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Autore: Koa__    18/01/2023    4 recensioni
Quando, a poche settimane dal Natale, Max inizia a chiedere con insistenza di poter andare al polo nord a vedere Santa Claus, Alec e Magnus cercano di non assecondare l’ennesima richiesta assurda del loro stregoncino blu. Le cose però non sono come sembrano, il piccolo Max ha una richiesta specifica che desidera fare al solo e unico Santa Claus.
Genere: Commedia, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Max Lightwood-Bane, Rafael Lightwood-Bane
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il fattaccio di

Santa Claus








 

Quando il piccolo Max chiede di poter visitare il Polo Nord, dove vive Santa Claus, perché: «Gli devo dire una cosa super importantissima, papi» né lui né tantomeno Alec gli danno retta. Non è possibile, tenta Magnus imbastendo un mezzo discorso in cui prova a fargli capire che lassù sono troppo impegnati a impacchettare i regali e che per nessuna ragione li si può disturbare. Non sa se riesce o meno a convincerlo, il musino blu di Max sembra ancora un po’ dubbioso e così resta per almeno un paio di minuti. Quando smette di domandare, cadendo in una sorta di mutismo, a Magnus sembra ancora più sospetto, ma non insiste. Vuole semplicemente evitare di scatenare un putiferio e quindi tace e lo distrae con della cioccolata calda e dei biscottini a forma di renna. Sa che in teoria li potrebbero anche portare, esiste un villaggio di Natale in Lapponia dove è stata allestita una casa in cui Santa Claus, l’unico e il solo come recita la locandina del sito internet che ha visitato, accoglie i suoi piccoli amici che desiderano incontrarlo. Sa anche che non avrebbero nessun problema ad andarci, basterebbe organizzarsi con gli impegni di Alec e potrebbero prendersi una mezza giornata da trascorrere tutti insieme. Sarebbe sufficiente aprire un portale, ecco tutto. Max esploderebbe di gioia al solo pensiero e, nonostante sostenga in maniera altezzosa l’esatto contrario, anche Rafe si divertirebbe un mondo a dar da mangiare alle renne o a elencare i regali che vorrebbe ricevere. D’altronde è il loro primo Natale tutti e quattro insieme e il primo di Rafael in una vera famiglia, con un padre (ovviamente Magnus) che lo riempirà di regali al solo scopo di farlo felice. Anche se probabilmente a lui basterebbe soltanto avere un po’ di neve con la quale giocare, dato che proprio di recente hanno scoperto che non l’ha mai vista. Eppure a Max dicono di no, perché quello stregoncino sta crescendo un po’ troppo viziato e non possono per nessuna ragione al mondo accontentare ogni suo capriccio. Per il momento ritiene sia più saggio concentrarsi sulla letterina e la lista dei regali. Max gliene fa scrivere una lunghissima mentre Rafe al contrario scrolla la testa dicendo di non avere nessuna idea.


«Insomma» sbotta un giorno della metà di dicembre all’ennesimo “Non so” di suo figlio. Perché Max sarà anche insistente, ma sicuramente ha preso da qualcuno. Rafe lo guarda dal basso, sempre meno convinto che questa cosa del Natale gli piaccia davvero. «Vorrai pur qualcosa di speciale come regalo, no?» A quanto pare non la vuole, pensa esasperato. Rafael tace, fa spallucce e continua a giocare con il puzzle che zia Isabelle gli ha regalato. Sta componendo un lama che gioca a palla e sembra troppo impegnato per dargli retta. Gli verrà in mente qualcosa, quel vulcano di idee che è Max di sicuro lo contagerà con qualche stramberia delle sue. Ciò che al momento conta, però, è la consapevolezza che Rafe non stia assecondando i desideri del fratellino. Al contrario sbuffa come una locomotiva, sbandierando una certa irritazione ogni volta che l’argomento viene fuori. Forse è anche per questo che sottovalutano la questione. Se Rafael non dà retta a Max significa che non ci sarà nessuna alleanza strategica e che loro se la potranno cavare alla grande. In passato è successo che si facesse abbindolare, ma solo perché quel piccolo manipolatore blu farebbe qualunque cosa per ottenere ciò che vuole. In questo caso però sembra che i due siano su fronti opposti e anche quando la questione torna a galla, perché ci torna, le cose non si smuovono poi tanto. Non ci sarà un’alleanza, questo è vero, ma Max è un mirtillino piuttosto insistente e ogni sera dopo il bagnetto chiede di poter andare da Santa Claus al Polo Nord. Magnus ringrazia che non sia già capace di aprire portali o ci sarebbe andato da solo. E non vuole neanche pensare a quando sarà in grado di farlo. Però lo domanda a lui un giorno sì e l’altro pure, chiede addirittura ad Alec di aprirne uno e anche a zia Clary, e a zio Jace, e persino a Simon. E a Catarina. Lo chiede a chiunque. Anche alla commessa del supermercato che grazie al cielo è una lupa mannara e può vedere oltre il glamour, concedendogli un sorriso e un buffetto sulla guancia, invece di guardarlo male. Quel bambino è il più insistente piccolo stregone che abbia mai visto in tutta la sua lunghissima vita.


