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Autore: crazyfred    12/01/2023    2 recensioni
Ritroviamo Alex e Maya dove li avevamo lasciati, all'inizio della loro avventura come coppia, impegnati a rispettare il loro piano di scoprirsi e lavorare giorno dopo giorno a far funzionare la loro storia. Ma una storia d'amore deve fare spesso i conti con la realtà e con le persone che ci ruotano attorno.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sotto il cielo di Roma'
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 Capitolo 32

 
 
“Maya questi biscotti sono buonissimi” si complimentò Micol.
“Grazie” “Ma questi non sono i tuoi” disse Alice, sussurrando all’orecchio dell’amica “tu non ci metti il burro”.
“Ti devi fare i cazzi tuoi” le rispose Maya, sorridendo con noncuranza “la ricetta è la stessa”
Ok, no, non erano i suoi biscotti. Ma erano identici e spiccicati al suo palato, checché ne dicessero la Betti e Alice, e alla vista; magari la glassatura era più lucida e precisa, ma cosa potevano saperne Micol e gli altri dell’ufficio che i suoi dolci non li avevano mai assaggiati.
“Sembrano veramente i pasticcini che ti danno nelle pasticcerie viennesi” si complimentò Dario. Maya arrossì, con finta modestia.
“Sei senza vergogna” rincarò la dose Alice, affondando di nuovo la mano nel vassoio.
“Però mangi”
“Perché sono buoni!”
A sua discolpa, aveva avuto un weekend lungo e complicato e la Betti era cascata davvero a fagiolo con la raccolta fondi per la parrocchia. Lei aveva fatto una buona azione e in cambio c’aveva guadagnato un vassoio di frollini viennesi golosissimi e quando era arrivata in ufficio non aveva saputo ammettere che non fossero i suoi. Alla fine erano tutti contenti e soddisfatti. Avrebbe portato un dolce suo, prima o poi, lo aveva promesso e lo avrebbe fatto.
“Maya scusa” Fabio entrò, col fiatone. Sembra essere sempre sull’orlo di una crisi di nervi: si chiedeva se fosse davvero la persona più adatta per quel lavoro. “Oh ciao! Ci sei pure tu qui?” esclamò, vedendo Alice e distraendosi completamente.
“Sì, Maya ha portato dei dolcetti e mi ha chiesto di passare” Maya li guardava di sottecchi, forse era il caso di approfondire l’argomento con Alice.
“Ah … oddio mica è il tuo compleanno, onomastico…si festeggia qualcosa?”
“Calma Fabio!” lo frenò “nulla di tutto questo. Qui a Roma Pop ognuno porta qualcosa per la pausa caffè, a turno…favorisci! Non ti offro il caffè perché ti vedo già troppo a carico a pallettoni”
“Ah ah infatti, solo quello mi manca…” ridacchiò, in imbarazzo. “Che mi dovevi dire?”
“Ah sì, giusto …” Mortificato, il ragazzo confessò che Alex gli aveva chiesto di cercare delle foto in archivio ma aveva fatto un casino con le password e non riusciva più ad entrare. Che impiastro! Maya, stupita che lo chiedesse a lei che con i computer ci sapeva lavorare, ma di certo non era un’esperta, gli ricordo che avevano un tecnico. “È in ferie” spiegò lui, avvilito “allora ho pensato che magari sapessi come fare”
Maya si massaggiò la fronte, sconfortata per quel grattacapo. “Hai fretta? Perché adesso facciamo una piccola riunione e poi vengo a dare un’occhiata”
