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Autore: muffin12    12/01/2023    3 recensioni
[Blue Lock]
Scoprire che Sae aveva un fratello era stato sconvolgente.
Scoprire che detto fratello faceva il liceo era stato scioccante.
Scoprire che detto fratello liceale era ancora minorenne ... beh, Isagi non aveva ancora capito dove posizionare esattamente l'asticella delle emozioni, se più sul traumatizzante o sul castrante, ma non si sarebbe dato per vinto!
Ship principale: Rin/Isagi
Ship secondarie: Kunigami/Chigiri, Nagi/Reo, Shidou/Sae, Barou/OC
CollegeAU
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti!

Questa storia è nata quando ho scoperto che Rin è più piccolo di Isagi. È stata una conseguenza naturale, non potevo non farla, era più forte di me.

Grazie mille per essere passati!

Buona lettura!!!

 


 

Highschool Problem


 

L’università sviluppa tutte le doti. Compresa la stupidità.”
ANTON PAVLOVIC CECHOV


 

L’università era quello che Isagi aveva ricercato da tutta la vita, non sapendo di volerlo.

Libertà, passione, scelte. Tutte cose che aveva sentito strette durante tutti gli anni scolastici, accettando di abbassare la testa ad ogni decisione non condivisa ma, per sua sfortuna, presa da chi più in alto in gerarchia, che fosse stato un senpai durante i primi due anni o professori e allenatori nel suo ultimo scoglio.

Gli era piaciuta la scuola, il liceo in particolar modo. Si era fatto amici, forse non del tutto sinceri e con interessi e priorità differenti, ma comunque bravi ragazzi che sentiva ancora, con cui continuava a scambiarsi messaggi e con cui, a volte, tentava di organizzare uscite in locali e karaoke.

Ma all’università era riuscito finalmente a respirare.

Gli allenamenti di calcio scandivano le sue giornate come un timer rigoroso, gli studi scelti lo appassionavano e gli amici, i suoi compagni, erano tutti diversi tra loro e così perfetti che non riusciva a pensare di poter tornare indietro, quando di loro non sapeva nemmeno l’esistenza.

L’interesse per i ragazzi erano qualcosa di nuovo. Non perché chiuso nel suo armadio, ma perché per la prima volta si sentiva libero di poter fare qualcosa a riguardo con la leggerezza incolpevole a cui aveva sempre aspirato.

Gli occhi vagavano per le strade e i corridoi con più di un’intenzione, valutavano persone come mai avevano potuto fare prima, lo portavano ad incrociare sguardi che si evolvevano in chiacchiere spensierate e lingua attiva tra le gambe dietro gli scaffali della biblioteca, tentando di non far rumore e non attirare sguardi curiosi e severi.

Era un bel periodo quello universitario, pensò con un sorriso, camminando sul viale dell’ateneo con la borsa a tracolla sentendo ciarlare Bachira e Chigiri di qualcosa che non lo interessava troppo. La cultura abbracciava così tanti argomenti che diventava quasi impossibile star dietro a tutti.

Forse fu perché vedeva il mondo con le lenti rosa acceso del sesso, forse perché il succhiotto sulla sua clavicola era ancora particolarmente caldo, forse perché si stava leggermente stufando di cose veloci e avrebbe voluto assaporare tanto di più o, forse, perché Bachira gli diede una pacca tra le scapole urlandogli qualcosa e mandandolo quasi a cadere in avanti che si accorse di lui.

Alto. Più alto di Isagi stesso, così alto che avrebbe voluto sapere come fosse l’aria che respirava quel naso, se fosse diversa dalla sua e se potesse fargliene provare un po’, magari guancia a guancia, magari bocca a bocca.

Ciglia lunghe, chilometriche, assassine, a contornare occhi severi color acquamarina e che riuscivano ad addolcire l’espressione di sprezzante giudizio in un modo che non riusciva a comprendere pienamente.

I capelli erano scuri, lucidi, frangia a pararsi sullo sguardo grave e muta richiesta di passarci le dita.

E il corpo, Dio il corpo.

La facoltà di Letteratura avrebbe scritto sonetti su quella figura slanciata, quella di Belle Arti avrebbe inventato una formula per chiarire la proporzionalità impeccabile, la sezione aurea brutalmente accantonata davanti a tale magnificenza. Ingegneria ne avrebbe decantato la struttura solida, Architettura l’armonia e la composizione tra le parti, Biologia avrebbe definito l’essenza perfetta di tutto l’insieme.

E Isagi avrebbe voluto morire tra quelle cosce. Vestite di pantaloni grigi in una divisa precisa nelle sue parti, ma che riusciva a vedere possenti, muscolose, appetitose.

“Chi è quello?” Alitò quasi, bloccandosi dall’andare con la faccia per terra per un intervento esterno e apprezzato e guardandolo camminare con la schiena dritta senza degnare nessuno di uno sguardo.

“Chi?” Domandò Kunigami, colui lo aveva afferrato per la maglia appena in tempo prima che si scartavetrasse la faccia sulle piastrelle grezze del vialone – grazie, Kunigami.

“Lui.” Isagi batté le palpebre e si schiarì la voce, tentando e non riuscendo di raddrizzarsi. “Voglio dire, non l’ho mai visto.” Lo avrebbe stupito il contrario: avevano iniziato l’università da quattro mesi scarsi, non potevano conoscere tutti, ma questo non fermò Bachira dal dire “Beh, è uscito dalle classi del secondo anno. Chiedi lì!”

Il secondo anno, ragionò Isagi ritornando lentamente in piedi, guardando quelle classi a loro ancora inaccessibili che si dipingevano di nuove e sexy opportunità.

Sì, era una buona idea. Avrebbe sicuramente cominciato da lì.

 

*

 

Iniziare a cercare il bel ragazzo dalle ciglia lunghe dall’ultimo (e primo, in verità) luogo dove Isagi l’aveva visto sarebbe stato molto intelligente.

Avrebbe risalito le tracce, avrebbe recuperato indizi, avrebbe interrogato i sospetti in cerca di alibi e segni particolari e, mettendo al posto giusto tutti i pezzi del puzzle, entro la fine della giornata avrebbe avuto un nome, un cognome e, se era particolarmente fortunato, un numero di telefono.

Dopo sarebbe andata da sé, ovviamente. Si sarebbe inventato qualcosa e avrebbe attaccato bottone con i più svariati argomenti – da lì la ricerca di prove e indicatori.

Il problema, però, era che sarebbe dovuto entrare nelle classi di seconda.

Il liceo era passato, vero, ma ancora ricordava il puro terrore nell’attraversare i corridoi riservati ai senpai, quelli che, per un singolo sguardo sfuggente, sarebbero stati capaci di farti pentire di essere nato fino a che non si fossero diplomati, se mai fosse successo. Non era mai accaduto nella sua scuola in verità, ma la gerarchia sociale era una cosa seria e Isagi conosceva perfettamente chi bazzicava le aule del secondo anno: i più pericolosi erano tutti nella squadra di calcio dell’università e c’era stato un ottimo motivo se i senpai del terzo anno avevano scelto un ritiro anticipato.

Così si trovava davanti l’entrata dell’edificio incriminato, a guardare il timpano spezzato che sovrastava la porta monumentale con un brivido di terrore che gli percorreva l’intera spina dorsale.

Era fermo sui tre gradoni che lo separavano dalla soglia, bloccato con il viso alzato e il collo piegato all’indietro. Non riusciva nemmeno a vedere la gente che gli passava accanto, che forse lo scrutava incuriosita o confusa, che si chiedeva cosa diavolo stesse facendo lì impalato come un pesce rinsecchito a costringerli ad evitarlo perché in mezzo alla strada principale.

