Capitolo Quattro
Quando
salì sulla moto di Carlo, le sembrò
di essere tornata proprio indietro nel tempo, quando marinava la scuola
con i
compagni di classe per andare fuori città con il motorino.
Quello
però non era un Ciao
sgangherato, ma una moto super figa che si addiceva benissimo al suo
proprietario che ci salì sopra porgendole un casco nero.
“Sei
pronta?”, chiese lui alzando il
sopracciglio
Chiara ebbe la
sensazione che lui si
riferisse a qualcos’altro. Tutto in quel ragazzo la faceva
pensare a
qualcos’altro. Qualcos’altro riguardante il sesso. “Non correre”,
rispose lei
urlando.
Si sentì
come se con quel viaggio
avesse premuto il pulsante di accensione. Finalmente la giostra della
vita
stava ripartendo e lei non vedeva l’ora di montarci sopra.
Carlo, indossava una
camicia di lino
nera che svolazzava al vento. Lei cercò di reggersi ai
sostegni posteriori,
solo che quando accelerò sul lungo oceano, si
ritrovò incollata a lui.
“Scusa”,
le venne spontaneo dire, un
po’ a disagio per aver appena spiaccicato le tette sulla sua
schiena.
Lui si
girò leggermente e rispose con
un sorriso divertito:
“Scusa di
cosa?”.
“È meglio
se ti reggi a me”, le ordinò
tornando a concentrarsi sulla strada.
Chiara
obbedì molto volentieri e
strinse le braccia intorno al corpo caldo e muscoloso di Carlo. Quando
scese
dalla moto era strafatta di testosterone e adrenalina. Quasi quasi non
ce la
faceva nemmeno a camminare.
Non c’
erano aggettivi per
descrivere Carlo; ma se proprio li
avesse cercati, si sarebbero potuti sintetizzare tutti in uno solo e
cioè
selvaggiamente sexy.
Capelli spettinati
con un po’ di gel,
barba curata, altro che oasi nel deserto! Era come portare un drogato
ad
Amsterdam, un obeso in pasticceria, un bambino al luna-park. Lui era
tutto
questo e molto di più, solo che lei non poteva lasciar
trapelare quel pensiero.
-cazzo, mi sembra
natale!!
-perché???
-Chiara, sei un regalo
meraviglioso, ci
voleva proprio il tuo arrivo.
il suo sguardo e la
sua voce erano
talmente profondi che lei indietreggiò.
Meno male che quando
aveva scelto Los
Angeles pensava di essere al riparo dalle tentazioni trattandosi del
suo amico
e invece era finita dritta dritta nella tana del lupo. E ci stava
sguazzando
dentro senza ritegno!
Arrivati,
all’ Elisir, le luci erano
soffuse e l’ambiente esclusivo la misero per un secondo in
agitazione, però
quando sentì la mano di Carlo sostenerla alla base della
schiena, si sentì di
nuovo a suo agio, al suo fianco. Si immaginò che quella mano
scendesse fino
alla sua coscia nuda fino al centro delle gambe, per poi entrare decisa
nella
sua intimità.
“A cosa stai
pensando?”, chiese lui con
una faccia che non prometteva niente di buono.
“È
meglio se non te lo dico”, fu la
risposta inequivocabile di lei e il ragazzo si schiarì la
voce spogliandola con
gli occhi. Andarono incontro a Felix che coordinava i ragazzi della
security
all’ingresso.
Chiara lo
salutò anche se lui mantenne
la giusta distanza. Carlo e Felix si squadrarono cercando di capire
cosa stesse
pensando l’altro, poi Carlo decise di fidarsi, anche
perché non aveva molte
alternative. “Te
la affido, mi raccomando”, disse lanciandogli
uno sguardo
d’ammonizione che non sfuggì alla ragazza.
“Carlo tranquillo. So
badare a me
stessa. Penso proprio che sopravvivrò, anzi spero anche di
divertirmi”, gli
fece un occhiolino di intesa.
Carlo tranquillo un
cazzo!
Dio, quanto avrebbe
voluto afferrarla
per i capelli e baciarla fino a farla rimanere senza fiato.
Una bruttissima
sensazione che non
avvertiva da quanto si era lasciato con la sua ex, lo fece rabbrividire.
Si era sempre sentito
inattaccabile in
quella città, mentre da quando Chiara era arrivata, oltre a
perdere il
controllo di sé stesso, si era reso conto di essere
vulnerabile.
