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Autore: Eneri_Mess    19/01/2023    2 recensioni
[...] Fu la prima impressione che Fukuzawa provò nel trovarsi davanti quello che una volta era stato un ragazzino di appena quattordici anni, capace di sorprenderlo e uccidere qualcuno con le mani letteralmente legate dietro la schiena.
[SPOILER S4] [Spoiler 3a Light Novel]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Akiko Yosano, Osamu Dazai, Ranpo Edogawa, Sakunosuke Oda, Yukichi Fukuzawa
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Alla Socia.

 

In un qualche momento prima della Dark Era...

 

Gli anni potevano passare, ma non c’era modo di dimenticare certi sguardi - quelli caustici, accusatori, senza speranza - anche quando questi si erano ammorbiditi e non ci si scorgeva più la profondità di sentimenti spessi come muri.

Fu la prima impressione che Fukuzawa provò nel trovarsi davanti quello che una volta era stato un ragazzino di appena quattordici anni, capace di sorprenderlo e uccidere qualcuno con le mani letteralmente legate dietro la schiena.

Quelle stesse mani ora erano rigide nel tenere e cercare di non accartocciare un sacchetto della spesa; a comunicare che anche l’altro uomo, dopo quasi dieci anni, non si era scordato di quell’episodio specifico.

Yokohama viveva sotto un cielo sereno quel giorno.

Non era ancora primavera, ma dava l’idea di essere già iniziata, con delle giornate tiepide che da sole erano in grado di portare il buon umore. Le persone ne stavano approfittando, affollando le strade anche sul calare del pomeriggio, quando iniziava a spirare un venticello più fresco a rammentare che l’inverno non fosse ancora giunto al termine.

Al Destino dovevano intrigare quelle circostanze. Nonostante la confusione, Fukuzawa e Odasaku si ritrovarono a fissarsi e ricordarsi l’uno dell’altro. Sarebbe bastato un minuto di ritardo, un passante troppo alto, una distrazione superflua a impedire quel momento. Eppure, da qualche parte, qualcuno doveva aver scritto che le cose sarebbe andate in quel modo.

Avrebbero potuto ignorarsi e la storia avrebbe seguito un corso già fissato, ma, per quella realtà, non andò così.

«Quando ti sei stancato di quella prigione?»

C’era un fondo di ironia travestita male da domanda seria. Era l’ultimo ricordo che il Presidente dell’Agenzia serbava di quel ragazzino troppo giovane per stare dietro delle sbarre, troppo giovane per la nomea da assassino, ma il loro era un mondo che non risparmiava nessuno.

«Dopo un paio di settimane» rispose Odasaku, onestamente, appoggiando il sacchetto pieno di merendine e dolcetti sul muretto del parco. Avevano trovato una zona tranquilla dove sostare e parlare, lontani da occhi e orecchie indiscrete. Il cielo si stava tingendo di colori vividi ad annunciare il tramonto. Il mafioso si godette il panorama, in quella parentesi inaspettata. «Non mi stavano più portando il curry e non vedevo ragione per continuare a rimanerci.»

Fukuzawa registrò quella risposta con qualcosa che chi lo conosceva a fondo avrebbe interpretato come un sorrisetto, ma era troppo poco accennato per essere colto davvero.

«Mi sembri cambiato» disse quindi, scrutandolo con una lunga occhiata che sembrava dire Non sei più il bambino assassino di un tempo.

Odasaku si infilò le mani in tasca, appoggiandosi a sua volta contro il muretto e guardandosi le scarpe, o qualcosa sul terreno di indefinibile.

«Sono successe molte cose da allora» replicò, cercando di tradurre i propri pensieri mentre aggrottava la fronte. «Ricordo ogni mia singola azione compiuta in passato, ma… me le sono lasciate alle spalle. Non senza pesi. Quando ho potuto, ho cercato di rimediare.»

