stesso dall’ MIT a calci nel sedere potevano dire, potevano dirmi, fosse solo senza che né io né loro lo chiedessimo: Strambagheddon, Weirdmagheddon. Weirdmagheddon, Weirdmagheddon, Weirdmagheddon! Bene! Lui era fuori. Era ancora l’unico medico del manicomio, era ancora l’unico stabile, l’unico cieco, l’unico sordo, l’unico muto. Le tre uniche scimmie del tempio Nikko Toshogu mentre Utsunomiya ha orde di demoni che Mutsu Kokonose sta debellando aggiungendo però ancora più danni a quelli che già di loro creature infernali riescono a spandere. I voti presi era gagliardo a non lasciare che gli abbattessero le mura di Weisenstrasse; erano pazzoidi che riempivano l’MIT di pagliacci come il treno di un circo itinerante. Tutte le grandi menti all’inizio ricevevano lo stesso trattamento che ora gli stai rivolgendo Riecco i Nabot (Mario Scarabelli) a cercare di portare sulla cattiva strada i Pierrot (Davide Garbolino) come lui. Ma il fatto che alcuni geni siano stati derisi non implica che tutti coloro che vengono derisi siano dei geni. Hanno riso Colombo, hanno riso Fulton, e hanno riso del i fratelli Wright. Ma hanno anche riso Bozo il Clown Arriva a salvarlo Carl Sagan che di sale in zucca ne ha molto più di lui. Continua a combattere fino al giorno dei diplomi, poi rallegrati perché finiranno sotto i ponti che coperta di Linus del cazzo, comunque. Azzurra come azzurro è il borbottante Charles dove i neodiplomati vanno dopo, sulla riva di Memorial Drive, mentre Gray-come i loro genitori dopo che il padre dei fratelli Pines era stato da tutti loro soverchiato facendogli abbandonare la nave come il professor Shikishima (Riccardo Garrone) ai tempi in cui come Clayton McClean di L’uomo che non poteva morire di Ron Hubbard il Giappone venne beffardamente risparmiato dall’infernale pioggia di (Omega Missile) su tutte le propagatrici di radioattività della Terra con conseguente doppio inferno, una brace grande quanto tutti i continenti (a meno che non ci fossero centrali nucleari/arsenali di missili nucleari in Antartide) di 500 Bq dalla quale poi seguì un diluvio di acqua all’aroma di plutonio. L’umanità sopravvisse, ma sotto il giogo del (Kongistar Gundan) e con gli (Omega Missile) come mosche insaziabili sul cadavere di Marie Curie coltivato di gliomi vegetali che era diventata la Terra, e sebbene Gray rispetto al comandante della  [King Diamond] aveva la comunque flebile consolazione dell’avvenire di disoccupazione di quella manica di servi del Re Peste, enfasi su flebile, perché gli scavava dentro che di tutti loro avrebbe più nolente che volente letto e sentito ancora. Captato di chissà quali innervosenti imprese, come Rick Sheridan e Julie Winters una volta che il Nottambulo e Maxx avranno abbandonato la dimensione del sogno dove già conturbavano i loro protetti. Forse quel preside ebbe ragione.   I Pines fecero dei flash su importanti riviste scientifiche, poi nel 2000 il suo albero genealogico al tempo stesso lo sollevò, all’Iperuranio della GUTOW (Great Unified Theory Of Weirdness) e lo abbassò, a intrattenere turisti come l’ultimo Vitali in tutta Parigi. Perdette, questo Pines di nome Stan, l’entusiasmo già un anno dopo, alla sera, dopo ogni Toyota Avalon di genitori conciati come l’Hobgoblin e bambini più scarichi di un Tamagotchi andava a dormire tra tutti quegli abeti, circondato da libroni, The how and why book wonder book of wild animals della Grosset & Dunlap, The Evolution and the ecology of the dinosaurs della Book Club Associates, American history illustrated della Saratoga Press, e mentre si addormentava il suo cervello era fiammeggiante. No, esiste tutto. I lamantini non allattano a pelo d’acqua….ritennero i dinosauri e gli ornitorinchi delle creature inesistenti….ti prego sonno portami altrove, non perseguitarmi anche tu…..E sotto costellazioni che non riconoscevo, dentro una tenda fragile come un timpano, dormii come non dormii mai in vita mia. Al punto che tutto ciò che non era carne in me disertò e raggiunse un Mondo Altro. Un mondo entro il quale conobbi la mia musa. Una musa che era un mostro A Cheyenne, quando un volo Wyoming Airlines diretto dall’aeroporto di Ranchettes a quello di Bridgeton Missouri raggiunse quota a 162 km di distanza da loro Dipper cadde addormentato mentre proiettavano Un papero da un milione di $ di Vincent McEveety. Un sonno breve ma intenso, in cui, a bordo di una bolla spaziale come quella di Luigino Quaresima vedeva Ford Pines con il collega dei tempi precedenti, Fiddleford McGucket, imitare falene carpocapse in quelle loro fave messicane di tende il cui vero fagiolo era il sacco a pelo il cui svelamento implicava diventare Slipstream e spostare ogni molecola del velo da Ragazza della Giungla del Circo di Ooze dell’entrata o sciogliersi in tante Betty Spaghetti micrometriche per passare per ciascun foro del tritacarne membranoso che si chiudeva con una cerniera, rimanendo a bocca asciutta almeno finché non si usciva. Un coniglio minacciosamente alla Alice, financo bianco, per quanto scarmigliato e opacizzato come un muro del museo Guggenheim mordicchiava il musetto con le orecchie turgide possedute dal vento come foglie vicino al fuoco, estendendo la propria ombra fin dove mesceva nell’oscurità. Come Alice, o Jade di Beyond good and evil Dipper si mise a seguirlo, accondiscendendo la sua indecisione che lo faceva orbitare attorno al falò come una sproporzionata, irsuta falena senza ali, finché non decise cosa voleva fare e lo portò dentro una grotta, uno di quegli opercoli attraverso la roccia illuminati d’ombre di fuoco alle spalle delle esatte piramidi bluastre dove i campeggiatori dormivano. Mentre il suo acquario corallino di Seaworld diventava sempre di più un ibrido tra l’astronave spirituale interiore di Sul e la Super Shark di Super Racer (Leonardo Graziano), fluttuando come una mastodontica bolla di sapone in mezzo ai posti peggio illuminati della storia, Dipper, schiacciato dal verde high tech del suo marsupio da bambino pellerossa con una ben sproporzionata finestra sul mondo cominciava a sentirsi in pericolo. La caverna prestissimo si era rivelata un corridoio dietro l’altro cementificato e con i neon malfunzionanti, la dimensione bagnata di sangue dove le anime dannate si combattono in Thrill Kill, dove pareva non esserci né inizio né fine, nessun uscita e chissà come nessun entrata. Eppure là dentro Dipper sapeva d’esserci entrato passando per un ingresso, ingresso che indipendentemente da quanti giri da giostra del vomito di Piccola peste torna a far danni facesse non ne voleva sapere di ricomparirgli. La cosa, quell’handicap non suo ma dell’universo si faceva allarmante quando i neon saltavano un tungsteno e mano a mano il buio divenne sempre meno episodico, finché Dipper non si ritrovò come un proteo nella grotta. Ormai arresosi a quel movimento subito a metà tra Pippo in Pippo nel microcosmo di Luciano Bottaro e l’#282 dei Fantastici Quattro Dipper ebbe il mondo rischiarato da una piramide stroboscopica su cui si dimenava in impronte di colore The music scene dei Blockhead da The music scene. Era ancora presto per azzardare quale significato avesse, ma Bill Cipher, alla faccia della grammatica. Una raffinazione del flusso di (in)coscienza della Misty di Destroy di Isabella Santacroce, con un che di L’ultimo lupo mannaro in città di Guido Quarzo, vernacolo popolare a metà tra Felice Musazzi Pover Crist Superstar e Zavattini all’ombra del palazzo dell’ONU raccontato dalla Fallaci, con altresì Gli orrori di Shock Street di R L Stine, Fielding Mellish di Il dittatore dello stato libero di Bananas e Gaspar la Sage di Lord Chumley, dove il pensiero irruentemente sgorga-peggio di un tubo intasato fino a farsi esplodere il piombo che non aspetterà mai e non aspetterà più le accademie degli idraulici-senza alcuna pazienza verso la grammatica e come questa organizzi la parola del pensiero, oltretutto perché è qui che Dipper diventa 8257 Cyber Striker dei LEGO Technic (lui sceglieva il viola per simpatia per il diavolo), una pistola che spara macchinine (https://picclick.it/STRAPENNE-GIG-Tiger-Electronic-PENNA-bolidi-f1-super-175153278231.html?refresh=1), aeroplani (https://www.cotab.it/negozio/giocattoli-bimbo/teo-s-pistola-lancia-aeroplani-3pz-con-bersaglio-67213/) e proiettili antropomorfi agendo, reagendo solamente per le meccaniche di un grilletto, un soldatino a molla armato di baionetta con occhi e cervello da carro armato Goliath della battaglia di Berlino che apre il fuoco come un nebulizzatore all’occhieggiare un ostacolo al suo campo visivo spruzza profumo (Schiavo dell’America

Per paura dell’atomica

Poi dell’invasore alieno

Poi del terrorismo islamico crescente

Sono problematico

Nutro un odio sistematico

Diffidenza sintomatica

Un insofferenza cronica alla gente

Evito i miei simili e gli incontri più ravvicinati

Come un astronauta in preda al panico disperso alla deriva nell’universo

Dalla vita lo sai

Vivo non ne uscirai

E per questo sarai egocentrico

Difenderai la tua piccola

Stupida

Orbita

Nella fantascientifica guerra dei mondi

Mondi divisi da spazi profondi

Extraterrestri reciprocamente

Dentro le stesse città

Fantascientifica guerra spaziale

Dell’inquietudine universale

Temo l’invasione di ogni popolo diverso

Sparo preventivamente prima di discutere un idea Alessandro Zannier-La guerra dei mondi-Robosapiens), motivo di biasimo se non j’accuse (Ecco quello rimasto fermo ai cecchini barricadieri della Grande Guerra!) ma se conosci Bill Cipher conoscerai che il lupo, il diavolo e il camaleonte sono davvero lo stesso animale. Come l’ascesa di Palpatine in Episodio II l’attacco dei cloni quel flashback sta mostrando a Dipper le origini del male. E se quel carro droide corporativo tramite il quale si sta infiltrando su Coruscant non troverà una via di fuga i Sith di sua affiliazione troveranno in lui un ottimo preambolo. Voltatosi, la bolla prosegue attraverso un corridoio incancrenito di luce che gli sembra la cosa più chiassosa, Super Mario clouds con le sue nuvole di pesante e angolare pixellation dopo il quadricentenario buio dell’Allegri detto il Correggio. Una porta tagliafuoco si apre autonomamente e sembra possa farsi transitare attraverso di tutto. Entrò in un reticolo, un altro, dove muri disegnavano un labirinto d’acqua Harry Potter alla fine di un gomitolo di arcigni tubi d’acciaio insanguinati d’acqua indomabile, il cui centro nevralgico aveva un patibolo per imputati a cui sedevano pentiti Ford e Stan. Davanti a loro una gigantesca membrana di carne marrone rugosa con tre valvole giallastre in palpitazione, pronte a vomitare in un geyser di sapone biancastro un lottatore di sumo nudo, stempiato e con la pelle di un Dietricht Bonhoeffer, messosi a leccare quell’ano appena dopo che ne era uscito fuori Che schifo. Che ci stanno a fare i miei zii quaggiù? Perché devo assistere anch’io a tutto questo? Ma la bolla non galleggiò lì fino a fargli ottenere risposte. Doveva essere nella fase REM perché stava perdendo reattività. Galleggiò, I pescatori di stelle di Graham Heid giù fino a un buio e sgocciolante parcheggio pieno, monotematicamente, di Aston Martin DB5, un auto molto popolare quando i suoi zii nacquero, venne fulminato Dipper. E se non fosse tutta una metafora di come i miei zii vengano trattati come bambinoni che si accoppierebbero con le loro madri nell’incapacità di volarsene via dal nido?Era esattamente qui che volevo vederti arrivare This is Major Tom to ground control

I've left forevermore

And I'm floating in most peculiar way

And the stars look very different today

For here am I sitting in a tin can

Far above the world

The planet Earth is blue and there's nothing left to do

Though I've flown one hundred thousand miles

I'm feeling very still David Bowie-Space oddity-Space Oddity Dipper divenne Molly Ammollo dei Fantasmini. In quella bolla poteva entrarci solo lui; era sicuramente il cervello che non rispondeva più ai comandi. Ma l’aereo di Bud Spencer in Più forte ragazzi di Giuseppe Colizzi era riuscito a atterrare. Era una tronfia scorciatoia per deresponsabilizzarsi, e lui Dipper voleva essere Bruce Banner, non Cletus Kasady. Il suo Zen (Giorgio Locuratolo) si era perso alla guida del suo [Ai-Zen 1] nelle parti più buie della Mazda RX7 che guidava come Kanichi Tani e subì un richiamo all’ordine con il senno di poi incompletamente inefficace ma che gli eseguì un provvidenziale cambio di batterie tale da dargli la forza in vista degli eventi successivi, riunendosi all’[Ai-Zen 2] di Ai (Liliana Sorrentino) e creando [I-Zenborg] e [I-Zenbow] con tempismo perfetto per fronteggiare Zobina (Serena Verdirosi). Zobina il cui vero nome era Valeena (Marzia Ubaldi), una delle sodali di Skeleton King (Massimo Corvo). Le sue insidiose tettone gli scompigliavano la faccia inforcandogliela da dietro come una capricciosa vasaia dell’argilla ancora vulnerabile. I suoi occhi riuscivano a combaciare con i suoi nonostante venissero sballottati come Bluto in Penny antics di Seymour Kneitel Sei tu l’ancella di Bill che mi ha interloquito prima? Rise come Kodachi Kuno (Stella Musy) Bill è un poligono con molte facce. Io ti sono nota: ero Poly e Esther nel livello di Woolie sul metro del tempo di Blendin, ero Lady Bat felicissima di baloccarmi con i miei Gaito Sev’ral TimZ, e tua sorella Mabel, stupidissima Lucia Nanami, ero Shiny Wasabi Kitty dietro alla Princess Robot Bubblegum GIF.fany del tuo amico Soos. Sono più ovunque di dove non arriverei mai. E sono un avvocatessa, una decana, qualcuno che metterà dei limiti alla loro bambinaggine Con loro vuoi dire i miei zii? Non hanno nulla d’immaturo, hai pescato troppi granchi, bel coraggio che hai a lavorare per Qualcuno che ammalia con l’infanzia per sempre! Valeena squittì come una pentola a pressione. Dipper avvertì un suo inverecondo tentativo di scassinargli la mente e smerdare lui e i suoi zii con i fondi di magazzino, i documenti inattuali, le scartoffie mai avuto ufficialità perché altresì nate capziose, vizi di forma, valevoli come la spugnetta per inchiostrare i timbri deputati a documenti, editti e costituzioni più serie e minacciose. Ci trovò storie di una coppia di uomini sicuramente balzani, ma che avevano faticosamente attraversato il loro Hero’s Journey. E adesso erano bambinoni, ma bambinoni dannatamente cresciuti, due Antoine de Saint Exupery dimostranti che si può crescere anche nell’essere bambini. Alle lagne di sconfitta di Valeena Dipper reagì esultando poco e concentrandosi molto. Il parcheggio. Finché Valeena non imparava come imparò l’insegnante d’italiano del Rocco Bonetti lo scenario non sarebbe cambiato. Una donna correva verso di lui. O verso di loro, Valeena la saccente Margarete Boden non se n’era ancora andata a Luneburgo. Standosene defilati la videro correre loro accanto, ignorandogli scandalizzata. Le correva dietro uno zombie dallo stomaco sovraccarico, vestito come Christopher Thorndyke (Jacopo Castagna), stretto di cranio a opera del berretto di Mighty Max (Luigi Rosa) e Kamala quell’incontinente moccolo di panna montata e silicone di collo in suo anatomico possesso ulteriormente dilatato da uno spiedino circumnavigato di crine su crine di malacca di Gusci Orribilosi, Via Crucis di Escher di sottili ma invero abborracciate allusioni ai Pines: Mighty Max sopravvive allo zombie, Mighty Max frusta l’iguana stroboscopica, La maledizione del faraone, Mighty Max sfugge alla stretta mortale della fauce meccanica, Mighty Max liquefa Magmatram, Mighty Max disintegra la nave spaziale Wolfship 7, Mighty Max spiaccica la mosca assassina

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La quinta e la settima testa-la settima un intera mosca comunque-dettero a Dipper colite assai superiore a quelle di Giosuè e Ahmose 1° nel Vecchio Testamento. Erano spie, X e Tuesday X (Wendy Malick e Lynsey Bartilson) del fatto che Bill conoscesse le Crystal Gems e i Butterfly di Mewni. Consequenziale, giacché ciascuno di loro aveva 2 pagine a testa nei Journals Uscire fuori è impossibile e aiutarla tempo sprecato. CRESCI COGLIONE! Come scusa? Fai tanto la Gaetana Aulenti con la mente degli altri, ma adesso voglio vedere se gli standard per cui rimbrotti gli altri sono minimamente (e già questa è una parola a tuo vergognoso svantaggio Mama Jugs) obbediti a casa tua! Vuoi entrare nel regno del caos e vomitarti il cervello alla tua prossima eiaculazione? Lo sapevo! Mi volevi Kankuro del villaggio della sabbia; avrai Ultron brutta Alcmena che non sei altro. Sei solo materia oscura a cui Bill ha dato una forma tratta da uno stampo Toymax, come le streghe del liceo Hexside fanno con quella vernice viola, pertanto tutto quello che vedo è un piccolo Bill con cuffie e altro arsenale da deejay e questo sogno. Un sogno che pretendi che sia mio. Per manipolare i miei sensi di colpa. Ma ora che Mufasa mi ha parlato tu Zira dovrai lasciare le Terre del Branco su editto reale; i trucchi tuoi e di Scar non possono più nulla su di me. Ridevi tanto di Rafiki ma i suoi mumbo jumbo ti hanno coperto la testa con le tue stesse mutande! Adesso il mio sogno lo controllo di nuovo io. Dunque….da dove comincio a rimettere a posto questa Itaca adesso che i proci si sono persi a Creta?Mi stai veramente sfidando? E perché c’è Weird Al Jankovich con te? In pose da rappers, da veri Underground Kingz Dipper e Weird Al ascoltavano So need a cute girl, l’equivalente musicale di un ippopotamo che cerchi di cavalcare un triciclo senza appiccicarselo, ora Suckerman Matteltm alle chiappe Brutta eh? E quel regolo geometrico laggiù ce l’ha mandata in rotazione credendo stesse dando una radio al nuovo Bing Crosby. Tu cosa rispondi a nostra difesa? Dipper si coprì le orecchie per scaramanzia, senza però che Weird Al l’interpretasse come un implicita invettiva. Attaccò con immane potenza del suo castello di stereo Ebay da Poodle Hat, spaccando un intera vetrata addosso al piccolo Bill mentre i suoi piatti da scratch esplodevano vergognandosi di quel biascichio né cacca né pipì ipotizzato valevole la Top Ten. Adesso Valeena aveva bisogno di un otorinolaringoiatra, a Portland c’è ne uno in Hoyt Street. Adesso c’era il labirinto da liberare da qualche Minotauro. Nel primo livello Dipper si trasformò in Arcee facendosi accompagnare da Discharge donde appoggiare a un muro un Simon Says con manubrio da autovelox rosso, verde, grigio e azzurro cominciando poi a pavoneggiarsi davanti ai condannati e al tricheco scritturato da Peter Safran per scimmiottare i suoi zii. Se tutti i nemici d’Europa fossero stati ciccioni goffi, ritardati e deplorevoli (con un inconfondibile aroma di patatine fritte e incontinenza fecale) non ci sarebbe mai stata la guerra d’indipendenza e il 4 Luglio non si festeggerebbe un bel niente. Con quei movimenti da Gary Brolsma l’uomo figuraccia barcollò braccando una Petronas FP1 che di sé gli diede solo la sua polvere da mangiare, balzellon balzelloni da Procoptodon appropinquandosi a quella macchina per uccidere. Infatti il fastidioso gioco da tavolo elettronico assunse vita propria e dilatò dalla parte rossa una sega circolare da unire soffitto e pavimento accelerando mentre emetteva i respiri di Tour de France dei Kraftwerk dall’omonimo album. Si trovò tagliato via tutto il braccio in un Krakatoa di sangue arterioso e grasso arancione condannandolo allo stesso destino della gru di Paperino in Attenti al drago di Jack Hannah mentre il cugino del gallo da vento della casa di Gerhart Orbison (Paolo Salomone) dribblava il patibolo dei Pines e si avventava come i Gummies sulla valvola di parenchima marrone facendosene un abbuffata, scusa buonissima come altre scuse buonissime per darsela a gambe fratelli più uniti degli idraulici Nintendo. Dipper andò poi in una stanza di cui aveva evitato l’immediata menzione, una caverna di ghiaccio nella quale un coniglio tatuato con la bandiera americana 🇺🇸 giaceva dentro una sedia a pallone con due confezioni intonse di Megatron e Shadow Striker ai lati. Con addosso uno smoking da Saint Moritz elegante ma poco coibentante Dipper accudì il coniglio illustrato facendolo accucciare dentro una custodia per VHS vuota con in melliflue illustrazioni l’onomastico Le avventure del coniglio americano, mettendosi poi all’opera con gadget da Natale 2005 made by Giorgio Cavazzano per farne un pacco da spedire a Ron Clements e John Muskers, con l’aiuto di un camerino da outlet-igloo di Snow place like home di Seymour Kneitel agghindandosi da magazziniere di Toys ‘Я’ Us e incamminandosi attraverso un altro luogo spuntato dal nulla-una delle rivenditorie della grande giraffa dei giocattoli durante uno dei momenti più interessanti per la clientela dopo 6 mesi di aria fritta, l’Halloween del 1989, avvenuto un Martedì-per rimettere le due scatoline a posto. Per la sedia ci avrebbe pensato un magazziniere Ikea, o uno scenografo del Theatre du Babylon. L’ultima fatica di quel Werner Herzog di Pocatello era il parcheggio. La sega rotante si sarebbe fracassata ogni dente lottando a morsi di Helicoprion contro l’asfalto innaffiato, Rancid Rabbit (Marco Bresciani) farà con un suo malevolo sorriso da sodale di Archie di Squirrel boy (Pino Insegno) e Sergej di Rayman raving rabbids un affarone; bastava cambiare sega rotante con ghirlanda di trivelle, una di quelle ghirlande di lampadine dai colori cangianti che fanno Natale. D’altronde aveva già usato delle sorpresine Kinder di una tornata dicembrina e nel buio di Cuneo per il resto dell’anno si fabbrica e si lavora non potendo aspettare il prossimo Natale: a cavallo di Pasqua con l’ondata di beltempo primaverile si gioca all’aria aperta e ci si può dare al calcetto senza broncopolmonite, con il Cavazzano in partnership dal Natale scorso ecco i calciatori della squadra Magic Sport. Le superstars ufficiali di Pasqua sono i pulcini sportivi, anche loro che si pasciano di tutta l’erba rinata e delle giornate più lunghe e soleggiate. In Autunno, quando il cioccolato non rischia più di sciogliersi ecco i piccoli pompieri. In Estate nei Kinder merendero ci sono i personaggi di L’era glaciale 2. In Ottobre i colori si rinfocolano grazie a un altro outsider, Iginio Straffi, e le sue Winx. Sempre a Settembre la partnership con la Pixar porta Cars motori ruggenti nelle capsule gialle. Sempre a Ottobre per Halloween ecco i maghi e le streghe di Magic Lessons. Con tentacoli al posto delle mani Pietro Ferrero ha fatto accordi anche con la Columbia per Boog & Elliott a caccia di amici, senza tralasciare le perle d’artigianato come i Cantagrilly e gli Scimbanzai, concludendo l’avventura con i folletti usati da Dipper, lievemente aggiornati. Un lavoro molto più faticoso di quanto si vede in superficie, dove concomitanze di là da mesi hanno scadenza domani.  Bozzetti, modellini e prototipi già papabili per la commercializzazione dovevano nascere mesi, se non un compiuto anno prima di un ora X ora aleatoria ora (se feste e film lo esigevano) ben architettata. Dipper, ancora osteoporotico per la stanza di zanne di ghiaccio e allora per l’umido da frigidarium delle pozzanghere pisciate da invisibili tubature scollate rise tra sé e sé pensando a un assolata Cuneo gran mangiatrice di ghiaccioli e indossatrice di bikini per balneare sulle rive del Lago Alpetto che in un suo bugigattolo ha suoi cittadini che cercano d’immergersi nello spirito natalizio, telefonando, faxando e emailando a Milano per gli aiuti di Cavazzano. Mentre Cavazzano in persona doveva barcamenarsi con la storia di Natale con l’aiuto di Sandro Zemolin e Marco Bosco; tutto mentre i bambini che avrebbero comprato ovetti e giornalini erano in vacanza al mare. Ma a Natale vietato improvvisare, basta solo ricordare nell’archiviare. Per sottrarre ulteriormente la Polissena di quell’esempio in realtà aumentata dai cunnilingus sbavanti palude dello Scutosaurus di cioccolata irrancidita Dipper tornò a misticheggiare con la Marvel e i suoi fumetti in congiunzione con i giocattoli. Ecco parcheggiata un anacronistica Gloria Baker a cavallo della sua Shark, qui una Porsche 356 la cui guidatrice, munita dello scafandro Aura per chiudere l’amica in un tuorlo energetico le stava correndo incontro. Dipper non si proibì della soddisfazione per sé stesso vedendo quella congiuntura perfetta, da [Ga Keen] con le sue  [Daisharin Attack] che si getta a cavalcioni del  [Variant Anchor] giù da un dirupo. Dopotutto entrambe le ragazze sfoggiavano muscolose e delicate gambe da Pisanosaurus che le facevano saettare il più lontano possibile dalle grinfie di Ceratosaurus della lolcow (e almeno il Ceratosaurus aveva una terza mano che sbaragliava le altre due nate focomeliche; la testa con la sua bocca casco di zanne come dagli alberi ne pendono di banane. Lui neppure quella). Insorgeva però il problema che la barriera non avrebbe permesso alla coppia di entrare nella Porsche 356 della salvatrice, ma c’è sempre un ma. Carol disattivò con tempismo perfetto la barriera su cui con goffaggine tanto ridicola quanto orribile il bestione si dimenava come un uomo in un costume da Flounder (Katia Folco) che voglia aprire una porta e gli eseguì negli occhi un travaso navale di Archimede con ettolitri di ketchup, fuggendo mentre l’odioso ciccione cercava di capire se fosse diventato cieco oppure no, urlando così tanto che se quel parcheggio interrato fosse appartenuto a qualche edificio più grande un intero esercito di poliziotti da supermercato (