“Yo, Isagi!” La voce di Bachira lo scosse. Bachira, con il suo sorriso luminoso e il suo modo particolare di vedere il mondo, riusciva sempre a dargli una svegliata in qualche maniera. “Che guardi di bello?” Imitò la sua stessa posizione, ma dall’espressione sulla sua faccia non sembrava provasse la cieca paura che, invece, a lui attanagliava lo stomaco.

Isagi aprì la bocca, poi la richiuse. Non voleva dire a Bachira che non riusciva ad entrare nelle classi del secondo anno perché era terrorizzato di vedere i suoi senpai al di fuori dell’orario di allenamento, ma non ce ne fu bisogno: Bachira parlò per lui. “Ah, vogliamo andare a chiedere di quel tizio? Magari qualcuno sa qualcosa! Oh, potresti anche incontrarlo!”

Isagi dubitava di avere fortuna sfacciata per la seconda volta in tante giornate, ma forse fu la prospettiva che potesse effettivamente incrociarlo in corridoio a farlo annuire sicuro e muovere il primo passo verso l’ignoto.

Bachira lo seguiva allegro, saltellando sui gradoni e aspettandolo davanti la porta d’entrata con un sorriso luminoso. Bachira era sempre sicuro di sé in un modo che Isagi aveva sempre trovato ispirante: c’era solo da imparare dal suo atteggiamento e Isagi ne faceva tesoro ogni volta che poteva.

In quel momento, però, avrebbe voluto correre a gambe levate.

Non avevano nemmeno fatto tre passi all’interno del corridoio – piastrelle originali dei tempi che furono, sbiadite da mille passi e rovinate da calzature evolute nel tempo. C’era un che di sacro a pensare che Isagi stesse calpestando le stesse mattonelle di quei personaggi importanti che erano usciti da quel luogo, più sapienti e pronti per il mondo e provava i brividi a pensare che, il prossimo anno, lo avrebbe fatto regolarmente anche lui.

Ma non poté goderne appieno. Non quando qualcuno chiamò “Yo, Bachira!” e se Isagi si immobilizzò sul posto, come un cervo colpito dai fari. Bachira scattò in alto con lo sguardo incuriosito, sorridendo felice ed esclamando “Otoya-san!” alzando la mano per salutare con energia.

Otoya era relativamente tranquillo, pensò Isagi espirando il fiato che non pensava di aver trattenuto. Era annoiato quasi sempre se non con un pallone tra i piedi e non era minimamente terrificante come tanti altri.

Otoya li raggiunse indolente, lo zaino su una singola spalla e un cappello morbido che non sarebbe dovuto esistere in un luogo chiuso. Fece un occhiolino a una ragazza che gli passò accanto ridacchiando e, porgendo il cellulare verso Bachira, domandò “Sei libero oggi a pranzo? Devi aiutarmi a parlare con lei. Ah, ciao Isagi.”

Sullo schermo c’era effettivamente la pagina Instagram di una ragazza a cui Isagi non avrebbe mai potuto pensare di avvicinarsi, non se non voleva fare la figura dell’idiota davanti quegli occhi da cerbiatta e quel seno a malapena contenuto dal bikini che mostrava con orgoglio in svariate foto. Bachira non si scompose. “Sicuro! È carina Otoya-san, sicuro che non sia pazza come l’ultima?”

“In che senso?” Chiese Isagi sconvolto.

Otoya fece una smorfia. “Dio, spero di no. Era una stalker.” Spiegò flemmatico, alzando le spalle come se fossero i classici rischi del mestiere. “Stavolta niente storia strappalacrime, manteniamoci sobri.”

“Ricevuto!” Bachira portò la mano tesa alla fronte e ridacchiò, salutando e ricominciando a camminare. Isagi si scapicollò per raggiungerlo e si ritrovò in dovere di chiedere “Da quando siete così amici?”

Di solito i senpai non facevano facilmente amicizia con i kouhai, ma a quanto pareva Bachira aveva un contesto sociale proprio e una capacità tutta sua di farsi accettare nonostante la differenza di età. O forse, a quel punto, era Isagi che veniva mangiato da pensieri inutili.

“In che senso?” Domandò Bachira affacciandosi alla porta spalancata di un’aula. “Non lo so, è capitato. Barou-san! Ciao!”

Ecco, Barou era uno di quei senpai di cui si doveva avere effettivamente paura. Era un coglione, ma era anche assurdamente enorme, aveva bicipiti bestiali e superava Isagi di parecchi centimetri, era meglio non farlo arrabbiare inutilmente.

Il suo ringhiò di avvertimento poté essere sentito fino a loro, lì nel corridoio. Isagi si sbrigò ad inchinarsi in un saluto. “Barou-san.” Mormorò semplicemente.

“Che cazzo ci fate qua? Non avete lezioni vostre?” Sibilò quello con tono grave, la faccia scura che sembrava mostrare di essere ad un secondo di distanza dal prenderli a calci e rimandarli da dove erano venuti.

Fu tutto rovinato quando Bachira cinguettò “Airi-san! Non ti avevo vista lì dietro, come stai?” Al che Barou assunse una curiosa sfumatura violacea per tutta la testa e Isagi sentì il respiro ritornare nei suoi polmoni. Alzò lo sguardo e, dietro l’enorme figura di Barou, si affacciò una ragazza adorabile che sorrise loro sinceramente felice di vederli. Isagi quasi pianse. “Airi-san, sono contento di vederti!” Soprattutto lì, davanti a loro, stupenda nei suoi capelli lunghi fino alle spalle e le guance rosa pronta a fermare Barou dal prenderli per i capelli e fargli lo scalpo.

Airi-san era una senpai dolcissima, bellissima, amorevole ed era, a dispetto di tutto, la ragazza di Barou.

Ancora nessuno era riuscito a capire come avesse fatto ad ottenere l’interesse di qualcuna di quella portata, specialmente se si parlava di Barou che notoriamente aveva l’aspetto e l’atteggiamento dei gangster di pessima reputazione. Otoya ancora cercava di convincerla a scappare con lui e abbandonare Barou al suo destino di fight club clandestini e spaccio di caramelle gommose agli angoli delle strade, ma lei si limitava a ridacchiare e assicurargli che, un giorno, anche Otoya avrebbe trovato qualcuna perfetta per lui.

Il fatto che Otoya ogni volta scappasse via disgustato da quell’idea la diceva lunga sulla sua effettiva ricerca in materia. Forse era per quello che l’avevano incontrato nel corridoio poco prima, a pensarci bene.

“Bachira-kun, Isagi-kun, possiamo esservi utili in qualcosa?” Domandò gentilmente, la voce morbida e aggraziata che li accarezzò come un guanto. Barou, dietro di lei, scosse la testa minaccioso ordinando loro di desistere con uno sguardo cattivissimo, ma appena Airi-san lo guardò con i suoi occhi enormi lui si rifece rosso e annuì, la parola e l’atteggiamento scontroso completamente evaporati.

“Stiamo cercando qualcuno, in realtà.” Tentò Isagi con un mezzo sorriso di scuse. “Ma non preoccuparti, non è un problema.”

“Cerchiamo un tizio alto e scontroso!” Cinguettò Bachira e Isagi socchiuse gli occhi, l’aura maligna di Barou che sembrava volerli fagocitare. “L’abbiamo visto ieri uscire di qui e Isagi vuole parlargli!”