Fukuzawa annuì, accettando quella piccola confessione. Non si erano neanche mai presentati davvero, eppure la vicenda in cui erano stati invischiati aveva aiutato a tracciare le strade su cui ora entrambi camminavano.

«Sei più sereno» continuò il Presidente, adocchiando il sacchetto pieno di quelle cose che a Ranpo avrebbero fatto impazzire, anche se intravide pure del granchio in scatola che non aveva niente a che vedere con i dolci.

L’altro colse l’occhiata e abbozzò un sorriso che prima non sarebbe stato in grado di produrre con tanta semplicità.

«Mi sto occupando di alcuni orfani. Ogni tanto mi piace viziarli.»

Fukuzawa accennò una brevissima risata, comprendendo benissimo.

«Lei è riuscito a salvare il suo sottoposto?»

Il Presidente preferì non correggerlo, perché alla fine di quella storia Ranpo era diventato davvero un suo sottoposto. 

«Sì. Le informazioni che mi diedi risultarono esatte. Grazie» 

L’ex guardia del corpo si inchinò per sottolineare quanto quel ringraziamento fosse sentito.

«Se non fosse stato per te non avrei ciò che oggi ho costruito.»

Una genuina sorpresa si dipinse sul viso di Odasaku. Riuscì soltanto ad assentire.

«Aveva offerto di farmi uscire di prigione, andando contro ogni principio, pur di salvare uno dei suoi…» ricordò a voce alta il mafioso, ma con una tranquillità che, di nuovo, il se stesso di quattordici anni, pieno di odio e vendetta, non avrebbe saputo dire alla stessa maniera. «Ricordo di essermi sentito geloso. Non avevo mai avuto nessuno a preoccuparsi così di me.»

I suoi occhi si posarono su quel granchio in scatola che spuntava dalla busta della spesa, ma non aggiunse altro.

«E ora c’è qualcuno?»

Fukuzawa diede corda alla propria curiosità, con la sensazione che chiedere e approfondire avrebbe portato a qualche indefinibile sorpresa. Non si aspettò di essere guardato dritto in faccia. Di scrutare oltre il velo delle probabilità piega che quella storia stava per prendere.

«Sì, c’è.» 

il tuttofare sospirò nel dirlo, combattendo su come mettere a parole e in sintesi quelle che parevano essere solo un mucchio di informazioni disordinate, nel tentativo di farle suonare coerenti. 

«Per una serie di circostanze mi sono ritrovato a entrare in una certa organizzazione. Qualcuno con una abilità non è ben accetto ovunque e avevo bisogno di un modo per impedire al passato di creare problemi a me e a chi mi circondava. E volevo anche… seguire una persona» per quanto fosse conscio della confusione e la risicatezza del discorso, Odasaku avvertì lo sguardo di Fukuzawa affilarsi e seguire attentamente ogni parola, dando a intendere che stesse comprendendo ciò che c’era di non detto tra le righe.

«Ci sono poche organizzazioni che accettano dotati di abilità senza fare domande.»

Il Presidente non fu clemente e andò dritto al punto. C’era una sottile aura di ostilità che il tuttofare accolse come ogni incarico sgradevole gli venisse propinato.

«Lo so» disse soltanto, reggendo il suo sguardo. «Ma entrarci mi ha permesso di realizzare una parte di quello che volevo fare.»

«Solo una parte?» indagò Fukuzawa.

«Sì.»

Odasaku non si spese a spiegare altro, ma osservò come il Presidente prese a vagliare di nuovo non solo la sua figura, ma anche quel sacchetto della spesa tra di loro. Lo vide afferrarsi il mento con una mano, restituendo ancora di più l’impressione che stesse cercando di carpire una verità con davvero pochissime variabili a disposizione.

«Rispondi a una domanda, per favore» iniziò, tornando a fissarlo dritto negli occhi e sondandolo come neanche una macchina della verità avrebbe saputo fare. «Sei ancora un assassino?»

«No.»

Una risposta che risuonò secca e ineluttabile quanto lo sarebbe stato un proiettile. E fu ciò che servì a Fukuzawa per formulare la sua proposta.