That *&^%$ SHATTERED MY HEART AND MURDERED MY SOUL. And it wasn't just her, the Policemen Imposters in Brown, White and Red, AKA The Jerkops (Blue and Black ARE the TRUE POLICE SOLDIERS) also seriously indented the impression that "Virgina is for Virgins, NOT Lovers

) avrebbe dato ben più che manforte mentre il secondo Simon Says facendo un rumore a metà tra un dentista a lavoro e una dominatrix che si avvicina alla vittima prendeva attività interrompendosi poi conficcato come un cavatappi alle prese con del sughero più duro di quello dei turaccioli delle altre bottiglie indeciso su cosa fare. Il ciccione ballonzolava come un Giumbolo ferito a morte (Giorgio Marchi) convincendo l’uomo ruota dei fumetti di Mandrake d’essere inoffensivo. Quando si mondò dal ketchup della discordia urlò contro il soffitto e il Simon Says non perdette tempo; tornò a scavare l’asfalto allontanandosi dal Bombo (Massimo Corvo) cattivo finché non ottenne abbastanza vastità da poter ragionare. Ragionamento che comunque spaccò il secondo: una volta spintosi quasi all’altezza del bagagliaio dell’ultimo paio di Aston Martin DB5 ripartì in quarta spruzzando calcinacci d’asfalto biancastri come le interiora di una gomma da masticare da distributore automatico e liberò i nemici di Mighty Max (Luigi Rosa) in un Krakatoa di sangue ancora più celoduristica della precedente, a dire il vero neppure risolutiva giacché l’altro ciccione si sgonfiò in una lenta e eruttiva agonia alla cui fine sembrò rimanesse solo un impermeabile di pelle su cui infierire di shampoo e creme Neutrogenac. Ma giustizia era stata fatta, se Bill l’aveva davvero arrembato nel sonno Obelix (Corrado Gaipa) gli aveva obliterati

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Da Asterix a Yoko Tsuno sempre con Paul e Victor sui voli Airfance di La forge de Vulcain quando Dipper venne sballottato da Mabel donde avvertirlo che l’aereo era atterrato. Adesso-se ne rendeva conto-a Dipper piaceva credere di essere tutto francese con sua sorella. Avevano volato da Mauregard a Boortmeerbeek, dalla Francia al Belgio, le bandiere blu, bianche e rosse in un daltonismo da Carmine Infantino, Pierre Coffin e Iwao Takamoto le vedeva ricolorate in noir, jaune et rouge, pure la corriera d’uscita era di un modello francofono, pur non ricordandosi case automobilistiche belghe ma al massimo la Peugeot, dagli stabilimenti lillois, non però qualcosa d’autoctono. Nonostante le sue fantasticherie da Neri Marcorè ai tempi di L’ottavo nano Dipper aveva una prontezza reattiva che ingiunse qualcosa nell’ancora più svagata Mabel, per paradossale che fosse, ma con tempere spruzzate convulsamente sulla tela non ne poteva fare un dipinto. Abbastanza appartati sulla Ford E450 Mabel chiese delucidazioni a Dipper su quella specie di trance da Next 02 di Patrizia Mandanici Facevo finta fossimo in Belgio. L’AirFrance è la miglior compagnia aerea della Terra, batte persino l’Alitalia, dopotutto la flotta aerea di trasporto civile della nazione più amata e artistica. Poi mi serviva una distrazione da un incubo lanciatomi e avvoltomi contro da Bill Mabel assunse lo stesso colorito di un pesce abissale faticosamente pescato Bill? Che ti è successo? Dipper, sorvolando il pallido allarmarsi della sorella si mise in cattedra sciccoso, spaccone e laureato come Jean Lartigue (Davide Garbolino) Mi ero chiuso in una bolla ballonzolante attraverso le foreste e le montagne dell’Oregon. Dovevano essere gli anni 80 o 90, Ford e McGucket erano parecchio diversi, si erano accampati in una di quelle bolle senza alberi all’ombra di diverse caverne scavate come molteplici tubi di un impianto di posta pneumatica, si erano addormentati con il falò ancora acceso non per caso; quel fuoco perenne disincentivava i predatori. Infatti non ne vidi, ma vidi un coniglio bianco da competizione paesana (Ho-dee-I, ho-dee-ay

What a great big, wonderful day

Not a care in the air

Ev'rybody ya know

From Matilda to Joe

Will be there

At the county fair Ken Carson-The country fair-Cowboy classics) fare la posta al fuoco come Rock n roll nigger di Fausto Gilberti al padovano là in transito. Si sa; I conigli trovano sempre qualcuno che li segua nella loro tana. Aggiungeteci me. Il coniglio entrò in una delle caverne, la cui organizzazione nella genesi faceva pensare all’indaffarato andirivieni di Tim Trivella la talpa 007, dopo pochissimo svelatasi una struttura architettonica artificiale, fatta da eburnei corridoi di cemento intonacato, verdeggianti omini correnti delle uscite di sicurezza, neon disperati per il mancato intervento di un elettricista e porte tagliafuoco dotate di iniziativa autosufficiente. Quando ci fu il blackout più lungo godetti ancora di luce, quella di una plancia da concerto di Deadmau5 presieduta da Bill Cipher con animazioni psichedeliche. Sì, c’è dietro Bill E cos’altro ha fatto quel maledetto? Aveva una fantomatica Valeena a fare il lavoro sporco al posto suo, che sorpresa. Era lei in realtà ad avermi manipolato perché facessi quel sogno credendo fosse farina del mio sacco. Questo spiega perché vidi infamie fatte ai miei zii; robe che non penserei mai, pure sognare nevvero. Un ciccione nudo partorito da una grinzosa vagina di cui poi lappava il liquido di cui ne era imbevuta l’evacuazione fatto vedere come supplizio di Menedemo ai Clinia posti in una tribuna da tribunale, un coniglio la cui cute è stata decalcata con una bandiera americana tutto solo dentro una di quelle sedie a bolla di Eerio Aarnio dove dev’esserci stato un attacco di Skranet il virus ghiaccio (Roberto Draghetti) a causa di tutto quel ghiaccio in forma di stalattite e stalagmite, accompagnato da due Transformers ancora inscatolati, un parcheggio pieno di pozzanghere da pessimo impianto dell’acqua (roba da pubblicità Zucchettic) con le regine delle auto dell’anno di nascita dei miei zii in ogni parcheggio dove una ragazza era inseguita da uno zombie più pancia che corpo vestito come Massimo Boldi di Cucciolo di Neri Parenti esibente una collana woodoo di giocattoli Mighty Max sottilmente votata a farmi pensare alle nostre vecchie avventure. Voleva che io e i miei zii (e te compresa per implicito) passassimo per i più vomitevoli zimbelli che l’umanità può conoscere, ma ognuno sa il fatto proprio, e San Antonio da Cairo confessore può confessare sé stesso. Era una meretrice telepatica la cui mia mente era la cattedrale di Santa Maria assunta di Reggio Emilia i cui di Valeena inganni non attecchivano, sul serio avrebbero avuto più fortuna i lupini a radicarsi al centro dell’autostrada del sole. I’m a badass. Prima le vidi dentro la testa che un piccolo Bill la controllava, insomma una roba tipo Burns-marionetta in l’erba di Homer; non era nemmeno indipendente, ma un travestimento da donna molto squallido, divertente se fatto da Paperino pur con riserve suscitate dal logorio di un simile espediente esilarante, intenzionato a sbertucciare i miei zii su un fronte di nessun importanza, quello canoro, spacciando come loro una cover stravolta di I want it that Way dei Backstreet Boys da Millennium cantata malissimo, un strologare dall’enunciazione incerta di chiunque fuorché uno dei nostri zii se la mia capacità di distinguere le voci non è andata in prosopagnosia. Guarda zoccola che c’è già uno che rifà canzoni con nuovi testi demenziali e ironici; la buonanima di Weird Al Jankovich a cui chiesi una buona mano a far vedere chi davvero è il re della parodia canora. Gli facemmo esplodere l’apparecchiatura da Hypno Hustler. Poi feci segare in due il ciccione nudo dalle imbarazzanti pulsioni freudiane mentre come Arcee mi facevo inseguire. Hai voglia che Jareb Dauplaise riuscisse a raggiungere la mia leggiadra avatar di Bellestar imprendibile sulla sua Bellcar! Poi infilai il coniglio dalla pelliccia sbagliata in una confezione per videocassette Mabel fece una faccia confusa No, non gli feci male, c’entrava dentro a guanto. Poi lo impacchettai e lo spedii a Burbank in modo che la raggiungesse in tempo per Natale. Poi rimisi a posto i due Transformers da vero garzone. C’era un ultima sfida per il sottoscritto: aiutare una novella Nami dalle grinfie di un Absalom. Utilizzai una variante della lama rotante dell’altra volta con trivelle per scavare nell’asfalto della location, un parcheggio con pessima idraulica. E la Puffetta dei M*A*S*K, Gloria Baker. Dopo le tue braccia spara gattini giganti alla [Four Lion Attack·100 t Punch] di [Golion] a onere tuo il mio prodigioso cervello da Soundwave. Non lo perdonerò mai per le allusioni a i miei zii. Se poi davvero costoro dovessero essere accomunati a Peter Sellers di Oltre il giardino di Hal Ashby, Bill e Valeena sono Shirley McLaine e consorte Melvyn Douglas dello stesso film. Bambini che hanno voluto crescere troppo in fretta

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I miei zii non hanno perso l’incanto del mondo; e io crescerò come loro L'orgoglio nasce dal bisogno di far colpo su voi stessi e sugli altri esibendo qualità che non possedete. L'individuo maturo riconosce i suoi limiti, agisce con umiltà e accetta serenamente le inevitabili differenze fra sé e i suoi simili. Nella misura in cui ammetterete i vostri limiti, vedrete dileguarsi la vostra frustrazione Ari Kiev. Dipper non voleva essere monumentale come Bartolomeo Colleoni, si proiettava con e su John Lasseter, incurvato mentre fa la beccaccia sul marciapiede di Watt Street con il Sole come lui solitario che s’incammina attraverso l’orizzonte. L’intera Burbank come pesci arcieri affamati ingloba negli occhi simili a sterili more di vetro Alameda Avenue e le spogliarelliste tettone che s’innalzano come dipinti di Pier Cloruro dè Lambicchi dai manifesti pubblicitari in modo che nessuno (anche voi lesbiche fatevi un esamino di coscienza) si perda un singolo prodotto, Lasseter scruta anche con un certo orgasmo le formiche e gli altri insetti apparecchiati sui rami degli alberi, tutte quelle balneari con due scogli che non finiscono più le sposta di lato ed è tutto per gabbiani, pellicani e i pesci nascosti sotto le onde, oppure le veste con costumi neri e rossi smidollata ma supersexy, immagina i retroscena degli acquari-tropicali e continentali-occhieggiati dalle vetrine o dentro gli esercizi se gli capita, così come per i ratti delle fogne, quando cammina lungo Golden State Freeway immagina le sue casette sollevarsi da terra armate di palloncini a metà tra Doraemon (Pietro Ubaldi) e Mary Poppins (Tina Centi). L’ultimo tour de force è nella di Lasseter casa, con i giocattoli e i robot nei cui falsi occhi, nelle loro inesprimibili emozioni l’uomo riconosce l’inizio di tutto, il suo inizio. Ah già; non abbiamo parlato di quella Jaguar XK120 nel garage un pò gelosa perché questa volta Lasseter ha preferito camminare. In realtà di lei non si è affatto dimenticato; Lasseter non si dimentica mai di nessuno. Accanto all’autobus galoppa una Audi R8 quasi volesse gareggiare con il gigante gentile che li sta trasportando in quello che sembra un viaggio nel cosmo sulla Axiom. Ogni viaggio ha il suo gusto dicevano in The Golden voyage of Sinbad. Come sfogliare un fumetto. La destinazione è presto raggiunta, questa volta Dipper non ha ceduto all’incoscienza, la sonnolenta amica dei visionari, giacché il canyon cittadino ha troppe storie da raccontargli e come l’appetito vien mangiando la sonnolenza sloggia a suon di curiosità a cui siamo troppo attenti. Una casa di due secoli prima gradisce abbastanza l’autostrada nel suo giardino, in lei, nelle sue finestre e come si facciano deformare dalla curvatura del tetto c’è una lieta senescenza senechiana. Il chincagliere su Brady Street non è altrettanto buongustaio con i corridori in mezzo ai quali Dipper e Mabel si mimetizzano. Le vetrine sparano fulmini di severità come Roz (Loretta Goggi). I vari edifici del cuore della città, la civitate antiquam, nella mente di Dipper ballonzolano, intersecano esistenze e giornate frammentate in vaschette di caramelle gommose a metà tra i Visual dell’ultima canzone di Tokyo godfathers di Satoshi Kon Mauvais garÇon e la sinfonia elettromagnetica di uno sbarramento di neuroni. Quando appoggiano i piedi sul marciapiede della caserma dei sogni i fratelli Pines sembrano lui il deejay lei l’astro nascente del cubismo, sensibilità musicale nelle teste, polpastrelli lui tette lei che non potevano non sfociare nei ritmi senza fine di Voyager dei Daft Punk da Discovery uniti a quelli di Children di Roberto Concina da Dreamland. Marco e Stella gli si pararono davanti cardiaci come se a causa della loro ritardataria apparizione non si sapesse più come mandare avanti lo spettacolo, un Capodanno dove il conto alla rovescia per quello successivo si era fermato sul più bello e l’unica soluzione palesatasi quando le acque bollivano troppo ci aveva messo un ingrosso di tempo insostenibile per i bisognosi pazientanti Stavamo aspettando voi. Stella sembra sia in overdose di caffeina? Agitato sei chiaramente agitato, ma rilassati! I più grandi esperti del paranormale sono finalmente arrivati! Però seriamente: non stavamo aspettando che voi! Beh, adesso il campanile aveva i congegni nuovamente puntuali e disinvolti con i rintocchi d’ora nuovamente repentini. Morty, fidanzate di Morty, Vendicatori, questi sono i Pines Brothers dall’Oregon. I più grandi eternauti dello sconosciuto possiate conoscere. Benvenutissimi. Stavamo parlando di qualcosa sicuramente da voi già masticato: il viaggio nel tempo. Come mai non ci siamo accorti di Rick e Morty nel futuro? Voi che li conoscete così bene sapete qualcosa di più? Veramente noi, io Morty dovrei rispondere. Con mio nonno Rick abbiamo fatto molti, sconclusionati viaggi nel tempo.

Volete ridere? Io e mio nonno ci gettammo nel futuro come Baxter, Goriddle Gorilla e Gary Gnu di The Great space coaster sull’eponimo ottovolante tra le stelle per dirimere un arzigogolo ecologico. A Davenport, giorni orsono, erano arrivati i 3’s, dei giovani combattenti ambientali molto determinati e fotogenici. Io mi cossi per Pumzi, una congolese con la coda di cavallo rasta con dimenanti ma robuste ali lepidottere a metà tra Flora (Ilaria Latini) e Lana Lang/Insect Queen (Laura Latini). Adesso. Non mi vorrete male giusto? Morty era osservato con la neutralità dei leader del G8 durante la presa di posizione di Gary Johnston (Massimiliano Alto) e appunto finora l’uditorio e l’osservatorio era rimasto muto e indifferente. Quell’Ed Lewis miniaturizzato i cui muscoli sono comunque troppo grandi perché la latta in cui l’hanno imballato lo trattenga proficuamente di Morty barbarico, con la propria scure in una singola mano simile al Topo Cagone di Piero Perotti si espresse con quell’assurdo vocione da Courageous (Marco Balzarotti) uscito però fuori da un enzima come Scooter (Mario Brusa) dando tutta la sua comprensione a un Morty che, con Tricia nella stessa stanza non voleva passare per fedifrago Noi guerrieri siamo poligami. Sii tu un guerriero che lotta per la più giusta delle cause e non macerarti mai nelle tue emozioni! Ah grazie Morty di Cimmeria. Comunque mi dispiace Tricia Queste cose di fedeltà coniugale devi impararle da solo. Ma dicevi? L’ha presa bene la sorella. E continua a prenderla meravigliosamente. Ed è stata lei a darmi lezioni su come gestire la rimembranza di ex. Una guru saggia come dice di essere davvero pensò Summer Io ho già molto riguardo per la natura, quindi fu allineamento zodiacale. Quando i 3’s vennero coinvolti nel salvataggio di una foresta mi ci gettai come Gossamear (Danilo Bruni) dei Trobbits quando Sagar è in pericolo e troppi crediti impediscono l’abbandono di Blackstar (Claudio Capone) e Mara (Roberta Greganti) al loro destino. Il mio aiuto fu piccolo ma determinante, ciononostante quella fu la volta in cui scoprii qualcosa di davvero brutto e ingiurioso sulla natura della loro organizzazione. Da un autobus degli arcigni manager si misero a puntellare i 3’s come l’omino di L’asfodelo di Osvaldo Piccardo come tante zanzare pignole, prendendomi in pugno a suon di occhiatacce come un pignolo e perfezionista Babbo Clangolo alle prese con la costruzione della gallina meccanica e stropicciando quell’umile #11012 Raptorium Knex in qualcos’altro, qualcosa capace di sostenere e adeguarsi ai loro capricciosi scarabocchi da Reginald Bullnerd (Candi Milo). Ciononostante quelle forche caudine da ultima recita estiva delle elementari Pumzi mi volle comunque vedere al calare verso la notte di quella giornata. Mi fece vedere in gran segreto qual’era la loro fortezza. Oltre che essere un installazione paramilitare a gestione privata come la [Nanbara Connection] era pure un grande parco tematico a tema scientifico, sulla falsariga del francese Futuroscope. Pumzi vegliò su di me un intera notte lasciando al mio Jerry l’onere di riportarmi a casa. Beth era paralizzata; provò a telefonare a quel mio magico amico Chester lo Stone Protector con le sue Gobots Smallfoot, Sparky e Spay-C Steven Universe per consigli sentimentali e pedagogici, siccome c’era già stato l’esagono Steven-Connie-Priyanka (la madre di Connie)-Garnet-Amethyst-Pearl. Priyanka è la madre di Connie, Una bambina occhialuta e nera sua fidanzata. Le ultime tre sono le matrigne aliene e cristalline di Steven Ah sì alieni dalla natura minerale e non organica. Non mi sono affatto ignoti. Nella tua epoca si sono messi a adottare bambini? Una di queste Aliene è biologicamente la madre di Steven Sì me l’ha già spiegata Marco la cosa e facevo solo finta di essermi fatto prendere in contropiede. L’adagio del prima dell’ingannare i nemici inganna gli amici. Dev’essere veramente triste sapere che la propria madre è morta solo per farti nascere. Sei attanagliato da un senso di colpa immeritato E’ più complicata di così in verità

Immagina di trovare in casa tua un fantasma e di essere solo tu e un ristretto numero d’altre persone a esserne a conoscenza e a poterlo vedere e a poterci interagire. Come al mio amico Spencer Wright di Hollywood. Lui in una villa appartenuta alla popstar del club dei 27 Billy Joe Cobra trovò 4 cimeli a essa appartenuti diventando il primo essere umano a rivederne l’ectoplasma, a quanto pare un Jack O Lantern rifiutato ovunque e costretto a rimanere vagante in mezzo a noi. A un certo punto per cause di forza maggiore Spencer e Billy dovettero fondersi, Billy divettando il demone possessore di Spencer e Spencer Damien Thorn. Per Steven sua madre fece una cosa molto simile, ma diventando parte di lui. La sua vita è estremamente conflittuale, nemmeno fosse quella di Harvey Dent. E tra la sua fidanzata Connie e sua madre infermiera Priyanka c’è più maretta che tra Elettra e Clitemnestra. E nonostante i loro supermegapoteri le Crystal Gems, così hanno ardimentosamente voluto cambiarsi i connotati non aiutano in realtà assai, Harleen Quinzel che con moine da Rinko Kikuchi voleva che il suo lato folle lo divorasse completamente e le Furie che hanno già cominciato gli accanimenti su Oreste. Mi dispiace per i miei e per come li ho lasciati in una situazione così disperata. Ma la situazione, com’è prassi per le turbolenti tragedie di Euripide si complica a piè sospinto. Il piccolo Robotboy, un incrocio tra [Heroman], [Ropet] e Orbit (Barbara de Bortoli), meraviglia robotica dell’ambasciatore giapponese Moshimo che cresce come un uomo anche se è immune al divenire al tempo come un monumento accusava incubi inerenti alla roccaforte dei 3’s, dove con la sua sorellastra Jenny Wakeman la potentissima ginoide (Her neon mouth with the blinkers-off smile

Nothing but an electric sign

You could say she has an individual style

 

 

 

 

She's a part of a colorful time

Secrecy of lady-chrome-covered clothes

You wear 'cause you have no other

 

 

 

 

But I suppose no one knows

You're my plastic fantastic lover Jefferson Airplane-Plastic fantastic lover-Surrealistic pillow) pernottavano con un altro umano amico dei fantasmi, Danny Phantom, come Steven Universe a metà tra le due creature, questa volta tra umani e fantasmi. A prendere parte alle relative analisi da Mark Greyland furono due esorcisti digitali o Glitch Hunters, Miko Kubota e Hector “numero 5” Nieves

Di solito mandati dalla Hinobi Electronics per appunto combattere armi digitali in pugno i videogiochi che glitchano, cioè il cui codice di programmazione si è infettato o ha altri capricci ma che a questa retata non dovettero in realtà far altro che controllare computer da parte loro sani come Swimmon ma tra le cui pieghe c’erano, come nella ragnatela di un acchiappasogni quei bizzarri incubi Asimoviani. Era necessario che si capisse se Robotboy non si fosse dato al sonnambulismo e se non fosse andato gironzolando in una vera location addentrata alla base. La loro fortezza era un coacervo di luoghi cinematografici diversi, una collezione di casette Pixel Chic che univano il futuristico Elicona di Benjamin Ball al si vis pacem para bellum di Flavio Mogherini a adesso sotto i loro occhi l’incantevole psichedelia di John Marcynuk  e Ferdinando Scarfiotti. A aiutarli a muoversi attraverso Slumberland c’erano miti balocchi forgiati da Greg Cannom vissuti da Miko però con un cuore agitato e reso miope dalla preoccupazione. Spinti a fondo come da facchini di un incredibile ascensore per l’inferno la coppia ebbe a pararsi davanti a un portone a cui nessuno sembrava importare. Tranne che a loro umani. Fu forse con troppa facilità che un usciere invisibile (o più di uno) li lasciarono entrare. Mi raccontarono che il primissimo acchito che ebbero di quel posto, di quell’antro di Yen Sid fu che fossero finiti in un mattatoio. Un mattatoio molto bizzarro, una prigione di Hachioji dove si nasce e si muore detenuti senza alcuna possibilità di vedere o anche solo immaginare la presenza di un mondo esterno. Infatti con le luci soffusamente notturne di una sala da lasertag o da ripostiglio della Sindone torinese zigzagavano tra valvole termoioniche extralarge riempite di Gatorade al lampone dentro cui dei feti appallottolati come Mr Bounce al momento di fare una schiacciata

 

 

Facevano i diavoletti di Cartesio assicurati da cordoni ombelicali entrambi conclusero fossero troppo lunghi. Non tutti i feti-con una cadenza che i due Maria Maggiore e Ivo Franchi non riescono a ricordare-sembravano biologicamente e anatomicamente coerenti. Non insomma quelli di Pordenone o persino quelli di Scandiano nonostante quanto fossero orribili mostri, ma mostri ancora naturalmente tali, mentre essi mi raccontano fossero quelli di Freeeeek! Di George Michael da 25, con la carne invasa da apparati tecnologici in maniera apertamente perturbante. Se non vi dovesse essere piaciuto 4 mesi 3 settimane 2 giorni di Christian Mungiu o Butchered at birth dei Cannibal Corpse v’immedesimerete con quello che passarono loro in quel Laff in the Dark del Pike Park di Los Angeles. A dire il vero i musei dell’olocausto di Trieste e quello di storia naturale di Reggio Emilia hanno parecchia roba che può e saprà disturbarti a morte ma è in fin dei conti tutta roba sincera o dalle intenzioni semplici e sincere. Gli scimpanzé lasciano cataste di cadaveri di bonobo uccisi e uccisi dopo essere stati stuprati (non che ai bonobo sia sconosciuta la violenza sessuale…..) ed è tutto la cosa più naturale del mondo, così come lo è il banditaggio dei calabroni ai danni degli alveari di api e l’uxoricidio tra mantidi religiose e vedove nere. E non abbiamo ancora parlato degli oscar e come sappiano trasformare un pacifico acquario in un ristorante sushi per loro soli. Non si vede questa differenza tra i Cutolo, Ramirez the Night Stalker