“No, va benissimo. Grazie mille! Mi hai salvato la vita” E il posto di lavoro.
Il ragazzo uscì dall’ufficio e Maya non poté fare a meno di notare lo sguardo trasognato di Alice.
“Ali, tutto ok?” la richiamò, schioccando le dita davanti al suo volto, facendola sobbalzare.
“Uh? Sì sì…stavo pensando… sì, cioè, è un bel ragazzo Fabio, ve’?”
Maya squadrò l’amica quasi schifata. “Fai sul serio?” 
L’aveva sempre trovata originale, fuori dagli schemi ed era sicura che se mai avesse avuto un compagno sarebbe stato un tipo eccentrico e un po’ fuori di testa come lei, ma questo era troppo anche per lei. E poi era un ragazzino.
“A parte che ha 26 anni, solo 4 anni in meno di me” le fece notare l’amica, quando Maya espresse le sue perplessità “e poi tu fai la morale a me? A te piace uno di 15 anni più grande!”
Alice sembrava proprio presa e lui, incredibilmente ma non troppo – Alice era molto carina e simpatica, era facile restare colpiti da lei – la ricambiava. Si stavano frequentando, non c’era nulla di concreto, ma lui l’aveva invitata a passare le vacanze in Germania da alcuni cugini, sulle Alpi Bavaresi.
“Ma no, figurati l’età è un numero. È che lo vedo così immaturo per te”
“Sì lo so che di primo acchito lo vedi un po’ così…non gli daresti due lire … invece è un bravo ragazzo, sensibile, allegro, energico”
“E poi ti ha strappato dalla Riviera Romagnola per l’estate. Credevo che ci avessi messo le radici lì. Certo non pensavo saresti finita a fare Heidi su monti…”
“Maya!” la sgridò Alice, tirandole un colpetto sul braccio tra le risate. Maya rispose con una linguaccia spiritosa.
Raissa riportò ben presto tutti all’ordine e chiuse la pausa caffè.
“Senti in pausa pranzo ci vediamo?” le chiese Alice “Dobbiamo ancora discutere cosa portare a casa di Monica e del marito”
“Va bene. Ora vai”
Il gruppo Whatsapp che avevano creato con sua sorella e le altre amiche era in fermento. Monica, con la scusa di organizzare una serata per vedersi prima delle ferie, le aveva invitate tutte a cena a casa sua. Le altre pensavano fosse gentile ma erano rimaste spiazzate che volesse fare una cena in casa in pieno agosto anziché andare fuori da qualche parte, ma Maya sapeva cosa c’era dietro: finalmente lei e Paolo si erano decisi ad annunciare la gravidanza e preferivano farlo nel privato della propria casa attirare l’attenzione in un luogo pubblico. Avevano già organizzato una cena per gli amici di Paolo, Alex compreso e per fortuna lei lo sapeva già da un pezzo, altrimenti lui le avrebbe rovinato la sorpresa senza troppi complimenti. Diventeremo zii, le aveva scritto per messaggio, dopo la cena, e se non fosse stato per quel plurale buttato lì così inatteso eppure così gradito, gli avrebbe staccato la testa per non essere stato in grado di tenere il segreto. Nella testa di lui era tornato ad esserci un noi, forse non aveva mai smesso di pensarlo e ora quel pensiero non le dispiaceva e non proiettava più di fronte ai suoi occhi il ricordo di un letto vuoto per metà al mattino. Non che lo avesse dimenticato, ma le parole dell’ultimo weekend e quel bacio – che bacio! – avevano spazzato via l’amarezza e il livore.

