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Autore: Melisanna    10/01/2023    2 recensioni
Hyuga era sempre stato una bestia feroce che si muoveva soltanto sul campo da calcio. Una creatura senza sentimenti se non una fame atavica di vittoria.
Fino a quel momento.
Genere: Erotico, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Kojiro Hyuga/Mark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia è composta da due capitoli, uno scritto per una challenge sul gruppo Facebook  Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom l'altro invece è stato scritto per l'Advent Calendar organizzato dalla pagina Facebook Hurt/Comfort Italia - Fanart and Fanfiction - GRUPPO NUOVO
 
 Fino a quel momento


 
Hyuga si stagliava sempre in mezzo agli altri giocatori, fin da quando erano bambini. Era sempre stato alto, bruno e muscoloso, cupo e ferale nonostante l’età. Si muoveva nello spazio come se gli appartenesse, ferocemente sicuro di sé e teso all’obiettivo, non c’era niente che potesse rallentarlo, né tantomeno fermarlo.

Hyuga stava nel campo come una tigre nella giungla, nella sua letale, impassibile bellezza e Yuzo sapeva quanto quella metafora fosse abusata quando si parlava di lui, ma non poteva fare a meno di pensare a una belva, quando lo guardava.

Lo fissava dal suo posto fra i pali con la fascinazione terrorizzata che provava da bambino. Certe cose non cambiano mai. Hyuga avanzava nel campo con la letale, impassibile bellezza di una tigre nella giungla e Yuzo lo fissava, sperando, oltre il possibile, che qualcuno gli impedisse di raggiungere la porta.

Aveva incontrato giocatori più forti di lui, giocatori più crudeli e scorretti, giocatori i cui tiri erano più potenti. Nessuno però aveva mai popolato i suoi incubi come Hyuga. Forse perché la paura gli si era impressa nell’inconscio da bambino e niente era stato capace di spodestarla.

O forse si trattava degli occhi di Hyuga.

Gli occhi di Hyuga erano ardenti e indecifrabili, come quelli delle belve, non vi si leggeva niente che non fosse il desiderio di vittoria, da ottenere a qualsiasi costo, scavalcando chiunque e qualunque cosa, senza remore, né pietà. Sembrava che Hyuga vivesse per ogni pallone in rete. Non era un piacere come per Tsubasa, non era un gioco, era una necessità. Gli allenamenti a cui si sottoponeva erano considerati al limite della tortura e lui pareva provare un masochistico piacere nell’immergercisi. E tanto più lo allontanavano dagli altri, tanto più vi si dedicava.

Forse era quello che gli faceva paura. E al tempo stesso lo affascinava. Quella monolitica concentrazione. Il fatto che Hyuga sembrasse esistere soltanto sul campo da calcio. Yuzo non sapeva niente di cosa facesse una volta sfilata la divisa. E non riusciva neanche a immaginarlo.

Quando erano insieme in trasferta, Hyuga non parlava con nessuno, tranne che con Wakashimazu e Sawada e anche con loro sembrava più che altro ascoltare, in assorto silenzio. Yuzo li osservava con l’ammirazione mista a trepidazione con cui si osservano dei domatori alla prese con una tigre, chiedendosi come potessero essere così rilassati in sua presenza.

Yuzo si sentiva trascinato tra i pali alla sua sola vista, in attesa della pallonata che lo avrebbe trasformato di nuovo in un bambino terrorizzato e piangente.

Hyuga era sempre stato una bestia feroce che si muoveva soltanto sul campo da calcio. Una creatura senza sentimenti se non una fame atavica di vittoria.

Fino a quel momento.

Il ragazzo aveva lucidi capelli castani e un fisico snello. Hyuga gli aveva bloccato una mano sopra alla testa e gli stringeva la vita mentre l’altro gli affondava le mani nei capelli. Hyuga baciava con la stessa feroce intensità con cui giocava, dedicandosi all’atto con tutto sé stesso.
Il ragazzo inarcò la schiena e si spinse contro di lui.

Yuzo deglutì. Non avrebbe dovuto fissarli, ma non poteva farne a meno. Provava la stessa atterrita fascinazione di quando fissava Hyuga in campo, fermo tra i pali.

Fermo sulla pista li guardava sparire e riapparire a seconda delle luci stroboscopiche, le mani di Hyuga che scendevano a stringere possessivamente le natiche del ragazzo, i corpi che si toccavano appena, i visi che si confondevano l’uno nell’altro.

Poi Hyuga si voltò ed incrociò il suo sguardo. Yuzo non tentò nemmeno di voltarsi, incatenato ai suoi occhi.

Così, per la prima volta, vide oltre la superficie impassibile degli occhi della tigre.

Vide sorpresa e confusione e rabbia. E vide paura.

E all’improvviso il terrore che lo aveva attanagliato per anni gli scivolò di dosso, perché insomma, anche Hyuga non era che un essere umano, come tutti gli altri e chissà quanto di lui Yuzo non sapeva e quanto avrebbe potuto scoprire. Hyuga non era solo una bestia feroce che non aveva che uno scopo nella vita.

Soltanto che era l’unico aspetto di lui che Yuzo conoscesse.

Fino a quel momento.

Yuzo si appoggiò l’indice sulle labbra, in una promessa di silenzio.

Hyuga si rilassò in un modo che evidenziò solo quanto fosse stato in tensione fino a quel momento. E sorrise.
Di un sorriso storto della cui esistenza Yuzo era stato ignaro. Chissà quante altre espressioni possedeva Hyuga.

A Yuzo sarebbe piaciuto saperlo.

 
  
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