Anna Adamo, Teresa Radice e il 21/03/2005. Ma laggiù parliamo di qualcosa di progettato, qualcosa con un intenzionalità sinistra, uno strato di lasagne superiore al necessario paragonabile a un esercito di scimpanzé che faccia Battle Bones di un branco di bonobo con una falange macedone, uno sciame di calabroni dentro degli Arado 234 Blitz che bombarda un alveare di V1 Maikafer, una mantide femmina che uccida il marito con una mitragliatrice, un maschio di vedova nera che uccida lui e la femmina facendosi mangiare a bordo di un Abarth 205 riempita di napalm, pesci oscar che facciano piovere un B52 Big Ugly Fat Fellow su un intero acquario. Se finora Miko e Hector avevano camminato dentro Gli occhi azzurri della bambola rotta, la seguente scoperta li proiettò dentro Hellraiser 3. Congelati come cadaveri di kamikaze in un obitorio dentro slungati baccelli d’acciaio cromato e plexiglas fotoassorbente c’erano cadaveri umani punzecchiati con una motosega schiacciati come seconda fase da giocattoli di (Gordian) in metalli pesanti. Adesso sì che quelli di Robotboy si capiva che erano incubi. Incubi che in realtà erano stock footage di qualcosa di davvero reale, come il manicomio di Gavassa era orribilmente reale per Antonella Spaggiari come quello di Gotham lo è per Catwoman, di cui un ignaro ragazzino leggeva le avventure in Via Togliatti nella vicina Rubiera. Urgeva che si palesassero delle risposte. E gli vennero date….da [Voltes V]. Un Puzzler dalla stazza del Genio della Vittoria del Buonarroti chiuso sotto un bicchiere di vetro le cui capacità di comunicare con persone o altro estern* dipendeva da un citofono il cui microfono per l’invio si trovava come lui prigioniero della barriera traslucida. A entrambi venne rivelato il segreto che i 3’s erano stati creati in laboratorio come superuomini mezzosangue per esplorare pianeti remoti, come pronosticato da Dougal Dixon in Man After man. Nonostante la natura da Dr Neurosis (Umberto Bortolani) era benevolo, come un padre per quei ragazzi. Un padre il cui amore (penso tuttavia si trattasse di un patrigno) era sconfinato come quello di Guido Guinizelli (così ha tolto l’uno a l’altro Guido la gloria de la lingua; e forse è nato chi l’uno e l’altro caccerà del nido) ma la china discendente che aveva preso l’avrebbe fatto ruzzolare in Achille. Per la sua natura comunque savia non ammorbò Miko e Hector sul mantenere il silenzio su cos’hanno visto, o almeno di non dirlo a chi ne sarebbe direttamente toccato. Lesti a passare dai Computer Warriors segregatesi in calcolatrici e portachiavi ai Keypers Tango e Princess coccinella e cigno alate e versatili incubatrici di inquietanti ma necessari arcani. E come per Robotboy quelle visioni s’instradavano nel loro mondo onirico come in My world dies screaming di Harold Daniels Una cosa da dire in merito a sogni non proprio d’oro dovrei dirla anch’io Morty se l’aspettava, che Dipper fosse stato un intervento pertinente, o uno di quei piccoli box nell’edizione enciclopedica dei Promessi sposi delle edizioni Zanichelli o dei Watchmen delle edizioni Rizzoli in cui partendo dal capitolo sulle disavventure milanesi di Renzo si parlava anche di quelle di Pinocchio al Gambero Rosso visto che in entrambi i casi si fa una guida Michelin tra opere narrative, o Francesco Moriconi che a piè pagina dell’unica graphic novel vincitrice di uno Hugo Award delucida su a quale personaggio uno dei Guardiani da guardare deve delle affinità. Dopotutto Gravity Falls e chi ci abita ha una tale promiscuità con il regno dei sogni che sentirlo soprassedere sarebbe stato più incongruo che sentirlo attivarsi come avatar nella disputa Dunque, come dicevo Bill Cipher mi è entrato nei sogni mentre io e Mabel volavamo da voi. Più che incasinare memorie tutte mie distorceva la mia opinione sui miei zii, servendosi del fatto che a testa hanno la reputazione dei meloni rotolati via dalla bancarella del fruttivendolo. Al mercato di Ripatransone in Piazza Matteotti sotto la maestà della cattedrale di San Gregorio, dove l’appoggiarsi ai colli ascolani la rende la città più ripida d’Italia, da finire in pasto al Tesino. E per farlo prima me li mostrò accampati in una delle vallate dell’Oregon dove bazzicavano quand’erano più giovani, poi servendosi di un cliché di coniglio bianco da romanzo di Carroll mi indusse in tentazione portandomi dentro una delle grotte che dovevano aver esplorato in giornata. In una bolla, fui io il primo a scoprire qualcosa prima di loro; quelle (o almeno quella in cui entrai) non erano caverne, bensì edifici abbandonati. Persomi il coniglio, capii quasi subito l’architettura di Bill durante un malfunzionamento dei neon d’illuminazione più lungo della mia nictofobia imbattendomi in un installazione di Mario Ceroli da Bill presenziata. Egocentrico. E con un gusto vomitevole per le invettive, ingiurie e illazioni creative: far assistere ai miei zii come in tribunale a una metafora del loro infantilismo tale-secondo Bill-da diventare incestuoso

O mostrarli come mostri inverosimilmente obesi e ripugnanti cosparsi di giocattoli come Teenage fan club di Teppei Kaneuji intenti a braccare ragazze di cui non accettano i no in claustrofobici parcheggi dove di nuovo avviene il ping pong concettuale tra le auto parcheggiate dappertutto, l’anno di fabbricazione del loro monotematico modello, la data di nascita dei miei zii e che il mostro galoppante siano loro

 

 

 

 

 

 

Ma io di queste quisquilie, di questi Lourdes et ces tenutaires di Pierre Falconnet che Falconnet pure di cognome faceva ma un aquila certamente non era ed era pure un pò un pollo ho fatto Place Capdeveille pulita. E adesso sfido a venirmi a dire che le sirene sono false; diceste lo stesso della buonanima dell’ornitorinco. Bill fece anche a voi il colpo gobbo? No ma c’era qualcosa di limitrofo. Undergrowth. E Vortex. Furono loro i primi che mi introdussero ai 3’s, assieme a Danny Phantom e ai suoi alleati. Dopo un exploit memorabile ma che non sentirono li introducesse degnamente al mondo intero organizzarono qualcos’altro, qualcosa di più Pacifico in un night club. Lì vidi non solo la mia (temporanea) amata ma vieppiù dei ragazzini loro allievi e pupilli. Dietro quei due mostri di cui almeno uno dei due ritornò alla carica durante un emergenza foresta in fiamme (quella in cui con delusione appurai il castello mediatico che mi avevano tenuto nascosto su di loro) c’era Vlad Plasmius, metà vampiro, metà fantasma, metà Barack Obama metà Robert Gates. Scaltro come Benito Mussolini ai tempi dei Patti Lateranensi, zuccheroso come Michela Brambilla, verde d’acido come un Victrebeel parimenti a Boutros Ghali e Augusto Franco (Fece scalpore, anni addietro, quel capo yanomami che si era presentato sul palco dei relatori in una delle tante conferenze internazionali per il «salvataggio» della Amazzonia vestito con una pelle di leopardo. Subissato per attentato all'ecosistema, dichiarò pressappoco così: signori miei, ditemi voi che cosa dovrei fare quando incontro un giaguaro nella jungla. E puntò il dito contro quelli che volevano far restare gli indios all'età della pietra per poterli contemplare come allo zoo. Ma anche noi - disse - vogliamo il frigorifero e case riscaldate, nonché l'aereo perché l'ospedale più vicino è a tremila miglia.

Tempo dopo si scoprì che certi della sua etnia tagliavano gli alberi per rivenderli. Orrore! Diversi Vip - cantanti e attori, ovviamente - si dimisero dal comitato, lagnandosi come Idefix (il cane di Asterix che piange per ogni albero abbattuto perché non sa più dove mingere), ma il capo leopardato ribadì la sua posizione Rino Cammilleri); Sono un re matto

Cambio spesso regole

Non perdo mai

Nero e poi bianco

Muovo luce e tenebre per vincere Marco Mengoni-Re matto-Re matto. Viscidume e strategia, trasformazioni ma coerenza che purtroppo solo agli svegli volontari dà di che sospettare. Con la sua diplomazia da Morgoth aveva aizzato Undergrowth, il gigantesco Tyrannonasus Imperator con tutti i lati peggiori della flora e Vortex, quel verdastro boss di Tornado Outbreak perché complicasse il salvataggio del bosco dopo una nevicata artificiale estremista ma efficace impiantando spore di controllo mentale a tutti loro durante la colluttazione, aspettando poi di essere da soli per demoralizzarli con l’inquinamento del pianeta presentandolo come irrisolvibile…la retorica degli ambientalisti dai tempi di Rachel Carson e Aurelio Peccei insomma. Di fronte a una razza inferiore e barbara come la slava, non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone. [...] I confini d'Italia devono essere il Brennero, il Nevoso e le Dinariche: io credo che si possano sacrificare 500.000 slavi barbari a 50.000 italiani (Benito Mussolini). Follia è fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi (Albert Einstein). L'uomo che alza il pugno per primo è quello che non ha più idee in testa (Malcolm McDowell). Venti di guerra e d’odio nell’anfora d’Eolo e Marte trasportata onda su onda dal’Egeo all’Atlantico attraverso il canale di Suez nel Pacifico giapponese fino a Tokyo e le sue spiagge, raccolta da quelli della Sony che poi ne hanno riversato il ripieno in Final fantasy 7 e il suo patinato ecoterrorismo voglioso di tornare a puzzare di vulcano con le miniere di carbone. Il peggio vieppiù fu scoprire da parte loro che erano stati ingannati sebbene per un fine nobile. Dovettero confrontarsi con il loro  [Goodoo Hakase] e seppero la terribile verità sulla quale-lottando contro il loro stesso giuramento di Brodolini-i Glitch Busters avevano taciuto. Erano cyborgs nati come prototipi di quelli deputati (a fini pacifici, non parliamo di Black Ghost) a esplorare pianeti simili alla Terra a zonzo nell’universo. Ma la mole di nichilismo ambientalista li aveva rigettati nei tempi oscuri degli amerindi convinti che insanguinare tutto un continente, dal Messico alla Patagonia con sacrifici umani avrebbe fermato l’eclisse dell’07/04/1502. L’orribile compost di prigionieri e eroi uccisi che nutre il giardino d’organi di Adompha fornì tutto quello che serviva alle spore di poc’anzi di germogliare con l’esuberanza dell’orto di Marina Rei e trasformarli in distorti Moriquendi il cui credo verde aveva la violenza nera del più puro ecoterrorismo, quello che riavvolge il nostro progresso morale ai sacrifici umani agli alberi sacri dei druidi anziché al Roosvelt che diceva L’unica cosa che dobbiamo temere è la paura stessa. Fu per me Morty uno shock più che prevedibile vedere quella mia cotta, Pumzi, imporre come un carnivoro furioso l’ideologia in cui credevamo, in cui si poteva avere credenza diversamente, eccellentemente. Tutti noi lottammo non solo contro Plasmius, ma anche contro il solito Bill, o meglio un suo emissario, Pyronica, con il sottoscritto che si lanciò-神の風の少年-contro tutti quei demoni per amore e per altruismo, ribadisco che a me non interessava solo Pumzi ma una causa come quella per cui Pumzi combatteva. Ma come potevo immaginare che il mio libro non era mai stato Tu sei il mio mondo di Timothee de Fombelle ma I salici di Algernon Blackwood! E’ tutto finito e Pumzi con i suoi amici adesso vivono liberi. Non è gelosia, ma obiettivamente quale John Kenniston tornerebbe nell’orribile futuro di una Terra strozzata senza più Sole nell’eterna oscurità? Uno sbaglio, per quanto fatale, aiuta a crescere e a formarsi. E il viaggio nel tempo? Quella sì che dev’essere stata una formazione! Eccomi a quello Tricia. Facciamo che pur di diventare impiegato dell’anno, addirittura presidentissimo, fossi completamente folle. Volessi essere Agasthya che beve il mare. O portarmi indietro e avanti nel tempo armeggiando con ingranaggi e lancette di un orologio così vecchio da essere incancrenito di polvere e magia. Con una macchina del tempo. De Fombelle: Dov'è Celeste? Celeste è malata, ma di una strana malattia: tutte le ferite del mondo appaiono sul suo corpo. Sulla fronte ha una piccola macchia, come un cuore smangiato. Quella macchia ricorda qualcosa: l'ultimo ettaro di foresta amazzonica. Joe Landsale: E se la tua città cara Celeste si schiantasse come i modellini di Ned Mann causa uno tsunami cronale contro il più profondo Cretaceo con grattacieli dilapidati il cui cemento frana come sabbia mentre laddove hanno le putrelle ancora stabili Ornithocheirus vi nidificano e tu vieni sbranata e poi sputata nemmeno reputata mangiabile come nella routine di un sommelier di gomme da masticare da un Carnotaurus? De Fombelle:  E la spalla? La pelle è spellata e disegna nettamente i contorni dell’Artide. Victor Forbin: E se ti mostrassi che in nemmeno in milioni di anni l’Artico arriverà fin quasi alle jungle dell’Africa negra?  De Fombelle: La desertificazione dell'Africa, l'immersione delle coste indiane, tutte le catastrofi ecologiche del mondo appaiono sul corpo di Celeste. Philip k Dick: Splendido

Splendido

Nel cielo va

La sua tuta azzurra brilla nell’oscurità

Simbolo

Simbolo

Di libertà

L’F di Futuro sul suo camice sta

Intitolato originariamente Time Pawn (e cioè "Pedina temporale"), questo romanzo di Philip K. Dick era assente da troppi anni dal mercato italiano perché non si sentisse il bisogno di ripubblicarlo e ritradurlo. Ecco quindi, in una nuova versione, la storia tragica e assurda di un medico americano del Duemila che viene trasportato in un futuro ancora più caotico e lontano, dove è costretto a entrare nelle maglie di un complotto teso a cambiare il tempo e a rischiare la vita in modo non sempre dignitoso. Sul suo Kawanishi H8K Nobusuke Tagomi mostra a Celeste un Africa che d’acqua ci è affogata, eccole le mangrovie in Niger, Walt Dangerfield dall’alto del suo sepolcro mostra a Celeste un pianeta Terra che la deride con la sua salute-antropocentricamente intendendola, con Hoppy Harringthon insieme al suo fidanzato giù su quel mondo indifferente mentre la Townsville del romanzo s’ammuffisce come gli agrumi di Fleming sotto la biomassa di una giungla di dinosauri. E tutto questo se ne disporrebbe, se aprissimo, SE IO APRISSI! Il tempo medesimo come una semplice porta. Ma se manca una chiave, e non c’è un arrotino….ma io Morty avevo entrambi. Il famigerato Rick Sanchez, Rick Sanchez è uno scienziato pazzo alcoolizzato e malavitoso, e l'uomo più intelligente della galassia.


La sua invenzione più nota è la pistola spara-portali, grazie ai quali più arrivare dappertutto e istantaneamente, in qualsiasi luogo dello spazio - ma non del tempo! E poi ci sono gli universi paralleli. Un sacco di Universi paralleli. Come per Reed Richards.


... apparentemente anche un criminale intergalattico, un supereroe, uno s***o galattico, un menefreghista totale capace di sacrificarsi per i parenti stretti, un ateo che prega l'Onnipotente quand'è in pericolo e attacca le bestemmie non appena è al sicuro.

Insomma, quel genere di persona che vi diverte nei film e nei cartoni animati ma non vorreste mai e poi mai incontrare nella vita.


Con i viaggi nel tempo è un casinista e ha rotto il tempo 127 volte (127 = 64+32 + 16 + ... eccetera).

 

Rinviare all'immagine del facehugger che si attacca Rick e subito si stacca morto. Alito pesante, sì.

Ma questa gag era già stata affidata vent'anni fa da Marcel Gotlib al suo Perverse Pepere! Altro vecchiardo. Conosco i miei polli mutanti. E uno di costoro aveva quanto servisse a questo piccolo Dodo (Daniele Demma) per scompigliare le leggi stesse dell’esistenza (Use your brain as a creative computer

and you will see the light.

Mother nature and Father time both rule the world together

but if you take just a little time prove them wrong and throw them out the window you are the one and I mean the only one to make all dreams come true.

Your brain is a creative computer. ). Così in un giorno festivo, un bell’Halloween fatto di contorti alberi le cui sempre più nude foglie arancioni si staccano falcidiate da una lugubre folata di vento, quartieri tra bernoccoli erbosi come nidi di uccelli architetto australiani sprofondati nell’oscurità solo e a stento spezzata dalla piccola luce delle candele nelle zucche nei posti più impensati. Rick aveva trasvolato come Robert Fowler verso la roccaforte dei 3’s a metà tra Raymond Massey in La vita futura, Batman (Rino Bolognesi) in The pest e [Boss Borot] quando come maldestramente suo solito aiuta [Grendizer] contro l’[Enban Juu] Dori Dori, con l’incredibile vascello. Ho appena cambiato la tappezzeria, vi cancellerò dal tempo stesso se me la inzozzate! Ah, solito, solito Rick. Viaggiare nel tempo pensavo-nonostante la cosa non mi fosse nuova-richiedesse molto tempo e che questo tempo consistesse nell’esatta calibrazione di dove e quando, soprattutto. Tutti ci aspetteremmo che pure un Taddeo Rospo come mio nonno Rick non pasticci leve e pulsanti a caso confidando nel culo delle esperienze precedenti, o in una qualche innata sicurezza che ci fa fare tutto senza il minimo scarabocchio fuori dai bordi appena facciamo questa novità, appena come spavaldi e astuti Kevin (Francesco Pezzulli) entriamo nella camera delle meraviglie del museo tridentino di scienze naturali certissimi che il raggiro di Eddy (Roberto Draghetti) sarà così pezzente da smascherarsi da solo, e la cosa avvenne per metà. Rick ci intimò d’allacciarci le cinture, qui valgono le medesime regole che su una scassatissima auto di qualunque banale concessionaria, poi però abbassò le serrande sul cruscotto e sui finestrini, appunto come se tutto quello promanasse così tanta sicurezza e certezza da buttarvici a occhi (o parabrezza) chiusi. Poi appunto divenne pignolo, regolò le parti più minute della sua pulsantiera e dopodiché di nuovo ridivenne selvaggio dando una tale pedata all’acceleratore che, mentre ci impastavamo nell’imbottitura dei sedili ci indusse a credere saremmo finiti in un altra dimensione per la troppa velocità. La destinazione Rick la elucubrò circa 10 milioni di anni nel futuro, di nuovo con l’inesorabilità di Scott Leary dentro le piscine di St Louis vincendo una medaglia d’argento facendoci temere che ci saremmo sfracellati secoli prima o secoli dopo a metà tra il Team Libellula del 18esimo Redbull Flugtag e Spike in Wags to riches di Tex Avery. In realtà l’apparecchio accusava poche turbolenze, ma andavamo così disperatamente veloci che le turbolenze erano l’ultimo dei nostri problemi. Per darvi un idea, eravamo sul Boomerang coast to coaster di Six Flags Over Texas con appena percettibili i tentennamenti delle navicelle sul loro binario con tutti i nostri sensi molto più coinvolti e preoccupati da tutto il vento che ci strappa le palpebre dagli occhi e ci trasforma le bocche in paracadute da dragster

 

 

 

 

 

 

Oltretutto volavamo praticamente alla cieca, Taddeo in Una preda difficile di Fritz Freleng, perciò che il nostro trenino avesse un pò di morbo di Parkinson era rumore mentale di sottofondo per tutti noi. Fortuna che le cinture di sicurezza erano più efficaci delle [Magnet Rope] di [Kotetsu Jeeg] e il rinculo conclusivo anche quello l’avvertimmo meno di quanto attendibile. Finalmente Rick-che si giustificò dicendo che il tempo mandato in flashforward gli causava sovrastimolazione sensoriale peggio di David Portner degli Animal Collective strafatto di LSD che scarrozza tutta l’altra band per le autostrade del Michigan-risollevò le serrande con la stessa nonchalance con cui rimette a posto le saracinesche del suo negozio dopo averlo mandato a nanna un estate intera. A noi veniva da vomitare, con mio nonno preoccupatosi anche di questo: ci fece scendere anche senza sapere dov’eravamo atterrati Tuo nonno…è l’incoscienza fatta persona! Stella venne squadrata da Marco con occhi da pesce di cera mezzo sciolto. Parla lei….a momenti tornerei da Hekapoo e Jacqueline…ma poi mi arrendo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Eravamo su un terreno….pieno di mucillagine gialla e piccoli funghi ovunque guardassimo  accerchiati da alberi i cui rami e le cui foglie erano sparpagliati aleatoriamente sovrastanti strane piante nere con dei fiori, se fiori è una parola che volesse dire qualcosa al cospetto di quei tubanti bicchieri di carne rosa e spugnosa centrati entro corolle di foglie strutturate come lampade Knappa che mi sembravano fatte di stagnola ma una volta toccate a mio rischio e pericolo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Risultarono essere composte da un tessuto vegetale molto più corposo e coriaceo, da funghi dell’esca, incontrando vieppiù primi esempi di una vita animale in quel futuro. Mi cadde addosso una specie di spugna grondante che, facendomi cacciare un urlo da sollevarvi via tutti gli uccelli nascosti tra quelle caotiche fronde realizzai secondariamente essere un uccello brutalmente fatto a pezzi dal Peter Cowper di Il giorno di San Valentino con ancora certi suoi organi palpitanti. Quando mio nonno m’interpellò su quella crisi isterica e calpestò l’uccellino sbranato anche lui storse la faccia avvertendo delle distonie. Alzammo gli occhi indagando quegli alberi confusi e approfondendo vedemmo degli scoiattoli sprovvisti delle zampe anteriori come luscengole e con incisivi simili a falci. Scoiattoli assassini che si stanno trasformando in serpenti. Grandioso come benvenuto. Erano stati loro a far fare quella così orrenda fine all’uccello cadutomi in testa. Dovemmo attrezzarci per difenderci da predatori che sarebbero potuti essere ancora più mostruosi. Non sembrava esserci nient’altro in quella foresta, eccezion facendo appunto quei grossi fiori neri con i pistilli rimbalzanti a metà tra le palline in claymation di Will Vinton e la bocca meccanica di Hideyuki Sawada, i Watchimal killers e i poveri Tattle Tails che divoravano senza pietà. Comunque avevamo prove fotografiche che 10 milioni di anni dopo l’antropocene la vita eravamo riusciti a non farla estinguere. Poteva però sempre darsi che fosse tutto lì quello che il pianeta aveva da offrire. Al che il solito Rick, sapiente Barbara Ehrenreich, diede una piccola lectio magistrali su come funziona un estinzione di massa e com’è che lasci in vita creature risibili come quelli scoiattoli e passerotti. Innalzando in volo sulla foresta la nostra macchina del tempo Rick-in piena modalità Jerry Cornelius-si gettò in quel safari 10 milioni di anni nell’avvenire con la sicumera che avrebbe l’esperimento 158 se avesse altresì il bauplan genetico dell’esperimento 262. Stavamo in realtà facendo un percorso parallelo al vostro, presto coronato dall’avvistamento, a 451 metri di quota di un branco di grossi transumanti dalla pelle grigia e voluttuosa come quella di una Dural di Virtua Fighter

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Eccovi le balene cari Klingon! Esclamò specificando poi fosse una citazione da Star Trek 4 rotta verso la Terra. Cercando con manovre acrobatiche di ravvicinare la visuale ai bestioni al galoppo apparve che quelli erano babirussa grossi come rinoceronti con zanne a metà tra quelle di un Gomphotherium e di un Arsiniotherium chiaramente per strappare da terra vegetali commestibili funzionando come un aratro e un bulldozer. Come ulteriore prova che gli ecosistemi non si erano sputtanati vedemmo veloci predatori cercare con risultati vari e eventuali di strappare braciole da quei perissodattili coinvolti in NASCAR. Questi dovevano essere citelli, perché le loro [Double Harken] erano gli stessi incisivi messisi a raccogliere altresì altri denti e a compattarli in un unica falce degli scoiattoli che tanto mi avevano dato un così respingente benvenuto. Davvero un rovesciamento delle carinerie mi tocca ammettere

I 3’s erano però intenzionati a raccogliere campioni. Grazie a un satellite che mio nonno mandò in orbita in maniera pressoché casalinga a metà tra la  [Astro Bokan Kichi ] dello [Yuri Ganrai Hakase] e Geppo di Il re del cielo di Sandro Dossi ritrovammo il luogo di materializzazione e Rick diede un vendicativo benservito allo scoiattolo avicida. Quando dovette rendere atto di quel delitto con nonchalance da Roberto Lemmi e Disko Troop spiegò che la natura non è animalista e che c’era un predatore molto più grande e immune alle falci degli scoiattoli versione Fauce Sbranante degli Infaceables in agguato tra gli alberi. Un ghiottone grande quanto un gorilla, all’inizio dalla postura del suo atterraggio sul sottobosco confuso da parte nostra con un mandrillo di qualche tipo, dalla gola che riecheggia quasi umanamente. Di nuovo la minaccia del mondo del futuro mi fece cadere a pezzi come un modello anatomico mentre i 3’s rimanevano in avan-garde, chi aveva poteri sbarranti li aveva attivati mentre mio nonno mi squadrava con un espressione da Dwayne Johnson in Il tesoro dell’Amazzonia alla stregua di un Lewis Lovhaug innanzi a una doujinshi di Ranma 1/2 insulsamente epica

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Rick, indifferente come Tinker (Luciano Roffi) al safari mentre la sua amica Speed Buggy (Massimo Giuliani) fuggiva all’impazzata per il veldt scattò una foto al predatore alfa la cui incontenibile bava prometteva malissimo almeno finché lo scudo energetico continuava la sua emanazione. Come un gorilla testato con uno specchio per vedere se fosse capace di riconoscere che l’animale aldilà della barriera trasparente è lo stesso dall’altra parte il ghiottone nonostante la fame rabbiosa dava sue energie per testare quel glitch di Super Mario Bros the Lost levels finché non scelse la prassi Autogatto in Two car Mirage gettandosi dopo una rincorsa contro l’alone giallastro resistente come una parete di cartongesso. Venne fermato da Pumzi al volo gettandolo con una Brainbuster contro un tronco. Essendo il bestione temprato come Angelo Poffo la sua colonna vertebrale percepì lo stesso dolore di quando ti siedi vigorosamente su un sedile della metropolitana, certi i 3’s che non sarebbe tornato. Rick, seduto su una losanga comoda della sua macchina del tempo scorreva le foto fatte fino a quel punto sul suo Motorola Droid 2 e gli chiesi come ai 3’s se fosse sufficiente, o il materiale raccolto in ossequio a Paul Tancrede (Un visitatore intelligente non lascia tracce del suo passaggio Né iscrizioni. Né distruzioni. Né disordine. Né rifiuti. Le cartacce sono il biglietto da visita dei cialtroni. Raccogliete bei ricordi, ma non cogliete i fiori. Soprattutto non sradicate piante: spunterebbero pietre. Ci voglion molti fili d’erba per tessere un uomo. Chi rovina un bosco è cattivo cittadino. Chi distrugge un nido rende vuoto il cielo e sterile la terra. Chi è nemico degli animali è nemico della vita, è nemico dell’avvenire. Uccelli, marmotte, ermellini, camosci, stambecchi e tutto il piccolo popolo di pelo e di piuma. hanno ormai bisogno della vostra amicizia per sopravvivere. Dichiarate la pace ai pacifici animali. Non disturbateli nelle loro faccende, perché le primavere future rallegrino ancora i vostri figli. Qui è vietata la caccia, eccetto alle immagini. Non campeggiate dovunque e non accendete fuochi: Certi gesti sventati posson provocare disastri) valesse bene un viaggio di ritorno al XXI° secolo Ho altri progetti, e voglio vedere questi Celentano tacere per sempre, come quei blocchi di pietra intimiditi dietro il nadir chiamati montagne quando gli uomini che giocano agli animali saprofagi le hanno abbandonate, così che i ghiacciai tornino a sciogliersi in santa pace senza cortei funebri a qualcosa che non è neppure stato vivo. Voglio far loro vedere un pianeta delle scimmie. Che Rosseau aveva torto fino alla quarta generazione. Malgrado sia nato nel ’68, McCandless è un povero hippie: non reca sintomi della rivelazione punk e "ragiona" come uno che nel sessantotto c’aveva venticinque anni; brancola (vedi la foto) tra opposizioni concettuali borghesi, illusorie e stucchevoli, tipo naturale/innaturale e vero/sociale. Dopo aver affrontato il Padre Autoritario e lo Sbirro Repressivo, finalmente McCandless giunge nella Naturale e Vera Alaska. Naturalmente e da Vero Fricchettone, il libro sulle piante selvatiche lo ha letto in fretta e male. E così ne mangia una velenosa, e muore tristissimo perché si sente inutile e solo, e nemmeno l’orso lo considera. Sean Penn è un grande e io lo amo.