 

Anche quella sera, Max è stato molto chiaro riguardo ciò che desidera fare prima della vigilia: andare al Polo Nord e siccome sia lui che Alec non fanno che dirgli che è impossibile, lui fa ciò che gli riesce meglio ovvero i capricci. Li fa per il bagnetto, per lavarsi i dentini e anche per indossare il pigiamino di Paperino che tanto gli piace. Non vuole nemmeno che Alec gli legga la favola, contrariamente a Rafe che invece adora Pollicino e non vede l’ora che gliela leggano, la sera. Max invece da più di mezz’ora non fa che chiedere di poter vedere Santa Claus.
«Torniamo fra cinque minuti, lo prometto» lo prega mentre Magnus gli rimbocca le coperte e poi anche dopo, quando va in cerca del suo peluche preferito, finito ovviamente sotto al letto.
«Ti ho detto di no» risponde Magnus, determinato.
«Ma è molto, molto importante. È la cosa più importante dell’universo!»
«Ci credo, Max, ma un no è un no e devi imparare a obbedire.» Gli si stringe il cuore a dover essere così categorico, ma è necessario. Vorrebbe portare entrambi in Lapponia, ma mirtillo sta diventando davvero troppo insistente e se assecondassero ora i suoi capricci, poi lui li terrebbe in pugno per tutta la vita. Eppure, quando il labbrino blu di Max trema pericolosamente e gli occhi si riempiono di lacrime, Magnus si sente uno stronzo totale. Fanno una gran fatica a farlo addormentare, Alec è costretto a ricorrere alle maniere forti ovvero le ninne nanne che Maryse gli cantava quando lui e i suoi fratelli erano piccoli e che probabilmente contengono una sorta di magia perché crollano sempre entrambi addormentati senza che nemmeno se ne accorgano. Detesta dirlo, ma quando a tutti e due chiudono gli occhi e il silenzio scende sul loro lussuoso loft di Brooklyn, si sente in pace.


 

Passa mezz'ora prima che lui e Alec finiscano di cenare. Sono talmente stanchi che nessuno si è davvero lamentato di quella pizza riscaldata velocemente nel microonde. Cenano in silenzio, con le menti che rimuginano. Alec è così distratto che neanche si lamenta quando fa sparire le stoviglie sporche con la magia, di solito lo rimprovera perché dice che è uno spreco utilizzarla per azioni così banali che potrebbero fare facilmente usando i metodi tradizionali. Quando affondano tutti e due nei morbidi cuscini del divano, intuisce che ha trascorso tutto il tempo a pensare al da farsi perché non passa neanche un minuto da che Magnus posa la testa sulla sua spalla, che il suo fiorellino se ne esce dicendo che devono fare qualcosa.
«È necessario, Mags» mormora stiracchiandosi pigramente. «O non ci farà più vivere.» Ha ragione, anche se odia ammetterlo. Non lo porteranno in Lapponia, perché quello è fuori discussione, ma concordano nel dover andare al più presto allo F.A.O. Schwarz * dove ci sarà un tizio vestito di rosso con una bella barba bianca, che ascolterà i desideri dei suoi bambini. Giunti a quel punto è la sola cosa che possono fare e Magnus, abbracciando il suo Shadowhunters prima di baciarlo per bene, capisce che non gli dispiacerà nemmeno vedere i suoi figli al cospetto di Santa Claus.





 

È la mattina del ventitré dicembre, quello che hanno metaforicamente segnato sul calendario come “Il giorno X”. Porteranno i bambini a incontrare Santa Claus e siccome sanno benissimo che è meglio morire di Max che insiste, che di Max sovreccitato, non hanno ancora rivelato a lui e a Rafe la grande notizia. Magnus ha iniziato la giornata nel migliore dei modi possibili: si è svegliato felice e appagato, il che influisce tuttora sul suo umore. Ha chiesto ad Alec di prendersi una vacanza e di lasciar da parte gli impegni almeno sino all’inizio dell’anno nuovo, gli pare ancora incredibile che abbia detto di sì. Questo è stato il primo mattino dopo settimane in cui ha aperto gli occhi e ha trovato il suo fiorellino intento a ronfare al suo fianco, invece di allungare la mano su un materasso vuoto e freddo. La considera una vittoria in tutto e per tutto, che ha festeggiato con del sano, pigro sesso mattutino. Dopo una doccia e una tazza di caffè bello forte, che Magnus sta imparando ad apprezzare, il che ha dell’incredibile, si decidono a far alzare i bambini. L’impresa non è mai troppo complicata, casomai il difficile è metterli a letto. Max quando era più piccolo ha dormito sin troppo poco e adesso non vede l’ora di alzarsi dal letto. Lo trovano infatti mentre è intento a canticchiare una canzoncina di Natale e far volare tutti gli oggetti della stanza.
«Jingle bells, jingle bells» intona, agitando le sue paffute manine blu sopra la testa. La lampada del comodino a forma di ape si accende di una calda luce dorata e vola a mezz'aria come in una specie di danza assieme a tutti i suoi peluche. Rafe, nell’altro lettino, dorme così profondamente che di lui si potrebbe pensare che abbia due tappi alle orecchie. Shadowhunters, sorride scrollando la testa, riescono a dormire in ogni situazione.  

