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Autore: Rubra Bovina    20/01/2023    0 recensioni
Ash, insieme alla sua ragazza Serena si trovano nella città di Ferropoli, a sud di Kalos. Qualche giorno dopo, Serena si sarebbe dovuta esibire.
Non è la prima volta che i due viaggiano insieme, ma già dalla prima notte di soggiorno, accade qualcosa di strano.
Ash ha delle visioni riguardanti un misterioso individuo, uno scienziato chiamato Sebastian.
L'incontro con colui che all'apparenza è un semplice pilota, riuscirà a fare chiarezza sulla storia di quest'uomo e sul quello che è accaduto alla sua famiglia?
Genere: Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ash, Lucinda, Nuovo personaggio, Serena
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
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Un incontro voluto dal destino?



Dopo la rocambolesca fuga dalla città di Bruopoli, i quattro si erano fermati a Luminopoli.

Sarebbero dovuti rimanere nella metropoli fino al primo pomeriggio del giorno successivo.

Giunti in città, la prima preoccupazione fu quella di prenotare delle stanze al Centro Pokémon, per avere un luogo dove passare la notte. Una volta fatto questo, optarono per fare una passeggiata in città. 

Un buon modo per smaltire la tensione causata dall’inseguimento.

Dopo cena, decisero di ritrovarsi in una delle stanze del Centro Pokémon, per parlare di quanto avevano scoperto.

- Ecco cos’ho trovato!

Ash estrasse dal suo zaino quello che, a un occhio poco attento, poteva apparire semplicemente come un vecchio elenco telefonico. Si distingueva da centinaia di migliaia di suoi simili, solamente per tre segnalibri.

Aprendolo in corrispondenza del primo segnalibro, saltavano immediatamente all’occhio come alcuni numeri fossero evidenziati. Tutti i numeri appartenevano a persone di cognome Arnes, per cui era ipotizzabile che fossero parenti del signor Sebastian. Gli altri segnalibri si trovavano in posizioni totalmente a caso, e inizialmente non destarono alcun interesse dei presenti. Potevano essere stati messi anche solo per depistare i curiosi.

- Cosa ne dite, proviamo a chiamare i numeri evidenziati?

Il rimprovero da parte di Lucinda arrivò puntualissimo.

- Ash, non è una buona idea.

- E perché?

- Mettiti nei loro panni: un perfetto sconosciuto ti fa una telefonata e pretende di ricevere informazioni così personali… voglio dire… sentirsi chiedere cose come “come sta tua nipote?” Sapendo che non hanno sue notizie da praticamente dieci anni. Dieci anni! 

- Si, hai ragione, mi sono fatto prendere troppo dall’entusiasmo.

A tranquillizzare la situazione, ci pensò Serena.

- Sapete, mentre eravamo in viaggio per Bruopoli, ho fatto alcune ricerche sul signor Sebastian.

- Hai trovato qualcosa di nuovo?

La risposta di Orlando condensava perfettamente la curiosità di tutti.

- Solo alcune notizie del tempo, che, purtroppo, non aggiungono nulla a quello che già sappiamo. Il signor Sebastian venne ucciso da diversi colpi di arma da fuoco e sua figlia Taelia scomparve nel nulla.

Il caso venne archiviato dopo poco tempo, gli investigatori non trovarono indizi nè sul colpevole nè tantomeno sul movente dell’omicidio. Discorso simile per sua figlia. Gli investigatori non trovarono alcuna pista da seguire e archiviarono il caso.

Lucinda, rimase alcuni istanti in silenzio, come per trovare le parole giuste.

- Stavo pensando a una cosa.

Noi abbiamo alcuni indizi.

La ragazza prese dalla sua borsa un piccolo quaderno e una penna, quindi si mise a scrivere.

- Grazie alle visioni che Ash ha avuto grazie a Darkrai, sappiamo che il signor Sebastian ha avuto un passato turbolento.

La ragazza scrisse “passato turbolento”.

- E sappiamo anche che è stato ucciso da delle persone che lo cercavano da tempo e che avevano almeno un’idea di quello che stava facendo.

La ragazza scrisse, su quel quaderno “non ucciso da sconosciuti, avevano una minima idea di cosa stesse facendo".

- E se quelli che ci hanno inseguito fossero gli stessi che hanno ucciso il signor Sebastian?

- Non so. Nelle visioni non mi sono mai apparsi. Ma sicuramente sono collegati in qualche modo a lui.

- Ricordi? Da quando ho acceso quel dispositivo a quando hanno iniziato a inseguirci, saranno passati al massimo dieci minuti. per cui hanno sicuramente qualcosa a che fare con il signor Seb

Lucinda, scrivendo sul suo quaderno, osservò

- Ci troviamo in mezzo a tre fuochi.

Ipotizziamo che quelli che ci hanno inseguito siano gli stessi che hanno ucciso il signor Sebastian.

Restano due forze in campo.

Le persone per cui ha lavorato in precedenza, che, stando alle visioni di Ash, mi pare fossero dei militari, appartenenti a delle forze speciali, o qualcosa del genere…

Lucinda guardò Orlando dritto negli occhi. E con tono accusatorio.