Appendice
Sublime l’effetto delle musiche: la favolosa colonna sonora di Eddie Vedder fa apparire tutto surreale. Che so: qualcosa tipo Shine On You Crazy Diamond mentre in controluce, sul sole che tramonta, al rallentatore, Banfi si prende a schiaffoni (Jacopo Nacci). Non vi piacerebbe, o voi che foste gli utili idioti di quei
maitre à deraison vedere la loro lurida semenza ridotta a parrocchetti da salotto di un qualche essere superiore? Ecco Rick che traumatizza tutti per aver ragione. Con il satellite mandò attraverso l’ultima pagina Google sulla Terra milioni di anni dopo l’epoca di Larry Page i disegni della sonda Pioneer, esperanto delle galassie anche se dalla Terra non ci eravamo allontanati. Qualcuno o qualcosa rispose. Una città al centro di un lago distante da noi in un arco leggermente acuto, un angolo di 10° piuttosto angusto. Mentre io e i 3’s esprimevamo le cautele di Spartakus (Yves Marie Maurin), di Arkana (Jeanine Forney) su questo episodio 13 di Les mondes engloutis Rick era in piena modalità Seskapil (Claude Dasset) strofinandosi aggressivamente le mani. Rick? Dovremmo essere cauti; non sappiamo chi ci accoglierà! Ah so come renderli accoglienti! Ho fatto la qualunque quando ancora andavi all’asilo, questo è addirittura noioso per me. Tu non vuoi sapere assieme ai tuoi Teen Titans di quali armi consta questa mia seconda bellezza Quando Rick nel sughero del cervello affigge una puntina grande quanto uno [Drill Missiles] a una sua idea questa può attecchire con una resistenza della [Jigoku Too]. Involò la nave seguendo amicato con il suo satellite fai-da-te da Daffy Duck di La spia del controformaggio di Rudy Larriva la parabola che aveva disegnato fino a uno scenario da Tolkien. Al centro di un lago vasto quanto quello Maggiore come il re degli scogli, come la [Nanbara Connection] una città bianca e fatta di lance come picche sanculotte mai usate di sorta di grattacieli-torrioni con un istmo che permetteva di raggiungere la baia grigiastra assolutamente non in relazione con l’acqua dal colore purissimo ma chissà come denergizzato, come quello di un occhio della Madonna appassito per il freddo dell’inverno come fosse tutto un modellino dove la foresta è scovolini da flauto, la spiaggia con il sottobosco polvere di ferro magnetica e l’acqua uno specchio. La velocità di crociera m’illuse di aver visto la fata morgana di un auto supersonica, una Ford Mustang che saettava verso quella già notevole prova di sopravvivenza e espansione della civiltà, ma in 10 milioni di anni le automobili o altri veicoli pneumatici-tranne forse la Yamaha XT 500 di Timerider una moto contro il muro del tempo-non avranno più senso d’esistere. A meno che…in film come Rock ’n’ Rule di Clive Smith e Le avventure del coniglio americano di Norman Lenzer viene mostrato un futuro eoni dopo l’estinzione dell’uomo in cui gli animali che ora ne hanno ereditato il mondo hanno-tra le altre cose-reinventato la ruota e quindi, da ultimo, l’automobile

 

 

 

Quindi mai dire mai, mentre pensato precipitevolissimevolmente in vista del prima contatto. Rick squadrò i bernoccoli più impazienti e elevati con l’atteggiamento di un campione di bowling i birilli indifferenti prima di scagliar loro contro la palla. Una civiltà del genere-elucubrò trascinato da della potenziale ingenuità-doveva avere Internet o qualcosa che vi equivalesse. Rick era attentissimo, di riffa o di raffa, cominciando a ghignare quando puntini, allucinazioni degli occhi, riempirono anche se non del tutto i balconi scavati in quei missili dimenticati dopo l’atterraggio Le esche cominciano a essere tirate! Cantilenò Rick accorciando l’ampiezza della circonferenza. Scoprimmo di aver scoperto una città di uomini alati in stile Flash Gordon il cui primo cittadino (sindaco? Re? Papa?), un guerriero masai dalla pelle azzurra come brillante di una luce interna da Arzon (Hal Rayle) vestito con un pianeta bianco inginocchiato tra le sue gambe raccolte come un Mitago le cui ali erano quelle di uno pterodattilo anch’esse dello stesso re di tutti i colori che deviavano verso di noi la luce del sole come ombrelloni di cristallo intendeva vederci da vicino. La comunicazione mediante specchi e luci avrebbe potuto farci schiantare ma chi la usò con noi aveva una lungimiranza davvero idonea a un uomo del futuro. Altre creature con ali da ornitodiro o da uccello con comunemente a tutti il pantone bianco e pelli dai colori a metà tra il caramello e una gomma da masticare rinsecchita ascendevano con silenti battiti d’ala più simili a quelli degli ornitotteri verso pinnacoli simili a ferri per marchiare il bestiame sempre o bianchi o con colori brillanti eppure annacquati, come quelli della copertina di un giornalino colorato rimasto molto a lungo esposto all’aria aperta e consequenzialmente con inchiostri spossessati dell’originale potenza visiva e cromatica in modo che vedessero meglio. Mi davano la sensazione di essere una scolaresca liceale che assiste l’autobus della gita arrivare a ridosso dell’istituto. Adolescenti dalla bellezza uniforme, come fiori negli occhi di un casuario finito in un enorme giardino nobiliare di Sydney alla ricerca di cibo, dallo sguardo così limpido e sincero, da bambino selvaggio da custodirsi alle spalle il vuoto, un vuoto primordiale da Claude Nurisdany fotografo di Microcosmos il popolo dell’erba capace d’immortalare con pure una certa sfacciataggine gli annodamenti da Uzumaki la spirale di Junji Ito delle lumache che si somministrano sperma a vicenda per i piedi la cui bava gli cementa appesi a un filo a metà tra uno yo-yo e il pendolo di un ipnotizzatore e la rabbiosa Alzheimer delle coccinelle dall’amplesso anale ma fregandosene di cosa questo significasse, volendo essere spietati come mio nonno modelli d’intimo di Abercrombie e Victoria’s Secret con muscoli oliati i maschi e tette enormi le femmine, i cui abiti bianchi ballavano tra la toga greco-romana (o quella di Atena di I cavalieri dello zodiaco e Aira di Mazinkaiser SKL), le tonache  con il bavero che copre la bocca e il naso da Naruto e persino canottiere e magliette con sempre quel persistente bianco da starmi convincendo a piè sospinto di essere finiti dentro una confezione extralarge di Daygum Protex. Le facce erano la cosa più straniante; c’era una mancanza di meraviglia per un astronave venuta dal passato con a bordo creature loro antenate diversissime da cos’erano diventate e persistentemente vi ci si rapportavano con una certa mancanza di trasporto meraviglioso appunto come liceali che vedono un autobus parcheggiare nell’areopago del loro istituto per non parlare di quando arrivano alla stazione per salire su un treno. In parte il nostro (e il loro) Gonzu della discarica di Salem condivideva un certo scetticismo per quella Fairy Tail (Osservate i manga e queste scene qui sotto, che sono delle copertine. Cosa contengono? Seni supersviluppati e bambine in posa sexy, per non parlare di peggio. Vi sembrano cose normali? Gerry Conway) e in un linguaggio riscoperto come il latino (anzi; latino sul serio) sembrò quasi profondersi in scuse per la mediocrità da Shonen Magazine del sangue giovane della sua città Creaturae quae huic mundo non sunt. numquid de firmamento descendisti? Aut hic a praeterito vel remoto tempore volando contrivistis? Tu ad alium universum pertinent? Bene alter dixit. Ex X decies annis ante hodie. Hoc alarum exspectabam il leader dello stormo si sollevò incrociando le braccia come un conscrittore del giuramento della pallacorda. Adesso il cipiglio di severità di chi si sentiva imbarazzato dai suoi esagitati pupilli come un Genma Saotome (Vittorio di Prima) che incontrasse Kuno (Vittorio Amandola) era molto più percepibile Haec omnia satis iam vidistis in arce tua perspecta esse credo, nec te profundiorem cognitionem praecludere oportet, praesertim cum cum Sapientia coniungamur. Videris etiam ut sapiens ille, cum quo penitus rectum intelligere possis? Bene ego non puto esse plures incestuosos Alabama truckers circa in lab tunica sic ego coniecto sic il volatile lo inquadrò totalmente confuso Eamus intro… fece grugnendo Rick spingendo l’albergatore per non dovergli raccontare di camion, William Loftin, Eric Lindsay e Charles Pierce. In principio erat il nome del loro Jimmu Tenno et secundum a * il nome del loro Dio, a quanto pare erano monoteisti quaesivimus antecessorem, cum venti nubila convenissent et terram cum vento fudissemus. L’Antenato era uno scheletro umano con ossa della robustezza di quelle di un giaguaro con una schiena più grossa e coriacea di quella di [Dancouga] da cui si piegano signorilmente delle ali come quelle di uno Gnathosaurus incrociate a quelle di un pipistrello. Chiuso sotto un bicchiere di vetro c’era una statuina simile agli scacchi dell’isola di Lewis che Lo rappresentava in maniera primitiva, come il Gilgamesh re con il leone in braccio scolpito nell’alabastro ricordato dalle sabbie dell’Iraq. Seguendone il pellegrinaggio entrammo in una stanza che sfidava la fisica (pure quella quantistica) con ancora più testardaggine della Cavorite di I primi uomini sulla Luna e le capacità magiche degli Elatrop di Wakfu. Tra due parapetti figli di uno scivolo orizzontale come quelli che fanno da ponte tibetano serpeggianti tra i mastodontici moduli del CERN ginevrino (macchine di dimensioni chilometriche per qualcosa di talmente piccolo da non esistere a parere dei nostri occhi) s’apriva un cielo stellato viola che venne recepito caoticamente dal mio cervello. Eravamo fuori? Il ciclo dì-notte era accelerato al punto che eravamo già sprofondati nelle tenebre? O eravamo affacciati sull’universo come Lupo Alberto colpito con un pugno in testa da Mosè? Quello era l’autentico universo o un suo ologramma giunto ai livelli dell’arte di Dibutade? Solo quell’enigmatico Stratos (Vladimiro Grana) aveva le risposte. Ma vacavano quanto quelle che potevo ottenere io per mie ricerche. Come un piccolo Georges Perec il Natale del 1946 che sbircia attraverso e sopra la trincea del suo piumone dissetando la curiosità dei suoi soldatini Lineol che gli guardano le spalle alla ricerca di pacchi e/o nemici lo Stratos si sporse da quel rettilineo pianeta dei Gibis e si catapultò di sotto spalancando le ali e andandosene lassù chissà dove. Mi sembrava di essere dentro una puntata di Tiny Planets le avventure di Bing & Bong. E le stranezze mie e di mio nonno rivaleggiano con esse, rivaleggiano con esse eccome

Scoprimmo che era asceso per chiedere a X-Ploder delle Hot Wheels Robo Wheels rigattiere di nuvolette da usare come spugne per la doccia di portar giù da noi un videoregistratore robot DC2 con una copia di Naqoyqatsi videoregistrata su ABC 1 e spacciata come effettiva release home video del film Un documentario sul nostro mondo l’abbiamo visto anche noi intervenne nuovamente Dipper Il nostro era più disarmonico e inquietante, un attacco epilettico cinematografico che sarebbe piaciuto a Arnaldo Ginna cinefuturista….Pacifica te ne ricordi il nome? Occhieggiai le scritte in Uniposca nero del DVD che venne caricato per noi. Era un DVD non una VHS Dipper. A naso sarebbe potuto essere pure un Laserdisc ma di base era una centuplicazione d’immagini lanciate a tutta birra per mostrare una modernità isterica dove il Tempo libero, ecco il nome, è indistinguibile dal Tempo lavorativo, anzi a conti fatti è più massacrante lo svago dell’impegno, giacché il primo ha una natura dispersiva e senza obbietivi che vanifica il secondo come uno sforzo di Sisifo, un dittatore marziano di Rocket to Mars di Vladimir Tytla che fabbrica continuamente armi e macchine da guerra che però allo sbocciare dalla catena di montaggio sono giocattoli e giostre inutili per lo scopo conflittuale. Questa scelta immagino presupponesse una cinica edondromia verso di noi suoi antenati, in concerto con altri suoi tesori, un accozzaglia di chincagliere ecologiste (action figures di Capitan Planet, sorpresine Nature Helper e Endangered della McDonald’s e Wendy’s, merchandising di Ferngully the last rainforest, Wall-e e Avatar) combinate come un [Gattai Meka Juu Pou Oni] rappresentante un guerriero Shamatari che sbraitava l’assolo di Jimmy Page in Stairway to Heaven con un proiettile da carro armato classe Centurion riadattato a chitarra elettronica e un autovelox scrutante h24 rovine di grattacieli sprofondate in un fondale marino del Mar Morto che agghindava una sorta d’imponente arnia di cristallo dilagante sul soffitto come la tana dell’ape gigante di L’isola misteriosa di Cy Einfeld Ecologisti…ecoterroristi….abbraccia alberi….businessmen con il pollice verde com’è verde il denaro, il verde dei $, delle banconote in € da 100 sacchi, da 5 £ britanniche, da 10000 Y giapponesi, quel verde lì insomma. Il verde che ingrossa le foreste. E guardate adesso dove sono. Poveri rettili! Credevano, forse, di aver conquistato il dominio assoluto della terra. Si vedevano così giganteschi, si sentivano così irresistibili! Avevano nomi altisonanti e paurosi: uno si chiamava atlantosauro, un altro ittiosauro, un terzo brontosauro, un quarto iguanodonte; come avrebbero potuto pensare che un giorno, nonostante la magnificenza del nome, sarebbero scomparsi dalla faccia del mondo? (Enrico Novelli). Qualunque cosa tu faccia ti estinguerai. Conoscendovi vi avranno fatto un requiem da becchino per feti abortiti come e più gutturale di questo? Morty nicchiò Il nostro Cicerone effettivamente masticava molto più amaramente del vostro Pacifica. Il vostro era un cinico ma compagnone Napalatoni che ha già visto e odiato di tutto e ti offre una Marlboro quasi rotolandosi per terra dalle risate, il nostro un ribollente Jack Scagnetti che non intraprende a fare a pugni pure con te solo per arrendevole autocontrollo, visto che non c’è più comunque niente da fare. Perché odiava i giovani della sua città? O commiserava pure scazzato noi? Il livore con cui strologava su noi e la nostra estinzione era lo stesso, con una pinta di preside sciolto sulla scrivania disperato per l’irraggiungibilità della pensione. Lo vedemmo nemmeno a metà del filmato arrampicarsi/spiaccicarsi una mano sulla faccia di un colorito crollato e scuritosi con una rapidità agghiacciante diventando quasi nero con copiosi e bollenti ruscelli di sudore che glielo aggravavano come cenere sulla carcassa di un aereo precipitato esplodendo in un terribile mare di fiamme capaci di liquefare il metallo come galaverna in primavera a metà tra un immane fiotto di sangue uscito da un qualche morto per esplosione tipo Carter Wong di Grosso guaio a Chinatown che colonizzava un morto muro di calcestruzzo trascurato e già crollato in molte sue parti e una piovra sulla carcassa di un animale marino morto respirando con l’esofago sul punto di vomitargli dalla bocca dondolando impercettibilmente con le gambe in innaturale posa da action figure di McDonald’s facendocelo circondare impanicati quasi urlando di disperazione al momento in cui li toccammo la pelle appiccicosa come un dildo impiegato troppo senza mai lavarlo sentendolo freddo, freddo come un corrimano d’acciaio, davvero fin troppo freddo. Mettemmo in pausa il filmato e sempre là seduti dove lo eravamo stati come spettatori li chiedemmo se avesse la febbre. Non solum migraines. Glycosideo clystere indigeo in sacco meo sub tunica mea hic, ubi plaudo gliela prendiamo e gliela iniettiamo con forse troppa fretta, con foga da drogato, ma una volta medicatolo completamente con il resto della sua tracolla da pronto soccorso sembra già essersi rifocillato. Comunque chiede una stampella perché qualunque scompenso l’abbia turbinato lo fa camminare con troppo dolore alle ginocchia. Io ero ancora angustiato dal suo male e con pacata insistenza da Il treno ha fischiato di Luigi Pirandello gli chiedevo ulteriori eziologie. Lui mi disse e ci disse di avere della meningite, al che il 3’s più versato in medicina, il nostro Jaga (Sergio Tedesco) gli chiese se avessimo fatto bene a lasciargli inocularsi del Flebostasin. Lui rispose che aveva un organismo diverso dal nostro e con una particolarità che lo rendeva pressoché [Acrobunch]

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ogni suo organo aveva un coacervo di nervi sviluppatissimo che funzionava fondamentalmente come un cervello subalterno. Oltre a un titolare cervelletto a cavallo dei suoi polmoni a UFO Solar (gli uccelli e i volatili dovendo sostenere il più grande sforzo del volo hanno un apparato respiratorio più potente con polmoni e diaframma più grossi e capaci) delle sorta di surreni che gli permettevano di entrare in apnea controllata facendo circolare il gas dentro il corpo e fino al cervello a metà tra la [Mach 5] di Go Mifune (Maurizio Reti) quando attivi il tasto del volante F, la tuta spaziale progettata da Ralph Smith e il marsupio dell’opossum acquatico, con l’intero organismo che continua a “respirare” per un autonomia di 713 ore, il suo cuore ha una terza camera con conseguente raddoppio del numero di condutture per il trasporto sanguigno (4 miliardi), il pancreas è più una piramide del Teamo Supremo, della Pilaf Machine e del [Gekiganger 3] mettendolo quindi al sicuro da qualunque patologia da gastroenterologo con una digestione e una bile molto migliori, per non parlare del raddoppio dei surreni e dei testicoli. Ogni suo organo può alla bisogna agire indipendentemente reagendo diversamente da noi alle malattie che inesorabilmente affliggono i viventi (Dalle età più remote l’uomo combatte l’oscura insidia del male Luigi Pensuti|I marziani non erano riusciti a resistere ai batteri che infestano la nostra atmosfera. Appena ebbero respirato la nostra aria, i germi che per noi ormai non sono più nocivi iniziarono la loro opera mortale. La fine avvenne rapidamente. Quando tutti i mezzi escogitati dagli uomini erano falliti, i marziani vennero distrutti dagli esseri più microscopici che Iddio, nella sua infinita saggezza, aveva messo su questa Terra Vittorio Cramer) e quindi quello era il medicinale adatto per la meningite. alias mihi exhibet. Ascendo ut deducam? Moneo vos fermones diu persuasum iri oportere No abbiamo già un quadro completo per il nostro interesse. Siamo arrivati nel futuro per ansia da apocalisse ambientale. Terrorizzati che il fumo delle nostre ciminiere-Le fabbriche imitano i vulcani Vincenzo Agnetti-coprisse la luce del Sole abbiamo dato fuoco tanto alle raffinerie, agli inceneritori e alle metropoli Roma con gli studi della Novissima Film con le scenografie di Thais a opera di Enrico Prampolini Reggio Emilia con il suo aeroporto con in concerto degli Iron Maiden Collodi con il Parco di Pinocchio pur di non avere buio. Nel Vostro mondo brilla un Sole indifferente senza nubi. Ma come ha fatto? I suoi raggi hanno o non hanno vinto e lacerato nubi di cenere, le nubi di cenere un tempo tutto il nostro mondo che abbiamo ferocemente bruciato con la stessa selvatichezza della [Yamata No Orochi ] pensando all’opposto della Regina Himika (Anna Teresa Eugeni) e di [Ryuuma Teiou], nessuno dei quali memori della rovina che li fece cadere nelle viscere della Terra portandoli a uno stravolgimento demoniaco delle loro umanità permetterebbe che una loro macchina da guerra faccia cadere il loro territorio di conquista nella stessa tenebra da cui bramano di fuggire (infatti nel quinto episodio con il Sole oscurato e turbato da un fenomeno di macchie solari che causano interferenze elettromagnetiche sulla Terra gli Yamatai si limitano a sfruttare il lato destabilizzante dei ferromagnetici per attaccare il robot di Hiroshi Shiba ridotto a una marionetta senza fili, perlomeno per quanto il Sole sarà un dalmata)? Egone ut civilitas tua finita ac nostra nata sit? Quello che ci andò a raccontare dopo fu un crossover tra L’ultima guerra di Richard Bach e Paria dei cieli di Isaac Asimov. Loro erano umanoidi regrediti ai livelli dell’Homo Rudolfensis che hanno incontrato alieni talmente avanzati nell’ingegneria genetica da esserne diventati ossessionati come folli scultori di carne e cromosomi, sorta di Winslow Schott su scala planetaria che oltretutto come veri artisti, come Mark Matveevič Antokol’skij contro Donald Judd, il realismo e l’imponenza del Socrate morente di Antokol’skij contro l’indecente ragazza manga dalle tette a estintori della Hiropon di Takashi Murakami o l’insulso minimalismo dell’Ipercubo di Attilio Pierelli. Loro per certi versi erano il manierismo di Benvenuto Cellini con il neoclassicismo di Antonio Canova e Michelangelo Pistoletto. Da un lato gli esterni erano parecchio affascinanti, Amore e Psiche di Antonio Canova ma continuo a pensare non sapessero di niente, Pink panther di Jeff Koons mentre il loro leader spirituale con noi era una anche disperata fuga indietro a quando l’arte non accettava paccottiglia a metà tra La vecchia di Felice Casorati e Venere degli stracci di Michelangelo Pistoletto, per non parlare di come la paleoarte sia immune a queste pompose avanguardie, Dinosauro che riposa di Pino Pascali e Innocenza figurata di Mario Schifano non cambiarono le carte in tavola e questo ci ha lasciati Emiliano Troco, Zdenek Burian e Luciano Menghi. Che tragedia se vedessimo più opere come quelle del Pascali e dello Schifano persino più abborracciate e presupponenti, con tutto il rispetto per questi due comunque ragguardevoli artisti!