“Maya!” Raissa, la riportò con i piedi per terra “è pronto il tuo pezzo per venerdì?”
“Assolutamente sì” affermò, soddisfatta, tornando alla sua postazione “oggi pomeriggio registro il voice over con Tanjir”
“Ok perfetto, perché ho bisogno che giovedì mi copri un evento all’ex Lanificio” Salti mortali per la cena da Monica. Check.
“Dove?”
“Pietralata” le suggerì Giovanni.
Se il Pigneto era la capitale romana degli hipster, Pietralata ne stava diventando la succursale: decisamente fuori dal suo raggio d’azione.
“C’è una performance artist che si esibisce e dovresti intervistarla. Te la sei cavata così bene con Lachapelle che mi sembra giusto ci vada tu”
Per un attimo Maya si sentì spiazzata: non sapeva se essere lusingata dal commento di Raissa o spaventata per l’aspettativa che ora, di sicuro, lei e gli altri ragazzi avevano nei suoi confronti. Il formato dei servizi – i video, il linguaggio diretto e asciutto – erano per fortuna la sua salvezza. Raissa le girò un foglio con tutti i dettagli “Madame Decadent” lesse ad alta voce e appuntando sul tablet di chiamare Giangi per qualche informazione o dritta.
Performance!” chiosò Micol, scopiazzando l’imitatrice della tv. Tutti scoppiarono a ridere e anche Maya si distese un po’.
 