- E tuo zio. Hai qualcos’altro da dirci su di lui?

- Come vuoi che te lo dica che non lo vedo da quando siamo fuggiti da Kalos? E sappi che anche allora non è che lo vedessi molto spesso. Sai che di dico? Non ho idea di come si possa essere procurato tutti quei soldi.

- Quindi te lo accusi di aver ottenuto quei soli illecitamente? Cosa mi garantisce che anche i tuoi non siano stati ottenuti in quel modo?

- Non mi sarei mai dato la zappa sui piedi da solo.

Lucinda ancora più arrabbiata.

- E allora perché non sei venuto con noi quando abbiamo esplorato quel palazzo? Cosa mi garantisce che tu non lavori per le stesse persone che hanno ucciso il signor Sebastian? E che non sia stato tu a chiamare i tuoi “amici” e poi “salvarci”?

Dopotutto, quando quegli uomini hanno visto i tuoi Pokémon, non hanno sparato.

- Non sono salito con voi perché dovevo fare il pieno alla macchina. So che può sembrare una scusa stupida… ma, se non mi credi, te lo posso dimostrare, ho ancora lo scontrino del distributore.

So anche che ti chiederai perché non mi sono fermato davanti a quel palazzo.Ma anche in questo caso nulla di troppo complicato, semplicemente, vedendo quelle auto tutte uguali, ho pensato che ci fosse qualcosa che non andava. 

- Ok, ha senso, ma non mi hai risposto all’altra domanda.

- Non lo so. Erano armati, me è plausibile che non potessero usare le armi per attaccare, ma solo per difendersi. Ma è solo una mia ipotesi.

Lucinda non gli rispose. Dopo queste parole, i quattro decisero di separarsi e di andare a dormire.

Darkrai aveva assistito a tutta la scena. E sapeva benissimo che se fosse venuta a mancare la fiducia tra i quattro, sarebbe stato un vero disastro. Per tutti.

Darkrai era il solo che poteva evitare tutto questo e sapeva di poterlo fare, trovandosi sopra le parti. Un suo intervento avrebbe potuto salvare la situazione, o perlomeno, avrebbe evitato una totale rottura tra Lucinda e Orlando.

Su Scoperse non aveva molti ricordi. Quando Gualtiero e Sebastian si incontravano, lui restava a casa a proteggere Taelia.

Alla fine trovò quello che cercava e decise di mostrarlo nei sogni di Lucinda.

Prima di agire non dovette attendere a lungo, la ragazza prese sonno quasi subito.

Nel sogno della ragazza apparvero due uomini.

Uno corrispondeva perfettamente alla descrizione del signor Sebastian, l’altro non aveva idea di chi potesse essere.

I due uomini erano seduti nel salotto della villetta e stavano bevendo del caffè.

Il signor Sebastian aveva un’espressione molto preoccupata. 

I due restarono in silenzio per un tempo apparentemente infinito. Silenzio rotto dall’uomo che mai aveva visto.

- Sono arrivato appena ho potuto. Immagino che la situazione sia molto grave.

- E non ti sbagli. Volevo parlartene da tempo.

Poco tempo dopo l’inizio del progetto, ho iniziato a ricevere alcune lettere da parte dei miei ex datori di lavoro.

Sebastian porse diverse buste di carta al suo interlocutore.

Provenivano tutte dallo stesso posto. Uno dei tanti Centri Pokémon di Austropoli, la città più popolosa di Unima.

Il fatto che le lettere provenissero da un Centro Pokémon, non era strano, i Centri Pokémon offrivano agli allenatori un servizio di posta in entrata e in uscita. L’ospite aprì una delle buste e lesse la lettera.

Sappiamo dove si trova e cosa sta facendo. Lei ha lavorato per noi e ora sfrutta i nostri progetti per il suo tornaconto.

In segno di magnanimità le offriamo la possibilità di arrendersi, di smettere di lavorare al suo progetto e consegnarci tutto ciò su cui ha lavorato fino ad ora. Le diamo tempo fino al sei dicembre.

Qualora dovesse accettare e arrendersi, esca dalla sua casa disarmato e con le mani alzate.

In caso contrario, affronterà le conseguenze del caso.”

L’uomo rimise le lettere nella busta.

- Vedi, Gualtiero, comincio ad avere paura. Quelle lettere provengono dai miei ex datori di lavoro. E ci hanno scoperti, nonostante tutto. Mi dispiace dirtelo perché ormai siamo amici, ma non dobbiamo più vederci.

L’uomo se ne andò senza nemmeno salutare.

Lucinda si svegliò.

- Darkrai!

Il suo tono era assai arrabbiato.

Avrebbe voluto risolvere da sola la questione, senza aiuti dall’esterno.

- So che sei te, è inutile che ti nascondi. Dimmi solo perché l’hai fatto.

Pochi istanti dopo, il Pokémon Neropesto, rispose alla ragazza.

- Era il solo modo per mostrarti la verità. Quell’uomo non l’ha ucciso. Lo hai visto benissimo.