«Sveglia, bimbi, oggi sarà una grande giornata!» trilla un Magnus particolarmente entusiasta, intanto che Alec tira le tende per far entrare un po’ di luce.
«Andiamo al Polo Nord?» domanda Max, all’improvviso attento. Smette di cantare a fa cadere tutti gli oggetti, Magnus è abbastanza sveglio da riuscire a non farne rompere nemmeno uno, riportandoli alle loro collocazioni originali. Deve insegnare a quel bambino come depositare gli oggetti a terra, dato che ha spaccato abbastanza lampade e soprammobili nella sua breve vita.
«Perché io ci devo dire una cosa super importantissima. Cinque minuti per davvero, papi. Eh, allora possiamo?»
«Max, quante volte ti abbiamo detto che non andremo al Polo nord? Quante?» lo rimprovera Alec, severo. Mirtillo però non si scompone affatto, quasi non sembra toccato dall’ennesimo rifiuto e Magnus inizia a pensare che se nemmeno i rimproveri gli fanno effetto, allora la loro vita è davvero finita. 
«Non lo so, dieci? Non me lo ricordo» mente, furbo, facendo spallucce. «Io non lo so se mi avete detto di no, forse sono malato… Papi, Santa Claus guarisce i bambini come fa zia Cat? Perché per me, sì.»
«Beh, è un peccato che tu non ti senta bene perché per i bambini che fanno colazione e si vestono senza fare i capricci c’è una sorpresa super bellissima» borbotta Magnus, fingendo indifferenza.
«Davvero?» domanda Max, già in piedi sopra al letto che saltella come un piccolo canguro blu. Anche Rafe si è svegliato, ha seguito tutto il loro dialogo con attenzione mostrandosi sempre più emozionato. In effetti sembra decisamente più eccitato all’idea del Natale rispetto a qualche settimana fa. Alla fine si è anche deciso a creare una sua lista di desideri. Un giorno, infatti, si è presentato a lui, porgendogli un foglio dove ha scritto con una matita rossa la parola: “Puzzle”. 
«Por papa Noel» ha detto, arrossendo appena sulle guance. A Magnus si è stretto il cuore: è il suo primo Natale in una famiglia, potrebbe chiedere qualsiasi cosa e lui vuole un semplicissimo puzzle. Beh, gli comprerà il migliore che esista questo è certo.
«Scommetto che c’è un elfo che sta già lavorando al tuo regalo» gli ha detto, abbassando la voce come se fosse un segreto. Rafe non è sembrato troppo convinto della cosa, in effetti è come se tutta la faccenda di Santa Claus gli desse da pensare. Anche adesso che lo vede sfrecciare verso il bagno, superando Max in velocità, sente che dovranno affrontare la questione perché è dal giorno in cui hanno addobbato l’albero del soggiorno che ha quel musino imbronciato. Ad ogni modo lasciano che i piccoli si vestano e facciano colazione prima di sganciare la bomba. È Magnus a introdurre l’argomento, servendo loro una tazza di latte e cacao.
«Non andremo al Polo Nord» replica a un mirtillino che, ovviamente, è tornato ancora sulla questione. «Quello è un posto freddo e inospitale, solo gli elfi e le renne possono viverci e tu non sei né l’uno né l’altro» dice sperando di averla risolta per sempre. «Però la bella notizia è che lo incontrerete comunque qui a New York. Quindi filate a lavarvi i dentini e anche bene dietro le orecchie, soprattutto tu, Rafe. I bambini puzzolenti non incontreranno Santa Claus, sono stato chiaro?» Se Max padroneggiasse bene la magia è certo che farebbe tutto soltanto schioccando le dita, ma oltre al fatto che non è ancora in grado di schioccare davvero niente, buona parte della sua bella magia dorata è involontaria. Ciò però non toglie che riesca a svuotare la tazza in un paio di secondi netti e che subito dopo sia giù dalla sedia e stia correndo come un pazzo verso la cameretta. Lo sentono gridare per tutto il tempo e agitare le braccia per aria. A proposito di magia involontaria, dietro di sé lascia una scia dorata che fa levitare ogni soprammobile del soggiorno e che ovviamente finisce con il ricadere pesantemente a terra. Va già bene, pensa Magnus riportando ogni cosa al proprio posto, almeno non ha incendiato il soggiorno. Sente invece Rafael sbuffare intanto che, lentamente, svuota la propria tazza e si ripulisce il faccino con un tovagliolo. Dopo tutto questo tempo ancora si stupisce di come quei due bambini abbiano un temperamento così diverso. Non è sicuro che sia merito della loro natura, l’uno mezzo angelo e l’altro mezzo demone, ma che sia proprio una questione di carattere. Forse hanno preso da loro molto più di quanto non si siano resi conto. Se Max è un uragano blu sempre in movimento, Rafe è mite e introverso. Lo possono toccare con mano anche nella maniera in cui si approcciano alla questione “Santa Claus”. Magnus è ancora convinto che Rafe sia dubbioso riguardo la sua effettiva esistenza, ma nonostante tutto sorride mentre lo tiene in braccio e indica il vecchio con la barba e il pancione, dicendo: «Papa Noel!» Vederlo sorridere, dopo tutte le sofferenze che ha patito e aver fatto la fame per strada, è quanto di più bello possa esistere al mondo.