 
“Direi che qui abbiamo finito”
“Affermativo, penso di aver ripreso tutto”
Mentre Tanjir riponeva la sua attrezzatura nelle custodie, Maya dava un ultimo sguardo in giro, per controllare che non avesse perso nulla da appuntare. Erano arrivati nel pomeriggio per una video intervista con l’artista e, man mano che la venue si riempiva di avventori, avevano iniziato a fare qualche ripresa della location nel pieno dell’evento.
A breve la performance sarebbe iniziata e al piano di sopra dell’edificio il ristorante e la discoteca in terrazza si stavano riempiendo, ma lei continuava a guardare l’orologio. Non poteva assolutamente tardare alla cena da Monica: aveva avvertito del ritardo, ma ci doveva essere, lo aveva promesso.
“Posso offrire un drink alla principessa?” Maya si voltò, pronta a mandare a quel paese chiunque stesse usando quel soprannome che detestava.
“Giangi! Stava per arrivarti una pizza, lo sai?” Aveva dimenticato che era bravissimo a camuffare voce e accento.
“Valeva la pena correre il rischio”
“Che ci fai qui?”
“Quando mi hai chiamato ho pensato che non potevo perdermi questa serata”
Si era talmente immedesimato nell’atmosfera della serata che avrebbe potuto mimetizzarsi con le pareti del locale ed il resto dell’edificio. Il suo stile sofisticato si era adeguato alla stagione e poteva passare tranquillamente per un hipster di zona, con una semplice camicia bianca con le maniche arrotolate e le bretelle. Da quelle parti, assolutamente vietato acchittarsi.
“Che mi dici di questa Madame Decadent?” le domandò.
“Mah…ho provato a venire qui spoglia di pregiudizi, abbiamo parlato di un sacco di cose importanti, profonde …”
“Insomma, il più classico sono io, non sei tu
“Esatto”
Avrebbe fatto il suo lavoro, raccontato al meglio e con rispetto l’artista e la sua arte, ma non faceva proprio per lei.
“Dai, andiamo a prendere da bere, qui su c’è la terrazza del momento a quanto mi è stato riferito”
“Grazie Giangi, davvero, ma mi aspettano a cena e arriverò già in ritardo”
“Oh Maya!” Tanjir, che era rimasto defilato, si intromise tra loro, pressante “non puoi capire chi c’è! Vieni con me”
“No dai, Tanjir, te l’ho detto che vado di fretta”
“Lo so, ma ti giuro che ti rubo solo due secondi…”
Il ragazzo la trascinò via suo malgrado, senza che Maya potesse ribattere, lasciando Gianmaria con un palmo di mano.
“Bella zì!”
“Noooo Tanji!!! Ciao zì” Tanjir, piccoletto e paffutello salutò questo vichingo di un 1.90, spalle larghe e capelli alle spalle biondissimi ma ancora fondamentalmente un ragazzino. A volte Maya dimenticava che, in effetti, lei e Raissa erano le veterane del gruppo e gli altri, Tanjir incluso, avevano poco meno una decina di anni in meno. La cosa più strana era che quel ragazzo aveva un’aria stranamente familiare che non sapeva spiegarsi.
“Che ce fai qua?” chiese quel giovane Thor romanesco.
“Roba de lavoro, m’hai fatto svoltà, zì!”
“Daje, so’ contento!”
“E te, che ce fai da ste parti?”
“Il fratello della ragazza de mi cugino c’ha messo in lista ed entriamo a metà prezzo” spiegò il vichingo “vuoi mette”
I due iniziarono a parlare del più e del meno, dei fatti loro e di altri ragazzi alle loro spalle che, alla penombra del locale, Maya faticava a mettere a fuoco. Si schiarì a gola: “Tanji…io”
“Oddio sì scusa, che scemo. Valè ti presento una mia collega, Maya Alberici”
“Maya Alberici? Di Roma Glam?”
“Zì t’ho detto che è na collega!” lo riprese Tanjir “Maya lui è Valerio Bonelli, è il nipote di …”
“Alex”
“E quello è suo figlio…ma ci pensi? Na roba assurda!”
A Maya si gelò il sangue nelle vene. Avrebbe voluto scappare ma i suoi muscoli si erano bloccati così come il suo cervello che non riusciva ad elaborare quell’informazione. Sembrava muoversi per inerzia. Strinse le mani del vichingo e di suo fratello, un morettone mediterraneo leggermente più piccolo che, ora che riusciva a vederlo meglio, sembrava Alex ma con 20 anni di meno, gli stessi occhioni da cucciolo, gli stessi occhi verdi e la carnagione olivastra; il suo sguardo però era fisso sul biondino, alto più o meno come lei, che si teneva in disparte.
“Edo! Non saluti?” gli domandò quello che aveva intuito essere il maggiore dei cugini, con la stessa espressione furba e sornione che aveva visto in Alex quando si divertiva a stuzzicarla. Che stronzi sti Bonelli!
Il ragazzo lo guardò in cagnesco ma obbedì, avvicinandosi. “Piacere!” disse, tendendo la mano come se qualcuno gli stesse puntando una pistola in testa.
“Ciao!” rispose Maya, provando a restare distaccata ma naturale al tempo stesso: in un certo senso, la presenza di Tanjir si stava rivelando provvidenziale, perché di sicuro Edoardo non aveva interesse a diffondere un dettaglio così personale come la quasi parentela e lei men che meno.