- E quindi è stato ucciso dai suoi ex datori di lavoro? E chi sarebbero?

- Quelli di cui ti ha parlato Ash. Quelli da cui è fuggito con la signorina Suzanne.

- E di quel Gualtiero cosa mi dici?

- Non so molto di più di quello che ti ho mostrato. Ora sta a te decidere se fidarti di lui o meno.

- Se è quello che vuoi, gli darò un’ultima possibilità.

Durante quella notte, un uomo, a bordo di un pick-up, stava percorrendo, a velocità sostenuta, una delle numerose arterie autostradali di Kalos.

L’uomo rifletteva a voce alta sul come portare a termine quella missione.

- Saranno loro a condurmi dove voglio, che lo vogliano o no. Gli allenatori, quando visitano una città per poco tempo, alloggiano nei Centri Pokémon. Quindi è molto probabile che loro facciano altrettanto.

I Centri Pokémon sono luoghi in genere tranquilli e sicuri, per cui non credo che si facciano problemi a parlare di certi argomenti. E io devo essere pronto. Dovrò infiltrarmi all’interno di tutti i Centri Pokémon della città e installare le mie cimici. Appena scoprirò quello in cui decideranno di stabilirsi, e li potrò seguire come un’ombra. E potrò scoprire i loro segreti. E poi… il capo avrà via libera.

Aveva finalmente raggiunto la sua prima destinazione, un edificio abbandonato nella periferia della città di Ferropoli.

Parcheggiò il suo mezzo poco davanti all’edificio.

Scese dal suo pick-up, seguito dai suoi due Houndoom, che poterono finalmente sgranchirsi le zampe.

Scaricò dal suo mezzo le diverse attrezzature necessarie al suo piano.

Erano delle casse piene di cavi, microcamere, microfoni, due antenne e due ampi monitor. Prima di iniziare la sua missione, voleva assicurarsi che tutto funzionasse al meglio. I suoi due Pokémon erano incuriositi dagli oggetti con cui stava armeggiando. L’uomo, per evitare che questi potessero danneggiare le sue attrezzature, decise di usare del cibo come distrazione. Con i due Pokémon occupati a mangiare, poté finalmente verificare le sue attrezzature.

Per sua fortuna, tutto funzionava al meglio. L’uomo era preoccupato che qualcosa potesse essersi rotto, perché l'attrezzatura aveva subito alcuni scossoni durante il viaggio.

Altro aspetto importante per il suo piano era quello di conoscere a menadito la posizione di tutti i Centri Pokémon della città. Nulla di complicato. Prese il suo computer portatile e cercò sul browser un sito per visualizzare le mappe.

Si rese conto di come a Ferropoli ce ne fossero sei.

Due di grandi dimensioni in zone più frequentate della città e quattro, più piccoli, in posizioni più strategiche.

La mattina dopo, l’uomo iniziò a mettere in pratica il suo piano.

A Luminopoli, le due ragazze avevano costretto Orlando e Ash ad accompagnarle a fare shopping.

Sia chiaro, si intende che i due ragazzi vennero ridotti a dei portaborse.

Avrebbero sicuramente preferito una sessione di allenamento. In attesa che le due ragazze finissero di provare la gigantesca pila di abiti e accessori che avevano preso in vari reparti del negozio, i due ragazzi si erano sistemati in uno dei tanti pouf messi a disposizione per i clienti per riposarsi. Lontani da orecchie indiscrete.

Orlando, rivolgendosi a Ash in tono ironico

- Sai, la sola consolazione in questa situazione è che non stanno usando la mia carta di credito.

Ash cercò di non ridere, fallendo miseramente.

Dopo diverse ore, i quattro si stavano dirigendo verso il Centro Pokémon, per pranzare, riprendere le loro cose e quindi partire per Ferropoli. Lucinda qualche passo indietro rispetto a Ash, Serena e Orlando.

La ragazza, nonostante le visioni, non era ancora sicura del tutto delle sue intenzioni.

Dopo un po’ di tempo, finalmente Serena aveva trovato il coraggio di fare una domanda assai personale alla persona forse più coinvolta nel caso.

- Cosa faresti se, dopo tanti anni, dovessi rivederla?

Il ragazzo venne colpito a bruciapelo dalla domanda.

- Non lo so. Non è neanche detto che sia ancora tra noi.

Ash volle infondere nel ragazzo almeno una parte del suo tipico ottimismo.

- Sei troppo pessimista.

- Non sono pessimista. Sono realista.

Non pensi che, in nove anni si sarebbe fatta vedere da qualche parte, anche solo di sfuggita?

Altra pausa di silenzio, interrotta da Serena.

- Vi ricordate che in quel video, il signor Sebastian ha parlato di un dispositivo in grado di trasportare gli esseri umani come si fa con i Pokémon?

- Non pensi che ci sarebbero state delle notizie a riguardo? Tu stessa le hai guardate e non hai trovato nulla. 

Personalmente credo che se fosse riuscita a raggiungere Bruopoli, avresti trovato qualche notizia, per esempio “ragazza 

scomparsa a Ferropoli ritrovata sana e salva a Bruopoli, dai parenti”. O mi sbaglio?