Lei era sua e voleva
proteggerla,
peccato che lei invece volesse fare di testa sua. Magari finendo tra le
braccia
del primo bastardo che le capitava. Strinse i pugni. Ci voleva subito
uno shot
di tequila ghiacciata per digerire quel pensiero nefasto.
Mentre il ritmo di
BurakYeter &
Cecilia Krull - My Life Is Going On (BurakYeter Remix)
gli entrava nelle
vene, si fece largo
tra i primi avventori del club e prese posto dietro al bar.
Due colleghi stavano
già servendo vari
cocktail, ma lui in qualità di barista acrobatico e
attrazione della serata,
poteva permettersi di arrivare più tardi, anche
perché poi sarebbe stato lui a
fare i conti e a chiudere cassa come al solito. Il proprietario si
fidava solo
di lui. Una scossa elettrica lo colse scuotendolo da capo a piedi. Per
cercare
di togliersi di dosso l’eccitante sensazione della pelle di
Chiara attaccata
alla sua, iniziò a far roteare le prime bottiglie. Doveva
concentrarsi, doveva
guardare qualsiasi altra donna, tranne lei.
Mora, bionda, rossa,
bianca non avrebbe
fatto differenza. L’importante era distrarsi da quel
fastidioso pensiero fisso
che lo tormentava da quando qualche ora prima aveva accolto la sua
amica nella
sua nuova vita.
Le ore passavano, ed
il locale era
pieno di gente, davanti a lui c’era gente che si ubriacava, e
che chiedeva
drink, gente che ballava, gente che sniffava della meglio maniera.
Ad un certo punto si
voltò verso uno
dei tavoli e vide Chiara ballare con un ragazzo e fu lì che
i loro guardi
s’incontrarono e fu sfida a primo colpo!!!! Maledetto Felix!
Come aveva potuto
lasciarla al tavolo con quel playboy. A fine serata gliene avrebbe
dette più di
quattro. Nel frattempo sfogò la sua frustrazione nel lavoro
al ritmo di Imagine
Dragons - Believer.
Una ragazza, ubriaca
fradicia, salì nel
bancone e iniziò a toccargli i muscoli sotto la camicia, Lui
stette al gioco,
ma fu subito fermato da un altro braccio. Era il braccio di Chiara.
“Bellezza,
scendi e vattene, ora è il
mio turno.”
Dopo quelle parole,
salì sul bancone e
disse una frase all’ orecchio di Carlo.
“Facciamo
come ai vecchi tempi,
facciamogli vedere chi sono Chiara e Carlo”
“Cosa hai
in mente??”
“Fidati e
vedrai”.
Cazzo era ubriaca, ma
restava sempre la
donna più sensuale che lui abbia visto. Si sdraiò
sul bancone, aprendo la bocca
provocante.
Nel frattempo la
clientela davanti al
bancone era diventata per lo più maschile e quando videro il
barista lanciare
due bottiglie in aria per poi versare il liquido di entrambe
direttamente in
bocca alla sventola sul bancone, scoppiarono in un boato di eccitazione
facendo
il doppio delle ordinazioni. Gli occhi di Carlo, iniziarono a brillare
come non
mai alla vista della sua amica che dimenava il fondoschiena a ritmo di
musica
proprio sopra di lui. Erano un’accoppiata molto pericolosa
che portavano scompiglio
raccoglievano centinaia di dollari di mance. Lei lo provocava con il
suo corpo
e con lo sguardo. Lui la assecondava non riuscendo a staccarle gli
occhi di
dosso. Aveva bisogno di un altro shot di tequila e di ghiaccio nelle
mutande.
Basta. Devo smetterla
di bere,
altrimenti finirò per scoparmela qui sopra il bancone.
Ordinò a
sé stesso completamente
stregato dalla sensuale bellezza di quella donna, che la sfiga aveva
voluto
fosse la sorella del suo amico e quindi intoccabile.
Ma più si
imponeva di non toccarla e
più la voleva afferrare per quei fianchi sinuosi e farla sua
in un unico gesto
urgente. Gli tornò in mente la sua confessione come un
flash. Quel coglione del
fidanzato non se la scopava da una vita. Cazzo, una donna
così lui se la
sarebbe scopata come minimo tre volte al giorno, se non di
più.
Un grave problema si
era sollevato nei
suoi jeans appena l’aveva vista uscire dalla camera degli
ospiti. Era di una
bellezza totale e paralizzante. Sperò con tutte le forze che
passasse, invece
la sua eccitazione non faceva che crescere e a stento riusciva a
lavorare senza
correre al bagno a farsi fare un servizietto dalla prima ragazza
disponibile.