Era passato parecchio tempo da quando Maya lo aveva visto l’ultima volta: più o meno un anno e mezzo prima, ad un party di Natale della rivista. L’ultimo Natale, con la separazione di Alex in corso, l’uomo si era presentato al party da solo e quando era stata nella casa di Prati il ragazzo era in montagna con i nonni; lei lo aveva visto in qualche foto che Alex le aveva mostrato di sfuggita sul telefono e sapeva benissimo che non era più il ragazzino con l’apparecchio che se ne stava in disparte e non salutava nessuno, ormai era alto come lei se non di più, ma in carne ed ossa era tutta un’altra cosa. A vederlo di fianco ai cugini, era chiaro come il sole che dei Bonelli quel ragazzo aveva pochissimo, era la copia spiccicata di sua madre: biondissimo, gli occhi di ghiaccio, gli zigomi pronunciati e lo sguardo severo, di quelli che sembrano costantemente imbronciati.
Da come si sentiva guardata, Maya intuì che i due ragazzi più grandi sapevano dei trascorsi tra lei e il loro zio e che le stavano provando tutte a mettere a disagio non tanto lei, quanto quel povero ragazzino. Allo stesso tempo la guardavano e si guardavano tra loro, sogghignando. E a lei, anziché montare disgusto o rabbia, venne da ridere: il suo cervello, che era bacato – Lavinia diceva che era caduta dal seggiolone da piccola, le aveva proiettato davanti agli occhi la scena di lei che racconta ad Alex l’incontro e persino quella dei nipoti che lo prendono in giro, o si complimentano, dipende dai punti di vista, per la scelta. Tu non sei normale, Maya, è arrivato il momento di farti vedere da uno bravo comunque.
Edoardo invece, proprio come lei, aveva tutta l’aria di voler essere altrove, sperando di chiudere quell’incontro al più presto possibile.
“Ehm … scusate” disse Maya, prendendo l’iniziativa “io devo proprio andare. Mi aspettano ad una cena e prima volevo salutare un amico”
Si allontanò guardandosi intorno e sperando che Giangi non fosse già andato su, al Rooftop Bar. Lo trovò in un angolo della sala dove dei neon fulminanti e una musica techno anni ’90 annunciava l’inizio della performance: era con altra gente ma in quel momento le importava poco.
“Ehi Giangì!”
“Ch’è successo, tesò, ti vedo sconvolta” le disse, mentre Maya intrecciava il suo braccio a quello di lui, tentando di mimetizzarsi e fingendo interesse verso la ragazza dai capelli blu che, quasi in trance, mischiava live painting, body painting e danza.
“No, non puoi capire chi ho incontrato…preferirei scordarlo”
“Non mi dire, il tuo ex trombamico? Com’è che si chiamava … ah sì, Federico … Ultimaspiaggia
“Ma no, non lui! Che vai a pensare…” Era una vita che nemmeno ci pensava a quel ragazzo e non sapeva nemmeno che fine avesse fatto, non che le interessasse oltretutto. “C’è il figlio di Alex”
“Chi?”
“Dai non fare finta di non aver capito!”
“No amo, n’hai capito, stavo cercando di elaborare l’informazione”
“Elabora in fretta che non c’ho tempo”
“Vié co’me, c’ho bisogno di zuccheri pe’ parlare di ste cose!”
L’amico la trascinò al bar e ordinò un Daiquiri alla fragola mentre Maya gli raccontava quello che era successo.
“Ma perché tutte a te succedono ste cose assurde?” domandò, bevendo dalla cannuccia un sorso del suo cocktail “Sembri la protagonista di una commedia romantica. Oh! Adoro! Io sono l’amico gay!”
“Smettila, parliamo di cose serie”
“Va beh era un dato de fatto… comunque che ci fa qua? Puzzerà ancora di latte, già va in discoteca? Ah, sti figli di papà…” Da che pulpito…
Maya lo riprese, ricordandogli che non era affatto quello il punto, ma il fatto che era il figlio dell’uomo con cui stava uscendo – inutile nasconderlo perché tanto sicuro la notizia era arrivata alle sue orecchie – e lei non aveva saputo cosa dirgli.
“Ma perché cosa volevi dirgli? Ciao, ti dispiace se mi faccio tuo padre?”
“Giangi!”
“Sono cose vostre, non dovete chiedere il permesso. È lui che si deve mettere l’anima in pace”
“Sì, ok, ma sapere che non mi ucciderebbe nel sonno se ne avesse la possibilità mi farebbe stare più tranquilla”
Era un’iperbole che l’amico avrebbe capito, ma non ci andava troppo lontano. L’opinione di figli per Alex era fondamentale: poteva fingere che non fosse così, poteva blaterare che avrebbe combattuto per loro come coppia e avrebbe convinto i figli ad accettarla, ma la disapprovazione del ragazzo sarebbe rimasta un ostacolo, sempre.
Mentre discuteva con Gianmaria, Maya notò con la coda dell’occhio un ragazzo biondo avvicinarsi. Edoardo. Anche se a fatica, il ragazzo abbozzava un sorriso, seppur impacciato.
 