- Hai ragione.

Ash, nonostante anche lui ritenesse estremamente valida la spiegazione del ragazzo, aveva ancora dei dubbi.

- Devo farti anche io una domanda. E non credo che sia piacevole.

- Dimmi.

- Tu non sei quello che dice che non ti devi arrendere mai e che devi portare a casa il risultato, costi quel che costi? Non lo hai detto quando ti hanno intervistato? Saresti comunque diventato campione del mondo eppure hai comunque affondato l’attacco sul tuo compagno di squadra. E ora ti arrendi in questo modo? Ti accontenti davvero dell’ipotesi più probabile?

Non pensi di essere incoerente?

Incoerente”.

Quella parola lo ferì come una coltellata.

- Solo che, anche se lei dovesse essere ancora viva, e ti ho già detto che è molto difficile, ci sarebbero degli altri problemi.

- Tipo?

- Lo sapete benissimo, non ci vediamo da anni. Mi chiedo che opinione possa avere di una persona che si comporta come mi sono comportato io. Che se ne scappa con tutta la famiglia senza fornire spiegazioni, che nemmeno ti saluta quando se ne va. Che non cerca di mettersi in contatto con te in alcun modo.

- Credo che ti possa capire.

Il ragazzo si limitò a non rispondere.

Poco dopo pranzo, l’auto era stata sistemata e i quattro poterono tornare a Ferropoli.

Il viaggio fu relativamente tranquillo, disturbato solo da un po' di pioggia e dalle sue conseguenze sulla viabilità.

Tornati a Ferropoli, la loro prima tappa fu la villa del signor Sebastian.

Si sarebbero concentrati sulla parte dell’abitazione che ancora non avevano esplorato, ossia i sotterranei.

Dal filmato sapevano che questi ultimi erano in qualche modo collegati alla fognatura, la quale avrebbe condotto all’edificio dove il Professore e la sua collega avevano svolto i loro esperimenti.

Appena arrivati, entrarono nella villa e imboccarono immediatamente la scala che conduceva ai sotterranei.

La porta che permetteva di accedere ai sotterranei, non era chiusa a chiave e si aprì dopo un’energica spinta.

Contrariamente al resto dell’abitazione, il sotterraneo appariva incompleto.

Era costituito come una sorta di andito, che portava ad alcune stanze.

Quella più vicina all’ingresso era utilizzata come dispensa.

C’erano degli scaffali con ancora del cibo in scatola, scaduto da anni.

In un’altra stanza, poco lontana, era presente del materiale edile di vario tipo.

Una porta su tutte attrasse l’attenzione di Serena.

Era realizzata in metallo e, per certi versi ricordava la porta di un caveau, o di un bunker.

I quattro si avvicinarono alla porta, e scoprirono che si trattava di una cella frigorifera.

Laconico il commento di Lucinda.

- Molto strano.

- Cosa?

- Non ci arrivi, Ash? Vivevano solo in due in questa casa. Cosa credi se ne potessero fare di una cella frigorifera?

- Effettivamente… ma... magari c’era da prima del loro arrivo e loro non l’hanno mai usata.

- Oppure l’hanno messa per nascondere qualche segreto. Dato che ci siamo, esaminiamola. Non è grande, credo che impiegheremo poco tempo.

Il suo tono non ammetteva repliche, sembrava più un ordine.

La cella non era molto grande. Appesi al soffitto, dei ganci, tutti vuoti. Appoggiati alle pareti degli scaffali, anch’essi vuoti.

Ash e Orlando tentarono di spostarne uno. Il risultato non premiò la loro fatica.

L’ipotesi che la cella conducesse a una qualche passaggio segreto venne accantonata, quando si accorsero di come, dietro gli scaffali, la parete era perfettamente uniforme. 

Usciti dalla cella frigorifera, Orlando lanciò una piccola provocazione a Lucinda.

- Non credi che, se avessi voluto, avrei potuto rinchiudervi lì dentro?

Lucinda non si aspettava quella provocazione. Ma non la prese troppo male.

I quattro uscirono dalla cella e esplorarono, infruttuosamente, le stanze rimanenti.

Restava, in fondo all’andito, una sola porta. Ash cercò di aprirla. Infruttuosamente.

- Dannazione! Non si apre.

- Non vi preoccupate.

Orlando aveva il tono di chi aveva trovato una soluzione al problema.

- So chi può darci una mano… vieni fuori Lucario!

Per favore, potresti usare Forzasfera per sfondare quella porta?

Il Pokémon del ragazzo caricò il potente attacco, che colpì e scardinò la porta, facendola sbattere contro la parete opposta.

Al contempo la stanza iniziò a riempirsi di un fetore indescrivibile.

- Su, ritorna, almeno te te lo risparmi.

Tutti si tapparono il naso.

- Direi che non ci sono dubbi. Abbiamo trovato le fogne.

- Ora come facciamo a capire dove andare?

La domanda di Lucinda suonava come un rimprovero.

La stessa, guardando al soffitto, notò come, sul soffitto, verso una sola direzione era presente una fila di luci al neon.