“Oh, mi spiace ma ieri non avevo lezione.” Airi-san sembrava seriamente dispiaciuta e Isagi poteva crederle ciecamente: era una persona bellissima e lo avrebbe aiutato sicuramente. Il suo ragazzo, però, no. “Shouei, tu?”

“Ne conosco a centinaia così.” Sbuffò rabbioso prendendo la mano di Airi-san come a voler marcare un territorio molto palese. “Andate a rompere ai pazzoidi delle altre classi, ho da fare.” E fu un congedo così netto che Isagi si ritrovò ad afferrare Bachira e tirarselo dietro fuori da quell’aula.

“Sii più gentile tesoro, sono tuoi compagni di squadra.” Sentirono il rimprovero di Airi-san sempre meno chiaro, il bisogno di allontanarsi dalle vendette omicide di Barou pressante come non mai. Per lui, almeno, Bachira chiedeva solo di poter camminare da solo.

“Possiamo chiedere a Shidou-san!” Se ne uscì una volta liberato e Isagi approvò. Se fossero riusciti a trovare Shidou, molto probabilmente Sae-san sarebbe stato con lui, o più precisamente il contrario. Troppe volte Barou aveva costretto l’intera squadra ad andare a farsi la doccia a casa piuttosto che farli assistere ad accoppiate pubbliche tra i due senpai sopraccitati.

Isagi una volta li aveva beccati mezzi nudi contro l’armadietto di Barou. Non poteva essere loro più grato della libertà finalmente trovata.

Li trovarono ovviamente insieme e fortunatamente completamente vestiti. Anzi, erano addirittura in file di sedie differenti, facendo finta di non conoscersi. “Shidou-san! Sae-san! Ciao!” Cinguettò Bachira ottenendo un sopracciglio alzato da parte di Sae, l’unico gesto esplicito che si permise di compiere per dar segno di averli notati, e un “Caschetto!” da Shidou, condito da un sogghigno così ampio da sembrare che potesse tagliargli la faccia in due. “Vieni qui, ho bisogno di aiuto con questa roba.”

Nessuno dei due lo aveva degnato di un’occhiata, ma Isagi non si diede per vinto. Seguì un Bachira saltellante fino a Shidou e li guardò curvarsi su un quaderno dalla calligrafia orribile. “Che materia è?” Chiese Bachira sinceramente confuso.

“Inglese, penso.” Non era una risposta ottimista ma non sembrava che Shidou ne fosse poi così interessato.

“Mmmh …” Bachira prese il quaderno e cominciò a ruotarlo, cercando di capire come leggerlo. Fu dopo un’attenta analisi che sospirò e lo riposò sul banco. “Shidou-san, mi spiace deluderti ma non penso sia di questo mondo.”

“Si tratta di geografia politica.” SI limitò a informare Sae senza degnarli di uno sguardo. Shidou sembrò aspettare solo quella intromissione. “Belle ciglia, che cazzo ci sto a fare con roba del genere? Nemmeno la seguo.”

“Me l’hai rubata.” Alzò un altro quaderno e lo sventolò senza espressione. “Inglese è qua e ti informo che non c’è niente di giusto.”

“Vorrà dire che ti seguirò a casa e Rin-Rin farà i compiti al posto mio.”

“Oooh Shidou-san, è così sbagliato!” Bachira lo guardò con le labbra strette di completa disapprovazione. “Non puoi invitarti in quel modo a casa della gente, è da maleducati!”

“Fosse quello il problema.” Sibilò Sae mentre Shidou scoppiava a ridere malignamente. “Rin ha di meglio da fare che pensare a te.”

“Cosa deve fare, accompagnarti?” Shidou ridacchiò e Sae continuò a guardarlo senza muovere un muscolo. “Ha paura che il suo fratellone venga molestato se non c’è lui accanto a fare finta di odiarlo?”

“Sae-san, hai un fratello?” Chissà perché ma Isagi non poteva vedere Itoshi Sae con un fratello. Aveva sempre pensato fosse figlio unico, forse per le giocate totalmente autoritarie, forse per l’atteggiamento schivo e pretenzioso di chi aveva sempre avuto tutto dalla vita, forse semplicemente perché non capiva come uno come Sae potesse aver condiviso dei giochi da piccolo, ma l’informazione lo lasciò leggermente destabilizzato. “Non lo sapevo.”

“Non vado in giro a mettere manifesti.” Ecco, era per quella personalità che non ci poteva credere. Ma avvertiva un brivido dentro di sé, come se fosse un’informazione importante.

“Rin-Rin è venuto anche ieri, prima di andare a scuola.” Shidou non era molto contento di questa cosa, ma fu Bachira ad alzare la testa di scatto, un’idea che gli spuntava nella testa. “E com’è questo Rin-Rin?” Domandò giocherellando con i fogli del quaderno. “Gioca a calcio come te Sae-san? È bravo?”

“Molto.” Sae non sembrava voler smettere di parlare di suo fratello, anche se Shidou fece una smorfia contrariata. “Non ai miei livelli, però. Più dei vostri sicuramente.”

“È uno stronzetto con la faccia arrogante e l’atteggiamento di chi crede di averlo d’oro.” Sputò Shidou dondolando su una sedia.

“Smettila.”

La descrizione, però, sembrava coincidere. Isagi si scambiò uno sguardo con Bachira e il cuore cominciò a pompare forte, il sangue cantava inni al coraggio. Si schiarì la voce, tentando di pensare a domande che non destassero troppa attenzione. “E somiglia a te Sae-san?”

“Non dire cazzate, ciglia strane è tutto l’opposto.” Shidou rispose per primo e sembrava averla presa sul personale. Prese il cellulare e cominciò a cercare qualcosa, i gesti irati senza alcun motivo logico. Sae imbronciò leggermente le labbra infastidito. “Eccolo, guarda che faccia del cazzo.” E piazzò sotto il loro naso una foto presa da un social.

Alto, bello come un Dio, ciglia lunghe e occhi acquamarina.

Isagi guardò Sae, maledicendosi per non aver notato subito quella somiglianza spiccata.

Era lui, cazzo, era lui! Era il fratello di Itoshi Sae e Isagi non si era mai sentito fortunato come quel momento. “Wow!” Alitò Bachira, guardando Isagi fremente.

Isagi si schiarì la voce, stringendo le mani in pugno per non far vedere il piccolo tremore che le aveva colpite, un sorriso che minacciava di fiorirgli sul viso. “E in che facoltà è? Non credo di averlo visto qua intorno.” Ringraziò per la voce ferma: non pensava potesse riuscirci.

Sae lo guardò direttamente, incuriosito forse per la prima volta. “Facoltà?” Domandò sofficemente, come se non avesse capito.

“Facoltà?” Shidou scoppiò a ridere, tonante e rumoroso. “Ma quale facoltà, lo stronzetto frequenta il liceo!”

Isagi sentì il principio di sorriso morire, gli occhi di Bachira che gli bucavano la fronte come due laser mortali.

Liceo, ripeté mentalmente, la risata sguaiata di Shidou che risuonava lontana. Liceo.

Itoshi Rin era un liceale.

 

*

 

Quindi, Itoshi Rin, il gran bel ragazzo dallo sguardo sprezzante e il sedere da mordere, era un liceale.

Beh, pensò Isagi stringendo le mani a pugno, seduto sul letto di Chigiri aspettando che il proprietario tornasse con qualcosa da sgranocchiare, poteva andargli peggio.