I clienti
applaudirono eccitati come
lui all’ennesima prodezza di Chiara che si muoveva esperta,
come se avesse
ballato su un bancone chissà quante volte. La serata volgeva
al termine e i
clienti erano impazienti di avere i loro ultimi drink, quindi Carlo
riprese in
mano la situazione al bar, mentre Felix accompagnava Chiara nello
spogliatoio.
Ormai non si reggeva
più sui tacchi e
barcollò. Quella serata era un incubo che sperava solo
finisse al più presto,
anche se era sicuro che il peggio dovesse ancora arrivare.
Il locale si stava
svuotando e lui
prima di iniziare a fare i conti alzò lo sguardo per
controllare dove fosse
Chiara
-Ti sta aspettando fuori,
cercò di
tranquillizzarlo Felix ottenendo l’effetto contrario.
-È
là fuori da sola e ubriaca? Amico,
stasera giuro che ti ammazzo, lo minacciò saltando fuori dal
bar con una
bottiglia ancora tra le mani per andare a cercarla. La trovò
appoggiata al muro
vicino alla sua moto con tre ragazzi più ubriachi di lei che
cercavano di farla
salire sulla loro macchina. Lei gli rivolse uno sguardo di aiuto e lui
vide
rosso.
In un nanosecondo
ruppe la bottiglia
sul muro e prese alle spalle uno dei tre puntandogliela alla gola.
Per fortuna anche
Felix li raggiunse,
costringendoli con le cattive ad andarsene.
Chiara sembrava
spaventata a morte.
-Tutto bene? le
chiese protettivo.
-Sì
però adesso portami a casa, ti prego.
Carlo
l’avrebbe voluta immediatamente
accontentare, peccato dovesse ancora chiudere la cassa e in
più non era sicuro
che lei ce l’avrebbe fatta in moto.
-Forse è meglio se
torni con Felix in
macchina. Io finisco qui e ti raggiungo, ok?
Lei era delusa ma
acconsentì.
“Fai presto”.
A Carlo non era
piaciuto per niente il
comportamento di Felix quella sera, solo che non aveva alternative
migliori.
-Non la lasciare nemmeno un
secondo,
comandò all’amico e
scomparì all’interno per finire il suo lavoro.
Contò
rapidamente le mance. Cristo, aveva fatto il doppio del solito grazie
alla
folle idea di Chiara.
Montò
sulla Monster ansioso di tornare
a casa e volò sulla strada pregando di non incontrare
nessuna pattuglia della
polizia. Con tutto l’alcol che aveva in corpo e a quella
folle velocità, lo
avrebbero sbattuto in galera e buttato la chiave.
Arrivato a casa
trovò Chiara distesa
nel divano.
Lei dorme beata
mentre fuori c’è la
terza guerra mondiale, pensò Carlo portandola nella camera
nella camera, dove
alloggiava lei. Aveva sognato tutta la notte di sbatterla sul letto,
però di
sicuro non in quello stato. Le tolse le scarpe e la giacca, sperando
che lei si
risvegliasse nel frattempo, invece nulla.
Avrebbe potuto anche
lasciarla dormire
così, solo che magari non gli sarebbe più
capitata l’occasione di vederla nuda
e si sa, l’occasione fa l’uomo ladro. Le
sfilò piano la canotta e il reggiseno.
Trattenne il respiro e iniziò a sfilarle gli shorts sotto i
quali si trovava un
delizioso perizoma azzurro che lui avrebbe tanto voluto strappare per
farle
sentire quanto la desiderasse. Sotto si intravedeva una sottile
striscia di
corti peli pubici.
“Carlo
“, lo chiamò nel sonno.
“Chiara”, le
rispose subito lui
alzandosi e ricoprendola con il lenzuolo.
Per un attimo i loro
occhi rimasero
agganciati, poi lei li richiuse e allungò una mano verso i
bottoni tirati dei
suoi jeans.
“Ti voglio”,
biascicò mentre la
bloccava a malincuore.
Non gli era mai
capitato di dire di no
a una donna, però non gli piaceva assolutamente farlo con
un’ubriaca. La voleva
da morire, solo che voleva che lei fosse lucida mentre se la scopava.
Era
chiedere troppo?
Porca
troia, erano appena ventiquattro ore che
lei era qui a Los Angeles e già gli aveva sconvolto la vita,
i piani e tutto il
resto. Stava scoppiando quasi una terza guerra mondiale. Era un uragano
in
continua evoluzione. Era l’apocalisse per eccellenza.