Vedi, Natan, queste righe senza senso? Stasera in esse ho voglia di riversare tutto quanto - tutto il silenzio che si annida dentro il mio cuore, l'universo che giace immutato nei tuoi occhi scuri, da cui ogni tanto ancora traggo l'eco di qualche respiro, il dolore che ti schiafferei volentieri in faccia, sillaba dopo sillaba, senza fare troppo rumore. Inizi a mancarmi, tra le pagine sgualcite della vita - dal profondo delle mie viscere riaffiorano ricordi sfuggenti: ripenso alla tua voce intrisa di un fremito di energia, alle tue iridi feline che un tempo mi sfogliavano l'anima; rammento il retrogusto amaro di qualcosa di indefinito: un amore stanco, che divampa e mi corrode le membra, le spire del fantasma di un sentimento alla deriva. Sei bello, ma non ti posso avere - forse va bene anche cosė: appartieni ad un passato cosė presente, cosė straziante; saperti altrove fa male, in qualche modo, fa male come fanno male tutti i pugni che incasso, tutti i pugni che mi scaglia la tua assenza - quell'assenza che sento, ovunque io ti vada a cercare, quell'assenza che marcisce lė, all'altezza dello stomaco, che mi si conficca atroce nel petto. Fai male come quell'addio che non ci siamo davvero detti, come il tratto indelebile dell'inchiostro che spreco, come le parole che si inabissano in gola in eterno, come le lacrime che mi solcano furtivamente il volto, per poi rassegnarsi tristemente ad un crudele destino.