“Non mi sembra.” Intervenne Reo seduto sulla sedia girevole, evidentemente in grado di leggergli nella mente. O forse lo stava dicendo ad alta voce, era talmente scioccato che sarebbe potuto succedere tranquillamente.

“L’hai detto ad alta voce.” Confermò mugugnando Nagi, direttamente sdraiato nel letto di Chigiri senza alcun pensiero. Lo sentiva bollente accanto a lui ed in quel momento gli serviva un qualche tipo di appoggio, anche fisico.

“Beh, almeno è l’ultimo anno!” Intervenne Bachira, sempre pronto a vedere il bicchiere mezzo pieno. Proprio lui, che non aveva smesso di sghignazzare a sue spese da che lo avevano saputo lì davanti a Shidou e Sae.

Shidou aveva continuato ad insultare Rin senza fermarsi, ma Sae li aveva guardati immobile da dove era seduto evidentemente non fidandosi di nulla che usciva dalla loro bocca. A ragione, dovendo essere onesti.

“Ma è minorenne.” Continuò a girare il dito nella piaga Reo, il compiacimento che si sentiva chiaro nella sua voce. Isagi sapeva che, a causa di un qualche fraintendimento avuto con Nagi tempo prima, Reo lo aveva preso in leggera antipatia, ma non si aspettava godesse così tanto di quella situazione.

Il ghigno derisorio che era stampato sulla sua faccia da quando aveva saputo della notizia, però, avrebbe dovuto fargli sorgere qualche lecito dubbio.

A pensarci bene, Bachira era il suo migliore amico e non riusciva a guardarlo senza ridere, quindi forse Isagi era leggermente prevenuto a prescindere.

Chigiri entrò in quel momento nella propria stanza, portando a tutti pacchetti di patatine e lattine di soda come se avesse derubato un distributore. “Quindi questo Rin è il fratello di Sae.” Cercò di capire, aprendo una bibita con aria concentrata.

“Ed è minorenne.” A dirlo stavolta fu Nagi. Isagi lo guardò con espressione tradita.

“Ultimo anno di liceo, è questione di tempo prima che compia gli anni.” Chigiri si sedette su un’altra sedia, subito dietro a Bachira che dondolava sul tappeto, e Isagi fu grato di aver trovato qualcuno che lo aiutasse veramente. “Non mi sembra un problema grosso.”

“Dipende da quando Isagi vuole farselo.”

“Non voglio farmelo!” Se Reo sbuffò con l’aria di chi non gli credeva per principio, Chigiri lo guardò con un sopracciglio alzato. Isagi si vide costretto a rettificare, sentendo le guance calde di imbarazzo. “Non subito almeno.” Mormorò torcendosi le dita. “Vorrei avere qualche appuntamento prima di pensare di fare qualsiasi cosa.”

Il silenzio che ne seguì non lo percepì penoso. Al contrario, Isagi fu contento di quei secondi di raccoglimento, del loro essergli vicini, essergli amici, essergli ...

“Potrebbe non piacergli Isagi.” … Nagi era uno stronzo. Lo dimenticava sempre, non capiva perché.

“Potrebbero non piacergli proprio i maschi.” Borbottò Reo aprendo un pacchetto di patatine con uno scoppio infantile. “Ha Sae e Shidou a casa, tutto il giorno. Sai le sedute in terapia che dovrà fare quel povero ragazzo?”

“Beh, questo potrebbe essere un incentivo a venire ad un appuntamento con me.” Non era troppo convinto, ma la gente aveva fatto di peggio per molto meno, avrebbe anche potuto funzionare. “Scappare da loro.”

“Non mi sembrano presupposti buoni.” Bachira rubò una patatina dal sacchetto di Reo, rischiando le dita e la vita. Reo era possessivo con le sue cose. “Dovrebbe essere interessato a te, non a fuggire.”

“Tu aiuti Otoya ad adescare povere ingenue, non dovresti parlare.”

“Otoya-san non vuole fare nulla di serio con quelle ragazze, vuole divertirsi.” Sgranocchiò rumorosamente e arraffò una soda, allungandosi come un gatto. “Per te c’è stato un colpo di fulmine!”

“Ci fa ben poco se è etero.” Borbottò Reo guardando con aria critica nel pacchetto di patatine, scegliendo quella più golosa.

“Anche Kunigami-kun era etero prima di Chigiri!”

E quello era … vero. Era dannatamente vero, come aveva fatto Chigiri a convincerlo?

Chigiri lo anticipò. “Non era etero, non funziona così.” Sospirò, sorseggiando la soda con aria contemplativa. “Non sapeva che poteva piacergli un uomo e, quando si è presentata l’occasione, l’ha capito.”

“Non ti lamentavi in continuazione che ti trattava da ragazza?” Reo era abilissimo a trovare il punto debole di chiunque.

“Beh, sì.”

“E come hai fatto a fargli capire che sei un uomo?” Domandò Isagi seduto sull’orlo del letto. “Ti prego ho bisogno di consigli.”

Chigiri lo guardò con occhi leggermente spalancati. Si staccò dalla lattina, leccò il labbro inferiore e avvertì “Non penso che tu abbia bisogno di quel tipo di consigli.” Lo vide scuotere leggermente la testa. “Non potresti passare da donna nemmeno volendo. E comunque non puoi usare il mio metodo.”

“Perché no?”

Lo vide sorridere divertito e alzare le spalle, ridacchiando solamente. “Perché gli ho ficcato il cazzo in bocca.”

Se Isagi rimase leggermente allibito da una risposta che non si aspettava, tutti gli altri scoppiarono a ridere. Nagi addirittura si alzò con i gomiti sul materasso, cercando di riprendere un fiato che scappava in continuazione.

Kunigami prese la deprecabile decisione di entrare in quel momento preciso, aprendo la porta nell’attimo esatto in cui Reo stava per scivolare dalla sedia.

Venne investito da cinque paia di occhi sgranati e si ritrasse leggermente, aggrottando le sopracciglia. “Che c’è?” Domandò dubbioso e questo bastò per farli ricominciare a ridacchiare senza dar segno di volersi fermare, tutti tranne Isagi che si portò le mani sulla faccia per disperazione.

“Immagino fosse buono!” Se ne uscì Bachira, facendo rotolare Nagi per tutto il letto.

“Gli deve essere piaciuto parecchio.” Alitò Reo tra un singulto e un altro, ormai completamente piegato sulla sedia.

Kunigami continuò a guardarli confusissimo, cercando e non trovando spiegazioni nella figura della sua dolce metà sghignazzante. Isagi capì di doversi muovere in quel momento.“Kunigami, almeno tu aiutami!”

Kunigami era l’ultima spiaggia, visto che le altre quattro non volevano smettere di sbellicarsi né di rendersi utili.

Kunigami era composto, solido, rassicurante. Isagi sarebbe dovuto correre da lui dal principio, rifletté guardandolo stoico davanti la porta chiusa, ignorando Bachira che continuava ad indicarlo e ridere come un matto. Kunigami sarebbe stato onesto e buono, gli avrebbe dato i consigli migliori e non lo avrebbe preso in giro nemmeno una volta.

“Cosa sta succedendo?” Lo sentì chiedere stranito, il suo fidanzato che non riusciva a guardarlo senza sentirsi male dalle risate, ma non era importante.

“Kunigami, ho scoperto chi è il ragazzo dell’altro giorno.”

Kunigami passò gli occhi da Chigiri – che si era accasciato sulla schiena di Reo, i polmoni quasi del tutto vuoti di ossigeno – a Isagi, l’espressione sorridente di chi era sinceramente felice per le gioie di qualcun altro. “Davvero? Sei stato veloce, bravo Isagi!”