Nonostante la freddezza e il distacco con cui si erano salutati, Edoardo volle sforzarsi di scorgere quella sincerità e quella gentilezza che, oltre suo padre, ormai praticamente tutti dicevano di vedere in lei. E per togliersi il dubbio doveva raccogliere tutto il coraggio che aveva e affrontarla faccia a faccia, lontano dai cugini importuni e gli estranei impiccioni.
Le luci del bar confermavano che non era brutta, tutt’altro: le gomitate di Daniele avevano provato che se solo avessero avuto qualche anno di più suo padre avrebbe avuto concorrenza in famiglia; e poi sembrava tutto, meno che l’arrivista arrampicatrice sociale di cui sua madre blaterava. Lui non la ricordava, onestamente, le feste di Natale con i colleghi del padre erano una condanna annuale a cui avrebbe fatto volentieri a meno di partecipare e di certo non badava agli invitati quando era lì; e così quando diventava argomento di conversazione con suo padre oppure la sentiva nominare da sua madre - la quale, di contro, si sfogava al telefono con la zia, con le amiche o persino con lui, di tanto in tanto - nel suo immaginario c’era una ragazzina, magari pure un po’ volgarotta, di quelle dal trucco pesante e il filler alle labbra. Guardandola bene non l’avrebbe catalogata come una bellezza acqua e sapone, ma era una tipa tranquilla, pulita, il trucco ben fatto e i capelli stirati in una coda di cavallo. Sembrava una di quelle ragazze di buona famiglia che frequentavano i campi da tennis del circolo, oppure una delle ragazze della sua scuola ma con qualche anno in più. Riconosceva che il suo era un pensiero tremendamente superficiale, ed era facile addossare tutta la colpa a sua madre, alla scuola e alle sue amicizie, ma la verità era che aveva sempre avuto una scelta e nel tempo lui aveva fatto puntualmente quella sbagliata. Invece che mettere al primo posto la serenità della sua famiglia, pur in un modo diverso di essere famiglia, aveva messo al primo posto sé stesso e il suo egoismo, nonostante fosse chiaro pure a lui che in quel modo non potevano andare avanti.
“Scusa...ti posso parlare un attimo?”
“Ce..certo” balbettò Maya, incredula, il cuore che sembrava volerle uscire dal petto. Giangi le posò un bacio sulla guancia e si congedò, con la scusa di tornare a vedere la performer.
“Io … cioè mio padre mi ha detto della novità, si insomma di voi” disse, in evidente imbarazzo. Ma cosa dire in questi casi: buona fortuna?! In bocca al lupo?
Maya lo capiva: in fin dei conti era pur sempre il padre che stava con un’altra. Quando sua madre le aveva presentato Ruggero le circostanze erano ben diverse, suo padre era morto e sapeva bene l’eredità che aveva lasciato a sua madre. Eppure ci aveva messo un po’ per accettarlo, forse ci stava riuscendo davvero solo ora, dopo anni.
“Al di là di tutto sono…sì insomma sono contento per voi”
“Ah sì?” disse la giovane, incredula, grattandosi nervosamente la nuca “beh è solo un inizio, non ci siamo ancora, per così dire”
“Cioè non è che sia proprio contento a dirla tutta” fosse stato per lui avrebbe preferito che suo padre avesse aspettato ancora, ma ora aveva capito che la serenità di suo padre era un guadagno per tutti, lo aveva sperimentato su di sé “però per papà è importante e quindi penso di poter fare uno sforzo”
“Mi fa piacere sentirtelo dire, davvero” annuì la giovane, la voce che si rompeva suo malgrado ma allo stesso tempo si era aperta in un sorriso brillante e solare, di chi si è tolto un peso “è importante anche per me, e ci tengo davvero che possa funzionare. Per tutti.”
Era una relazione difficile, affollata, dove non sarebbero mai stati davvero solo loro due e Maya aveva dovuto farci i conti fin dall’inizio. Forse, a dispetto di quello che pensava e dichiarava, non lo aveva accettato davvero: Giulia sì, era la sua mascotte, le voleva un bene dell’anima e non aveva faticato a volerle bene ma con Edoardo era stata tutta un’altra faccenda. Nella sua testa aveva sempre sperato che fosse un problema che il tempo avrebbe risolto da solo, ma se voleva stare con Alex, ora era chiaro che Edoardo era un problema anche suo e perché l’accettasse doveva lavorarci su anche lei.
Ora però si sentiva completamente libera. Era un’approvazione insperata, che non avrebbe mai pensato di ottenere così facilmente. Era consapevole che il ragazzo non fosse il suo fan più accanito e che di certo lo stava facendo per il padre e non per lei e avrebbero dovuto lavorare per costruire un rapporto, ma era un inizio a dir poco insperato.
Fuori dal locale, mentre aspettava un taxi, rincontrò Tanjir.
“Assurdo conoscere la famiglia del capo, vero?” esordì Tanjir “cioè non diresti mai che hanno un milionario in famiglia, no?” Maya annuì. Ovviamente, per fortuna, Tanjir non aveva capito nulla, a differenza di Valerio e Daniele. “Allora, dov’è che hai sta cena che t’accompagno?”
“No no, vado a casa, la cena è da una mia vicina…ma prendo un taxi, stai tranquillo”
“Sei sicura?”
Era sicurissima: aveva bisogno di gettarsi sul sedile posteriore di un’auto e non sentire nessuno che le parlasse. Aveva bisogno di assorbire quanto successo e processarlo perché fino a quel momento era stata un’esperienza dell’altro mondo. E non era finita lì: il giorno seguente, dopo il lavoro, lei ed Alex sarebbero usciti insieme.
 