Quella riga in più dettata dall’arbitrio contro il Destino che avrebbe cambiato molto di un futuro già scritto in altre pagine.

«Dopo quel caso in cui ci siamo conosciuti sono successe molte cose. La più importante, che si è realizzata perché mi hai permesso di salvare il mio subordinato, è stata la fondazione di un’Agenzia di Detective dotati. Ne hai sentito parlare?»

«Non mi pare.»

Fukuzawa accolse l’ennesima risposta schietta con un breve sospiro di delusione. Non perse la propria pacatezza e neanche demorse, nonostante fu una piccola stilettata nell’orgoglio.

«Ci occupiamo di tutti quei casi in cui la polizia militare si trova difficoltà perché sono implicati utilizzatori di abilità fuori dalla loro portata. Abbiamo un permesso speciale per agire, senza doverci nascondere nell’ombra

Il riferimento fu chiaro. Odasaku estrasse la mani dalle tasche dei pantaloni come se avesse dovuto fare qualcosa, senza sapere cosa per l’esattezza. Non era lì per difendere l’onore della Port Mafia, non quando sul piatto c’era ben altro. 

«Mi sta… proponendo un lavoro?»

«Un’opportunità» assentì Fukuzawa, mitigando la propria incisività. Si rendeva conto di come fosse un cambio di vita definitivo, soprattutto avendo ben chiaro in mente chi fosse il capo di quell’organizzazione a cui l’ex assassino apparteneva. Non c’era nulla da non considerare o da trattare alla leggera.

«Ti stai prendendo cura di alcuni orfani e non uccidi. La determinazione non ti manca, l’ho provata in prima persona. E c’è qualcos’altro che vorresti fare» lo fissò diretto, ma senza risultare aggressivo. «Un’agenzia come la mia, che opera alla luce del sole e legalmente, ti potrebbe aiutare a realizzare pienamente il tuo desiderio?»

Odasaku non rispose, ma il suo spaesamento raccontava la storia di chi era uscito solo per fare la spesa e si era ritrovato con in mano un biglietto del treno per una destinazione più distante in termini di possibilità che di spazio. Osservò la spesa e poi il tramonto, in cerca di alcuni punti fissi che gli ricordassero cosa dovesse fare o che, in alternativa, gli suggerissero una risposta.

Il Presidente comprese la sua esitazione senza bisogno di spiegazioni.

«Prenditi del tempo per riflettere» disse, frugandosi nelle tasche del kimono e tirandone fuori il proprio portafoglio. C’erano dei bigliettini da visita eleganti e ordinatamente infilati in una taschina, dall’aria di essere usati per delle occasioni speciali. «Chiamami quando avrai deciso.»

«Fukuzawa Yukichi» lesse Odasaku sul pezzo di carta su cui era stampato anche un semplice Presidente dell’Agenzia Armata di Detective. «Non teme che possa tenderle una trappola e venderla all’organizzazione di cui faccio parte?»

Il Presidente non si scompose di fronte alla minaccia messa in tavola come un discorso sul meteo.

«Sono un ex assassino anche io» ammise, sentendo l’attenzione totale del tuttofare su di sé. «E per alcune ragioni… conosco il tuo Boss. So cosa aspettarmi.»

A Odasaku bastò. Ripose il biglietto in una tasca interna della giacca e riprese la busta della spesa tra le braccia. La confezione con il granchio in scatola scivolò in basso e il mafioso la guardò, mentre nella mente gli si formulava un nuovo pensiero.

«Se accettassi la sua proposta…» iniziò, conscio che porre delle condizioni - quella in particolare - avrebbe ridotto le chance che il tutto si realizzasse davvero. «Oltre agli orfani, ci sarebbe una persona che dovrei portare con me. Non me ne andrei senza, a meno che non fosse lui a non volerlo.»

E allora neanche io me ne andrei.

Anche se non lo disse a parole, Fukuzawa non faticò a leggerglielo in volto.