La risata di Reo si fece più cattiva dopo quell’uscita, registrò Isagi con una parte di mente. Decise di non volerle dare attenzione. “Sì e … c’è un problema. Vedi lui è … è …”

“Minorenne!” Quella cattiveria gratuita venne fuori da Chigiri. Lo stesso Chigiri che poco prima cercava di dargli una mano e che in quel momento rideva a spese di tutte e fece uscire un vero e proprio ululato dalla gola di Nagi, prontamente soffocato da un cuscino. “Oddio, mi sto sentendo male.”

“Stavo dicendo che è il fratello di Sae ma, ok, è anche minorenne.”

“Isagi.” Il tono di avvertimento di Kunigami era lecito, insieme al suo sospiro deluso. Lui era il fratello di mezzo, aveva una sorella maggiore ed una minore, l’istinto di protezione era la sua seconda natura, ma doveva mettere bene insieme i pezzi altrimenti non avrebbe compreso che Isagi era ben lontano dal disonorare qualcuno.

“Compie gli anni tra qualche mese e non ho intenzione di fare nulla.” Isagi alzò le mani ma Kunigami aggrottò le sopracciglia, non credendogli. “Lo giuro, non lo toccherò nemmeno col pensiero.”

“Ti ho beccato con un tizio di Scienze Politiche nei bagni solo qualche settimana fa, come posso fidarmi?”

“Perché Itoshi Rin è diverso!”

Kunigami gemette, forte e dolorante. Isagi non se lo aspettava. “Devi credermi, voglio soltanto conoscerlo!”

“Ti prego, non dirmi che il tizio è lo stesso Itoshi Rin del liceo di mia sorella.” A quell’informazione, Nagi, Reo e Bachira sembrarono calmarsi, scrutandoli dopo quella rivelazione. Chigiri continuò a singhiozzare dal ridere. “Tu lo sapevi, vero?” Domandò Kunigami al suo ragazzo e quello annuì, cercando di riprendere fiato. “Mi hai fatto venire qua apposta?”

“In che senso tua sorella?” Chiese Bachira e Nagi si sistemò meglio sul letto, la conversazione che cominciava realmente ad interessarlo.

Kunigami sospirò. “Mia sorella e le sue amiche non fanno altro che strillare per un certo Itoshi Rin. Sono odiose, hanno queste voci acutissime che ti entrano nel cervello e non ti fanno capire più nulla.”

“Quindi lo conoscono?” Isagi quasi non poteva crederci.

“A quanto pare è l’asso della loro squadra di calcio.” Kunigami sembrò riflettere su qualcosa. “Aspetta, è il fratello di Sae?”

Isagi si alzò di scatto, prendendo Kunigami per le sue braccia ridicolmente muscolose. “Dimmi qual è il liceo di tua sorella.”

“Isagi, calmati! Non puoi presentarti lì e rubare il bambino.” La voce di Reo gli entrò prepotentemente in testa. Non si arrabbiò nemmeno per aver chiamato Rin ‘bambino’, troppo concentrato a farsi dare fiducia da Kunigami. “Sei un universitario che tenta di molestare minorenni, chiameranno la polizia non appena ti vedranno.”

“Non possono se c’è una partita in corso, però.” Isagi si girò verso Nagi, che si era ributtato sul materasso e sembrava ad un secondo dall’addormentarsi, l’interesse evaporato.

“Vero, se fa calcio ed è l’asso giocherà sicuramente come titolare!” Bachira quasi saltellò sul posto. “Andiamo a vederlo giocare!”

L’ultima cosa che Isagi voleva era spaventare Rin presentandosi con un gruppo di dementi al seguito, ma sarebbe stato offensivo dirlo ad alta voce. Si girò quindi a guardare Kunigami cercando di parlare con gli occhi, certo che lui avrebbe capito.

Lo fece. Ma non ne fu molto felice. “Isagi, è un liceale.” Ripeté, come se fosse stupido. Ma non ce ne era bisogno, aveva ben chiara quella parte e non fece nulla per distoglierlo dalla decisione di conoscere Rin.

“E io ho finito il liceo da poco.” Gli ricordò, stringendo gli avambracci più che poteva. Kunigami sembrò non avvertire la differenza e Isagi pensò che doveva cominciare ad allenarsi seriamente con i pesi. “Noi abbiamo finito il liceo da poco.”

Lui e Chigiri si erano conosciuti lì, tra i banchi di università. Erano stati veloci a cominciare a frequentarsi.

Ma Nagi e Reo stavano insieme da anni. Sì, avevano la stessa età, ma avevano cominciato ad essere intimi ben prima dell’età legale.

Isagi sarebbe stato rispettoso. Avrebbe tenuto le mani lontane, avrebbe tratto piacere solo dallo stargli accanto e parlare con lui di qualsiasi cosa. Avrebbe atteso che Rin fosse pronto, che fosse lui a dirglielo, diavolo avrebbe atteso addirittura che gli saltasse addosso ma non prima che compisse gli anni.

E sempre se fosse stato interessato.

Cercò di dire tutto quello a Kunigami, occhi negli occhi e non una parola pronunciata.

Forse un po’ troppo occhi negli occhi, perché Chigiri si schiarì la gola e Kunigami fece un passo indietro, sospirando. “Sabato hanno una partita.” Mugugnò, ignorando il sorriso enorme che sorse sul viso di Isagi. “Dopo ti mando un messaggio con l’indirizzo del liceo.”

 

*

 

Itoshi Rin era bravo.

Parecchio bravo.

Dannatamente bravo, pensò Isagi inspirando forte e guardandolo distruggere la squadra avversaria praticamente da solo.

Era stata una partita a senso unico dal fischio di inizio. La squadra di Rin aveva cominciato a passarsi il pallone con molta intelligenza e qualche traccia di inesperienza, rischiando di perderlo durante dei dribbling sbagliati o troppo frettolosi, ma nel momento in cui la palla rotolò verso le scarpette di Rin non ci fu più nulla da fare.

Il gioco di Rin era totalitario.

Se Isagi avesse pensato che, con l’azione successiva, avrebbe potuto notarne bordi ancora grezzi e prendere un sospiro di sollievo, si sarebbe sbagliato di grosso.

Il suo controllo di palla era pressoché perfetto: la tratteneva a sé fino al momento in cui qualcuno di degno non gli fosse stato utile, altrimenti riusciva a superare avversari con una facilità che Isagi avrebbe invidiato e che aveva visto in pochissime persone.

La potenza e la precisione dei suoi tiri erano anormali. Isagi ci era quasi rimasto secco quando, con un calcio di punizione, la palla seguì una traiettoria che non poteva nemmeno essere presa in considerazione, tanto era complicata. Ma Rin riuscì comunque nel suo intento, permettendo di segnare un gol altrimenti impossibile.

Ma la cosa che lo aveva maggiormente impressionato, e di cui avrebbe voluto discuterne animatamente col diretto interessato, era l’ingegno di vedere l’avversario e leggere le sue intenzioni. Da lì in poi, la manipolazione era solo un’altra arma tesa a renderlo praticamente invincibile.

Con la capacità di vedere il campo di Isagi stesso, di tessere azioni vittoriose e il suo dono di fiutare gol, sarebbero stati un’accoppiata vincente.

Isagi non credeva che Rin potesse essere più sexy, in realtà. Era stato felicissimo di sbagliarsi.