 

Alec è sempre molto morigerato, quando deve commentare un qualcosa o dare un’opinione non ha la tendenza a esagerare come fa lui, al contrario risulta sempre molto obiettivo.  In parte è una questione di carattere, Magnus è agli antipodi in questo senso, ma in altrettanta misura è una sorta di deformazione professionale. Il suo dolce bon-bon ha imparato con il tempo e l’esperienza a essere oculato nei giudizi che esprime e a suo modo di vedere è difficile che si allontani dalla verità. Ciò significa che quando gli fa notare, di ritorno dal negozio di giocattoli, che ha fatto così tante foto da poterci tappezzare l’intera New York, Magnus inizia a pensare di essersi lasciato andare un po’ troppo. Oh, non ha intenzione di chiedere scusa a nessuno perché come poteva pensare di resistere? Max e Rafe erano così carini al cospetto di Santa Claus… Certo hanno dovuto usare un glamour per Max, perché per i mondani un bambino tutto blu è una stranezza, mentre lui ha dovuto nascondere i suoi favolosi occhi da gatto, ma è stato comunque stupendo. Anche se mirtillo a un certo punto ha iniziato a urlare a squarciagola di essere uno stregone e di voler far sparire tutti quanti. La signora che in coda stava subito dietro di loro con, per mano, un paio di bellissime gemelline l’ha guardato con compatimento come a volergli dire: “Ti capisco benissimo”.
«Ha molta fantasia» si è giustificato Magnus, corrompendo il piccolo Max con la promessa di una cioccolata calda, se fosse stato zitto e se non avesse praticato delle magie almeno sino al ritorno a casa. Sotto questo punto di vista è stata una vittoria, niente si è incendiato e nessun mondano è morto per lo spavento. Beh, il tizio travestito da Santa Claus ha fatto una faccia un po’ strana quando, sempre Max, ha chiesto di poter avere una renna come regalo. Anche lui l’ha guardato con compassione e probabilmente anche giudicandolo, magari accusandolo mutamente di essere uno di quei genitori incapaci che, pur di farli star buoni, viziano i figli. Magnus non è sicuro di ciò che quel Santa newyorkese pensasse realmente di lui, ma sfiderebbe chiunque a crescere uno stregone e uno Shadowhunter sotto lo stesso tetto e a uscirne indenne. Anche per questo, tirando le somme, abbozza dicendo a se stesso che in fondo è andata piuttosto bene. I bambini si sono divertiti mentre lui e Alec… beh, a quanto pare sarà meglio pensare a dove mettere la stalla per le renne, dato che Max ne ha chieste almeno due.
«Così fanno amicizia, papi» si è giustificato quel piccolo manipolatore blu. Alzando gli occhi al cielo, ma comunque sorridendo, Magnus accelera il passo sino a raggiungere un punto sicuro in cui aprire un portale e tornare finalmente a casa.



 