Era passata da un pezzo la mezzanotte quando Edoardo rientrò a casa. No, non a casa. A casa di suo padre. Quella che suo padre definiva casa; che poi era un appartamento di un residence: di lusso, glielo concedeva, sempre un residence restava.
Suo padre diceva che per lui, con il suo lavoro, era più pratico che avere una casa da gestire, con una governante, le riunioni condominiali, i pagamenti e le scadenze varie, ma lui lo detestava. In più, era a due passi da casa sua, quella vera. E iniziava a capire i suoi, davvero, capiva la situazione del divorzio e quello che implicava, ma si sentiva grande abbastanza, ormai, per esserne esentato.
E questo non significava che non volesse passare del tempo con suo padre, tutt’altro. Incredibilmente, negli ultimi tempi, si poteva quasi dire che preferiva passare più tempo con lui che con la madre, ma a sera andare in quell’appartamentino anziché dormire nel suo letto gli sembrava francamente ridicolo. Ma immaginava di dover essere grato che fosse ancora una situazione accettabile rispetto a quella che probabilmente si sarebbe prospettata a breve: condividere il tetto con suo padre e la sua compagna. Giulia l’adorava e lui la invidiava, perché farsela andare bene senza tante storie, senza un perché, avrebbe reso tutto più facile.
Stava pensando a quello quando, inserendo la card per aprire la serratura si accorse che la luce era ancora accesa nella camera da letto di suo padre. Si potevano dire tante cose di suo padre, ma non che fosse autoritario: aveva i suoi momenti di paranoia, le sue regole, ma era pur sempre un genitore e non si poteva fargliene una colpa.
Era perfettamente inutile provare a sgattaiolare in cameretta e così preferì affrontare il ritardo di petto, negoziando con lui la strigliata meno severa possibile.
“’sera!”
“Eh…buonanotte!” lo redarguì sarcastico suo padre, con il pc sulle gambe e gli occhiali inforcati.
“E sti occhiali?” gli domandò Edoardo, provando ad eludere la questione ritardo.
“Sono da riposo, li uso sempre quando sto al pc fino a tardi…non sviare!” colpito e affondato “hai visto che ore sono?”
“Sì lo so, ma ci siamo fermati a fare benzina e a prendere qualcosa da mangiare prima di rientrare. Ma poi ero con Valerio e Daniele, di che ti preoccupi?”
“Sono tuoi cugini, mica due angeli del paradiso. E anche se così fosse non ci siete solo voi per strada”
Alex non gli mandava messaggi e non faceva chiamate finché non era assolutamente necessario perché sapeva che i ragazzini sanno ritorcere contro ogni minima ingerenza dei genitori, ma questo non significava che riuscisse a chiudere occhio o a respirare tranquillamente quando sapeva che suo figlio era in giro. L’incidente, poi, aveva inasprito le sue ansie.
“E il telefono non si usa? O erano tutti scarichi?” Una sola cosa gli chiedeva: un messaggio all’arrivo e prima di ripartire.
“No, hai ragione, mi sono dimenticato”
“Cartellino giallo, Edo, uomo avvisato mezzo salvato”
“Ok” bofonchiò, gli occhi al cielo.
Ad Alessandro quelle reazioni scomposte lasciavano totalmente indifferente oramai: erano padre e figlio ed era il naturale corso delle cose che non lo stesse a sentire; e poi era zucchero a confronto dei loro trascorsi.