Fu quello a cui pensò quando lo raggiunse al di fuori del campo, allontanandosi dalla fiumana di gente e attardandosi sperando di poterlo incrociare.

Itoshi Rin uscì da quelli che dovevano essere gli spogliatoi, fresco di doccia appena fatta, testa alta e nessuna preoccupazione di aspettare i suoi compagni di squadra per festeggiare la vittoria.

Beh, pensò Isagi, Sae per primo non era proprio l’anima della festa, quindi non ne su così sorpreso.

“Ciao!” Disse semplicemente e si maledisse nel momento in cui finì di parlare. Non poteva avvicinarsi e dire ‘ciao’, come il più stupido degli stupidi. Avrebbe dovuto uscirsene con qualcosa di più interessante, di più figo, magari prendere esempio da Otoya senpai e cercare di farlo cadere ai propri piedi.

Invece no. Lui salutava con ciao.

Rin sembrò a malapena accorgersi della sua presenza. Gli scoccò un’occhiata veloce e continuò a camminare, ignorandolo del tutto e costringendo Isagi ad andargli dietro ed affiancarlo. “Bella partita oggi!” Continuò, sperando in una qualche risposta.

Non ci fu. Sentì Rin prendere un respiro e avanzare sui propri passi, facendolo incespicare per potergli stare dietro. “Senti, capisco se non vuoi parlare, ma devo dirti che sei fenomenale e se non ti fermi lo farò cadendo.”

La sua eventuale figuraccia non fece presa. Sembrò, invece, essere interessante un’altra cosa. “Fai parte della squadra di mio fratello.” La sua voce era da brividi. Viscosa, oculata, non un tono fuori posto. Ma non voleva fermarsi e, davvero, quanto erano lunghe quelle gambe? “Ti ho visto giocare una volta. Mio fratello non ti ha nemmeno passato la palla.” Notò una traccia di qualcosa nella sua voce. Durezza che intaccava in tono, ma non pensò che fosse una cosa importante.

Lo fu, invece, altro. “Mi hai notato?” Quasi non ci poteva credere. Isagi non sapeva dell’esistenza di Rin fino a qualche giorno prima e lui aveva assistito a una partita. E dovevano essere le prime, dal momento che convincere Sae di dargli una possibilità era stato un lavoro a tempo pieno. Ci era riuscito, però.

Rin continuò a camminare e, esasperato, Isagi lo prese per il braccio e lo bloccò. Venne graziato con un’occhiata che avrebbe potuto uccidere, ma quelle ciglia lunghe non riuscivano a darle il taglio a cui aspirava. “Sae-san è molto particolare con le giocate, erano le prime volte e le cose sono camb-”

“Sae si rivolge a chi ritiene degno.” Una semplice constatazione e bastò a colpirlo come un impatto con un’automobile in corsa. La fredda approvazione fu, invece, una doccia gelata. “Guardarvi correre come idioti e passarvi la palla mi ha disgustato. Come puoi definirti attaccante?”

“Ti ricordi, però.” Rin era bello. Era forte. Era quanto di più magnifico da poter guardare dentro e fuori dal campo e scoprire che era uno stronzo montato era soltanto un tassello mancante che non fece nulla per farlo desistere dall’avere di più. Isagi lo liberò dalla sua presa e fu contento di vedere che non si mosse. “Quanto mi hai guardato per avere questa mia immagine a distanza di mesi?”

Gli occhi di Rin si spostarono su di lui per la prima volta. Lunghi, freddi, acquamarina che portava sale e risacca e Isagi sostenne il suo sguardo con il mento alzato. “Ho guardato tutti.” Rettificò inclinando leggermente la testa. Le ciocche della frangia seguirono il movimento e Isagi si trovò a guardarle ipnotizzato. “Non pensare di essere speciale, ero lì solo per mio fratello.”

Oh, ovviamente. Ma si ricordava e quello non lo avrebbe potuto cambiare. “Ti ha insegnato lui? Ad essere così bravo, dico.” La domanda era innocente e portò Rin a stringere leggermente le palpebre. I suoi occhi divennero di ghiaccio quando sibilò “Mio fratello è un obiettivo.” Che non fu una risposta nemmeno nelle più rosee fantasie, ma fu abbastanza tenera da far sorridere leggermente Isagi.

Smise ben presto quando Rin continuò “Non so se ti ha mandato lui per chissà quale motivo, ma continuerò a volerlo distruggere finché non mi chiederà pietà.” Ok, non era proprio il rapporto fraterno che Isagi si aspettava, ma effettivamente non avrebbe saputo dire cosa si fosse aspettato. Si trattava comunque di Itoshi Sae e ancora gli sembrava strano che fosse cresciuto con un fratello più piccolo senza mandarlo a giocare in autostrada per noia, quindi non aveva avuto grandissime aspettative a prescindere.

Una cosa però lo riguardava particolarmente. “Asp- aspetta, cosa? Sae-san non sa che sono qui!”

Rin continuò a guardarlo come se volesse bruciarlo vivo. Isagi era abituato agli occhi da pazzo di Shidou-san e non ne fu particolarmente colpito. “Dico sul serio, sono venuto di mia iniziativa!”

“Cosa sei venuto a fare quindi?”

Bellissima domanda.

Cosa era andato a fare?

Non poteva dirgli la verità, non poteva svergognarsi e ammettere che gli aveva lasciato gli occhi addosso per tutti quei cinque secondi scarsi che l’aveva visto di sfuggita e non era riuscito a toglierselo più dalla testa. La personalità di Itoshi Rin si era confermata non delle migliori e Isagi era sicuro che avrebbe fatto una fine dolorosissima.

“Ho saputo che l’asso di questo liceo era il fratello di Sae-san ed ero curioso.” Isagi avrebbe dovuto fare una passeggiata al tempio vicino casa e ringraziare gli dei per l’invenzione delle mezze verità. Era stato sinceramente curioso di scoprire quanto fosse bravo Rin, tra le altre cose che di calcistico non avevano nulla.

Rin non rispose, continuando ad osservarlo fisso in silenzio. Isagi si sentì sudare freddo. “Se ti sei fermato alle prime partite, non sai un bel po’ di cose di me.”

“Avessi voluto saperle sarei venuto a vedervi di nuovo.” Lo vide sistemare il borsone sulla spalla e girarsi di tre quarti, guardando la strada davanti a lui con un desiderio quasi fisico. “Penso che possiamo finirla qua.”

No! Non poteva permetterglielo, non dopo che era riuscito ad arrivare così lontano. “Possiamo parlare davanti un ghiacciolo.” Provò Isagi leccandosi il labbro inferiore di agitazione. “La tua punizione è stata fenomenale, giuro non vedo l’ora di giocare con te!”

“Non frequenterò quell’università da falliti.” Il sibilo era tornato. Gli insulti pure. Si stava abituando velocemente, gongolò Isagi. “Divertitevi a stare sotto il comando di mio fratello, la vendetta sarà migliore quando riuscirò a batterlo.”

“Senti, non so che problema avete voi due.” Lo sorprese. Se ne accorse dagli occhi che ritornarono sul suo viso e le palpebre che si allargavano quasi impercettibilmente. “Ma sei interessante e ti invito a vedermi giocare alla prossima partita. Sarà tra due settimane.”

“Non mi interessa vedervi-”

“Vedere me.” Lo sottolineò, perché doveva capire che del resto della squadra, a lui, non doveva fregare nulla. “Non altri, non tuo fratello. Me.”

Rin lo schernì. “Ti ho già visto e sei debole.”