Una volta lasciatosi cadere sul divano, minuti più tardi, Magnus si rende conto che è solo mezzogiorno, ma lui è a dir poco esausto. Ha programmato di preparare gli omini di pan di zenzero quel pomeriggio, per divertire i bambini e poi quelle piccole pesti hanno richiesto di guardare un cartone animato tutti quanti insieme. A essere sinceri non è sicuro di riuscire a reggere fino all’ora della nanna, già adesso vorrebbe chiudere gli occhi e lasciarsi cullare dal suo Shadowhunter preferito. E chi se lo immaginava che il Natale sarebbe stato così impegnativo? Gli anni passati Max era più piccolo e capiva molto meno mentre Rafael non c’era, quindi dovevano gestire un singolo bambino. Ora ne hanno due, di cui uno con le pile che durano all’infinito. Anche per questo è felice di aver messo su famiglia con uno Shadowhunter: hanno una resistenza oltre la norma mentre lui è spiaggiato sul divano, infatti, Alec è indaffarato in cucina intento a preparare il pranzo. Sembra fresco come una rosa, quasi si fosse appena svegliato e non fosse rimasto due ore in coda tra bambini urlanti, musichette fastidiose e il tutto tenendo in braccio un bambino senza mai lasciarlo a terra. Accidenti, invidia la sua costituzione da Nephilim, la vorrebbe anche lui. Magnus sbadiglia sonoramente stiracchiando i muscoli della schiena vagamente indolenziti, ha le gambe a pezzi e adesso pensa solo al massaggio che Alec gli farà subito dopo pranzo. Di conseguenza non si rende realmente conto di quello che sta succedendo, sente i bimbi discutere tra loro, ma dato che non stanno litigando come mortali nemici, lascia che se la sbrighino da soli anche perché non può intervenire in ogni battibecco. Pensa soltanto che con tutta questa storia del Polo Nord l’hanno fatta franca, perché Max non ha più fatto richieste del genere, anzi non l’ha proprio più nominato. E siccome i bambini hanno addirittura incontrato Santa Claus allora pensa di essere al sicuro, ma è un’illusione. Una cosa nella quale spera, convinto che affronterà problemi simili soltanto fra un anno, ma che in realtà non si è affatto avverata. La questione è tutto tranne che risolta. Quando capisce che c’è qualcosa che non va, è perché mirtillo sbraita a gran voce, batte i piedini a terra e urla dicendo: «Quello non era il vero Santa Claus!» a un Rafe che, a braccia conserte, lo fissa in maniera scettica. Magnus, il quale ha ormai sviluppato un fortissimo istinto paterno e che spesso stana i guai ancora prima che questi scoppino, balza immediatamente in piedi e li cerca entrambi con lo sguardo. Max sta al centro del soggiorno, ha i pugnetti blu stretti stretti rilasciati lungo il corpo teso e quasi può vedere delle piccole scintille di magia uscirgli dalle dita. A quattro anni riesce a controllarla meglio rispetto a quando era più piccolo, ma sentimenti come la rabbia lo agitano e allora scintille dorate saettano dalle sue piccole dita come schegge impazzite. Rafe non ci bada, gli Shadowhunter hanno un’istintiva calma serafica di fronte a questo tipo di problemi e quindi se ne sta zitto, a braccia conserte e con in volto quell’espressione che a lui ricorda terribilmente Alexander. Dev’essere una caratteristica dei Nephilim perché ha quel cipiglio vagamente austero e al tempo stesso determinato, che quasi stona con la sua giovanissima età. Ne è sorpreso ogni volta che la vede e anche allora quasi si distrae a studiarlo, ma è giusto per un istante, quando si riscuote si rende conto che si sta lentamente avvicinando ai bambini. Cammina con passo felpato, felino così come lo sarebbe Presidente Miao. La questione è seria, Magnus lo intuisce dal fatto che quello di Max non è il pianto di un capriccio, mirtillo è davvero sconvolto dalla semplice idea di aver incontrato un finto Santa Claus. La cosa non lo scompone e non lo agita come di solito riescono a fare le lacrime di uno dei suoi figli. In genere se ne dispiace così tanto che ha la pessima tendenza a farli felici, viziandoli e dando loro qualsiasi cosa desiderino. In questo caso non è così sconvolto, oltre ad aver tenuto duro per settimane, si sente più che pronto ad affrontare la questione dato che lui e Alec hanno preparato un discorso nell’eventualità che uno dei due smettesse di credere alla faccenda della slitta e delle renne. Anche se quattro anni è davvero troppo poco per non credere più a Santa Claus.
«Mirtillo!» Magnus richiama l’attenzione di suo figlio, parlandogli a voce bassa e con i toni più dolci che conosce di modo che non si spaventi e non fugga via come di solito fa, agitando ulteriormente la sua magia. Si inginocchia invece alla sua altezza, sedendosi poi a terra con le gambe all’indiana. Max sulle prime sembra stupito, ha portato un braccio a coprire gli occhi e quando si sente chiamare, lo spia da dietro le sue lunghe ciglia scure. Ha gli occhi gonfi e rossi, ma almeno ha smesso di singhiozzare come faceva un attimo fa. Magnus non sa se le lacrime derivino dal suo aver capito che la slitta, le renne e l’omino vestito di rosso non esistono, e di conseguenza si sente tradito dai suoi genitori, o perché ci sia qualcosa che non gli ha detto. Sì, è sempre stato il più viziato dei due. Quello che pretende regali assurdi e ripete di desiderarli con una certa insistenza finché non li ha ottenuti. Li ha assillati per mesi per avere un fratellino prima che questi non arrivasse davvero, per pura casualità tra l’altro, ma non si è mai comportato in questo modo. Non al punto di piangere disperato. Quando era più piccolo faceva molti più capricci, ma con il tempo sono riusciti a fargliela passare. Anche per questo, Magnus sente che c’è qualcosa di strano.
«Non era quello vero» continua, stropicciandosi gli occhi. Oh, adesso è tutto più chiaro. Non ha smesso di credere alla slitta e ai regali, pensa solo di aver visto un suo sosia e di essere stato preso in giro. In effetti, Max non ha tutti i torti a sentirsi in questo modo. I bambini non sono scemi e certe cose riescono a capirle nonostante la loro giovane età e l’innocenza delle loro intenzioni, così come quella dei loro pensieri. E comunque quel tizio era davvero un pessimo attore. A ben pensarci dovrebbe mandare una lettera a quelli del grande magazzino, per dir loro di fare dei casting più oculati il prossimo anno.
«Voi avete detto che andavamo dal vero Santa Claus, ma non era vero. Siete dei bugiardi.» Oh, questa è tosta da digerire. Accidenti, se si sente in colpa! Se qualcuno gli avesse dato una coltellata in pieno petto avrebbe fatto meno male, perché non era realmente pronto a sentirsi dare del bugiardo da uno dei suoi figli. Solitamente ne farebbe un dramma, ma in quel momento sarebbe solo controproducente e quindi cerca di essere il più possibile quel tipo genitore maturo e responsabile e troppo spesso sente di non essere. Quindi niente tragedie, non è il caso. Pensa a cosa farebbe o direbbe Alec in una situazione come quella e prova a fare altrettanto, sperando che funzioni.