Nella parete accanto alla porta un interruttore.

Ash lo premette e, dopo qualche sfarfallamento, le luci si accesero.

- Seguiamo le luci, magari ci condurranno dalla parte giusta.

Disse quest’ultimo, con tono deciso.

Gli altri tre non risposero e iniziarono a seguirlo, convinti del fatto che quelle luci erano il solo modo per orientarsi.

Il rumore dei loro passi spaventò un gruppo di Rattata.

Dopo una lunga camminata, resa ancora più lunga dalla poca piacevolezza del luogo, arrivarono alla fine della fognatura, dove questa sgorgava nel fiume. Una griglia impediva di proseguire oltre.

Le opzioni erano solo due. La prima era quella di tornare indietro. Ovviamente a mani vuote. La seconda, opzione era quella prendere una scaletta che sembrava comunicare con l’esterno. Un rapido scambio di sguardi e il tentativo da parte di Ash di impressionare la sua ragazza, cercando di saltare quanto più in alto possibile per aggrapparsi a una delle maniglie, rischiando di mancarla e di cadere rovinosamente di schiena, e di farsi seriamente male decretarono la scelta.

I quattro presero la scaletta e sbucarono davanti ad un ponte. un ponte che collegava la strada a un edificio abbandonato.

Davanti a loro un grande edificio abbandonato, dietro un muro di cemento. La sola opzione percorribile, oltre a tornare indietro, era esplorare l’edificio. Ash venne fermato da Lucinda prima che potesse anche solo fare un passo.

- Non ti ricordi che quel ragazzo ci ha detto che il suo Talonflame era stato ferito quando esplorava una fabbrica abbandonata in un isolotto in mezzo al fiume? Davvero ti interessa così poco del tuo Pikachu?

Il Piplup della ragazza completò il rimprovero della sua allenatrice.

- Magari è stato attaccato perché volava. E noi, che siamo in basso, non rischiamo nulla.

- Come vuoi, ma al primo attacco, smetterò di seguirti.

- Va bene.

I quattro si diressero verso l’edificio.

Appena entrati, prima che potessero anche solo farsi un’idea del luogo in cui si trovavano, vennero attaccati da un branco di Zubat e Golbat. Orlando prese una delle sue Pokéball.

- Jolteon, ho bisogno di te! Usa Fulmine per stordirli!

- Pikachu, dagli una mano con il tuo Fulmine!

I due Pokémon elettro, grazie ai loro Fulmini, fecero cadere a terra qualche decina di migliaia di Zubat e altrettanti Golbat.

- Ma com'è possibile che ci siano dei Pokémon qui dentro, se, quelli che tentano di avvicinarsi dall’alto, vengono attaccati?

La risposta di Serena non si fece attendere.

- Magari dipende dal fatto che il sistema di difesa sa riconoscere i Pokémon selvatici da quelli catturati.

- Sai geniale.

Serena era felice del complimento ricevuto, soprattutto perché proveniva dalla bocca di Lucinda.

Sedata la minaccia dei Pokémon pipistrello, finalmente poterono dedicarsi a visitare l’edificio.

Si accorsero di come l’ingresso desse su di una piattaforma metallica sospesa che percorreva l’intero perimetro dell’edificio, permettendo l’accesso a diverse stanze. Davanti a loro una scala, dello stesso materiale, permetteva di scendere al piano inferiore. Da quella piattaforma si aveva una perfetta visuale sul piano terra che appariva vuoto e impolverato. Il solo oggetto degno di attenzione era un vecchio montacarichi in fondo alla stanza, al centro del muro.

Quel montacarichi avrebbe permesso di raggiungere tanto i piani inferiori, quanto quelli superiori, ovviamente solo nel caso in cui non fosse guasto. Questo non sembrava importasse a Ash, che voleva salirci a tutti i costi.

Scese le scale di fretta, rischiando di cadere e di farsi seriamente male, e corse verso il montacarichi, non lasciando altra scelta agli altri tre se non quella di seguirlo.

Il montacarichi era spartano. Sembrava fosse stato derivato da un container.

Un container giallo a cui hanno attaccato un comando per farlo salire e scendere e un tastierino alfanumerico, messo lì, per dei motivi sconosciuti. Lucinda era abbastanza impaurita.

- Non avete paura che possa cadere?

- Ci sono otto cavi a tenerlo. Anche solo uno basterebbe a reggere tutto il peso. Ci deve proprio andare male perché si rompano tutti.

Il tentativo da parte di Serena di rassicurarla ebbe l’effetto opposto.

In più, Ash aveva premuto uno dei due bottoni che comandavano la salita e la discesa.

Nel farlo, disse una frase che si rivelò profetica.

-Credete davvero che funzioni?

Pochi istanti dopo una serranda si chiuse e il montacarichi iniziò una discesa dalla lunghezza apparentemente infinita.

- E adesso che facciamo, Ash? Lo sai benissimo che sono claustrofobica! Fammi uscire immediatamente da qui!

Ash restò in silenzio, pensando a cosa fare.