“Il tempo passa, Itoshi Rin.” Sorrise, anticipandolo nel percorso e cominciando a camminare all’indietro, guardandolo in tutta la sua figura dritta e bella man mano che si allontanava. “I campioni si formano. Scommetto che riuscirò a sorprenderti.”

Lo vide stringere le labbra e afferrare meglio il manico del borsone. “Ne dubito.”

“Ti ricrederai.” Era una mera constatazione. Isagi conosceva le proprie capacità. “Sono Isagi Yoichi, a proposito. Vedi di ricordarlo quando ti stupirò.”

 

*

 

Gli allenamenti furono affrontati con nuovi obiettivi, sorti ad affiancare quelli vecchi.

Vincere.

Vincere e sorprendere.

Isagi non era mai arrivato al giorno di una partita con una concentrazione così ferma. Il cuore batteva calmo, il sangue pompava lento e ricco, i pensieri erano tutti sulla squadra avversaria, sullo studio che avevano fatto nei meeting, sulle tattiche decise, sul distruggerla senza scampo.

E lo fecero.

Lo fece.

Il campo era interamente sotto la sua completa visione, i pezzi del puzzle si incastravano magnificamente costruendo le azioni esattamente come le vedeva nella sua testa, precise, intelligenti, letali.

Non si ricordò di Rin finché non entrò nello spogliatoio, paradossalmente. Shidou rimase fuori dall’edificio e lo sentì esclamare “Il fratellino è rimasto fino alla fine.” prima di entrare sventolando un asciugamano col solo scopo di infastidire tutti.

Isagi sentì il cuore battere come un tamburo, quando prima era stato placido e accomodante. Vide Chigiri guardarlo con un sopracciglio alzato e fargli segno delle docce, dove ci si fiondò così velocemente che quasi scordò di passarsi lo shampoo.

Fu con i capelli bagnati e con la manica della maglietta ancora vuota che si precipitò fuori, dove Rin stava aspettando poggiato al muro della struttura nell’unico posto all’ombra che il sole di luglio sembrava permettere. “Ehi …” Sfiatò quasi, cercando di finire di vestirsi e facendo cadere il borsone nel frattempo.

Rin si girò a guardarlo. Non commentò il suo stato mezzo svestito o, se aveva qualcosa da dire, scelse di rimanere in silenzio. Aspettò che si ricomponesse con pazienza, guardandolo raccogliere il borsone da terra e passarsi una mano agitata tra i capelli umidi – fortunatamente il caldo estivo faceva il suo onesto lavoro e si sarebbero asciugati da soli presto.

“Allora?” Chiese Isagi, facendo un passo in avanti e inclinando la testa per sfidarlo ad allontanarsi. Rin non si mosse. “Alla fine sei venuto.”

“Shidou è stato assillante.” Quindi avrebbe dovuto ringraziare Shidou. O, forse, gli faceva comodo qualcuno contro cui puntare il dito. Poteva accontentarsi, per il momento.

Rin continuò ad osservarlo, scrutandolo in modo molto insistente. Isagi si ritrovò ad avere d’improvviso prurito contemporaneamente in punti in cui non pensava potesse esistere: sopracciglio, narice destra, la curva del collo che lo univa alla spalla, pancia. Quegli occhi attenti gli facevano formicolare la pelle e non sapeva se era una buona cosa.

Erano fermi, fissi, scrutandolo con serietà come se la sua persona fosse un insulto per qualche cosa che esisteva nella sua testa.

Isagi cominciò a chiedersi quando potesse decidersi a parlare, quando lo vide aprire di poco la bocca. “Sei migliorato.” Fu un sospiro appena, una vibrazione tenue di corde vocali ma era lì, cazzo, era lì e Isagi sentì la bocca aprirsi in un sorriso enorme.

“Visto? Ti avevo detto che ti avrei stupito!”

“Non ho detto questo.” Lo disse sibilando ma fece un piccolo broncio e la soddisfazione fu immensa. “A volte fai movimenti inutili.”

“Beh, sì, sto cercando di pulire le azio-”

“E i tuoi tiri posso essere più precisi.”

“Lo so, ho organizzato sessioni solo su quello ma-”

“La tua sicurezza viene meno quando non riesci.” Era spietato. Davvero davvero spietato. “Non hai bisogno che ti tengano la mano e lo sai perfettamente, quindi smettila.”

“Ehi, non c’è bisogno di-”

“Ma riesci ad adattarti bene.” Ecco, quello non se lo aspettava.

Bloccò il suo respiro, vedendo Rin staccarsi dal muro con una piccola spinta.

Il caldo era quasi fastidioso, lì a battere umido sulla sua pelle fresca di doccia e in quella di Rin, che sembrava non avvertire alcun fastidio. Continuò a guardarlo e fece un passo in avanti, verso di lui, lo sguardo leggermente stretto dalle palpebre e lontano, in ricordi e futuro, un’immagine che Isagi sembrava vedere insieme a lui. “Hai una visione del campo …” I suoi occhi sembravano parlare, dire qualcosa. Non lo fece la sua voce, non ci riuscì mai.

L’acquamarina si illuminò e si fece decisa.

Rin aprì la bocca, labbra che schioccavano di saliva trattenuta. Forse per prendere aria, forse per formare le parole che non vennero mai pronunciate, perché vennero invasi da urla piene di terrore e giocatori mezzi nudi che cominciarono a correre via, passando loro davanti e quasi calpestandoli.

“Non possono aspettare cinque minuti del cazzo?” Sentirono urlare Barou, ringhiando e sbraitando imprecazioni mentre camminava con passo pesante fuori dallo spogliatoio. “Dio, ci sono bambini di merda qua!”

“Barou-san, ho la patente!” Gli ricordò Bachira ridacchiando, sventolando il documento come se non fosse suo.

“Chi cazzo è il malato di mente che ha deciso fosse una buona idea metterti alla guida di una macchina?”

Reo fece un lamento all’informazione, saltellando sul posto cercando di mettersi una scarpa e appoggiandosi a Nagi per non cadere. Nagi, accanto a lui, ancora non si era tolto la divisa e sembrò accorgersi di Isagi solo in quel momento. Lo guardò con occhi inespressivi ma era chiaro cosa gli stesse chiedendo dalla piccola contrazione della testa verso la figura arrabbiata di Rin, ritornata appiccicata al muro per scansare la mandria svestita.

Isagi annuì e Nagi sospirò, le palpebre chiuse di stanchezza. “Andiamo a casa.” Mormorò contro la nuca di Reo, che sibilava improperi contro i lacci delle scarpe. “Non vuoi andare a festeggiare?” Lo sentì dire iroso. “Perché non si allacciano?”

“Voglio farlo a letto.” Rispose Nagi ottenendo l’attenzione di Chigiri.

“Oh, anche io.” Lo fece scoccando un’occhiata a Isagi e guardando Kunigami con occhi languidi, che fissava Rin con sguardo preoccupato. Lo tirò per la maglia, costringendolo a camminare e portandoselo dietro con presa decisa. “Bachira, tu che fai?”

“Vi accompagno in macchina!” Ridacchiò, cominciando a farsi insultare da Reo. “Ah Isagi, non entrare, Shidou senpai e Sae senpai hanno deciso di battezzare le panchine!” Beh, era un classico. Era già strano che avevano permesso a tutti di farsi una doccia.

Li guardò allontanarsi e poi spostò l’attenzione su Rin. Era leggermente rosso in viso e non capiva se per l’imbarazzo o la rabbia.