«Hai ragione, quello non era il vero Santa Claus» ammette e il bambino, se possibile, aumenta il proprio pianto. D’accordo può sembrare che abbia sbagliato, ma in realtà vuole arrivare in un punto preciso e spera solo che mirtillo lo stia a sentire. «Ma io e papà non volevamo di certo prenderti in giro, il vero Santa vive al Polo nord lo sai anche tu.» Magnus fa apparire un fazzolettino di stoffa e si aiuta con quello per asciugare i suoi occhietti umidi, gli schiocca anche un sonoro bacio sulla guancia, un’attenzione che Max sembra apprezzare in maniera particolare.
«E quello chi era allora?» domanda mirtillo, poco dopo. Se sperava d’averla risolta così allora è un idiota, non l’ha convinto per niente.
«Semplice, è un suo aiutante» interviene Alec, il quale li raggiunge in salotto con uno strofinaccio gettato sopra la spalla e un grembiule con sopra scritto: “Kiss the cook”. In un’altra occasione avrebbe davvero baciato il cuoco, se lo terrà per quando avranno risolto questa ennesima emergenza familiare. Si limita a sorridere quando nota Alexander prendere in braccio Rafael e baciarlo su una guancia. Rafe per tutto il tempo non ha dato segno di essere scontento o sorpreso, pare più che altro annoiato e alla fine sembra avere lo stesso musino scettico di sempre. A parte in questo momento, ora invece ride ed è solo contento di stare tra le braccia del padre. Nell’osservare entrambi, così come nel ricordare le parole che Alec ha appena pronunciato, Magnus non riesce a fare a meno di pensare a quanto sia stato sagace a venirgli dietro in quel modo. Se Max piange perché si sente preso in giro, allora forse è meglio non dirgli ancora la verità e Alexander lo sa bene, ma è meglio condirla con un pizzico di fantasia. Ha solo quattro anni, come ricorda a se stesso anche allora, non sembra davvero pronto per sentirsi dire che Santa Claus non esiste. Anche se in parte si sente ancora infimo a raccontare loro delle favole,non vuole davvero che i bambini scoprano che sono loro a comprare i regali e non un tizio vestito di rosso che scende dal camino. Non ancora. Sono così piccoli. Quindi sorride e prende in braccio mirtillo e gli dà un sonoro bacio sulla tempia. Le sue lacrime non si fermano, ma perlomeno sembra più attento e disposto a starli a sentire.
«Papà ha ragione» gli dà manforte Magnus intanto che vede Alec annuire con vigore e quindi guardarlo, come a volerlo incoraggiare a dire dell’altro. «Deve fabbricare giocattoli per milioni di bambini in tutto il mondo e non può ascoltare le richieste di tutti, quindi invia dei suoi aiutanti. Persone che sono molto simili a lui e che hanno il compito di riferire quello che tu e Rafe desiderate ricevere.» Quando finisce di parlare, un silenzio lieve scende su tutti loro. Adesso, Max lo fissa da dietro i suoi occhioni blu, ancora bagnati di lacrime. Ancora non sembra convinto, ma ha smesso di disperarsi e sembra anche pensieroso come se stesse ragionando su un problema molto importante. Dopo un istante o due di riflessione, il piccolo inizia a ribattere con le sue argomentazioni: «Ma è vero allora che Santa porta i regali anche ai grandi?» dice il bambino con fare interrogativo. Per istinto, Magnus porta lo sguardo su Alec. Sì, hanno detto a entrambi che tutti ricevono regali da Santa Claus. Questo perché Rafael si era mostrato scettico e non era sicuro del perché anche i grandi non avessero diritto a un regalo, osservazione che aveva fatto piangere Max, scatenando così un putiferio di magia incontrollata. Era stato allora che si erano messi d’accordo nel dire che tutti avevano diritto a un regalo, anche i papà e gli zii, le zie e anche la nonna.
«Lo sai già che è così, mirtillino, perché lo chiedi?» domanda Magnus, seguitando ad asciugare i suoi occhi.
«Perché io…» dice, interrompendosi solo per emettere un gran sospiro esasperato. «Perché quando ci ho detto a quel Santa che deve portare i regali anche a papà, perché lui è il più buonissimo papà del mondo, lui ha detto che non li porta ai genitori quindi ho pensato che non è quello vero. Perché Santa non dice mai bugie e allora quello lì ha detto una bugia, quindi non è il vero Santa Claus.» Magnus assottiglia lo sguardo, stringe ancora meglio il piccolo a sé, schioccandogli un altro sonoro bacio sulla fronte che lo fa addirittura ridacchiare. C’è un dettaglio in ciò che ha detto che gli dà da pensare. Non la parte dei regali ai grandi, ma quando ha parlato di papà che è buono e merita di ricevere i regali. Per quale ragione ha pensato che fosse una cosa da precisare? Anzi non da precisare, ma una specifica richiesta da infilare addirittura tra quei regali di Natale a cui tanto tiene? Mh, forse c’è un motivo se mirtillo ha insistito tanto, forse non erano soltanto capricci.
«Tesoro, hai chiesto a Santa Claus che anche papà ricevesse un regalo di Natale?» Alec, che deve aver intuito la serietà dell’argomento, anche perché ha capito che si sta parlando di lui (Alec è infatti il “Papà” dei due) si avvicina, sedendosi a terra proprio vicino a loro. Mirtillo annuisce timidamente, con ancora gli occhioni bagnati di lacrime, nel vedere il suo papà con il braccio Rafe sorride appena. Alexander rimarrà sempre il suo preferito dei due, quello che ammira e imita al di là di ciò che la natura ha donato loro, ovvero due tipologie di poteri differenti. A Max non importa di non avere sangue angelico nelle vene, vuole diventare uno Shadowhunter un giorno proprio come il suo papà e nessuno lo distoglierà mai da questo proposito. Non è sicuro invece del perché abbia tenuto a precisare con Santa Claus il suo dover ricevere un regalo, non ha mai fatto una simile precisazione prima.