«Va bene. Vedremo cosa potrò fare, Oda…?»

«Oda Sakunosuke. Piacere.»

 

* * *

 

Odasaku si decise a vuotare il sacco con Dazai dopo un intero mese di riflessioni - e una nottata iniziata con troppi drink e finita nel letto del proprio minuscolo appartamento.

«Hai qualcosa in testa da giorni» sospirò il giovane Dirigente corrucciato, accoccolandosi nel suo abbraccio e premendogli la guancia contro il petto caldo di loro. «Se non vuoi dirmelo, smettila di pensarci quando sei con me o indovinerò cosa ti frulla in testa.»

Con un verso inconcludente, misto tra malessere post sbornia e orgasmo ancora in circolo a pizzicargli i nervi, il tuttofare si passò una mano sulla faccia, premendosi le dita sugli occhi. C’era una serie di pensieri che sbattevano nella sua mente, senza dargli tregua e senza permettergli di riordinarli in maniera coerente.

«Mi hanno proposto un nuovo lavoro» se ne uscì, capendo l’istante successivo che non suonava minimamente con la rilevanza che l’argomento doveva avere, ma fu sufficiente per alzare l’asticella dell’attenzione di Dazai. Quest’ultimo si risistemò in maniera da riuscire a guardarlo meglio, premendogli il mento spigoloso sul torace e imbronciandosi ancora di più. Nonostante nel suo sguardo aleggiasse una vaga confusione data dal troppo alcool in circolo, quando parlò risultò totalmente sobrio.

«Nel senso che ti promuovono di grado o…» allargò gli occhi. «Oh! Ho capito!»

Odasaku sospirò. Avrebbe potuto dire due parole stupide di un intero discorso e Dazai avrebbe dedotto da solo il resto senza troppi sforzi.

«Intendi un nuovo lavoro fuori dalla Port Mafia!» e non fu una domanda.

«Già…»

«Qualcosa di legale?»

«Sì.»

«Interessante» e nel dirlo, Osamu si spostò sopra il compagno, cingendogli il dorso con le gambe. Si stese in avanti, fino a incontrare le labbra del tuttofare. Quello che iniziò come un bacio si accese in poco come un nuovo desiderio a cui dare seguito.

Odasaku invertì le loro posizioni e allontanò le mani di Dazai da sé, portandogliele sopra la testa e tenendogli i polsi bloccati lì, mentre ritrovava il suo posto dentro di lui.

Persero coerenza dei loro sensi e riempirono l’aria di gemiti e dei loro nomi finché il tutto non si ridusse, di nuovo, ai loro soli respiri affannati e sfiniti.

«Non sei preoccupato?» chiese Odasaku, la fronte affondata nell’incavo del collo di Dazai, intento a riprendere fiato e i contatti con la realtà. Perdersi in Osamu era un viaggio su più livelli. Non aveva allentato la presa delle braccia con cui lo stava tenendo a sé per cercare di prolungare il piacere e il momento.

«Devo farlo?» chiese il più giovane, spostando lo sguardo annebbiato dal soffitto alla confusione di capelli rossi del compagno.

«Lascerei la Port Mafia…»

Dazai sospirò.

«… prima o poi lo avresti fatto comunque per realizzare il tuo sogno di scrivere» replicò piano, accogliendo lo sguardo un po’ perso con cui Odasaku lo cercò. Lo ricambiò con un sorrisetto facendo spallucce, per quanto la posizione glielo consentisse. «Un membro della Port Mafia che non uccide… non so quanto questa storia potrebbe ancora andare avanti.»

Si udiva chiara una serietà mortale nel suo tono e un rimprovero che aveva perso di intensità nel tempo, trasformandosi in un pessimo presentimento. C’era un orologio, da qualche parte, che ticchettava verso il momento in cui quella scelta di Odasaku sarebbe stata la sua rovina. Il loro non era un mondo dove potevano permettersi un lusso del genere. Si trattava di giocare con la sorte in una roulette russa in cui l’unico vantaggio dell’ex assassino era solo la sua abilità.

