Partecipante alla challenge "Angst Time" con il prompt 14, ossia "Dolore".
Seguito della fic "Il prezzo della vittoria".
Sandokan, con dolore, pensa al suo migliore amico e si tormenta per la sua tragica fine.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Un
raggio di luce lunare filtrava da una finestra e inargentava le
pareti e il pavimento della stanza, mentre, di tanto in tanto, il
richiamo delle fregate rompeva il silenzio.
Sandokan,
seduto sul letto, si rigirava tra le dita lo zuk.
La
gemma del monile, sfiorata dalla luce della lune, palpitava d'una
flebile luce argentea.
Il
re, d'istinto, strinse le dita attorno al gioiello, mentre le lacrime
tremarono nei suoi occhi. Nessun calore riscaldava quel monile.
Gli
pareva di avere tra le mani un gelido blocco metallico.
Eppure,
quel monile era l'ultimo, triste ricorro del suo amato fratellino.
–
Yanez...
Non doveva finire così... – mormorò. Suyodhana
non aveva esitato a servirsi di lui e a trasformarlo in una
marionetta umana, priva di emozioni.Erano
stati costretti a battersi dalle magie infide di quell'essere
indegno.
Si
irrigidì. Aveva lottato contro quel demonio e, pur con estrema
fatica, lo aveva sopraffatto.
Quando
la luce aveva inondato la caverna, aveva creduto che l'incubo fosse
finito.
Suyodhana
non avrebbe più usato gente innocente per compiacere le sue
brame di dominio!
Ma
la sua gioia si era infranta, come un vaso caduto sul pavimento,
quando si era avvicinato al corpo di Yanez.
Un
gelido biancore copriva il suo viso e il suo petto era fermo.
Nemmeno
una macchia di sangue macchiava quel volto, simile a quello di un
uomo addormentato.
Ma
quel sonno era eterno.
Sandokan
continuò a rigirarsi tra le mani lo zuk. Il suo amico era
stato sepolto sotto una vite di giada dai fiori viola e azzurri.
Ma
la bellezza di quel luogo non attenuava la pena sua, di Marianna, di
Kammamuri e dei suoi compagni.
Quante
volte aveva visto Kammamuri chino sotto quel vitigno fiorente, gli
occhi rossi di lacrime?
A
quella vista, il suo coraggio si congelava e ritornava nel palazzo,
il cuore greve di vergogna.
Non
riusciva a non sentirsi colpevole di quella tragedia, nonostante le
rassicuranti parole di Marianna.
Le
sue dita, leggere, sfiorarono ancora lo zuk. Quel monile, a cui il
suo fratellino era tanto legato, aveva sentito gli estremi, dolorosi
battiti del suo cuore.
Una
risata amara, quasi spettrale, sollevò le sue labbra e, con un
gesto rabbioso, lanciò il pendente sul pavimento.
Lo
zuk rimbalzò per tre volte, riempiendo la stanza di un
tintinnio metallico, poi cadde con un debole tonfo.
– Che
stupido... Che stupido... – ripeté il principe, il viso
umido di lacrime. Attraverso quell'oggetto, aveva creduto di potere
stabilire un contatto con lui.
La
disperazione lo costringeva a credere a qualsiasi idiozia, pur di
non precipitare la mente nel vuoto della solitudine.
Con
la morte tragica di Yanez, gli pareva di essere solo, prigioniero di
una tenebra infinita.
Si
vergognava di tale, egoistica sensazione, ma la sua mente non
riusciva ad allontanarla.
Aveva
perduto una parte dell'anima e non riusciva a ritrovarla.
Con
un debole lamento, si lasciò cadere sul pavimento e si strinse
la mano sul petto. Le sue lacrime, per quanto sincere, non avrebbero
ridato al corpo gelido dell'amico il calore della vita.
Eppure,
non voleva controllare la sua pena dirompente.
– Perdonami
amico mio... Dovrei essere forte, ma non ci riesco. Almeno per ora,
non ci riesco... – sussurrò, mentre il lugubre richiamo
degli uccelli notturni rompeva il silenzio della notte.