 

Dinosauro che riposa Pino Pascali

 

 

 

 

 

 

 

 

Innocenza figurata Mario Schifano

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fertility rites for public consumption Todd Schorr

 

Yoshiko and the creatures of planet 66 Takashi Murakami

Erano consapevoli dell’origine ben poco soprannaturale del loro Antenato, ma non riuscivano a trattarLo con materialismo. Desideriamo conoscere le origini, e quando non possediamo dati reali costruiamo facilmente miti Stephen J Gould-Due miti delle origini a Cooperstown-Bravo Brontosauro. Dopotutto non abbiamo incontrato i nostri dei e lottato per vederLi o almeno intravederLi all’almucantarat? Non è stato il viaggio di grandi re come Gilgamesh, Giasone e Parsifal come di individui più anonimi come Sinuhè, Abramo e Willmore? Tuttavia quelli alle loro origini non erano veri dei. Ma Evemero docet gli dei si possono sempre innalzare da una quotidianità, pure mediocrità. La Wicca ha origini consumistiche, eurocentriche, modaiole [La religione è diventata una specie di menù dal quale si possono scegliere alcuni piatti ed escludere altri (soprattutto quelli più scomodi, che richiedono un impegno personale) Carlo Climati]. Amenofi IV, Joseph Smith e Pierre Falconnet farebbero una faccia da lemure a venirlo a sapere. Perché a tutto c’è un limite. Allora ripresi la parola e gli chiesi cos’altro di spirituale avessero in serbo. Dii majoris antiquiores mortui sunt, etiam. novi, liberi, minus nobis rogant, sed meliora, ac meliores voluntates. Videbis etiam, quam pro sacrificio rogant firma dulcedine reiectionem, puerum erroris ad salvandum uscimmo dal museo e dovemmo muoverci da un pinnacolo panoramico all’altro, più decresciuto e apparentemente un isola irraggiungibile per noi struzzi senza ali. Ci mostrò però una sorta di monorotaia sospesa come quella di Wuppertal la cui fermata da noi presa ci fece realizzare quanto ben più grandi erano quei pinnacoli, di stazza città dei Jetsons. Ci fecero sedere (non c’erano maniglie né corrimani) e bloccarci a quei sedili con cinghie degne di Neil Armstrong. Più che una monorotaia da trasporto cittadino era un ottovolante tra colonne di pietra da battaglia tra Michael Boyd e Jacob Davich in Le avventure di Sharkboy e Lavagirl in 3_D di Robert Rodriguez, eravamo gli Sky Commanders a cavalcioni dell’Outrider. Non erano riusciti a opporsi alla fisica del piano inclinato e il nostro stomaco ne risentì puntaccapo come quando volammo nel futuro. Scesi ci sentivamo reduci di uno Screaming Squirrel, il Grande Frisbee del Luneur mentre un buon trasporto pubblico doveva essere magari turbolento, Giò Caschetto, ma non da intrappolarci come insetti in ragnatele come quelle chiamate a impedire astronauti che devono essere sparati in orbita o in un altra galassia aumentando la velocità parabolica fino a farle lacerare il muro della realtà visibile. L’ambiente ridivenne solenne e intimo nonché quasi completamente oscuro. Era un lazzaretto. Tra culle come catacombe per bambole c’erano bambini critici. Malformati, broncospastici, tutti i più tristi del reparto pediatria e neonatologia insomma. Uno era più incubatrice che bambino. Li guardavamo come il primo collaudatore del cubo di Rubik tutta quella plastica cubica e spezzettata in un pavimento da discoteca fatto di colori da far combaciare. Che ci volete fare? Rick m’intercettò e applicò il suo savoir-faire da Don Abbondio: Quid acturus es? Con un gesto della mano che indicherebbe ciascun lettino quadrato come un maglio che cade applicando bulloni e borchie a un foglio d’acciaio inossidabile. L’uomo aereo andò a parlare con qualcuno. Senza più stampella ci portò a conoscere una infermiera, grassa, incarognita e per niente vogliosa di averci lì in mezzo Non debent hic alati! Quid in mentem venit? Esibendosi paziente e integerrimo quanto il professor Midoro (Luciano Alto) a colloquio con Noracula (Sergio Gibello) là là per mostrargli la veridicità e palpabilità della minaccia di Gidoron (Romano Ghini) l’uomo aereo di nostra conoscenza si fece piccolo come lei per traferlarle chissà che cose sconosciute alle orecchie. La donnaccia dalle ali panciute come quelle di un gallo della salvia (era un “modello” con ali aviane, bianche sebbene non del pantone più effervescente, voleva dire che era una sguattera vissuta) metà sbuffando come una locomotiva che subito dopo cade a pezzi esausta di ruggine e la pompa d’aria di un gommista ci lasciò rimanere, convinta da Pumzi mostrando le sue ali sebbene comunque scontentandola.  Esne quaedam ethica persona, quae certam legitimam huius operae opem ferre vult pro tunc nato? Exspectare debemus pro benefacto movere, satellites manere debemus. Hic homunculus numerus est #91, cor habet problema, cor defectum. Ipsum abortum facere voluerunt, natus ex intentionibus puerorum parentum, sed eum hic in tempore adduximus. Causa initialis infelicis electionis est eius esse Crispi, inviti, viva parentum simul et cor claudum ut alibi. Melius cum illis vivet, habent machinam geneticam quae aliquem salvare potest.... quisquis id efficit ut hoc tantum nobis gratias agamus, nolumus nec debemus utopiae indulgere. Exspecta videque. Le culle apparentemente non erano numerate, ma il loro posizionamento da Gregorio Rocco era indicato da un numero inciso sul quadratino di soffitto corrispondente a livello ottico a ciò che doveva essere numerato al suolo. Il piccolo dal cuore troppo minuto per troppi litri di sangue da spremere su e giù per un organismo oberato dalla crescita era una delle termiti marziane immobilizzate da Picchiarello nel nastro adesivo di Termites from Mars di Don Patterson in un gomitolo di tubicini sgorganti come tentacoli dell’[Enban Juu] Daru Daru che si barcamenavano tra sangue e inoculazioni endovenose di Captopril. Quasi quasi anch’io-vedendolo così conciato-cominciai a credere a questi angeli amici di San Damiano e San Giovanni (nonché pure San Vladimiro). Dunque-come mi tradusse Rick-il novantunesimo da me e dai 3’s osservato in quella non vita da Roberto Sollazzo avrebbe fatto una fine molto migliore della sua; aspettiamo e avremmo visto. A un certo punto sentimmo un rumore simile a quello di un asciugacapelli provenire da dove l’edificio smetteva ai nostri occhi prospettici d’essere riconoscibile degenerando in un amorfa oscurità, un informe e immateriale sipario nero che rilasciava e riammetteva personale autorizzato al ritmo di un casello. L’infermiera ci guardò come Fredric Brown avrebbe guardato il binario 9 3/4 (Immaginatevi fantasmi, dèi, diavoli

Immaginatevi inferni e paradisi, città sospese tra i cieli o sommerse nel fondo dei mari.

Unicorni e centauri. Streghe, maghi, gnomi ed elfi.

Angeli e arpie, fatture e incantesimi, spiriti degli elementi, spiriti buoni o spiriti malvagi.

Facili da immaginare, tutte queste cose. L'umanità continua ad immaginarle da migliaia di anni.

Immaginatevi astronavi e tempi futuri.

Facili da immaginare: il futuro sta arrivando, ed in esso ci sono le astronavi.

Non c'è niente, dunque, che sia difficile immaginare?

Certo che c'è.

Immaginatevi un po' di materia, con voi stessi dentro che pensate, siete quindi consapevoli di esistere e sapete far muovere questa materia in cui siete: farla star sveglia o dormire, farle fare l'amore o una passeggiata in collina.

Immaginatevi un universo, infinito o no, a piacere vostro, con dentro milioni di bilioni di trilioni di Soli.

Immaginatevi una sfera di fango che gira e gira vorticosamente attorno a uno di questi Soli.

E Immaginate voi stessi su questa sfera, a girare anche voi, a girare vorticosamente nel tempo e nello spazio, verso una mèta ignota.

Immaginatevi. ) e con gesti talmente spezzati nella loro marzialità da far sembrare un [Conbattler V] generato da un software a bassa risoluzione per un gioco da Sega Saturn Rita Sangalli che si slega ogni osso e articolazione dello scheletro venendo ricalcata da Frank Thomas con il rotoscopio o da Erik Akutagawa con Anim8r per la motion capture ci spronò a concentrarci sull’inerme 91 nato per essere e esistere come un Buzz (Alida Cappellini) o un Petrie (Marco Mete) rinchiuso, come un ragno martirizzato in un ripiglino di cavi e tubature che bevono e sputano liquidi apparentemente incomprensibili e su dove avrebbe rotolato quel suo lancinante giaciglio. Lo portarono e lo seguimmo dove c’era l’altro capo di quell’ospedale. Vedemmo avvicinarsi ondeggiando un mastodontico incrocio tra una manta e una pannocchia di mare, un astronave metà d’acciaio metà di carne dei benefattori per cui si era tutti così impazienti. Rimanemmo storditi. Quando Charlie si era allungato per prenderlo, quello aveva, in tutto e per tutto, le sembianze di un normalissimo lombrico: un lombrico lungo 8 cm, grasso, viscido, tortuoso. Che, decisamente, NON possedeva-allora-un paio d’ali. Nè tanto meno, una…..

Praticamente impossibile, la cosa. Naturale, stava sognando o aveva un allucinazione. Eppure, eccolo lì, fluttuante verso l’alto in una lenta, elegante spirale, del tutto spontanea all’apparenza; eccolo lì, che svolazzava davanti alla faccia di Charlie, le ali di un bianco luccicante, per niente simili a ali di un invertebrato, ma analoghe a…..

Il verme volteggiò sempre più sù: sopra la testa di Charlie, poi a livello del tetto, fino a diventare un puntino bianco-di un bianco, in un qualche modo, scintillante-contro il cielo grigio (Fredric Brown-L’angelo lombrico-Il giardino del tempo). Ci veniva incontro dalla chimera da esercito di Paradigm (Mario Scarabelli) un topo di mare più pelliccia che pelle gommosa come un materasso a acqua insostenibilmente irsuto da cui usciva fuori, come le mascelle estrusive della larva di libellula

Una locusta incrociata a una scolopendra. L’essere spezzettava come un geco dalle zampe a martello in ascesa su uno specchio il silenzio autoimposto della clinica con frinii grattati da cicala in calore mentre 6 zampe pieghevoli come il metro del coltellino svizzero Chupa Chups

Munite di piccole chele simili a quelle della canocchia pavone si stiracchiarono rimanendo attaccapanni vuoti e ciondolanti, come un armadio occupato piano per piano, scaffale per scaffale da pacchiani cani macrocefali da cruscotto. C’era una grande indecisione, spessa e fatale, di quelle che preghi per non finirci in mezzo oltretutto con il mondo intero che sta là a guardarti aspettandosi nemmeno lui sa cosa, da Boe Syzlack (Franco Latini) che avanza per recuperare Maggie Simpson con ben 3 cosche che lo tengono sotto tiro, ma dopo averci tacitamente chiesto se potesse stringere quelle sestuple mani di [Braiger] sui lati di quel passeggino Grazioli e portarselo con sé. La Ardelia (Maria Paiato) l’accompagnò recriminandogli cose che dovevano importargli con lo stesso atteggiamento di donna geneticamente solo severa ma mitigato da una certa piaggeria dovuta all’essere un committente, un figlio di, insomma uno importante con cui fare gli untuosi, mentre noi eravamo solo curiosoni che potevano starsene lì solo per fini maggiori ma messi alla porta al limite dell’ipoestesia alla fine della “gita”, più discipula non grata di quella della scuola media rinoceronte volante per colpa di Phantom (Sergio Matteucci), investiti poco dopo dallo stesso atteggiamento da tapino rammaricato a onere e opera di colui che pur là dentro ci aveva fatti entrare a suo (e nostro) rischio e pericolo. Avevo ancora della curiosità da smaltire e gliela palesai pregando ulteriori dettagli su in cosa davvero, a 360° consistesse l’avvenire del bambino, dell’intubato Turbine (Patrizio Prata) che il Warudoros in quadruplo bilico tra policheti, chilopodi, ortotteri e stomatopodi aveva asceso a Bes….o preparato per l’ennesimo olocausto culinario a Moloch Nihilominus, arcta continuatio est ideoque possibilitas nuntiandi intra paucorum spatium. Meum non est verum privilegium, quod cum diis novis amicos facere potui et plura de illis scire potuisti. sanabunt illum, sed non erit quod vidisti. Nunc cor habet ubi sanguis nimium cumulat, maior inter excruciates. Abscindent eam et effundant, huic aegritudini remedium erunt. Im 'certus quod primum est quod faciam. Huc redibit, vel alibi feliciter vivit. Sed certe nobis actum est. Era difficile capirne la morale su quei bambini posto che sarebbero finiti in gloria. Si fidano di quei (bravissimi a fingere) dei come un taglialegna sempre vissuto come una stella all’apice della costellazione più settentrionale del cielo d’Ottobre (Mizar dell’Orsa Maggiore) ignorando persino i rozzi villaggi dimenticati dalle autostrade delle grandi (relativamente a) città dove pure a un certo punto devono incamminarsi giù trovando gentilezza, grati aiuti, ma poi trascinati, magnetizzati dalle montagne natie senza ragione né pensiero di voltarsi indietro sulla strada che stanno percorrendo. Lo sciapabosch solitario sul Cervino vive come i ramarri tra sassi, radici e ruderi cari a Mario Rigoni Stern, ha come fratelli e sorelle il gracchio alpino e il gipeto, la volpe e il cinghiale, nemici e amici al tempo stesso le conifere su cui affonda la sua vecchia scure, sapiente e contemporaneamente spietata infiorescenza del suo braccio sporco e vissuto, camminando lenta e bisunta valanga per Via XXVI Febbraio raggiungendo Biella. Non è enorme, ma dai bernoccoli di pietra triassica affacciati su Andorno Cacciorna la città piemontese quando la raggiunge a sera fatta e conseguentemente luminescente come un metallico mare di granelli di polvere dorata su una cotta agitata da onde di mercurio liquido non ne riesce a vedere la fine al nadir. Essendo Natale l’effetto è ancora più forte, mentre scende e guarda l’attraversamento pedonale di Viale Battisti come il Cignana quand’è in piena e le auto che gli passano davanti detriti dell’alluvione che deve aspettare qualche deus ex machina per andare dall’altra parte. Guarda le vetrine di Via Italia ignorato mentre lui è un extraterrestre spaesato ma che non cerca paese, quando arriva a Viale Modugno scorge nel cielo un aereo, La solita strada, bianca come il sale

Il grano da crescere, I campi da arare

Guardare ogni giorno

Se piove o c'è il sole

Per saper se domani

Si vive o si muore

E un bel giorno dire basta e andare via

Ciao amore

Ciao amore, ciao amore ciao

Ciao amore

Ciao amore, ciao amore ciao

Andare via lontano

A cercare un altro mondo

Dire addio al cortile

Andarsene sognando

E poi mille strade grigie come il fumo

In un mondo di luci sentirsi nessuno

Saltare cent'anni in un giorno solo

Dai carri dei campi

Agli aerei nel cielo (Luigi Tenco-Ciao amore ciao-Le canzoni di Luigi Tenco). Venduto il legno ormai libero di crescere senza temere la morte per scure in un mondo sempre più tree friendly e plastificato non tornerà giù, non tornerà in quel freddo labirinto di strisce bianche, vetrine alla moda e grandi centri commerciali. Quel legno sono quei bambini ammalati. Pinocchietti di Le forze del disordine di Alex Pinna i cui taglialegna sono queste ghiandaie umane dalle ali bianche di bianco pulito come la neve delle Alpi, mentre fatelo voi il calcolo di chi siano i committenti, la domanda di quelle conifere sgangherate. Poteva volare, il nostro Cicerone, ma ci volle di nuovo sulla monorotaia. Di nuovo dovemmo soffocarci in tutte quelle cinghie, quei tiranti, diventare come Massimo de Carlo in A perfect day di Maurizio Cattelan con un che di Maicol & Mirco nel loro Polmone d’acciaio suggestionati e obbligati pressantemente alla riflessione dopo quella comunque incompletamente fugace occhiata a incubatrici a cielo aperto, piene di neonati e anche non (potevano esserci adulti) senza onomastico se non un numero da feti in laboratorio del Dr Onishi (Valerio Ruggeri) scritto sul quadratino di soffitto in cima, pipistrello pronto a cadere in volo alle loro teste piene di siringhe e liquidi succhiati mediante tubicini come mandragole della professoressa Pomona Sprite senza ife vocali a metà tra Zebra (Fibonacci) e Il volo dei numeri di Mario Merz senza che il nostro molteplice Gabriele Albertini, Laura Gnocchi, Katsuhiro Otomo, Aldo Aniasi e Valentino Castellani risultasse coinvolto dalla cosa in modo che potessimo astrarcene noi e ottenere risposte migliori di quelle elusive che aveva nascosto in una lingua che a parte quel matto di mio nonno era statico radiofonico per noi. Ma come dicevano Churchill e Pavarotti un rebus avvolto in un mistero che sta dentro a un enigma|e io mistero è chiuso in me. D’altronde una cosa che aveva rivelato pur dal suo punto (nonché nostro) di vista soffiando tra i denti era che a parte (già pur con monumentale riserva) l’ospedale il resto era off limits anche per lui. Desistetti per primo, o meglio proposi a Rick di infiltrarci tra quegli “dei” e finalmente scoprire cosa succedeva a quei pazienti, a quei torinesi del Cottolengo presi in consegna da fuggiaschi della locale sezione di entomologia del museo di storia naturale Franco Andreone della stessa città E’ un impresa senza senso Morty. Quella donna non ci lascerà mai entrare un altra volta, qualora tu ti sia già scordato della rabbia con cui ci ha quasi fatto precipitare giù da questo castello di Prezzemolo Come ogni volta che Rick disobbedisce ai suoi stessi standards lo freddai con un occhiataccia che lo fece diventare più possibilista Ma io con quella donna non ci voglio litigare! Nathan George ha già recitato come l’agente Washington di Qualcuno volò sul nido del cuculo, e non sono io! D’accordo Smith! Ma non hai qualche invenzione superscientifica che possiamo usare, sorta d’autonominato Walter Haley|Chef che non sei altro! Possibile che vediamo il tuo culo alzarsi solo se è Rick Sanchez il protagonista? Lo vidi fumare dalle orecchie mentre andava inviperito dove “creava la fantascienza” più per vedermi tacere che altro Almeno io metto gli altri prima di me! E come siamo messi Stella a avventatezza o diventare una farfalla gigante da quanto sei morta di cazzo? Nessuno ha chiesto la tua opinione Marco Il litigio nella Starco venne redento da Zanna, una macchina da guerra dalle tette enormi ma come maestra dall’asilo alle medie (perché si suppone che al liceo l’istinto litigante passi o……Lite per un voto inatteso Marcello Giordani) sarebbe stata Chansey super efficace E ne ritornò con un infermiere meccanico disse già sulla crononave e che poteva rischiare di cedere a questi angeli

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Di base era il robot MM7 del 21esimo episodio del Tenente Colombo Giano Bifronte da una parte maschio sulla schiena femmina, lumaca con nel guscio tutti gli strumenti. Rick lo guidava dalla nostra [Blue Noah] dirigendolo verso l’ospedale. Reincontrammo (sebbene attraverso uno schermo la cui qualità richiamava quella di un Mivar del 1994) il nostro benefattore con cui imbastimmo una conversazione da deejay di Radio 105 e un ascoltatore da casa o da dovunque al di fuori dello studio di Largo Donegani. Lo mettemmo da parte dicendogli fossimo un aspirante infermiere meccanico, tornando all’ospedale. Fu un pò patetico doverlo mettere in modo che osservasse ossessivamente il linoleum del convoglio oltretutto a un certo punto sparato all’indietro e poi di nuovo in avanti facendo un autoscontro quando il convoglio si fermò. Il tracciato non era vasto quanto quello di Wuppertal con 20 fermate ma piuttosto quello di Torino solamente per circumnavigare l’Expo di Giuseppe Pella, ma valeva 2020 conati di vomito. Anche se un robot non potrebbe mai avvertire e conseguentemente patire la sindrome di Meniere. Rincontrammo l’odiosa Sally Rasmaussen (Patrizia Salmoiraghi) a braccia conserte come dovesse essere Buena Girl (Anna Lana) nell’eseguire il Buena Bulldozer of Truth. L’ungemmo peggio dello stabilimento dell’Olio Rinaldi sghignazzando a microfono coperto da un fazzoletto per l’averla avuta vinta con lei. Però dovevamo ancora essere testati sul campo, facendocela grazie a

  1. la parte femminile della medaglia
  2. Pumzi alla guida radiocomandata

 

Contro ogni previsione ottenemmo il nulla osta. Venga da questa parte ammasso di ferraglia

Vedi questa bambina? Ne ha un altra attaccata per lo stomaco. La stiamo nutrendo con liquido vitaminico puro. Adesso guarda questa stella dalle cuspidi tubolari. Ciascuna di queste è una siringa. Questa contiene Vitamina A, in latte, succo d’albicocca, succo di carota e olio di fegato di merluzzo. Questa B, birra e latte che contengono rispettivamente fosfopanteteina e riboflavina. Questa C, diidrossietiladiidrossifuranone, presente in fragole, clementine, limoni, arance, mandarini, pompelmi e ananas. Questa F, industrene, portulaca frullata. Questa M, folacina, nella cioccolata calda. Devi dar loro tutte le “stelle” tranne la M in quest’ordine: BACF. Aspetta che ho un aggeggio per fartelo ricordare senza possibili errori tornò con una specie di pistola per otturazione dentale, più specificatamente per cingere il dente bruciato con un anello di zinco, ma per cingere il dente bruciato con un anello di zinco fatto delle pepite tarvisiane donde operare uno dei denti  del [Daiku Maryu] che non si è poi fatto granché nello scontro contro l’ [Ankoku Kaijuu] Oronzer visto quanto era grosso, servendosene per inanellare la testa della nostra azzoppata Lili (Noriko Shindou) Questo piccoletto su di te registrerà quello che dirai a livello mnemonico. Hai presente quando ti ricordi di aver detto qualcosa? Questo 💀💍🤏🏼 impedirà alla tua testolina di farsela scappare questa cosa delle lettere. Perché è questione di vita o di morte Il nostro Rick con Dick Dastardly dai piedi stilografici aveva preventivamente scribacchiato le 4 lettere-3 consonanti e una vocale-su un diario scolastico di Batman evidentemente già ingobbitosi di appunti, scarabocchi e pensieri intercettati da capricciosi e ubiqui Garthim uscitegli da quella testa Felix on a pedestal di Kenny Scharf. Ricambiò lo sguardo dell’impaziente matrona filtrato dalle telecamere effervescentemente policromatiche della sua ginoide con irriverenza. Le rispose dandole ragione, più ossequiosamente della crew del regista Von Hamburger di Daffy Duck a Hollywood di Tex Avery, prima di fare esattamente come avrebbe voluto. Il suo e nostro obbiettivo era però ben diverso. Volevamo imbarcarci sul testone di Anthony Pratt, sparare una pistolettata alle spalle di quel Giorgio Ariani truccatosi con il pennarello interpretato da Niall Buggy, essere un diavolo in Paradiso e svelarne quello che di esso non si vede

Una coppia di sorelline siamesi a mò di clessidra con un unico stomaco erano una cosa importante, da dover far uscire fuori di nuovo quelle enigmatiche creature. Facemmo un lavoro talmente sopraffino, da nobel per la medicina, che riuscimmo a mungere un commento gentile da quella Mammy Yokum, mettendocelo in tasca ma puntando molto più in alto, ricordandoci che intendevamo puntare molto più in alto. Ma ricevemmo una delusione: quegli alieni non venivano spessissimo. Allora avremmo sfidato personalmente Enki e avremmo portato la/le bambina/bambine personalmente. Stranamente, la matrona che avevamo entusiasmato forse per la prima volta in vita sua fece quello che volevamo fare noi, come leggendoci nel pensiero. Vuoi conoscere gli dei, perché da altri fosti ingannato. I precursori dei nostri erano iniqui anch’essi. A essi non furono sconosciute la tortura e la strage di chi mancò d’adeguarsi ai loro standard.

Fury-UCCIDERO’ TUTTI I FRANKENSTEIN! LI UCCIDERO’ DAL PRIMO ALL’ULTIMO!

Wraith-Ma che stai dicendo Fury? Adesso anche tu…..ANCHE TU SEI UNO DI NOI!

Wraith-E ALLORA? Questo significa solo che il numero di mostri che dovrò uccidere è solo aumentato di uno! Solo questo! Soltanto questooooo!!!!!