«Vorrei che venissi con me.»

Prima che Dazai potesse anche solo piegare le labbra per rispondere, Odasaku gli premette un palmo sulla bocca.

«Non dire niente. Lo so che avresti la risposta più sensata e penso di non volerla sentire. Non ora.»

Appoggiò la fronte contro la sua, per poi scivolare di lato, portandolo con sé in un abbraccio.

«Ne riparliamo da sobri.»

«Come vuoi…» acconsentì Osamu, chiudendo gli occhi e lasciando naufragare la mente nelle sensazioni che la sola presenza di Odasaku gli dava.

 

* * *

 

Non ebbero il tempo di riparlarne da sobri. 

Non sfiorarono minimamente l’argomento perché le cose peggiorarono - precipitarono - in breve, senza alcun controllo.

Ango sparì e il Boss della Port Mafia affidò il suo ritrovamento a Odasaku.

Così ebbe inizio il capitolo dedicato alla Mimic.

Un copione vergato con dovizia di particolari in diverse realtà, seguendo in tutte una scaletta di eventi che erano punti fermi nel tempo, impossibili da sovvertire una volta messi in moto.

Eppure, nonostante la situazione scivolasse via dalle loro dita come granelli di sabbia, riducendo le loro possibilità alla stregua dei secondi mancanti a un’esplosione, il destino si divertì una seconda volta a volteggiare intorno a un incontro casuale.

Lo dico per il tuo bene. Non raggiungere il posto dove stai andando. Ripensaci.

Perché?

Perché se ci vai… morirai.

Lo so.


Osservando la schiena di Odasaku allontanarsi, Ranpo recuperò il cellulare dalla mantella, senza darsi pena di trovare un riparo dalla pioggia. I suoi occhi rimasero inchiodati a fissare quella giacca ocra zuppa di acqua senza perderla di vista neanche per un secondo, mentre si avviava verso un destino che tutti avrebbero evitato, se avvertiti.

«Shachou» salutò brevemente quando Fukuzawa accettò la chiamata. «Il tipo di cui mi aveva detto, che voleva far entrare in Agenzia… Se non interveniamo adesso non sarà più in grado di accettare la sua proposta. O quella di chiunque altro.»

«Cosa succede?» chiese il Presidente dall’altro capo del telefono. Si avvertì il rumore fastidioso delle gambe di una sedia venire scostata con forza e grattare il pavimento, seguita da alcuni passi affrettati.

«L’ho appena incontrato e mi è bastato meno di un secondo per dedurre che sta andando in un posto da cui non uscirà vivo.»

«Non va bene.»

«Non le ha confermato se voleva o meno accettare la proposta?»

«Non ancora» sospirò il Presidente, mentre intorno a lui si sentiva un basso mormorare proveniente dai dipendenti presenti in Agenzia. «Ma se la tua deduzione è corretta-»

«Certo che lo è!»

«… allora dobbiamo dargli una possibilità. Riesci a capire dov’è diretto e qual è la situazione?»

Ranpo sbuffò, incamminandosi lentamente per seguire a distanza Odasaku, ma senza dare l’impressione di farlo.

«Certo. C’è un sacco di trambusto in giro, è scoppiato qualcosa e le cose sono certo che siano collegate. Però lui ora sta andando verso la periferia. Mi servirà un passaggio.»

«Ti raggiungerò a breve.»

«Perfetto! Una missione di salvataggio!» trillò Ranpo completamente fuori luogo, ma coperto dal rumore della pioggia. «Venga con un cambio di vestiti per me, sennò mi prenderò un raffreddore! E porti anche Yosano-sensei» la sua voce si fece seria di colpo. «Il suo aiuto sarà indispensabile.»


Lo scontro di Odasaku contro la Mimic fu il bagno di sangue che sarebbe dovuto essere.

Un solo uomo contro i resti incancreniti, ma ancora pericolosi, di un’organizzazione che agognava la morte.