«Perché tu hai detto che papà è stato cattivo e che sarebbe finito nella lista dei cattivi e io non volevo. Perché lui è super buonissimo e anche fortissimo, lui è così forte che può sollevare tutto il mondo se vuole. Io ce l’ho detto a quel Santa del negozio di giocattoli, ma lui ha riso e non ci credeva. E allora lui è stupido ecco, nessuno offende il mio papà.» Quando il labbro inferiore di Max trema vistosamente e gli occhi di nuovo si riempiono di lacrime, Magnus intuisce che sta di nuovo per mettersi a piangere. Corre ai ripari prima che questa volta faccia esplodere qualcosa di grosso, come il divano. Oh, una volta ci sono andati vicini con un cuscino che ha fatto saltare in aria, riempiendo di piume la cucina.
«Mirtillo, non ho mai detto che papà è stato cattivo e non lo penso neanche. Cosa te lo fa pensare.»
«Sei un bugiardo e sei tu il cattivo!» sbotta Max cambiando repentinamente umore e puntandogli contro il dito, è scivolato via dalla sua presa come un piccolo pesciolino fuori dall’acqua e adesso lo fissa con rabbia. Se sentirsi dare del bugiardo fa male una volta, due volte è persino peggio. Che ha fatto di tanto male per ricevere un’accusa come quella? Cavolo, Max pare proprio furioso? 
«Papà è stra-buonissimo, mi fa giocare, sa un sacco di favole. Mi fa il solletico, mi insegna a essere uno Shadowhunter super bravo come lui e tu hai detto che è cattivo, ma non è vero.»
«Max, basta con questa storia» ribatte Magnus con tono perentorio. «Non ho mai detto una cosa del genere.»
«Sì, invece!» replica un mirtillo che non ha davvero mai visto così inviperito. Eppure lui non… oh! OH! Lo capisce allora, in quel momento si rende conto di cosa Max ha sentito. Gli basta vedere il volto di Alec, diventato improvvisamente rosso al punto da sembrare in fiamme e poi sentire una specie di squittio uscire dalle sue labbra. Quello è imbarazzo, di quello che mostra ogni volta che c’entra il sesso. Il suo fiorellino è molto più spigliato rispetto al passato, ma rimane comunque un uomo molto pudico e che tende pericolosamente ad arrossire. Cosa che a dire il vero fa ammattire Magnus, ma questo è un altro discorso. In quel frangente, Alec ha come un sussulto, tanto che ha addirittura lascia andare Rafe mettendolo a terra. Un Rafael che ora lo guarda stranito.
«Papà, sei tutto rosso in faccia» fa notare il piccolo, attirando l’attenzione di Max che, già dimentico, inizia a ridere e a dargli del pomodoro. Ma Alec non risponde e non spiega, guarda invece lui. Nel tempo, e sapendo di non poter parlare di certe cose davanti ai bambini, hanno sviluppato una sorta di linguaggio segreto in cui si capiscono al volo. Capisce che c’entra il sesso e allora ricorda: dev’essere stato attorno ai primi di dicembre, a pensarci poco prima che Max iniziasse a insistere con quella faccenda del Polo Nord. Lui e Alec erano soli in cucina o almeno così credevano, non si sfioravano da un po’ dato che in quel periodo il suo fiorellino aveva lavorato molto e così dopo cena avevano iniziato a flirtare un pochino e avevano cominciato a giocare con quella storia della lista dei desideri per Santa Claus. Magnus si era lasciato scappare il fatto che Alec fosse stato un “Bambino davvero cattivo”, dato che non facevano sesso da più o meno una settimana, osservazione che poi aveva aperto la strada a quel minimo di bondage che lui e Alexander facevano una volta ogni tanto e che piaceva a entrambi. Non pensava però che fossero stati spiati, avevano messo a letto i piccoli e credevano dormissero. D’un tratto capisce ogni cosa. L’insistenza di Max per parlare con Santa Claus, le sue lacrime così disperate… Doveva capirlo subito invece che limitarsi a dirgli di no.
«Max» lo redarguisce, cercando di non essere però troppo severo, in fondo è un bambino e grazie a Dio non comprende ancora le implicazioni sessuali di un discorso. «Cosa abbiamo detto dei discorsi dei grandi?» Il bambino smette di additare il padre, dandogli della “Faccia da peperone” e abbassa lo sguardo, fissando a terra con fare colpevole. Sa che deve chiedere spiegazioni e non intestardirsi, non avere la pretesa di sapere tutto senza provare a farsi piegare le cose. Ne hanno già parlato.
«Che se non li capisco devo chiedere» risponde lui, mogio.
«Esatto! E questo vale anche per te, Rafe. Se io e papà diciamo cose che voi non capite o che trovate strane, dovete chiedere. Max, non ho mai detto che papà era stato cattivo.»
«Ma tu…» tenta di ribattere.
«Max, papi stava scherzando» interviene Alec, ancora più rosso in viso di un pomodoro, ma perlomeno in grado di articolare una frase.
«Non intendevo davvero dire che è un papà cattivo, era solo un gioco.»
«Che gioco?» si interessa mirtillo.
«Uno da grandi e non adatto ai bambini piccoli come voi» fa notare Alec.
«Quindi papà riceverà un regalo per Natale?» chiede Max, ancora scettico.
«Ma certo che sì, ne riceverà tantissimi.» Gli “Evviva” di Max si trasformano presto in uno sfogo di magia. Questa volta non sono fiamme dell’inferno e nemmeno scintille di rabbia, ma fuochi d’artificio e sì, addirittura neve. Fa nevicare in corridoio e probabilmente anche nella sua cameretta. Magnus non fa troppo caso a quello, sistemerà dopo eventuali danni. Anche perché adesso c’è Rafe a cui pensare. Se Max è felice come un canguretto blu e salta come un forsennato, facendo cadere piccoli fiocchi di neve ovunque vada, Rafael li guarda entrambi dal basso.