Stenti a credere a tutto questo. La nostra razza ne sa qualcosa. Credevamo che l’arcobaleno sgorgasse da enormi cristalli di bismuto come acqua di un rubinetto, ma capimmo che era solo un esile parata di cromoscopi riproducibile anche in casa propria, come un casalingo miracolo senza valore. Credevamo che i nostri cuccioli nascessero dalle nuvole e che fenomenali rapaci, le cui ali si dilatano per due volte l’ampiezza delle nostre di ali li omaggiassero a noi. Poi…non sono altro che lo sfregamento di un organo e l'eiaculazione di un po' di muco accompagnata da una convulsione! (Marco Aurelio). Questo come ci cambiò? Scoprimmo dei cristalli extralarge di bismuto, come di alessandrite e abalone, capaci di generare arcobaleni quando il sole o meglio i soli

 

Aguzzano i loro raggi più rifiniti attraverso di essi mentre sulla faccenda del sesso servirebbe un discorso a parte Lo conosco già, quel discorso. Sono una straniera, vengo da fuori, ho visitato il vostro museo di storia naturale

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  

La matrona più arguta di Corinna Corvonero fu presa in contropiede come contrappasso per aver sgambettato lei/noi Il museo naturale…quindi avrà visto lo scheletro dell’Antenato? Agitammo le teste con tale forza da rivaleggiare la macchina spennellatrice di Peter Weibel stupendoci ancora di più delle facoltà di lettura mentale della corpulenta Stipa Caproni. Le rispondemmo sentendoci a nostro agio come due amiche che parlano di un medesimo film visto da entrambe Racconta di come, una volta dissacrato il mistero della vita essa sia stata sbranata da scienziati megalomani per cui era tutto un secchiello di LEGO con le istruzioni che stavano venendo scritte da loro. Ci fu un tempo una razza che aveva quel giocattolo, i LEGO, e che parimenti s’avventò sui geni della vita sentendosi in diritto di farne ciò che voleva

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E quella creatura-se le togli le ali-era esattamente quella che sto descrivendo. Una creatura su cui un commento presupporrebbe da parte mia e della mia razza una qualche superiore purezza che da onesti non osiamo dire di avere. L’onesto non mi pare si vanti della sua onestà, altrimenti se lo facesse diventerebbe un ipocrita e un superficiale. Giovane esploratore Tobia

Nato da un padre d'acciaio

E da una madre distratta

Alle spalle un'infanzia igienicamente perfetta

Morbillo, tristezza e nessun'altra malattia

Giovane esploratore Tobia

Giovane esploratore Tobia

Parte per la gita scolastica

E non sa che fare

Gira la testa e vede un vagone bruciare

Tira l'allarme e salva la ferrovia

Giovane esploratore Tobia Francesco de Gregori-Giovane esploratore Tobia-Buffalo Bill. Sembriamo perfetti, ma ognuno sa il fatto suo, e qui conosciamo benissimo il nostro. Da uno o due decenni, il presente è diventato egemonico. Agli occhi del comune mortale, non deriva più dalla lenta maturazione del passato e non lascia più trasparire i lineamenti di possibili futuri, ma si impone come un fatto compiuto, schiacciante, il cui improvviso emergere offusca il passato e satura l’immaginazione del futuro Marc Augè. Forse il nostro primo peccato, tuttavia come tutti gli altri essenzialmente invisibile agli occhi per come splendiamo di bianco è una fiacchezza nel nuotare nel tempo, un essercene impantanati come se il tempo fosse colla, miele, o altro

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Succede questa cosa che quando raggiungiamo la perfezione perdiamo ogni nerbo. E dopotutto come sarebbe possibile non continuare a muoversi? Quando vinci una volta dopo una gara vuoi vincere ancora o per almeno quell’occasione te la fai bastare? So poi anche qual’è l’obiezione che potrebbero farmi. Dolore e noia, fame/sete e sazietà. Forse qualche insoddisfatto c’è in mezzo a noi, ma come le volte come la nostra a dominare in superficie è l’esaurimento, l’intorpidimento, la svogliatezza. Io sono laboriosa, perché almeno quest’ospedale ti impone di essere arzillo. Ma al di fuori? Cosa ci distingue dagli uccelli migratori il cui unico futuro è il ciclo migratorio? Siamo in Autunno. Eppure solo la natura e gli orologi si muovono avanti. Ma a me, a noi, sembra che il tempo non passi mai. Che sia tutto solo un susseguirsi di confezioni diverse ma con contenuto inesorabilmente medesimo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un avenir immense s’ouvrait devant les créatures; l’homme pressentait à peine les lointain descendants qui trembleraient en attendant la fin du monde. Imagina-t-il jamais que l’agonie durerait plus de cent millénaires? (J H Rosny Ainè-Paroles à travers l’etendue-La mort de la Terre)|Their Planet Earth is old and dying. They do not mourn the many animals the Earth once had. It is hard to remember things that happened 500 million years ago.

Once there was a future to evolution. (Peter Ward-Deep time far future-Future evolution)|Couldn't wait to get older

Thought I'd have so much fun

Guess I'm one of the grown-ups

Now I have to get the job done

People give me the business

I'm not living in fear

I'm just living in chaos

Gotta get away from here

Where's the party, I want to free my soul

Where's the party, I want to lose control

Where's the party, I want to free my soul

Where's the party, I want to lose control

Don't want to grow old too fast

Don't want to let the system get me down

I've got to find a way to make the good times last

And if you'll show me how, I'm ready now

Slow down you move too fast

Gonna make the good times last

Gonna let my hair hang down (Madonna-Where’s the party-True blue)|Ancora mi accartoccio su me stesso a metà tra un Garfield gonfiabile il 25 Novembre e Cat di Catdog (Pietro Ubaldi) quando Dog (Luca Sandri) lo soffoca per paura di esplodere preda della più terribile depressione che sono certo non tangerà mai Superman di ritorno da 999mila anni nel futuro, perlomeno considerato che nel numero #301 un accusa d’omicidio al suo alter ego li impegnava la testa. La sapete quella che i cartoni animati e i fumetti non si ricordano le cose se non è per convenienza? Tom viene trasformato in fuochi d’artificio in Il 4 Luglio di Joseph Barbera ma nel successivo Serata di gala è ancora tutto intero. I nipotini di Popeye e Popeye stesso ricorda di aver incontrato Sinbad in Big bad Sinbad di Seymour Kneitel, cosa assolutamente impossibile. Ma d’altronde ogni volta è un film diverso, quindi fuori dal set è tutto diverso no?   

 

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Beh, imparai la realtà essere ASSOLUTAMENTE diversa. La memoria non può essere resettata come un cartoon dell’età d’oro. Conoscete il sonderare? La consapevolezza che tu che non sei me, i passanti sul marciapiede, gli altri passeggeri dell’autobus hanno pure loro una loro vita, un loro mondo, che noi non conosceremo mai. Forse per la sindrome di Walter Mitty che contagiò, come un virus psicologico, una viralizzazione degli archetipi dell’inconscio collettivo di Jung il mondo intero durante l’inverno delle nostre febbricitanti scontentezze il 28/12/1895 (In ballo, ci sono i nostri cervelli, ovvero i modelli mentali nei quali consiste il nostro rapporto con la realtà del mondo. Ed è qui che Avatar indubbiamente rappresenta un punto di svolta assai più importante di quello pur segnato nella storia del cinema.

Insomma, in buona parte è un cartone animato animato (quanta differenza fa il fatto che siano stati attori umani a compiere i movimenti dei personaggi e ad abbozzarne le espressioni?), ma noi stiamo qui a parlarne come se fosse un film vero. Siamo poi sicuri di avere tutte le rotelle a posto?

La novità sta proprio qui: il nostro cervello è sempre meno in grado di distinguere la realtà dalla finzione. E questo è solo l’inizio.

Dobbiamo infatti renderci conto che il miracolo tecnico di Avatar è un miracolo oggi. Nel 2010. E’ solo questione di tempo prima che ulteriori progressi renderanno queste tecniche uno standard diffuso che qualsiasi regista potrà utilizzare a piacimento. E prima o poi ci ritroveremo noi stessi a poter manipolare a tal modo la realtà visiva col nostro computer di casa – o con l’accesso all’immenso potere di calcolo degli sciami di computer in rete.

Si prospetta, insomma, un futuro alquanto allucinatorio per noi e soprattutto per le generazioni che verranno.

La mente umana è molto più elastica di quanto comunemente si creda, e la visione del mondo può variare in misura incredibile a seconda dei luoghi e delle epoche della nostra specie.

Basti pensare al celebre episodio agli albori del cinema: i fratelli Lumiere proiettarono il primo film della storia circa cento anni fa. Consisteva nell’immagine di una locomotiva a vapore che si dirige verso la cinepresa (quindi verso di te, spettatore, che guardi lo schermo). Si narra che il pubblico fuggì in preda al panico, credendo che la locomotiva fosse reale.

La mente umana di allora era uguale a quella di oggi?

Sembrerebbe di no.

Di fronte al segno visivo della locomotiva che si dirigeva verso di loro, l’unica interpretazione che la mente di quelle persone riuscì a darne fu evidentemente quella di una locomotiva reale che rischiava di investirli. E questo nonostante essi sapessero di essere in un locale chiuso e che dietro allo schermo ci fosse un muro e nessun binario. Può anche darsi che l’episodio sia stato esagerato e poi trasformato in leggenda, ma anche in questo caso, è segno del fatto che qualche ansia quel treno immaginario in arrivo deve pure averla suscitata.

In seguito, la mente umana ha imparato a godersi i film con il cosiddetto processo della “sospensione dell’incredulità”. In altre parole, noi sappiamo che ciò che vediamo è fittizio, e siamo quindi sostanzialmente increduli, tuttavia sospendiamo ad arte questa incredulità per la durata del film fingendo tra noi e noi che la vicenda osservata sia reale. E’ solo così che riusciamo a goderci un film, entrare nella vicenda, soffrire e gioire assieme ai personaggi. Quando un film è brutto, il piccolo miracolo della sospensione dell’incredulità non si compie. La vicenda non ci cattura e ci sembra di perdere soltanto il nostro tempo.

La sospensione dell’incredulità ci permette anche di lasciarci dettare gli umori dalle musiche che accompagnano i film, e senza le quali buona parte delle emozioni non ci sarebbero. La prima volta che fecero vedere dei film a certe popolazioni africane dove la modernità non è ancora arrivata, la domanda che tutti fecero è se nel nostro mondo c’è sempre la musica di sottofondo. Se ci pensate, è completamente assurdo che un film che pretende di apparire reale abbia musiche di sottofondo. Ma non ci pensate. Non ci pensiamo. Non ci si pensa Roberto Quaglia) ma se mi viene spontaneo ignorare la mia scuola elementare, le mie medie, tutti i teen dramas, teen comedies, teen qualunque altra cosa mi hanno fatto precipitare in un ossessione per quel cazzo di liceo Più di noi due? Noi ci viviamo in quella robaccia! Sì Marco. Posso altresì immaginarmi che tipo di film Stella ti porta a vedere

Le emozioni erano le stesse. Essere qualcuno con un amore per le vastità più ampie dell’universo e del tempo, intente-se si è come me in infinito ascolto-a raccontare le meraviglie di mondi ventimila leghe nella galassia, un milione d’anni fa e/o tra un milione di anni (I cieli narrano la gloria di Dio

E il firmamento annunzia l'opera sua

Alleluja, alleluja, alleluja, alleluja

Il giorno al giorno ne affida il messaggio

La notte alla notte ne trasmette notizia

Non è linguaggio, non sono parole, di cui non si oda il suono Marco Frisina-I cieli narrano-Benedici il Signore|L'universo è vasto e vibra nell'immensità

Nel suo respiro c'è l'eternità

L'astronave viaggia sempre a gran velocità

E in mille e più avventure vola e va

Nello spazio più profondo chi ci aspetta non si sa

Ma qualcheduno so che ci sarà

Viaggio ai confini dell'universo

Fra galassie che non conosco

Per scoprire il futuro e il mondo che verrà

Viaggio ai confini dell'universo

Fra pianeti che non conosco

Per capire il passato

Quello che è stato tanto tempo fa

Omega, omega, o-omega, take off

Omega, omega, o-omega, space jump

Giorno dopo giorno arriveremo un po' più in là

Quest'astronave non si fermerà

Nello spazio più profondo chi ci aspetta non si sa

Ma qualcheduno so che ci sarà

Viaggio ai confini dell'universo

Fra galassie che non conosco

Per scoprire il futuro e il mondo che verrà

Viaggio ai confini dell'universo

Fra pianeti che non conosco

Per capire il passato

Quello che è stato tanto tempo fa

Navigando nel firmamento

Tra le pagine del tempo

Viaggeremo fra vecchie e nuove civiltà

Ready for the space jump Cristina d’Avena-Ai confini dell’universo-Fivelandia 18), guardare all’almucantarat tanto dal tetto e dalle finestre del liceo quanto dalle parti del multisala dove vado con i miei amici

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  

Mentre sono circondato da inutili ammassi d’angoli e cateti che per rispetto verso Coxeter e  Escher non m’azzardo a chiamare poligoni poliedri inerenti il capitano della squadra di rugby che vuole farsi una diavoletta in incognito mentre è sessualmente bramato dalla capitana delle cheerleader e lui è un vampiro demoniaco mentre la capitana delle cheerleader è sessualmente bramata da uno che come me è studioso e di sani principi, timido e assennato che a sua volta è sessualmente bramato dalla femminuccia timida e dolce, brava, studiosa e seria che alla fiera dell’Est mio padre comprò, Siete come sabbie mobili tirate giù (Franco Battiato-Bandiera bianca-La voce del padrone). Come canterebbe Perla I was fine when you came

And we fought like it was all some silly game

Over her, who she'd choose. Ma l’unico modo è non giocare, come dicono in Wargames. Ciò che mi lasciava in balia di un oppressione ancora maggiore era aver trovato quella stessa debolezza filosofica nello scintillante futuro che aveva promesso a Flavio Oreste una nuova Roma ventura al suo Romolo Augustolo. Ma non ci fu alcuna promessa. Novello Turoldo credevo la canzone di gesta non sarebbe mai finita, che il Don Chisciotte non ne fosse il primo chiodo nella bara, ma alla fine Ho letto millanta storie di cavalieri erranti,

Di imprese e di vittorie dei giusti sui prepotenti

Per starmene ancora chiuso coi miei libri in questa stanza

Come un vigliacco ozioso, sordo ad ogni sofferenza.

Nel mondo oggi più di ieri domina l'ingiustizia,

Ma di eroici cavalieri non abbiamo più notizia;

Proprio per questo, Sancho, c'è bisogno soprattutto

D'uno slancio generoso, fosse anche un sogno matto (Francesco Guccini-Don Chisciotte-Stagioni). Come il Butturini ho amore e empatia per gli ultimi, per le sfingi di Ozymandias che non hanno attorno più non altro se non lo stallatico deserto. Nemmeno io ricordo la mia storia la risposta di Ciro gli arriva come se il dinosauro fosse all’improvviso tornato in vita e sapesse comunicare con lui E’ trascorso tanto tempo da allora. Dev’essere triste per te non ricordare niente Ciro rimane per qualche attimo pensieroso. Sì è molto triste non sapere più chi sono, dove ho vissuto. Te la racconterei volentieri, la mia storia (Erminia dell’oro)|Bastò quella mia rapida occhiata, infatti, ad assicurarci che quelle sfere che avevamo supposto di vetro, e di cui avevamo notato lo sguardo intenso, erano ora coperte dalle palpebre così che solo una piccola parte della tunica albuginea restava visibile. Con un grido richiamai l’attenzione di tutti, e tutti se ne accorsero immediatamente (Edgar Allan Poe). Ogni volta cammino rassegnato con a gettare un ombra su di me come fanno i Quintaglio di Robert Saywer resti di ultimi che mi raccontano eternamente quanto tutto quello che conoscevano e amavano è finito, volatilizzato, scomparso più di quanto siano scomparsi loro. Oltretutto il fenomeno, questa zemblanità, mi coglie non solo quando è ormai tutto abbondantemente finito ma anche né più né meno duramente quando tutto sta per finire ed è irrevocabilmente già dato che finisca senza né ma né merda. I nostri pronipoti, i Jetsons e gli Spacey che patiranno accanto a essi i figli dei figli e le figlie delle figlie di Aki Mikage mentre li osservano da quelle piattaforme interminabili dell’architettura di Paolo Soleri combinavano entrambe queste forme di depressione cosmica, di triste malumore per disgrazie e spegnimenti molto superiori a te. Gli alieni da una galassia migliore sembravano una porta dal pomello rotto. Aperta, ma irrichiudibile. Speranza, ma non per questa terra (Gloria nell’alto dei cieli, ma non c’è pace quaggiù Adelmo Fornaciari-Diavolo in me-Oro incenso e birra|Lo diceva Abraham, "evita la fama se vuoi vivere in pace"

Se avessi bling bling avrei un posto, frate

Ma Dio sta all'ultimo piano e ha le porte blindate Fabio Rizzo-Nè cura né luogo-King del rap). Come obbligate figlie del taglialegna di bambù i bambini nonché universalmente i degenti malformati o che comunque sfiderebbero sia Black Jack che Kiriko (la cerva Nadare e l’esperimento sulla falsariga del Balaoo di Gastone Leroux per darle un cervello umano a tragico danno sia dell’ungulato che degli umani più a lei orbitanti) non tornano indietro. Quando salimmo come novelle Cate Archer di No one lives forever su un Sikorsky Hoverfly per essere portate allo Shangri La tra le montagne altresì Taprobane di quei Thalassiani dove ora vivono beati quei curati praticamente da zero non provavamo più tutto quell’entusiasmo. Soprattutto maledicemmo in ritardo quanto la nostra poca fede ci avesse fatto sconfinare. E se ci avessero distrutto con una feroce contraerea? Ridurci come l’aereo della scimmia giapponese di Cap ’n’ cub di Ted Eshbaugh? Come alieni, dubito fossero come quelli di L’artiglio dello spazio di Gordon Dickson (e comunque potevano essere fermi ai tempi di Vicky il vichingo ma con delle catapulte erano abbondantemente più che capaci di stritolarci nel nostro elicottero ridotto a una cartaccia

 

 

 

 

 

 

) in quanto in possesso d’incredibili sviluppi della chirurgia e della medicina dubito possano essere ostesi dal vostro ospedale sotto casa, perciò immagino che l’esigenza ereditata dai loro antenati animali di proteggere il territorio per nostro oblio avesse già da molto incontrato le tecnologie necessarie per installare basi missilistiche e prati di cannoni laser a difesa della loro utopica cittadella di cenotafi, la loro Bitola, mentre noi eravamo a malapena un bersaglio. Un bersaglio che-un pò mafiosamente-se l’è pure andata a cercare. Dopotutto NOI insistevamo per vedere l’invisibile, NOI abbiamo costruito la torre di Babele per arrivare all’apice della scala di Giacobbe prima di chiunque altro, NOI eravamo gli anfitrioni dell’ossessione morbosa, NOI coloro che con tracotanza portano autobus a vedere il pozzo di Alfredo Rampi come fosse la cattedrale di San Pietro, la Villa Aldobrandini e il Barco Borghese, la casa dei Franzoni/Lorenzi tra le innevate montagne cognine con tanto di skipass in un altra, protocollare settimana bianca, il podere della campagna tarantina dove è morta Sarah Scazzi prima di imboccare-nell’anonimato di un sudoriparo scatolone a quattro pneumatici nell’estate pugliese-la A14 per Punta Prosciutto, come ingordi che assediavano le porte delle 3 famiglie lacerate come Isaia scambiandole o conoscendone in pieno raziocinio la vera identità per i cancelli dell’Algida chiedendo nuovamente il Flirt, per le porte di un ristorante rustico dove si prepara la Flantze donnazziese, per le porte di un ristorante rustico dove si prepara il tarantello di tonno leporanese, qui facendo incetta, certamente con più volontà dei falsi turisti di Epcot descritti da Ermanno Bencivenga (e poi quelli di Las Vegas, sempre spellati e presentati come viatici di perdizione dal filosofo reggino) di souvenir culinari e delittuosi per sentirsi meglio, per sentirsi italiani con pedigree da autogrill [Ovunque, avverti il nucleo simbolico di una nazione irradiare dalle pile di bestseller dedicati al nostrano sistema criminale, o ai vizi pubblici e privati dell’arcitaliano leader nazionale; irradiare dalla mercificazione su grande scala della tipicità locale (le olive di Oneglia, il pane di Altamura o gli amaretti di Saronno, ma tutti rigorosamente della linea mass market Terre d’Italia) dai cofanetti platinum Collection del meglio di Rino Gaetano o di Eros Ramazzotti, dai panini ultimo modello farciti con il prosciutto di San Daniele e la bufala campana d’origine protetta Antonio Scurati-L’Italia un sentimento da autogrill-Gli anni che non stiamo vivendo] guardando un miracolo del male (Viviamo da laici, da libertini, da immorali eppure continuiamo a raffigurarci come una società basata sui valori cattolici, per esempio. È una scappatoia deleteria. Pensiamo al caso Englaro. Dovremmo sforzarci di ricostruire una morale adatta a noi. Fingere di credere in Dio per una società che l’ ha perso è pericoloso Antonio Scurati) dall’alto in basso perché tanto, in ogni caso non l’abbiamo commesso noi e come quando le pecore nere venivano ingobbite lucchettate alla gogna una prosopagnosia comune a tutti ci spinge a dire e a dirci che noi siamo migliori, noi siamo diversi, noi non siamo quell’odiosa e crudele feccia, mentre i souvenir e i ricordini rustici ci faranno ricordare un bel viaggio e possedendoli, consumandoli anche non necessariamente se culinari crediamo d’essere parte dell’Italia/nazione/mondo migliori, quelli belli dove i bambini non muoiono soffocati in fondo ai pozzi, dove ai bambini le madri non spappolano il cranio mentre in tv c’è Go Kart mattina, dove le famiglie non uccidono con i genitori che poi nascondono e balbettano, nascondono balbettando, poi di nuovo a casa perché senza dubbio a noi non succederà nulla del genere, oh andate a guardare i rotocalchi cittadini che ci daranno ragione. Noi appartenevamo a una sottospecie, se finora ho descritto degli avvoltoi noi eravamo urubù dall’animo molto più instabile e rabbioso, che espelle a suon di tosse rabbiosa quell’idillio omicida e crudele che ci viene appioppato da bere: no! Non è possibile che i bambini muoiano con i genitori come incatenati solo a Frascati. No! Non è possibile che inspiegabili fregole omicide colgano le madri 31enni inducendole all’infanticidio solo a Cogne. No! Non è possibile che un intera famiglia sbugiardi la sua onestà contadina avventandosi come piranha su una loro secondogenita solo a Avetrana. Gli altri erano i turisti morbosi, noi i paladini non esatti della verità che avrebbero preso tutti gli elettroni di questo o quel protone infame (Il cane da pastore

 

Questo individuo, durante le feste natalizie, prova l’irresistibile impulso a radunare il maggior numero possibile di persone. Il suo motto è “A Natale si deve stare insieme”. Non contento di requisire i parenti prossimi si mette a caccia di cugini e bisavoli. Recupera zii scomparsi da anni, fa ricerche araldiche, scova figli illegittimi e nonni dati per morti. Se qualcuno cerca di sfuggirgli, lo va a prendere in furgone e lo trascina a forza in casa. Dopodiché organizza una cena per sessanta persone con ventidue sedie e posate per quindici, si sbronza, litiga chiamando la metà dei presenti terroni e sbafatori. Alla fine di questa kermesse, il signore-cane-da pastore, pronuncia la famosa frase: il prossimo Natale non invito più nessuno Stefano Benni) e li avrebbero come massimo dissezionati, tutto pur di sterilmente incolpare e ingobbire di vergogna i popolani della prima e a noi sorella categoria. E scempiavamo in ciò un dolore sacro come il Male che lo alimenta e lo germina molto di più e molto più pestilenzialmente. Come il molesto Spiolo di Stranalandia ma con una non percepita crudeltà mandavamo 80 metri sottoterra videocamere e fotocamere controllabili anche da distanze siderali per immortalare le nulle pareti argillose il cui racconto è altrove, in uno scheletrino che ormai coglie il mondo indifferente, forse con quell’astratta empatia che proviamo per ciò che è troppo più antico di noi per dire e dirci qualcosa di contemporaneo, come i crateri di Tunguska e Ensisheim secchi e solo orlati di pepite di algida icosaedrite, mettevamo a soqquadro la casa dei Franzoni-così ben accostumata nella sua geometria di semplici e spigolosi moduli, un Clessi Modulandia Sebinotm tra città e montagna selvaggia, come la casa dalle finestre nere di Clifford d Simak, come vieppiù quella dalle finestre che ridono di Pupi Avati (e mi perdonino i Franzoni, il Taormina, tutta Cogne e il suo allora primo cittadino Osvaldo Ruffier ma il paragone è calzante) alla ricerca di utensili da cucina e vestiario intimo di dubbia gravità, soprattutto perché con il rasoio di Occam a depilarci nella toilette sconsacrata rabbrividente il freddo delle nevi del Cervino l’arma del delitto tracce di rame (abbastanza poco preponderanti se possono improvvisarmi criminologo) a parte è abbondantemente fattibile sia un coltello di quelli a mannaia che nei corredi mettono sempre come se fossero inopportuni Roberto di Superwoobinda di Aldo Nove, costringiamo chissà chi a scrivere su un muro nemmeno degno di essere ricordato in che via si trovi Questa non è Hollywood mentre ci uniamo a Bruno Vespa a esagerare a non si sa più che cosa, interrogatori plurimi sono stati fatti a tutti gli indiziati, abbiamo dato microfono a Francesco Bruno, abbiamo chiesto a gente casuale cosa ne pensava, come se le molecole di chiacchiericcio del vento pigro che quando nessuno se l’aspetta solleva una foglia o smuove una cartaccia contengano qualcosa d’importante, come gli altri anche noi alla fine di nuovo nei nostri raffazzonati laboratori di misteri, il prossimo quotidiano accanto a quello già spampanato dallo sfogliare furioso per il prossimo sangue da inseguire, ripetendoci di star facendo la cosa giusta e fantasticando tempi migliori in cui però non avremmo avuto perché d’esistervi. A raccontare le nostre stesse cose ci avevano già pensato Dino Buzzati in Il delitto all’italiana e nei romanzi di Aldo Nove e Flavio Pagano c’è il riassunto di questo mondo di sanguisughe televisive. Guardo all’Italia perché la vedo vantarsi troppo, poi riguardo la mia America e vedo le stesse cose dell’Italia ma ancora più mastodontiche, così dopo il Nove e il Pagano torno alla catartica lettura di Bukowski e Haskell nonché di Care amiche telespettatrici di Chinatsu Nakayama e La prosivendola di Daniel Pennac, così che la gigantesca cultura di Polo e D’Ostiani cade in pezzi assieme alle vanterie dei francesi anche loro sulla superiorità di una cultura come la loro. E adesso cotanto atteggiamento nel futuro stava per raggiungere il record; gli alieni ci avrebbero polverizzato per colpa sua. Già…la presenza di alieni giustizieri avrebbe giovato assai a queste space operas della nostra crudeltà dai limiti calcolati in millimetri di condominio nelle periferie delle pingulopoli che con goffaggine e ipocrisia stanno furiosamente operandosi da sole via il tumore di morte e passioni cattive delle propri paeselli limitrofi, Cogne comparativamente a Torino, Erba comparativamente a Milano, Avetrana comparativamente a Taranto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Certo, sarebbe stato abbattuto solo un macchinario che mio nonno poteva ricostruire sebbene con un pò più di lena dell’ultima volta, ma anche un innocente. E potevano rovistare nella scatola nera e rintracciarci. Non avete idea di che cocktail di pentimento tardivo e biasimo per sé stessi provassi in quel momento. Come con le femme fatales, come prima con Jessica e poi Verosika la pop star infernale che Charlotte ha inavvertitamente liberato nel nostro mondo