“Va beh” disse Edoardo, scocciato “adesso che so’ rientrato poi pure dormire tranquillo”
“Devo smaltire l’ansia, raccontami un po’ della serata. Manco mi hai detto dove siete stati…”
“Mah, un po’ così, in giro…” Era evidente, per Alex, che stesse divagando per evitare di dire la verità.
“Edo!”
“Il fratello di Mavi c’ha messo in lista per una serata al Lanificio, ma niente di che…c’era un’artista che si esibiva, un dj a mettere musica, le solite cose”
Cazzo! Di mille locali a Roma, proprio in quello dove avevano mandato Maya a fare un servizio. “Ah, e com’è stato?” indagò, evasivo. Del resto, i due erano andati prima dello spettacolo, quante possibilità c'erano che si fossero incrociati, siamo seri.
“Le solite robe un po’ hipster che piacciono a Jordi” Jordi. Alessandro faticò a restare serio: non per il nome in sé ma per la parodia di Maya di qualche giorno prima.
“Immagino … abbiamo mandato anche noi una troupe per fare un servizio”
“Lo so…”
“Come lo sai?” Oh merda!
“Li abbiamo incontrati appena arrivati, loro stavano andando via. Il cameraman è amico di Valerio, dovresti saperlo” Edoardo lo guardava giudicante, come se provasse a capire per quanto ancora avrebbe evitato l'argomento. Un'elefante nella stanza, come lo definiscono gli inglesi, e si ostinava a non volerlo affrontare. Meno male che sei tu l'adulto tra i due, vergognati Alex!
“Sì…sì certo”
“E c’era pure l’amica tua” Alla fine si era fatto coraggio e lo aveva tirato fuori lui stesso.
“Edo, ascolta…”
“Non attaccare con i pipponi, te prego, è quasi l’una e voglio andare a dormire. Ci siamo stretti la mano e le ho detto che va bene così”
“Co-così? Così cosa?” balbettò il padre, incredulo.
“Le cose tra voi. Sì insomma, che non farò casini stavolta…”
“Le hai detto davvero così?”
“Oh senti, il significato era quello!”
“E lei?”
“Lei è a posto”
“Che significa a posto?”
“Pa’ basta, è tardi c’ho sonno!”
Per rientrare tardi non hai sonno vero?! “Va beh, vai a dormire, va” disse Alex, guardandolo in tralice. Questa gliel’avrebbe abbonata perché tutto si aspettava da suo figlio meno che un’iniziativa, figurarsi un moto di compassione e magnanimità nei confronti di una ragazza che, pur senza conoscere, aveva fortemente osteggiato.


 
Insomma hai conosciuto mio figlio…
 
Voi Bonelli avete questa capacità straordinaria di tendermi agguati…comunque dovevi essere proprio un cucciolo da ragazzo
 
???
 
Tuo nipote…è identico a te. Se fosse lui più grande o io più piccola ci avrei fatto un pensierino
 
😲
 
Scherzo! O no, chissà 😏
 
Torniamo a discorsi seri. Che mi dici? Di Edoardo, intendo
 
Ne possiamo parlare domani?
È tardi sono stanca e non voglio parlarne così
 
Ok…
 
Ehi! Va tutto bene. Un incoraggiamento😏😘

 

Mi scuso per il ritardo, ma tra lavoro e poi influenza non ho avuto molto tempo da ritagliarmi. Capitolo di transizione, con una piccola sorpresa nel finale, non c'è granché da dire se non che le cose sembrano in discesa. Ma lo saranno davvero? Lo vedremo presto. A presto,
Fred ^_^
 
   
 
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