Lui gliela donò.

E la trovò ad attenderlo a propria volta.

Dazai non avrebbe mai fatto in tempo a raggiungerlo per salvarlo. Non lui. 


«Se non lo lascia andare sarà inutile» disse una voce che rimbombò nella stanza e che Dazai non comprese davvero, non col sangue caldo sulle dita e l’irrealtà a spingere per avere spazio nella sua mente.

Più reali furono invece le due mani che lo strattonarono, lasciandogli perdere la presa sul corpo morente di Odasaku. Il giovane Dirigente realizzò soltanto il distacco forzato e non cosa stesse succedendo. Fu una di quelle rare volte nella sua vita in cui il dolore fu troppo forte e logorante - Odasaku gli spegneva il cervello, in ogni maniera, in ogni situazione, anche quella - perché comprendesse.

Si accorse finalmente degli sconosciuti presenti e fuori contesto per la scena. Oltre alle mani che lo tenevano saldamente dalle braccia, comparvero altre due persone in quel teatro tinto di rosso. Un giovane uomo dall’espressione curiosa ma affilata, da volpe, di chi sembrava in grado di conoscere il futuro senza bisogno di scrutarlo; al suo fianco lo accompagnava una donna dallo sguardo abituato a sedere con la morte e giocarsi a tavolino le vite delle persone.

Nel frastuono di emozioni e pensieri scoordinati, Dazai colse due bagliori. Uno dorato, di una farfalla, un fermacapelli, appuntato tra le ciocche corvine della sconosciuta - un messaggio di morte che adornava la Dottoressa della Vita. Il secondo fu il riflesso su una lama. Di una mannaia, levata in alto, rossa nel catturare la luce del tramonto.

«Ferm-!»

Dazai non fece in tempo. La stretta dell’uomo che lo tratteneva fu ferrea e determinata come una catena. Poté solo osservare quell’arma affilata calare sul corpo di Odasaku per infierire.

Il sangue schizzò ovunque, addosso al giovane Dirigente come alla donna.

Poi Osamu lo sentì.

Avvertì l’inequivocabile brivido dato da un’abilità in azione. Le ali leggere e fragili di tante farfalle si infransero contro No Longer Human, mentre invece circondarono chi sarebbe dovuto morire. 

Il petto di Odasaku risucchiò l’aria come dopo una lunga immersione, anche se i suoi occhi non si aprirono.

«Un solo trattamento non basterà, ma ci siamo assicurati che resti vivo» chiarì la donna, passandosi il dorso della mano sulla guancia e finendo con lo spargere ancora di più il sangue. «Andiamocene prima che gli uomini di Mori-sensei arrivino.»

Dazai si riebbe a quel nome, ma non pose domande. Staccandosi finalmente dall’uomo con un gesto troppo repentino per essere fermato, si portò al fianco di Odasaku, constatando che stesse davvero respirando. Passò quindi lo sguardo su ognuno dei presenti, fino allo sconosciuto che lo aveva tenuto immobilizzato. Non lo riconobbe, non sul momento, ma ebbe uno strano sentore a dirgli che poteva conoscerlo - e fidarsi.

«Chi siete?»

«Ti pare il momento delle domande?» sbuffò Ranpo, incrociando le braccia e scrutandolo con intensità. «Sei più intelligente di così, ma ora non riesci a fare un bel niente se non pensare a lui» e indicò apertamente Odasaku. «Devi essere la persona che voleva portare con sé una volta lasciata la Port Mafia.»

Osamu cercò di calmare lo spiacevole tumulto nel petto, avendo intuito il tipo di persone che aveva davanti.

«Voi siete quelli che gli hanno offerto un nuovo lavoro.»

«Sì» replicò Fukuzawa, osservandolo con un’occhiata che a Dazai non piacque, ma che sostenne senza timore, conscio di essere in svantaggio. «Hai intenzione di venire con noi?»