Ciò che poi lo aggravava era la guidatrice, quell’annoiata vecchia Yasmina Malaussene che cavalcava elettronici grifoni da arcigna e maestra Tsuru (Grazia Migneco). Era di carattere

difficile, su questo non ci piove, ma non poteva esserci altra persona per accudire quei debiti della natura in inesorabile procinto di venir saldati con la morte come riscuotitrice

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E poteva morire per colpa nostra. Stavamo per chiederle di finirla lì, di tornare sui nostri passi, ma cosa fatta capo a. Rimanevamo là chiusi come i militari di Larry Thor in I giganti invadono la Terra di Bert Gordon mentre se non una bomba A un ordigno forte al punto da ridurre un elicottero in raminghi serpentelli di cenere ticchettava l’ora che sarebbe tuonato per nostra condanna, giocando a un videogioco il cui dual shock piangerà sangue. Non ci alleggerimmo i polmoni e l’anima neppure quando osservando il presepe di luccicante calcestruzzo di Boulleè abitato da quella razza di chirurghi con il miracolo nel sangue non riuscimmo a vedere armi pur nascoste. Quale lacerazione! Quale ictus! Dovevano dover avere mezzi per fregarci. L’aria delle montagne, simili alle Saint Gabriel Mountains, era fredda ma luminosamente gaia. Creature simili a aragoste accoccolate in blocchi compatti di pelo color mucca razza bianca svizzera spessi come la lanugine di un Megatherium e porcellini di San Antonio dal carapace al cui confronto uno spazzaneve è un paio di bikini camminavano-con quell’incedere alla ricerca di un armonia, di un ordine tra prima fila di gambe e seconda e poi terza di un dragone cinese durante il 農曆新年-lungo il panorama da Puno in provincia di Lima bagnato dalle acque pressurizzate da 3812 metri sopra il mare ignorandoci mentre volavamo sempre più vicini a essi. Una mazzancolla indopacifica con sintomi (quelli che può esibire di avere un crostaceo) di mononucleosi ci vide risalendo un osservatorio e avvertendo gli altri, soldatini di Hypnos abbarbicati a un verticale armadio come la caduta di Dai Teishin Shudan bianchi del Polyrhytm di Takashi Murakami

Elettrizzati non strettamente in senso allegro da quell’arrivo inaspettato. Da gente semplice s’ammassarono lasciandoci uno spazio apparentemente insufficiente per l’elicottero che temevamo a colpi di rotore avrebbe inzaccherato di sborra verde le timorate scatole di calcestruzzo marroncino ispirate forse ai villaggi piscivori greci di Santorini e Candia, incontrando una scutigera che-piegandosi come una manichetta antincendio abbandonata a sé stessa assunse una statura da centauro e gonfiò quell’aria immobile e affaticata di una tensione non nuova, piegando un elastico che già era stato strapazzato. Erano preoccupati. La rezdora toanese sembrava masticarne la lingua, con una disinvoltura che davvero t’aspetteresti elargisca una pingue contadina la cui cascina è aperta se hai l’auto in panne tra i nebbiosi miasmi dell’Enza nelle notti di Novembre. Ciò che più ci colpì di lei erano le guance che tornavano rallegrate dal rosa più giallastro di una mente più distesa. Perlomeno, dacché queste erano supposizioni attribuite a lei in merito al nostro stato d’animo, di cui comunque non era possibile arguire alcunché a causa dell’inespressività della maschera robotica ispirata a quelle del carnevale di Venezia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lei era rimasta fredda al proprio stesso habitat, come appunto ci si aspetterebbe a una marinaia di Alfa Romeo 2 o-nel nostro caso-I-EHCA la cui disinvoltura un pò ti solleva il morale se sei nella barella un pò come a noi lasciava i superficiali ma sentiti lividi dello scontro con un tale muro di donna come quello se eri un barelliere o un autista. Accedemmo scortati-alle volte rimbalzandovi in mezzo come una pallina tra una coppia di bumper sotto il piano inclinato del flipper-da due segway con corone di zampe da rinoceronte per muoversi a zonzo a metà tra le pedine degli scacchi in costume e un piantone d’ospedale grondanti tentacoli come bigi salici piangenti il cui unico occhio, alle volte, quando faceva più paura irrompente con un innaturale luce dal profondo di quelle proboscidi come l’effetto speciale di Paul Blaisdell per The beast with a milion eyes di Roger Corman per una creatura che in sé richiamava un altro approssimativo scult della fantascienza trash, The terrornauts di Montgomery Tully nel ruolo di “contenitori”, responsabili del nostro tenere le mani a posto in quella visita guidata, giacché la nostra volenterosa scutigera zampettava con noi dove c’era materiale troppo delicato. Noi eravamo un Son Goten transessuale (Patrizia Scianca) e la nostra recalcitrante accompagnatrice una nettamente femminile Trunks (Monica Bonetto), i due crossover tra gli alieni di The creeping terror e quelli di La guerra di domani C18 (Deborah Magnaghi) e Mr Satan (Riccardo Lombardo), la scutigera Jaguar Batter (Marco Pagani). E tosto vedemmo i biocombattenti, i Broly (Luca Sandri) e quelli come lui. Li cogliemmo tutti immersi come nei flashback di Miko e Nieves in vasche simili a bicchieri dove le loro deformità stavano venendo raddrizzate, versione genetica di una sbirciata nella fabbrica di perle del topolino Marty (Pierluigi Astore). A questo punto avreste preso i panni degli extraterrestri e ci avreste chiesto se eravamo soddisfatti. Liquidammo quella domanda frinita più che detta con sbrigatività chiudendoci in noi stessi (o almeno, io mi chiusi in me stesso, sono Alec Leamas abbandonatosi all’alcolismo per la morte di Karl Riemeck in Le spie vengono dal freddo di John le Carrè). Disse lo Scurati: la casa di Cogne è una sola, l’unica altra e comunque non fanno una coppia è la nostra, tristemente scevra d’avventure pur macabre e infanticide, quella con cui ci siamo baloccati almeno finché la Franzoni è stata nel braccio della Legge è davvero un giocattolo, quello del Bruno Vespa di Porta a porta in cui è stato ricostruito il fattaccio. Lo stesso niente, lo stesso raggiungimento, scoperta del niente. A Cogne dopo quelle furiose indagini, dopo la villetta già sverginata dalla morte di un bambino ulteriormente dissacrata dallo sconvolgimento che le abbiamo arrecato nemmeno là si fosse svolto un combattimento tra Mogo il bat-gorilla e Bane ci lascia solo-sempre come dice lo Scurati-un mestolo e dei calzini, su cui la nostra immaginazione criminologica deve spegnere il motore. E allo stesso modo nel labirinto di scale, ascensori e appartamenti di Via Diaz 25 avanziamo accanendoci su tutto come furiosi Bruce Wayne-aprendo porte e immediatamente venendone delusi da quello che non abbiamo trovato dietro esse chiudendole con altrettanta selvatichezza, correndo per corridoi, sballottandoci nelle scatolette degli ascensori-trovando solo l’appartamento degli stragisti senza nulla da dire: la spranga, la mannaia, lo scontrino del McDonald’s di Viale Prealpi al centro della loro goffa autoassoluzione, di nuovo uscendo rientrando nel nostro appartamento dove spranghe e mannaie assassine e scontrini decisivi mancano del tutto con l’Altro condominio denudatosi delle velleità da manicomio Arkham per assumersi quelle di mattone di polistirolo su cui il Vespa ronza come il King Kong della Arxon. E allo stesso modo della campagna pugliese dove abbiamo atterrato il nostro Anastasia il cui Dan Dare-contravvenendo all’aplomb britannico in una maniera che nemmeno Dennis la minaccia si permetterebbe d’indulgere-deve anche lui arrendersi quando la fattoria, la casa trapiantatavi da Taranto e il Chidro  non contengono nulla che su Rai 1 non si sia già visto. Ero immerso nella vergogna per la mia diffidenza. Anche Loro però avevano qualcosa. Prima ho descritto questi alieni ricorrendo a una visita fattavi fare al Tokyo Museum of Natural History nella sezione entomologia, tra crostacei e chilopodi. Un safari alla rovescia a metà tra La pista dell’orrore di Roger Zelazny e The interplanetary zoo di Edd Cartier, da cui parevano usciti i nostri mogi sovrintendenti, sempre più nella direzione del New Jersey. Gli alieni (mi dissero chiamarsi Na, ma preferivo il nome non-nome sulla falsariga di Una giungla di stelle per Capitan Simian) avevano un look ’n’ feel invertebrato che faceva tanto Sectaurs, solo senza l’aitante e biondo principe Dargon. Ma creature da mondi che non sono il nostro non sono come le nostre. Nessuna visione antropomorfica è più ingenua di quella che suppone l'esistenza di uomini su Marte. Nell'universo intellettuale, una simile concezione si colloca nell'ambito delle cosmogonie e delle religioni antropomorfe inventate dalla presunzione infantile dell'uomo primitivo (Herbert George Wells). Io ho già descritto creature anomale, ben distanziate da quelle diventate così anonime ai nostri occhi mentre camminiamo tra i felici angolini di savana e giungla purtroppo negantesi per nostra estetica quel decadentismo da dipinto di Antonio Ligabue dove non c’è pace né sgombro per gli infiniti conflitti e impatti della natura. Ogni volta l’estraneità a tutto il mondo, quello del futuro come quello del presente in quelle creature era un muro d’aria piccolo ma invalicabile come quello della Porziuncola assisana per tutte loro, da immaginare sé stessi e sebbene diversamente gli altri a noi come noi su piattaforme che si muovono lungo binari diretti verso e lungo gli stessi tracciati-ovviamente ciascuno degli implicati con un binario abbastanza diversificato dal nostro, come a chiarificare la diversità tra me e te, tra noi e voi-con gli alieni anch’essi su un simile ingegnoso incrocio tra il museo della ferrovia di Utrecht e il Momonga Standing & Loop Coaster di Yomiuriland parimenti con le proprie piattaforme e i propri binari ognuno sbizzarrito nella scia che traccia attraverso l’areopago come un personalizzabile Snafu per Intellivision ma con un discrimine: i binari e le cartucce Mattelc nostre e della nostra “tribù” come veri, possenti binari della ferrovia di Dublino dove puoi sempre svicolare a destra e a sinistra lungo le traverse come un motorizzato giocatore di polo

Con loro i binari restano rette parallele, fiumi a cui manca ogni terziario che li sechi in mezzo (così che per passare da uno all’altro devi per forza essere una libellula, e nemmeno questo basta o è valevole). Averne una conoscitrice, una Eleanor Roosvelt, una Magdala Cled con noi ci aveva forse troppo esautorato e emendato il lavoro connettivista. Non eravamo nemmeno là in presenza, in un ambiente che comunque a parte quel ghiottone non comprometteva la nostra sopravvivenza al punto da abbassarci alle Formiche costruttrici e guidatrici di Plumbei di La penultima verità di Philip k Dick, nascosti dietro uno schermo connesso agli occhi di un manichino double-face altresì centauro, in un continuo scindersi in metà da non farci mai avere simpatie dalla Gnosi, in quella che adesso rimastico essere stata per noi una sorta di resa. La stessa che scrittori russi come Stanislaw Lem e i fratelli Strugaskyj usavano per metaforizzare il fallimento del comunismo con meno incombenti censure di Solzenicyn e Grossman e un universale monito contro la presunzione della tecnica di disfarsi di Dio e conseguentemente di voler togliere il Mistero dal mondo (Una delle strategie di Bill Cipher, costantemente a Lui torniamo pensò fuggevole Dipper). In Solaris l’irrisolvibile e irriducibile pianeta-oceano-marmellata è il mistero dell’universo che alla fine lascia la scienza delusa e sbugiardata nel suo aver fatto del remoto Solaris Dio e la “spiegazione” di come “funziona” una Rivelazione (Avrei dovuto allora passare su Solaris degli anni, tra mobili e oggetti che avevamo toccato insieme, nell’aria che ricordava ancora il suo respiro? In nome di che cosa? Nella speranza di un suo ritorno? Non avevo speranze. Però viveva in me l’attesa, l’ultima cosa che mi fosse rimasta. Che appagamenti, che beffe, che torture potevo ancora aspettarmi? Chissà, ma persistevo nella fede irremovibile che l’epoca dei miracoli crudeli non fosse ancora finita). In La chiocciola sul pendio la Foresta di Pandora è l’incognita uscita dalla sua scatola (come il mito ellenico dopotutto), su cui punto a capo la boriosa “ragione” umana non ne esce studiata ma anzi solo più conscia di quanto lo era prima della limitatezza delle proprie Pokeball nozionistiche. Stavamo facendo la figura degli incapaci di figurine parafrasate di Lazar Kaganovitc e IvanoviÇ Ivanov, alleluia. Tutto quello a cui mio nonno mi ha esposto mi rende impossibile a tratti muovermi accanto alle cose più ordinarie. E ancora il mio cervello è impreparato. I nostri mostri del Dottor Stragor (Aldo Barberito), la nostra coppia di Hedoron che ci pedinavano affinché non ficcassimo le mani in mezzo a materiale troppo sensibile facevano sommessi brusii come quelli di un motoscafo baluginando il loro occhio fosforescente da Deadeye (Federica de Bortoli) mentre le loro grondanti proboscidi rispondevano svogliatamente ai movimenti dei loro corpi da spazzoloni da autolavaggio come le nappe di una diva del burlesque che esplori un ambiente nuovo, interloquiti dalla scutigera nuovamente spiegazzatasi a metà tra il banco Giocascuola Grazioli e un tangram tridimensionale il cui corpo-osservato più attentamente più simile a quello di un dondice -stava ballonzolando lampade di Walker di blu e rosso trascinato e gonfiato da emozioni figuriamoci che io fossi capace di comprendere. Quando s’incamminò sulle sue nevrasteniche 16 zampe con uno scatto da Dorothy Doolittle inaspettato per una simile [Guildbird] uno dei suoi Gabura con una scudisciata ripetuta dal collega Gombesu  alla nostra volenterosa accompagnatrice perché non tergiversassimo e seguissimo l’artropode dovunque si fosse defilato. La donna alata, la pingue Kaori Rokumeikan/White Swan vi reagì né più ne meno come reagireste voi a essere colti da un paio di jeans fattivi cadere sulle vostre spalle da una teleferica dietro di voi, ciononostante non rimase lì per una seconda spantalonata, e noi facemmo altrettanto. Essendo la scutigera nonché il dondice animali notturni in una stanza nera come la camera funeraria di una piramide egizia i loro movimenti erano come guidati a distanza, o come se si dipanassero su dei binari. Accese le luci, tornando a fronteggiarci con quelle evoluzioni da [Maguma Juu] Magma mostrandoci uno spettacolo ancora più snervante di quella coreografia da Whiplash: feti disgraziatamente impossibili da salvare….o meglio fatti abortire contro la volontà dei nostri amici Zenithiani. Potendo solo gesticolare (parlare a un insetto secondo te gli farà capire cosa volete da lui?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

gli chiesi il senso di tutto. Fino a lì quel mutismo da Shaun Tan aveva supplito con relativa efficacia al fatto che noi parlavamo come Muzio Marcellini da maschi e da Hatsune Miku da femmine assieme alla nostra accompagnatrice con un linguaggio yankee noi latino augusteo lei, roba che dubito seriamente quegli-fondamentalmente-insetti riuscissero a far intercettare dalle loro antenne, dacché tutto il loro mondo sensoriale è completamente agli antipodi del nostro, ma ora eravamo immobilizzati al bivio. Come farci capire? Il linguaggio parlato e scritto era da mandare a casa. Con un cervello assiso su un cavallo i cui zoccoli infierivano su un tapis roulant

 

Finalmente mi scoppiò una lampadina fuori dal cranio come Evel Knievel a bordo del suo missile con una relativamente fastidiosa inzaccherata di salamoia encefalorachidiana e chiesi a proposito di un kamishibai. I Kamishibai erano dei cantastorie itineranti, degli artisti di strada che giravano per il Giappone in bicicletta e che si rivolgevano principalmente al pubblico dei bambini: quando si radunava un numero adeguato di spettatori, il Kamishibai faceva pagare il "biglietto" e dava ad ogni bambino un dolce ed iniziava lo spettacolo, narrando una storia. Sul portapacchi della bicicletta era montato una sorta di teatrino, costruito in modo da poter far scorrere delle tavole illustrate con i vari momenti della storia, che accompagnando la narrazione del Kamishibai: queste tavole erano tutte pezzi unici, in quanto dipinte a mano ed incerate per proteggerle dalla pioggia. Ma lì purtroppo non eravamo dalle parti di Sapporo e del suo tempio di Oyachi. Dove questo intraprendente Genta (Massimo Corizza) poteva trovare il materiale? Costretto a fare il wannabe di Daniele Timpano sparai un mio dito indice come una [Magic Card] perché a questo punto fossero loro a rispondere al posto nostro. La creatura che sempre di più da una scutigera stava passando a assomigliare a un Eructator olidus di Furaha che Rick mi ha fatto conoscere con il resto del pianeta

Mi sembrò preoccupato. Di nuovo un atroce dubbio; se le vespe sono terrorizzate è per quello che mi pungono? Perché sono sempre e solo Salomone che capisce i vertebrati superiori e non il Saggio delle strisce di Quiff di Fabrizio Moschini, orecchio amico pure di sciami di moscerini e lombrichi cialtroni? Ma diamine, l’Omnitrix esiste già, popoli vecchi di molti milioni di anni più di noi devono aver già superato lo scoglio della comunicazione tra popoli diversi. Continuando a scivolare come una sciarpa con l’epidermide selvaggiamente sovrapponente colori delle sfumature di rosso e blu con zampe e sorta di tentacoli ossificati come code di lucertola in equanime tormento si gettò a chiamare l’aiuto e l’assistenza di un possente Pantherocaris rex mezzo tarantola con un esoscheletro duro come le ossa di un vertebrato a un millepiedi, una piovra e un idra verde, con una sorta di braccio meccanico per officina automobilistica munito di casco come terminazione finale. L’agile testolina-una zampa imbalsamata di bradipo con occhi simili a barbieri di alessandrite e spettrolite a piegare l’articolazione di quelle eburnee falci-si disintegrò e ricompose dentro quel casco come una candela divenuta cera liquida e raffreddata nuovamente in un solido candelotto dentro un qualche contenitore che servisse da scodella donde assicurarlo mentre la materia idrocarburica se ne innalza grumo dopo grumo. Se fosse stato Saburo Minami avrebbe potuto scrollare le spalle ma piuttosto si limitò a sincopare la sua metameria con onde di blu su un lago dal fondale di bauxite. Potesne me audire? Fu l’amorfa domanda, da Franco Battiato dalla voce come onde concentriche di organo a vento rotta e irradiata nel Moog modello 15 di Roberto Cacciapaglia da Beta da Pollution che smielò le nostre orecchie a dirla tutta con molto più il Freddie Mercury riecheggiante nei cimbali elettronici di John Deacon da A kind of Magic da A kind of magic che la paffuta frusta suscettibile ai colori delle emozioni (I mille colori dell'allegria

Dipingono ovunque felicità

Profumano di libertà, cancellano l'oscurità

E i sogni diventano realtà

Ho scoperto una foresta sempreverde, sai

Rigogliosa, smisurata, piena di colori

Gli abitanti sono tutti allegri più che mai

Anche i tre graziosi orsetti lavatori Cristina d’Avena-I mille colori dell’allegria-Fivelandia 11) aveva spinto sistole di cloaca d’oloturia dietro sistole di cloaca d’oloturia come la navicella di un ascensore di carne, con noi che finalmente la sentimmo in un latino bolognese da civiltà villanoviana, da vecchio messale della basilica di San Petronio. Da lì in poi conversammo in quella lingua solenne e contemporaneamente gioviale, da Gabrio Spichisi di Nessuno lo saprà di Enrico Brizzi in una sua declinazione primordiale, da Svetonio e Spagnolo Abati, cogliendovi tra le righe un cosmopolita accento milanese, il prodotto linguistico e folkloristico degli andirivieni sulla Via Emilia, constatando però un altro dettaglio: al nostro interlocutore sembrava mancare l’estro dialettico, dialettale e argomentativo, boccheggiando di tanto in tanto come un conduttore radiofonico senza copione. Scavava e riscavava nel suo cervello quello da dire facendolo poi passare in un ingegneristica mineraria per le fauci da sparviero della creatura che cavalcava a Luigi Zucchi ma all’altro non sembrava importasse questa balbuzie retorica. Come un Vocaloid impareggiabile nel cantare, ma solo se un musicista vi ci metteva tutta l’altra musica dentro e dietro utilizzandolo come il più potente e versatile strumento musicale un Paganini possa mai creare e vantare di saper fabbricare impareggiabilmente ( Adoreremo le immagini proposte dai media e saranno queste a definire la nostra personalità. Gli idoli elettronici ci sembreranno più veri del vero perchè la realtà sarà interamente definita in base alle nostre percezioni. La aidoru di William Gibson è una popstar virtuale, ma quello che conta sono i sentimenti che è capace di ispirare: di desiderio, di odio, d'amore; comunque, di idolatria Delio Zinoni) l’interprete era neutrale e perciò ogni inciampo e strafalcione dipendevano da chi lo stava usando per “cantarci” quei expositio psalmorum alla stregua di un in sé comune Hironobu Kageyama. Riuscivano però quei due attori di Ionesco a tirare innanzi una conversazione perlomeno decente, tanto più che già la scelta del latino in sé era considerevolmente impegnativa. Etiam et nunc linguam loquimur, nos ambo novimus. Dic nobis obscena quae his infantibus mortuis contigerunt antequam etiam nascerentur Oh, adesso si era al main event. La storia di Erode e Mariamne Nonnulli nostri, dum uegetant in incubatoribus suis, interempti sunt, omnino inopes. Nonnulli snipers obrepunt in chirurgia de.... te? La rezdora gli diede ragione Quid habes custodia? Circuitus cubicula? Num eos umquam comprehendit? Adesso s’impensierì Nos coepi investigationis quaedam. Illae snipers videntur praeesse nostrae civitatis asperis. Venatio pergamus ad finem si id quod quaeris Belle parole, che tutti avremo sentito infinitesime volte. Pure nel futuro tornano alla ribalta. Nos aliquis maculosus. Muscularis puer cum crine serto flavum. Nec hoc alicui usque nunc narravimus, sed una nutricum nostrarum cum magno foramine in pectore suo repertum est. Cur nostros et aegros necant? Quid consequi volunt? Et quid noctua nutrix ad rem? Ego quoque palpo in tenebris cum interiore circulo. Sed fortissima ratio mea in manu est quod abortus lobbies et eugenia non possunt nos stare, nec te possunt stare. At ego his nothi nebulonis congredi os ad os volo! Omnis ira eius sine his efficacibus facies manet calidum aerem. Quis ex vobis vere invenit?