Poi ebbe l’illuminazione. Qualora la serranda non si sarebbe aperta, l’avrebbe aperta lui, in qualche modo.

- Credo di aver avuto un’idea.

Guardò negli occhi il suo Pikachu.

- Usa Codacciaio sulla serranda.

L’attacco del Pokémon ebbe solo parzialmente l’effetto sperato. La serranda era divelta, sotto il potente attacco di tipo acciaio, ma ciò non servì a molto. Infatti, la serranda, celava un’ulteriore porta. Una porta talmente tanto resistente da non essere stata minimamente scalfita dall’attacco.

- Non vi sembra strano?

Una porta così robusta, così moderna, è fuori luogo in un edificio abbandonato. Deve per forza nascondere qualcosa. E deve anche essere qualcosa di molto prezioso.

Tutti pensarono che Serena avesse ragione. Quella porta era fuori luogo, a meno che non nascondesse qualche segreto.

La ragazza indicò il tastierino.

- Forse quella porta è protetta da un codice segreto e si aprirà solo digitando un qualche codice su quel tastierino.

La ragazza fece un tentativo, digitando dei numeri a caso.

Si accorse di come la password non potesse essere più lunga di cinque numeri. Tentare, per trovare il numero giusto, avrebbe richiesto troppo tempo. Avrebbe dovuto provare centomila combinazioni. 

Stava per premere il pulsante di risalita, quando Ash la fermò dal farlo.

- Ho ancora quell’elenco telefonico. Sia mai che ci fornisca qualche indizio.

Serena era dubbiosa.

- Perché mai, quell’elenco telefonico dovrebbe fornirci indizi? Certo, è stato preparato dal signor Sebastian oppure da qualche suo parente. Ma penso riguardi solo Bruopoli.

Poi guardò l’ora sul suo smart Rotom, pensando a come si fosse fatto tardi.

Il suo gesto non servì a molto, il brontolio dello stomaco di Ash era più preciso di qualsiasi orologio. Il ragazzo, visibilmente imbarazzato, commentò la situazione.

- Scusatemi… ma credo che sia ora di tornare alla base.

Nessuno gli disse nulla. Ash premette il pulsante di risalita, e il montacarichi salì, alla stessa, inesistente velocità con cui era sceso. I quattro risalirono le scale e fecero di nuovo la spiacevole passeggiata lungo le fognature.

Tornati al Centro Pokémon, la priorità di tutti e quattro, era una bella doccia bollente.

Volevano, a ogni costo, levarsi di dosso lo spiacevole odore di fogna. Dopo cena, si ritrovarono in una delle stanze.

Prima che potessero iniziare a discutere di quanto visto, accadde qualcosa.

- Non so se sembra anche a voi, ma…

- Parla pure, ti ascoltiamo.

Lucinda terminò la sua frase.

- Mi sento osservata.

- Dannazione.

L’uomo aveva visto e sentito perfettamente.

- Come hanno fatto a scoprirmi? Adesso andranno via.

E io resterò a mani vuote.

Quello che lui non si poteva aspettare è che la sensazione di Lucinda non si riferisse alle sue microspie.

Quando, davanti ai suoi occhi, o meglio, davanti alle sue telecamere si materializzò una creatura mai vista in vita sua.

Una creatura dal corpo chiaro e snello. Colore che passava al nero dal collo alla vita creando l'impressione che la stessa indossi un abito. Abito raccolto in vita da una fascia. I suoi lunghi capelli erano raccolti da un fermaglio nero e

decorati da un motivo che ricordava uno spartito. Le sue braccia ricordavano nella forma delle note musicali. Indossava, sulla fronte un piccolo diadema.

Meloetta guardò Orlando con aria arrabbiata.

- Scusami se non ti ho avvisato, ma è successo un disastro...

Rapidamente la cosa passò in secondo piano.

Meloetta salutò Lucinda e Ash, per poi guardare Serena con l’aria di chi cercava di ricordarsi qualcosa.

Poi si avvicinò a lei e fece un cordiale gesto di saluto. Lucinda era stupita.

- Ma come fai a conoscerla? Lo sai che è molto raro che lei si fidi degli esseri umani?

So che si fida solo di persone di animo buono, quindi forse ho fatto male a dubitare di te.

- Non importa che tu abbia dubitato o meno. 

Dopotutto la storia di come ci siamo incontrati è abbastanza brusca, se così vogliamo dire.

La risposta dei tre fu corale.

- Brusca?

- Ecco, come sapete Meloetta proviene da Unima. Ed è lì che ci siamo incontrati. Precisamente l’anno scorso. Stavamo facendo alcuni test, non ricordo precisamente cosa stessimo provando, ma di base eravamo in un circuito nei pressi di Spiraria, la versione stradale di un circuito noto per la sua Cinquecento Miglia.

Fatto sta che, a un certo punto, nel bel mezzo del rettilineo, prima dell'ultima curva, una sopraelevata vidi qualcosa che non fui bene in grado di identificare. Sembrava un Pokémon di piccole dimensioni, oppure un bambino.