«Lui non può venire con noi!» si impuntò Ranpo, scuotendo la testa. «Non è mica un tuttofare come il quasi-morto lì! Lui è un Dirigente

Sia Fukuzawa sia Yosano fissarono Ranpo e poi Dazai.

«Ara, questo complica le cose, Shachou. Che cosa facciamo?» chiese Yosano, appoggiandosi alla mannaia puntellata a terra. «Abbiamo decisamente poco tempo per metterci a trattare con uno dei cuccioli di Mori-sensei. Devo occuparmi di Oda-kun, se vogliamo che veda l’alba di domani.»

«Voi… state dalla parte di chi aiuta le persone?»

La voce di Dazai tentennò, mentre la sua mano stringeva la stoffa della giacca di Odasaku sul petto, sentendolo alzarsi e abbassarsi molto lentamente. Gli diede quella spinta ad aprirsi e prendere in considerazione quegli sconosciuti e l’opportunità che rappresentavano. 

«Noi risolviamo quei casi che gli incompetenti della poli-»

«Sì» tagliò corto Fukuzawa, interrompendo il suo protetto che sbuffò, incrociando le braccia.

«Odasaku prima… ha detto che stare dal vostro lato è più bello.»

Ranpo scoppiò a ridere e Yosano scosse la testa divertita.

«Vuoi venire con noi?» chiese di nuovo Fukuzawa, fissandolo dritto negli occhi. «Dovrai lasciarti tutto il resto alle spalle.»

«L’ho già fatto» e nel dirlo, il giovane Dirigente fissò il cappotto nero cadutogli nella corsa per raggiungere l’unica persona che non lo faceva sentire vuoto. «Voglio stare ovunque sarà Odasaku.»

«Quanto sei sentimentale» lo prese in giro Ranpo, ma più leggero.

«Io li trovo carini» commentò invece Yosano.

Fukuzawa li ignorò entrambi, tendendo la mano a Dazai.

«È deciso» sancì. Tenendogli stretto il palmo lo tirò in piedi con poco sforzo. «Da oggi siete entrambi sotto il tetto della mia Agenzia.»

 

* * *

 

Fukuzawa fu un po’ precipitoso nel tirare le somme.

Odasaku si riprese fisicamente in pochi giorni, ma gli ci volle molto più tempo per accettare la perdita dei bambini e il piano in cui era stato incastrato e che prevedeva la sua morte. Quell’uomo che il Presidente aveva reincontrato per caso un pomeriggio di inizio primavera sembrò di nuovo scivolato nell’oscurità, pronto a diventare un’ombra che avrebbe voluto reindossare i panni della vendetta. Ci volle diverso tempo perché quel desiderio si ridimensionasse e l’ex tuttofare ritrovasse una parvenza di serenità. 

Anche se entrambe le parti vinsero, l’amarezza per gli squilibri che quella vicenda aveva provocato ebbero lunghi strascichi e ripercussioni. 

Yokohama vide la tranquillità ripristinata dalla minaccia della Mimic, anche se con questa la Port Mafia ebbe l’opportunità di estendere e legalizzare il proprio potere. Odasaku e Dazai dovettero sparire per due interi anni prima di potersi ripresentare in Agenzia e assumere quei posti loro promessi - e conoscere Kunikida, rimasto ignaro di quella vicenda per tutto il tempo.

Alla fine, fu un lieto fine.

Almeno in quella realtà.






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È una fanfic che avevo scritto per il COWT dell'anno scorso e che non pensavo sarebbe stata così bene dopo l'inizio della S4. Non mi aspettavo proprio che avrebbero animato la terza Light Novel!
Quindi ecco qui il mio contributo alla causa: Fukuzawa perché diavolo non hai adottato entrambi!? Perché non hai preso con te Odasakuuuuuu. 
(Perchè se no non avremmo quella perla inestimabile che è The Day I Picked Up Dazai.

Spero che la S4 ci regali altri momenti belli cosìììì. 
Alla prossima,
Nene

 
   
 
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