«Papa Noel esiste?» domanda, Magnus ha un piccolo sussulto. Una domanda così diretta, ma se lo aspettava. Non solo perché nelle settimane passate pareva indifferente alla questione “Regali di Natale”, ma anche perché con il passato che ha alle spalle è quasi naturale che stenti a crederci. In realtà hanno già pensato a come gestire la situazione di Rafael, ma non hanno davvero deciso qualcosa di concreto e quindi guarda Alec con fare scettico. Che devono fare? Dirgli la verità? Rafe non è molto più grande di Max, ha appena sei anni e ha già avuto una vita difficile. Deve smettere così presto di credere alla magia del Natale?
«Rafe, certo che esiste» tenta Magnus.
«E perché si è dimenticato di me per tutto questo tempo? Quando vivevo per strada non mi ha mai portato regali, è perché sono stato cattivo? Perché rubavo le cose da mangiare? Ma io avevo fame e nessuno voleva darmelo.»
«Ma certo che no, piccolo» interviene Alec, prendendolo in braccio. Magnus è subito loro accanto, accarezza con una mano la schiena del bambino e con l’altra quella di Alexander.
«Papa Noel ha tantissima magia, è vero, proprio come me e Max» dice, notando con sollievo che il bimbo ha stirato un larghissimo sorriso felice. «Però non sempre riesce a trovare i bambini e quando non hanno una famiglia come non ce l’avevi tu, purtroppo ogni tanto succede che i regali vadano persi, ma tu non sei affatto cattivo.»
«Quindi quest’anno riceverò tanti regali?»
«Sai che c’è?» dichiara Magnus, battendo le mani l’una contro l’altra. «Santa Claus esiste e te lo dimostrerò. Piccoli» dice, richiamando l’attenzione anche di Max che per tutto il tempo non ha smesso di correre in giro per casa. «Adesso ci mangiamo una bella pizza e poi andiamo tutti al polo nord a incontrare Santa Claus, le renne e tantissimi elfi. Vi va?» Questa volta sorride anche Rafe e si unisce al coro festante di Max non appena Alexander lo rimette a terra. Un Alec che, ora al suo fianco, gli cinge la schiena con un braccio prima di baciargli la tempia. È il suo modo un po’ goffo e timido di dirgli che ha preso la decisione giusta. Ci sono strappi alla regola che vale la pena di fare, soprattutto per un bambino come Rafael che nella sua breve vita ha già sofferto moltissimo.
«La prossima volta che mi devi dire che sono stato “Cattivo”» sussurra, virgolettando l’aria. «Assicurati che non ci sia nessuno al di sotto del metro in giro.»
«Sarà fatto, fiorellino!» trilla, ritenendosi già fortunato che non gli ha proibito per sempre di fare certi giochini. Avrebbe anche potuto, il suo tenero e dolce cupcake si imbarazza ancora molto facilmente, nonostante siano passati degli anni dalla loro prima volta.
«Anche perché non ci tengo a replicare tutto questo.» Magnus ridacchia intanto che coinvolge il suo Alexander in un bacio un po’ più profondo e che durerà almeno venti secondi. Lo giura a se stesso intanto che lo attira a sé. Attorno a loro, i bambini sono eccitatissimi e non fanno che gridare e correre per il salotto. In futuro ricorderanno tutto questo come: “Il brutto fattaccio di Santa Claus” e ne rideranno. Per il momento possono tirare il fiato e ripetersi che va bene così, che se la sono cavata per l’ennesima volta. Ora deve baciare il suo Shadowhunter un’altra volta, almeno per trenta secondi.



 



Fine


 





*Uno dei negozi di giocattoli più famosi di New York, per intenderci è quello che si vede in “Mamma ho riperso l’aereo e mi sono smarrito a New York”.

 

Note: Avevo iniziato a scrivere questa storia per il “Calendario dell’avvento” di Shadowhuntersalliance, su Wattpad, ma non ero riuscita a finirla in tempo e avevo rimandato a dopo le feste. Il prompt era “Polo nord” e non so dire come abbia fatto a uscire questa storia. Essendo un po’ più corposa delle precedenti, oltre che finito il “Calendario dell’avvento” ho pensato di pubblicarla a sé stante e non nella raccolta.

Un ringraziamento a Pampa che ha letto la storia in anteprima, mi ha aiutata a notare alcuni errori e mi ha rassicurata circa il fatto che fosse leggibile.
Grazie a tutti per aver letto.
Koa
   
 
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