Sapete, quando vai a certe velocità non puoi stare troppo a pensare. In una frazione di secondo, decisi di scartare a destra.

Forse la manovra che feci fu troppo aggressiva, forse raccolsi dei detriti che bucarono una gomma.

In quel momento divenni un passeggero. L’auto sbatté violentemente contro le protezioni diverse volte, prima di fermarsi.

E io ero rimasto cosciente durante tutto l’incidente. Nonostante questo decisero di portarmi comunque al centro medico e di farmi passare la notte lì. Mi permisero di portare solo un Pokémon, e pretesero che fosse di piccola taglia.

Il ragazzo prese il suo Smart Rotom, aprì la galleria e mostrò ai tre le foto dell’incidente.

L’auto era irriconoscibile. Era divisa in due. La parte posteriore da una parte, quella anteriore da un’altra.

La prima presentava della schiuma antincendio, la seconda dei segni di come questa fosse stata tirata di forza dalle barriere.

Per terra quello che sembrava liquido di raffreddamento. Erano tutti e tre impauriti.

- Se volete ho pure il video delle telecamere.

Serena rifiutò per tutti.

- No. Grazie. Queste cose mi fanno paura.

- Come vuoi.

A proposito, verresti due minuti con me?

Ash, tranquillo.Non te la rubo. So che la mia regione è famosa per i sequestri di persona, ma non sono il mio tipo di crimine!

Risero tutti. Poco dopo i due erano fuori dalla stanza, nella sala principale del Centro Pokémon.

Orlando prese il suo Smart Rotom e compose un numero.

La persona dall’altra parte del telefono rispose subito.

- Sai qui c’è lei. Potresti farmi avere quella famosa degli show?

- Certo, subito!

- Ti ringrazio, ci vediamo!

- Ci vediamo!

Orlando fece cenno a Serena di avvicinarsi al trasferitore.

Pochi istanti dopo la Pokéball si materializzò davanti ai loro occhi.

Il ragazzo porse una sorta di pietra bianca con dei puntini azzurri alla ragazza.

- Dalla al tuo Pancham se non vuole evolversi in Pangoro.

La ragazza fece uscire il suo Pokémon dalla Pokéball e gli diede la Pietrastante. Poi lo fece tornare dentro la Pokéball.

- Si, ma perché gli vuoi far tenere la Pietrastante?

- Prendi quella Pokéball. Credo che tu possa capirlo da sola. 

La ragazza la prese.

- Bene, falla uscire e capirai subito.

La nativa di Kalos non si sentì di controbattere. Dalla Pokéball uscì una Zorua. Subito iniziò a girare attorno alla ragazza.

- Una Zorua?!? Com’è carina! Non dovevi!

- A dire il vero è stata lei a scegliere te. Ma adesso è meglio che torniamo da Lucinda e Ash. O penseranno che stia attuando un sequestro di persona.

- Scusami, ma non ho capito una cosa. Perché hai voluto che Pancham tenesse la Pietrastante?

- Semplicemente perché Pancham, si evolve in Pangoro quando è influenzato da un Pokémon di tipo Buio, come Zorua.

- Sinceramente non lo sapevo. Ma, ora che ci penso, Pangoro è anche di tipo Buio, quindi ha senso. In ogni caso, credo che sia il momento di andare,

I due tornarono nella stanza, con la Zorua che si era accomodata sulla spalla della ragazza.

- Una Zorua?

Te l’ha regalata lui?

- Mi ha detto che è stata lei a scegliere me.

- Sembra che ti abbia già presa in simpatia.

Commentò Lucinda.

- Ok. Vi racconto tutto quello che resta.

Semplicemente, prima di farlo volevo che ci fosse anche chi ha causato tutto.

- Zorua?

Gli chiesero tutti e tre.

- Proprio lei.

Vi avevo detto che, al centro medico, permettevano di portare solo un Pokémon di piccola taglia? Bene, portai proprio Zorua. Ed è solo grazie a lei che ho potuto conoscere Meloetta. Sfruttando la sua abilità, la piccola illusionista si era trasformata proprio in Meloetta.

- E Zorua si collega anche a te. Quella notte, in televisione, stavano dando una gara dove hai partecipato e Zorua faceva i salti di gioia ogni volta che ti inquadravano.

E così, soprattutto grazie all’arrivo di Meloetta, ho trovato la giusta occasione per regalartela.

Nel frattempo, Zorua era tornata alla sua forma normale.

Intanto Serena stava spazzolando Zorua, che sembrava stesse apprezzando particolarmente. Non interrompendo le spazzolate, chiese a Orlando.

- Vorrei chiederti un’altra cosa.

- Dimmi tutto quello che desiderei.

- Sei stato davvero molto gentile a volermi affidare la tua Zorua, ma non hai detto tu stesso che è grazie a lei che sei diventato amico di Meloetta? Senza di lei...

- Penso che lei capisca. Sarei stato egoista a tenerla. Te lo ripeto, ogni volta che ti inquadravano faceva i salti di gioia, quindi ho pensato che affidarla a te fosse la scelta più giusta.

Meloetta fece segno di approvazione.

- Visto?

Commentò Ash.