 

Non avevano una vera polizia, tipo Miracolo a Milano con Virgilio Riento o Troppo per vivere poco per morire con Sidney Chaplin. Le acropoli greche-quanto assomigliasse di più a quella che chiamai Dorotea-avevano arcieri siiti come poliziotti. Praticamente Rudley Scone arriva a Temiscira e unge Ippolita e Wonder Woman in modo che comprino loro e tutte le amazzoni i suoi robot arcieri. Le armi di questi sciiti usavano quanto più da vicino ricordasse gli antichi archi

Passando per le balestre e il loro innovativo lancio tramite grilletto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Cioè fucili, perlomeno vidi quelli

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Possenti e cattivi, ma inversamente efficaci, almeno finché non avremmo saputo che i “cecchini” erano stati abbattuti, arrestati, messi fuori d’uso. E com’è che apprendevano notizie dalla loro città e dal resto del mondo? Camminammo stavolta noi senza robot per le luccicanti-quasi immortalate da Silvano Ippoliti-vie su cui i soli adesso fratelli gettavano luci cangianti e leggermente dolorose per l’occhio. Tutta l’atmosfera faceva pensare a una città californiana o spagnola in estate. Nonostante il cielo fosse pieno di nuvole non proprio scintillanti. Su un muro dello stesso grigio delle nuvole in accumulo c’erano scalcinate pagine di La Repubblica con notizie scritte in un latino da stele del criptoportico forense di Piazza Papa Giovanni XXIII° che raccontavano cosa succedeva in giro per il mondo. Un titolo sembrava richiamare a questa caccia a Hermann Goring e alla sua Geheime Staatspolizei in maniera simile a quanto fece Eisenhower e quegli emuli alati dei suoi legionari armati di M1890 convincevano potessero farti un culo più notevole dell’Operazione Pointblank

Nonostante tutto però quei “cecchini” sembravano dei Death Note, infarti mortali apparentemente senza causa tali da costringere l’Interpol a rivolgersi alla Wammy’s House i cui esponenti, da L (Stefano Crescentini) a Near (Jacopo Castagna) e Mello (Fabrizio de Flaviis) sono reputati inquietanti e inopportuni fenomeni da baraccone, e la mia sensazione è che i nostri incliti amici siriani e iperborei stavano adoperando risorse e mezzi altrettanto balzani per qualcosa che era balzano a sua volta nella sua irrintracciabile malvagità. Per una volta Rick voleva fare come pensavo io si dovesse fare; aiutarli. Divenimmo Sam Tyler solo in avanti anziché indietro e comparimmo di nuovo alla pingue e diligente merlo per offrirle aiuto Áse me na mantépso....í mállon óchi thélo na akoúso ti gnómi sou, den ta páo kalá me óla ósa écho na apokalýpso me tis dynámeis mou kai den eínai ídi káto apó to fos tou íliou Audivimus abortum et pellentesque rem - paenitet et vellem aliquod auxilium offerre. Ego sum ingenio post omnes

Ingenium .... compellare amicum tuum tam slicked Non eravamo ancora graditi a 360°. Però il nostro “amico tutto impomatato” poteva farci più benvolere. Era-andammo a scoprire-il preside di un Campo Mezzosangue esercitando il suo sapere da Chirone, Dedalo e Emilio Dandolo controbilanciando sapienti, afferenti all’accademia degli Oziosi di quella città. I suoi studenti non mi stuzzicavano la fantasia. Lo intercettammo quando le classi avevano l’ora di ginnastica. Non avemmo la ventura di vedere quale campo da Quidditch o la Palla della Morte del circo dove Homer Simpson vince la motocicletta di I Simpson il film di Matt Groening quel liceo da Mr Parentesi (Gigi Proietti) venendo accompagnati da una ragazza stranamente ricordata da me come una nana

 

 

 

 

Perlomeno nell’immediato ripescaggio di codesto ricordo, anche se è perché la mia mente è ingannata dal fatto che fosse una Biancaneve di ceramica, la ragazza più timida, carina e intimorita dell’istituto. La voce della coscienza e dello studio a nome e in nome di tutte le altre studentesse, capace di pisciarsi fuori le mutandine come un razzo a acqua per un nonnulla, con occhialoni rossi e una simpatica pelle color La morte di Dio di Lucio Fontana che chiamo simpatica per la sua totale imponderabilità da parte nostra. Angeli bianchi angeli neri era il titolo di un film o sbaglio? Le sue ali erano relativamente biancastre, diciamo di un lieve grigio. Aveva vestiti molto eleganti, un incrocio tra quelli di Sailor Mercury (Deborah Magnaghi) e Seira Mimori (Elisabetta Spinelli). Gli occhialoni obesi da  [Joo Hoo] sbilanciavano quell’equilibrio di pizzo quasi da sposa ancora più vistosamente e immodestamente delle voluminose ali color lanugine d’ombelico attaccatele alle spalle, ma assieme a dei capelli rosa ancora più inimmaginabili per una ragazza che sarebbe potuta uscire dal ghetto di New Orleans la volevo proteggere per mero istinto e disagio, disagio scaturente dall’idea che fosse troppo pia per questo mondo crudele, senz’anima e criminogeno. Eravamo tornati alla terrazza da dove eravamo stati visti all’inizio di tutto, passando per ambienti antichi, silenziosi musei capitolini dove ogni stucco illuminato da una luce buia, da città degli Hydross di I figli della pioggia di Philippe Leclerc aveva il pesante odore della storia. Nuovamente sentii quella brutta sensazione di fine di cui ho parlato poc’anzi. Eravamo in un museo, e gli studenti ne erano i curatori. Tutto immobile e triste, Se tu guardi nel passato

Troverai tutto quanto stabilito

E si chiama verità

Senza storia né memoria

Lascia che io scriva i passi tuoi

Vivi in pace la tua vita

Non pensare

E sogna felicità (Area-Gerontocrazia-Maledetti (Maudits)), con una fetta di muro scarlatto di Orroli in provincia di Cagliari stonando il raggelante azzurro di quell’alta torre di Cirith Ungol, delle Archaeosigillaria ridotte in pietra che mi facevano pensare agli archi dei tempi efesini dietro una finestra panoramica che potrebbe  essere fatta scorrere per camminarci in mezzo come bonzi Rinzai di Kyoto a mò di shoji, Ragazza che balla di Paul Klee, Notte stellata di Van Gogh, Cube (B) di Solomon Lewitt sui muri. Una statua di un angelo, Angelo adorante di Carlo Plura rimandava con l’ulteriore enfasi di un Hatzegopteryx all’Antenato di cui avevamo già fatto conoscenza, sentendomi motivato a accovacciarmi sul pavimento simile a una lastra di agata bandata azzurra pronta quando meno me lo sarei aspettato a trasformarsi in un fiume in piena da farmi sentire come Leonardo Greco per perdermi con occhi tristi da cucciolo Disney in incantata contemplazione di quell’indifferente colosso di marmo e del tunnel da allucinazione di Escher dell’aguzzo teschio con un elmo ancora stento a capire un collo che sembrava una bambola Betty Spaghetti riuscisse a reggere così bene, oltretutto senza che quello scheletro vecchio di 165 milioni di anni usufruisse di fili o supporti d’altro genere. Quasi piansi quando la fragile giovinetta dalle ali (s)colorate come l’imbottitura di un divano da buttare e le mani giunte con tremolante forza mi chiamò per salire con un ascensore all’ultimo piano, il ciambellone dalla ringhiera piegata dove-ormai in un tempo che mi sembra lontanissimo-ci presentammo a quell’austero Silente di Il pozzo della Luna di Abraham Merritt. Che era di nuovo con noi e voleva sapere come potesse rendersi utile una terza volta. Quid vis? Ego have ut facere multa Nunc detectives esse debemus. Recordarisne clinicum quo nos visere cepisti? Noctu aliqui "aegri" occiduntur. Creditur pro aliquem Et quam partem haberem? Scis dominam "fortis" illam inhaero prope tractaturum Videtur tibi sicut bonum amici Petere potes ut per inquisitiones intus moveatur Al nostro Emilio Boule colorato come la Senna in piena si aprì un mestamente felice sorriso da Madame Souza (Alina Moradei) quando fa uscire le tre sorelle di Belleville dal proprio mesto guscio Ita mores acerbos habet, sed nos invicem diligamus... sicut inter amicos, experimenta nuptiarum iam habuimus. Illa modo non placet ut ad se venientes peregrinatores inhaerent, nunc vero plus in te (et me) intellectum erit et quid nunc agendum est.

 

La nostra Tadji Satrapi non era convintissima. Investigantes... Omnes nosmetipsos mergimus hic in multa tribulatione, et quis in hac turba usquam natare potest? Leva manum tuam parvam nautis Scio iactum in tenebris esse, sed ferire servabunt si non obsistat. Et hoc facere debemus, quia solum hoc hospitium intus foris novimus Quaeso ... ne me totum per me officere phialas dilectas Avevamo ricevuto una sorta di lasciapassare. Ma cominciai a temere ci stessimo entusiasmando troppo per quella che credevamo sarebbe stata un avventura vissuta da una distanza di sicurezza troppo asettica tipo Batman Arkham Asylum e invece non solo ci coinvolgeva anche esponendoci al rischio di morire ma promettendo che un innocente ci avrebbe rimesso la vita per colpa nostra. Alas, alas! how very soon this silly little fly,

Hearing his wily, flattering words, came slowly flitting by;

With buzzing wings she hung aloft, then near and nearer drew,

Thinking only of her brilliant eyes, and green and purple hue:–

Thinking only of her crested head, poor foolish thing! – At last

Up jumped the cunning spider, and fiercely held her fast.

 

VII.

He dragged her up his winding stair, into his dismal den,

Within his little parlour – but she ne'er came out again!

– And now, dear little children, who may this story read,

To idle, silly, flattering words, I pray you ne'er give heed:

Unto an evil counsellor, close heart, and ear, and eye,

And take a lesson from this tale, of the Spider and the Fly (Infine! Infine! Così repentinamente la sciocca piccola mosca

Ascoltando queste ampollose, titillanti parole cominciò lentamente a intrappolarsi da sé

Con ronzanti ali lei girovagava vicino e più vicino ancora avvicinandosi

Pensando soltanto ai suoi occhi brillanti, e alle sfumature verdi e viola

Pensando solo alla sua testa coronata, sciocca disgraziata cosa!

Al fine saltando dal ragno imbroglione, venendone catturata in fretta e furia

 

La portò su per le sue scale, al suo rifugio terribile

Dentro il suo piccolo salotto, ma da cui non fece più ritorno!

E adesso bambini all’ascolto che questa storia forse avete letto

A queste parole sciocche e tentatrici vi prego mai di dare credulità

Ai cattivi consiglieri chiudete cuore, ascolto e vista

E imparate dalla storia del ragno e della mosca Mary Howitt, The spider and the Fly). Le lasciammo decidere di non unirsi a noi. Dopotutto aveva ben altre responsabilità e quello era l’atteggiamento velleitario del Buster Keaton di La palla n’13 di Joseph Schenck a cui una volenterosa Doris Deane non voleva giustamente dare di che annoiarsi. Però poi la vedemmo abbandonare quell’espressione di bonaria e paziente intransigenza unita a impossibilità e la carne del volto le succhiò il sangue come l’erezione di El Superbeasto (Tom Papa) guardando i propri pazienti muovendo la testa con una legnosità da Crow t Robot (Trace Balieau) da cui-come dagli occhi-eruttò un immane preoccupazione. iungam te! Investigabo tecum! Habeo omnia in custodia cameras. Nos aspice illos Non vedevo reazione così allucinata dai tempi dei coniglietti suicidi che vogliono guardarsi Attrazione fatale

 

 

 

 

 

 

 

 

Ci sedemmo davanti a una plancia da far sembrare Homer Simpson alla centrale nucleare di Burns Tv Buddha di Nam June Paik. L’azione avveniva a sole già calato. La scena era ripresa come se l’avesse girata un geco. Era una sorta d’ufficio molto grande e pieno di statue. Nessuna statua era diversa da un ammasso di pietra grigiastra che sembrava avesse dato di che mangiare a un qualche lombrico ghiotto di ghiaia. Un uomo stava seduto a una scrivania con una segretaria. Entrambi si congedarono dopo che la segretaria era stata fatta sedere sulle sue ginocchia. Rick diede un occhiata interrogativa alla donna Est cliens ditissimus, sed aliud nescio de eo. Dives clientis est a tergo et connexus nescio quid. Nunquam ante usquam vidi. Vides; Ego tendunt ad somnum in hoc cubiculum obdormiam Bella roba; avevamo a che fare con una hikikomori. Una Narumi Fujishima, una Eva Friedel, una Dominique Alia Wu. Una hikikomori maniaca dell’igiene e con una predisposizione superstite a gironzolare fuori (entro gli obblighi lavorativi) da quel mix tra la sala controlli della Camera dei Rappresentanti, l’appartamento privato di Fumihiro Joyu lungo la Mukojiima Line e l’appartamento sulla First Avenue di Ted Bundy. Niente spazzatura, niente parassiti se non i ragni, gli scarafaggi e le scutigere che neppure il più potente insetticida o le forze combinate di Agi e della sua corazza cyber (Stefano Onofri), Sardon e la sua Cybermobile (Vittorio Amandola), e Roger e la sua auto Sparviero (Rino Bolognesi) riuscirebbero a immunizzare pure i più lindo appartamento o minka, niente cibo a ammuffire, il letto è roba da Alcatraz, ma trattato con i detersivi e le lavatrici della branda di Aileen Wuornos mentre camminava verso il miglio verde. Questa era macabra lo ammetto. Ma l’unico problema era la luce talmente fioca e lattiginosa da far sembrare La sposa cadavere Wallace & Gromit la maledizione del coniglio mannaro. Camminai per tutta la stanza sentendomi, creatura senza ali molto più in gabbia di quella creatura che per metà uccello con le gabbie dovrebbe avervi una certa dimestichezza

 

Rick le chiese (per quanto ne capissi di latino) se almeno conosceva la sfortunata vittima. Il suo  nome venne rivelato essere Nerdanel e di non essere sempre stata una segretaria, ma all’inizio una delle infermiere, addetta alle fiale di quello che mi sembrava l’arsenale dell’Otis Campbell di The Andy Griffith Show prima di trovare quest’imbucata e a lavorarci con diligenza, ma anche molto mogia. Possibile che fosse per la troppa invadenza, se non l’aperta pedofilia di quell’altrimenti irreprensibile contribuente? La mancanza di prove sollecitava silenzio. Poi qualcosa-un fulmine globulare come quello al quale Wilfrid de Fonvielle offrì inopinata testimonianza di spettatore, una folgore ma senza ruggito di tuono avvenuta insensatamente in una notte più tersa di un salvaschermo, una crisi isterica dell’occhio meccanico rimasto a fare il voyeur per un (ig)nobile fine da Ulrich Muhe-e “l’uomo molto ricco” cade di pancia dalla sua sedia mentre un sibillino fumetto, un Piopok o un Tham Thmith divenne riscontrabile dalla sua angolazione. Ci venne ribadito (o forse detto per la prima volta) che il cadavere sembrava un pupazzo di cera su cui del tabacco molto forte (un bel sigaro Marconis) aveva bruciato la propria forata via per l’altro lato di quel pingue fantoccio. E un giocattolo ceroso sembrava essere stata vieppiù la sedia quasi scranno su cui aveva smesso di vivere in quell’incomprensibile baleno. Al che a me a Pumzi venne istintivo ripensare a quei soldati del [Baamu Boshi Jin] con un look da versioni cromate del Roboto di Eternia e chiedemmo d’uscire. Dopo un tot trovammo delle sorta di varianti gendarmesche dalla camminata lenta, robotica e dalle facce tirate e che avrebbero voluto essere da uomini duri, Karl Mohner e John Heston di 30 Winchester per El Diablo di Gianfranco Baldanello, ma a uno sguardo disincantato implicavano una routine sempre più indigeribile, quella dei telamoni senza gratitudine. Ci facemmo da loro notare e-dicendo che stavamo indagando-chiedemmo loro ragione di quegli arnesi da RGM-79 Gim. Ci diedero consulto su cosa poteva essere stato usato come arma del delitto. Un arma come quella di cui fanno indesiderato sfoggio, ma più piccola. Più piccola, ma non meno distruttiva. Dopotutto tutta quella luce non può essere l’immensa Galleria de Carlo a Milano dove la mostra di Cattelan era un minuscolo balocco ursino che faceva l’equilibrista da ambo i lati di quell’enorme (per l’orsetto a molla che pedala su un monociclo) mare di calce bianca come la neve del Resegone. Il gendarme, il soldato di ventura, il Frank Hamer incrociato con Richard Bong svelò quindi avere a tracolla un fucile laser. E che quella era una pistola laser. Ma chi ne faceva un uso con il senno di poi più bastardo di Haman Khan? Ammettiamo che il vostro “facoltoso contribuente pieno di soldi come un tricheco è pieno di grasso” fosse un pezzo di merda. Perché ha ucciso la segretaria? Lei è innocente..una vittima, come i vostri pazienti Perché ha voluto vendicare l’uomo. E quindi non era degna di vivere. Come…Rick, mio nonno, cercò il primo buco per terra, il primo tram della ATB per il centro della Terra. Nonostante fosse il Grinch nell’edizione per tutto l’anno mio nonno ha una morale. Chi può volere morti quei protetti di quella Dina Babbitt? Nazisti diseredati come Joseph Mengele in I ragazzi venuti dal Brasile di Ira Levin? Lobbisti dell’infanticidio come Rufus Johnson di Scocciate Jack Barron di Norman Spinrad? Ragazzino indisponente con la moto scoppiettante che disturba la mia pubblica quiete sterminatore di matusa come l’Antonluca di I viaggiatori della sera di Umberto Simonetta? Il killer, il novello Neottolemo non era un mostro d’efficienza. Era un belloccio delinquenziale con la faccia più anonima di quella di Fred Parke nel 1974 (tra Il mondo dei robot e Giochi stellari), con come bonus solo più pettorali di Bruno Sammartino e una Moby Baby Two in mezzo alle gambe tale da renderlo “troppo figo per essere nel torto” secondo le bimbeminchia. Sia detto obiettivamente a carico mio: se  avessi anch’io la faccia più anonima di quella di Fred Parke nel 1974 (tra Il mondo dei robot e Giochi stellari), con come bonus solo più pettorali di Bruno Sammartino e una Moby Baby Two in mezzo alle gambe tale da rendermi “troppo figo per essere nel torto” secondo le bimbeminchia resterei comunque la creatura più odiosa della Terra. E lo dico perché non vorrei mai nessuna-neanche dimezzata-di queste cose: gli effetti speciali di Robert Bottin, il fisico di Bill Russell, un pene a motoscafo. E in quel filmino super8 vomitato da un proiettore Keystone faceva il seduttore, il bel tenebroso, mostrando un volto che poteva finire sugli identikit alle sue più incuranti spalle ogni minuto, ogni secondo, ogni subito, inzuppando nel petrolio sintetizzato per la tuta da Sadik la sua fedina penale con un doppio-e pleonastico-omicidio! Non sei Dick Tracy, non sei lo Sconosciuto, sei un Arashi Mikami  che verrà gettato nella pattumiera entro la fine del decennio in base alle mode cinematografiche che ruotano peggio di [Grendizer] scatenato nella forma più potente della sua [Melt Shower]. Quo abiit? Ubi haec audet fragmen stercore celare? Hanc damnatam echinum defricavimus, nec reperimus nisi candos fures. Percutiunt aliunde, et inde alio redeunt, sicut opus latronis falconarii peritissimi De uno tamen libenter certius sum; e fu così che venimmo condotti, o andammo con le nostre forze alla vostra città Lunaland. Più ripeto quel nome più mi sento Al Gore in Futurama (Michele Gammino) Dopotutto un luna park come nascondiglio per uno spietato genio del crimine funziona per tutto la DC Comics, funziona dappertutto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E mi stupisco voi non vi ci siate mai imbattuti. Fortunati! Dovremmo chiamare Jenny Wakeman. Temo il suo manager sia stato ucciso. Glielo dovremmo chiedere E allora perché non glielo chiediamo?

 

Jenny Wakeman pesava 600 libbre d’acciaio difficile da scaldare. Brad Carbuckle doveva accettarlo. Non poteva farle fondere i circuiti, ma non voleva che prendesse freddo. Come un essere vivente. Esseri viventi per procura come le piccole gemme-Acquamarina, Padparadscha, Rubino, Trinitite, Magnetite-radunate attorno alle Crystal Gems, vestite da burlesque, che stavano raccontando loro una storia Sfidammo Bill. Diamante Bianco è ancora in vita, quello era un robot. Purtroppo, non c’è un lieto fine, il Male non può essere allontanato così sbrigativamente. L’idea che ogni cosa fosse stata un illusione, con solo quel tanto di verità che noi potessimo affrontare…ma mai del tutto.   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Perla Blu ha ricevuto un carillon. Una Diamante Blu in foggia Sky Girl della Atlantic pregava con le manine giunte della Madonna Addolorata della chiesa di San Carlo a Milano su una piattaforma rotante non più grande di un argento da 50 cents mentre una lingua di Menelicche perforata con una punzonatrice da orienteering veniva leccata da congegni misteriosi per far emanare da quel piccolo baule un pò bianco un pò azzurro le note di Che senso ha star giù? (What’s the use of feeling blue?). Il suo naso a Dafflers (Alessandra Cassioli) si specchiò appena sopra alla Miss X di The greatest man in Siam di James Culhane in triste preghiera da Yasminda (Giuliana Maroni) di La principessa e lo stregone di Pete Burness in uno specchietto in cui mostrare i suoi bellissimi occhi d’acqua e oceanite affaticati dalle lacrime che quasi scomparivano nello stesso azzurro e blu dei rigagnoli sull’algida guancia. Diamante Blu, quella vera, doveva star piangendo. E tremando. Quella Gialla, reduce dall’aver ricevuto come regalo un omnibus del manga Utena la fillete revolutionaire cercò di trasmetterle il suo calore da [Burning Death Storm] del [Gaiking The Great] non nascondendosi che il proprio di Diamante non era immobile neppure lui A cosa pensi? Cosa ti fa continuare a piangere? Non saprei. Malinconia natalizia. E’ strano, perché noi Gemme il Natale l’abbiamo imparato completamente da Steven. Che anche lui ci ha arrecato molta pena Hekapoo le distrasse con sguardo sornione da Konata Izumi (Aya Hirano). Lo show sta per cominciare.

 

4 giovani ballerini dello Sweet Cheecks Cabaret di Anchorage della 3a Avenue si erano spinti-alla stregua di novelle Jet Dream and her stunt girl counterspies a caccia dei pirati del XX° secolo di Kong nella decima uscita della versione a fumetti di L’uomo della U.N.C.L.E-per i mari paleartici invitati per uno spettacolo. Gli arredi da Alberto Boccianti sebbene asservite a scenografie da Hiroshi Mukoyama erano già pronti. D’altronde costruire un finto diamante gigante di pannelli di plexiglas era più immediato e economico di costruire un robot gigante. Il ballerino-l’unico ballerino, l’unico maschio-era un biondo con capelli corti e ben pettinati da Nick Adams con un costume da piscina in spandex più rivelatore di quello di un etiole masculine del Bolsoj, ma il burlesque dopotutto era una forma di danza, quindi okay. Ballava con continue flessioni da Gianni Santodonato nel diamante, progettato che lo aprisse come un Sansone suicida nel corso dello show. La prima ragazza-una bionda-ondeggiò i suoi enormi seni in Lingerie appizzuta bianca cantando Diamonds are a girl’s best friends, rimanendo a capezzoli nudi all’altezza della lirica Or help you at the automat entrando in litigio con la seconda-una castana-in lingerie rossa per il ragazzo vetrificato. La terza-pel di carota-con una striminzita camicetta dalla fantasia scozzese provò a approfittare della rissa per entrare nel diamante, ma le altre Le furono addosso. Il diamante capitolò in tutti i suoi triangoli invisibili e il biondino cadde lungo una rampa di scale. Ma a lui piaceva, piaceva con una sfacciataggine invidiabile. E dovette piacergli ancora di più quando il sipario cadde su di lui. A orgia finita sul palco le cose vennero fatte cambiare. Le ragazze-LE ALTRE-sfoggiavano tette ancora più grosse e ancora meno coperte. Se la cavano solo con nappe come lamprede dal corpo sfrangiato come quello dello Sharktopus di Jason Shulman. Qui nessuna litiga, nessuna s’avventa su nessun altro come iene su una giraffa. Voci calme, sgrassate di possessività, lussuria, asservimento alle parti peggiori del progesterone, o allo charme di uno Stimpy in perizoma (Eric Bauza)

 

Intonando Fireflies degli Owl City da Ocean eyes con voce estremamente calma e rassicurante. Kimberly e Shego erano locomotive di montagne russe che si snodavano poetiche lungo pali come Dragon tra le guglie del Duomo di Milano con Poseidon pronto a fermarne le manovre distruttive nella piazza cintata dal Palazzo della Ragione e come l’[Ankoku Kaijuu] Kaikorn tra quelle della Sagrada Familia di Barcellona mentre [Gaiking] spia la chiesa assediata dal Parc de la Myrurgia, Jenny ancora con il suo look egiziano non poteva non imitare Cleopatra, o le danzatrici della Menace di Queen’s blade, Desiree fusa a Pauline Sanchez si unì a lei nella danza esotica, diventante rock grazie alla combo Ember McLain+Samantha Manson, mentre Penelope Spectra era in voga di proseguire quanto era stato fatto vedere poco prima, venendo interrotta da Kimiko, Wuya e Juniper che combattevano, Gwen e l’Incantatrice ballavano anche loro senza stile specifico, accompagnate dalle babysitters dei Saturdays, le cosplayers di Adventure Time invece suonavano un energica cover pop di I’m just your problem, con Fionna come batterista. O meglio Tettista, visto che a un certo punto-da fuoriprogramma dei Marvin Berry & Starlighters-si produsse nell’assolo di drum machine di In the air tonight di Phil Collins solo con i seni extralarge. Da essere Michael Penniman e menarselo dopo il tour di Life in cartoon motion ogni volta che suonava Big girl you’e beautiful per settimane. La Big Girl c’è l’avevano anche loro, Canyon. Inoltre c’era anche una Medium Girl, la dottoressa Holiday. La mancanza dei Sev’ral TimZ non sembrava dolere a Mabel, contenta invece che vi supplisse Wendy, con Pacifica. Quei biondini geneticamente programmati d’altronde oggi avrebbero 46 anni per gamba, sorvolando sulle pochezze immunitarie dei cloni, ben mostrate da La strada di Ryu di Shotaro Ishinomori, Daltanious il robot del futuro di Tadao Nagahama e L’atlante delle nuvole di David Mitchell.

Anche Tricia-salita sul palco come la Antonia Bernasconi pronta a cedere la vita sulle musiche di Gluck-ballava senza stili per Morty, piccolo Giorgio Ronconi che ancora non poteva immaginare cosa quella Sofia Loewe li stava per presentare sotto la foggia di un esangue, decollato Gaetano Baldanza, con le Crystal Gems altro burlesque, in un parigino da Patti Palmer. In una coreografia da Pascal Guegan sulle musiche di Krishna Levy e scenografie di Arnaud de Moleron Stella, Jacqueline, Janna e Hekapoo si litigavano Marco e Tom come galline sotto imidazotiazoline, com’era già successo ma con una variante: alla Pluto e Figaro in Il sonnellino di Pluto di Charles Nichols i due “trofei” s’inalberarono e separarono le ragazze…con una limonata molto sexy. Concludono Anne e Marceline Marcy le regine delle rane e Lucia con Amity regine delle streghe. Jenny-Brad l’ha dovuto ricordare-si era già esibita, e rieccola con lui più coibentata, a fare da chioccia a piccole gemme eterne bambine. Poi le Perle vengono con i doni a loro elargiti. Ci sono regali per tutti. Ma il regalo più grande è la storia a cui hanno preso parte. E voi, prendete parte a un altra, che sia vostra.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > Rick & Morty / Vai alla pagina dell'autore: GirlDestroyer1988