Isagi non sapeva davvero cosa dire: era consuetudine scappare dallo spogliatoio dopo una partita, oramai erano arrivati a scommettere in quale dei tanti angoli disponibile avrebbero consumato i senpai e non era veramente una sorpresa. “Sai, non sono così male.” Tentò di dire venendo immediatamente fulminato sul posto.

“Sono dei maiali.” Sibilò Rin e c’erano tante tracce di traumi in quelle parole che Isagi non ebbe cuore di dire alcunché per difenderli ulteriormente.

Si leccò invece le labbra, puntando il piede a terra come un tredicenne alla prima cotta. “Sei venuto da solo? Posso riaccompagnarti se vuoi.”

“Sono venuto con loro.” Disgusto puro e semplice. Quasi gli scappò da ridere. “Devo aspettare che finiscano e che ci mettano poco, altrimenti non posso tornare a casa.”

Era adorabile, lì contro il muro con il viso rosso di vergogna mista ad ira, tentando di nasconderlo girandolo di lato. Era veramente da mangiare, pensò Isagi. “Sai, c’è un’altra opzione.”

Spostò leggermente il viso verso di lui, ma le spalle continuavano ad essere tese di fastidio. Isagi si avvicinò, vedendolo raddrizzarsi contro il muro. “Ho vinto e mi devi un ghiacciolo.”

“Non ti devo nulla.” Fu svelto a rispondere, ma un gemito rumoroso riuscì a superare le mura dello spogliatoio e a fargli stringere le palpebre di sofferenza.

Isagi non ce la fece più e ridacchiò. “Va bene, facciamo così. Andiamo a cena e mi elenchi tutte le cose che non vanno bene del mio modo di giocare, ok?”

Non si aspettava niente di che, davvero. Forse un no, forse un sì, Rin sembrava una cassaforte scardinata male e bloccata per sempre e non era sicuro di cosa potesse rispondere.

Ma fu un “Cazzo sì, sei stretto.” che fece la magia.

Rin lo afferrò forte per il braccio e cominciò a camminare velocemente rosso in viso come un peperone, tirandolo e costringendolo ad eguagliare le sue falcate ampie, allontanandoli velocemente dallo spogliatoio nemmeno avessero il diavolo alle calcagna. “Accetto solo se c’è dell’ochazuke.” La voce era agitata e vergognosa e Isagi rise, felice di aver vinto nuovamente in quella giornata.

“Perfetto!” Esclamò, affiancandolo e prendendogli la mano. Rin lo guardò stupito e Isagi strinse le dita con le sue, forte. “Per dolce però voglio kintsuba.”

 

*

 

“Quindi è maggiorenne, ora.”

“Sì.”

Camera di Chigiri era sempre il ritrovo del loro gruppo di disagiati. Uno sdraiato sul letto, uno seduto lì accanto, uno che prendeva possesso della sedia girevole e l’altro a terra, tutti ad aspettare che il proprietario tornasse con viveri che non avrebbero mai dovuto mangiare e, forse, con fidanzato al seguito.

Reo dondolò sulla sedia, dandosi la spinta per fare un mezzo giro a cavalcioni sulla seduta. “Ne sei proprio sicuro? Potrebbe aver iniziato le scuole prima.”

“Ha diciotto anni, ho visto il documento.”

“Rin-chan è simpatico!” Cinguettò Bachira e Reo fece una smorfia. Bachira avrebbe ritenuto simpatico anche un serpente a sonagli pronto a mirare alla sua giugulare, non era propriamente un buon giudice di caratteri.

Con Rin, poi, che nella più rosea delle ipotesi tendeva a rimanere zitto e riusciva comunque far sapere a tutti la propria contrarietà nel passare del tempo con loro, non si poteva proprio definirlo simpatico. “È un tipo particolare.” Tentò di difenderlo Isagi.

“È stronzo.” Bofonchiò Nagi dall’alto del gioco su cui stava perdendo tempo. “Non è un problema, lo siamo tutti e non ce ne frega niente.”

“Parla per te.” Borbottò Reo, che evidentemente non accettava che qualcuno potesse eguagliarlo a infamia mirata.

“È ancora vergine?” A domandarlo fu Chigiri, aprendo la porta con una spalla e facendo strada ad un Kunigami accigliato. “Non ci credo che hai resistito.”

“Ci stiamo andando piano.” Piano era un eufemismo. Isagi aveva passato il mese di agosto praticamente fermo, la mano che era riuscito a tenere mentre fuggivano dai lamenti pornografici di Sae e Shidou solo un ricordo lontano.

Ma Rin gli aveva concesso un bacio il giorno del suo diciottesimo compleanno e Isagi aveva letteralmente volato dalla gioia, tenendo le sue guance bollenti di vergogna e imbarazzo e pensando di non aver mai avuto qualcosa di così bello e semplice da qualcuno.

“Isagi, devo ricordarti che fa il liceo.” Cominciò Kunigami, lanciando lattine di cola in giro come se pesassero nulla.

“Kunigami-kun, me lo ricordi ogni giorno.” Sorrise, perché l’istinto protettivo di Kunigami a volte era ridicolo. Rin non era fatto di vetro e i baci diventavano ogni volta più audaci e non per volontà di Isagi. “Stai tranquillo, ti ho già detto che non farò nulla che non voglia anche lui.”

“Ed è quello il problema.” Chigiri aprì la sua lattina e sorseggiò piano, un sorriso furbo sul volto. “Non è vero?”

“Una volta volevo provare a stare sopra ma …” Reo alzò le spalle, la faccia decorata da una smorfia schifata. “Meglio sotto. Era una decisione stupida.”

“Mi fai fare sempre tutto il lavoro.” Borbottò Nagi ma il piccolo sorriso che gli spuntò sul viso la diceva lunga.

“Non è colpa mia se le energie le trovi solo per due cose.”

“Ah, Sae-san l’altra volta stava parlando di corde, non ho capito se vuole usarle in privato o dove.” Informò Bachira aprendo un pacchetto di patatine alla cipolla e tutti gemettero, consci che sarebbero dovuti fuggire dallo spogliatoio molto più velocemente del solito.

Isagi sperò che non ne usufruissero a casa Itoshi. Rin si era lamentato fino allo sfinimento sia di Shidou che di Sae, parlando di sesso con la stessa rabbia grave con cui parlava della sua rivalità con suo fratello. Gli sarebbe dispiaciuto se li avesse beccati anche in quella situazione.

Ma c’era sempre lui, pensò sorridendo forse troppo ampio per quell’informazione.

Sarebbe potuto andarlo a prendere, avrebbero avuto un appuntamento fuori programma, avrebbero passato la serata assieme. Oppure avrebbero potuto studiare, vedere una partita in streaming, giocare a calcio al parco finché la luce del sole non fosse andata completamente via.

Era bello giocare a calcio con Rin. Isagi pensava di migliorare ogni volta che lo affrontava, ascoltando consigli vestiti da insulti e tentando di convincerlo a raggiungerlo l’anno seguente, cercando di fargli immaginare di giocare insieme in una squadra imbattibile.

Sembrava convincerlo sempre un po’ di più. Almeno era quello che gli diceva la sua ricerca di contatto, quando camminavano per strada e le braccia si scontravano, la sua mano che sembrava tendersi per un lungo secondo e poi ritrarsi come scottata, per andare a rifugiarsi nel manico del borsone.

I baci che si scambiavano davanti la porta della sua casa, però - sempre più insinuanti, sempre più aggressivi, fiato corto e respiro veloce - sembravano prometterlo.


 

 

 


 


 


 

   
 
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