- Sembra che anche lei lo pensi.

Lucinda richiamò l’attenzione con un colpo di tosse

-Vi devo ricordare perché siamo qui?

Ash prese il suo zaino e estrasse l’elenco telefonico.

- Se ricordate, nell’ascensore, avevamo parlato dell’elenco telefonico. Sappiamo benissimo che questo elenco telefonico ha a che fare con Bruopoli e non con Ferropoli, ma un tentativo lo farei lo stesso.

Ash scosse l’elenco telefonico, nella speranza di trovare dei bigliettini o qualcosa di simile. Senza successo.

Serena, osservando l’elenco telefonico si accorse degli altri segnalibri.

- Scusa, Ash, ma se il primo segnalibro si trova in corrispondenza dei numeri dei parenti del professore… a cosa servono gli altri due? Saranno messi a caso?

Ash passò l’elenco telefonico alla sua ragazza.

Appena avuto l’elenco in mano, Serena, lo aprì in corrispondenza del secondo segnalibro. Quest’ultimo portava a delle pagine apparentemente normalissime.

La ragazza guardò con più attenzione.

- Uno, due, tre, quattro, CINQUE.

La ragazza si soffermò particolarmente sul cinque.

- Sei, sette, otto, NOVE.

- Trovato niente?

La ragazza mostrò a tutti le pagine dell’elenco.

- Guardate, il quinto e il nono numero di telefono in questa pagina sono evidenziati… e nella pagina dopo è il…

Iniziò a contare sottovoce.

- Uno, due, tre, quattro, cinque, SEI.

Il sesto.

Quindi sono evidenziati il quinto, il nono, il sesto e poi…

La ragazza aprì l’elenco in corrispondenza dell'ultimo segnalibro.

- Di nuovo il quinto e il sesto.

Quindi abbiamo il quinto, il nono, il sesto, il quinto e il sesto.

Lucinda, nel tono di chi pensa di essere venuta a capo di qualcosa

- Quindi la password è cinque, nove, sei, cinque, sei?

Serena frenò subito il suo entusiasmo.

- Non so.

Ci sono centomila combinazioni possibili. Possiamo provarla, ma non è detto che funzioni.

- Proviamola per prima, almeno la delusione sarà minore, qualora dovessimo fallire.

Intanto l’uomo aveva ascoltato e visto tutto, grazie alle sue microspie.

Compresa Meloetta. Un Pokémon che mai aveva visto in vita sua, per cui doveva essere raro. E raro fa rima con prezioso.

Qualora il piano principale fosse fallito, avrebbe potuto ripiegare su di lei. Quando vide che i quattro si separarono, decise di passare all’azione. Prese delle pastiglie in grado di farlo stare sveglio e, portando con sé i suoi due Houndoom, si diresse al Centro Pokémon dove i quattro alloggiavano.

La mattina dopo i quattro uscirono presto. E si diressero, in macchina fino alla villa. L’uomo cercò di seguirli da lontano.

I quattro entrarono nella villa e fecero lo stesso percorso del giorno prima, anche se questa avevano adottato degli accorgimenti. Indossavano delle tute contro il rischio biologico, almeno non avrebbero avuto attaccato l’odore di fogna.

Se le tolsero una volta giunti fuori dalla fabbrica.

Andarono di nuovo al montacarichi e scesero fino al piano dove si trovavano il giorno prima.

Serena, senza dire una parola, digitò nel tastierino:

59656

Dopo alcuni istanti, un rumore colse tutti di sorpresa.

Era la porta di sicurezza. Si era aperta.

Si diedero tutti il cinque. L’ipotesi di Serena si era rivelata corretta.

Tuttavia non erano minimamente pronti a ciò che si sarebbe presentato davanti ai loro occhi.

Una stanza illuminata da luci al neon verdi. Rivestita interamente da pannelli metallici, probabilmente per schermarla.

Al centro della stanza un gigantesco monitor, retto da una sorta di braccio meccanico.

Dal monitor partivano dei cavi che si dirigevano verso il piano inferiore.

Da una parte della stanza, un sedile di auto, su di un binario che conduceva fino al monitor.

Lucinda decise di sedersi, ma non accadde nulla.

- Abbiamo solo perso del tempo. Possiamo tornare alla base.

- Non ancora. Guardate!

Ash indicò un pozzetto, chiuso da un lucchetto.

Scassinare il lucchetto era fuori discussione, avrebbe richiesto troppo tempo. Almeno secondo Ash.

- Pikachu, potresti tagliare il lucchetto con Codacciaio?

Pikachu seguì il comando del suo allenatore e tagliò il lucchetto con un potente colpo della coda.

Ash tolse quello che rimaneva del lucchetto e aprì il pozzetto.

Dava su una scaletta che portava al piano inferiore.

- Venite qui! Guardate un po’.

Ash fu il primo a scendere, poi tutti gli altri.

Appena arrivato, Ash assisté a uno spettacolo che mai si sarebbe aspettato. Dal terreno uscì uno strano dispositivo, di forma cilindrica, colorato di verde e con delle parti in oro. Sembrava che fino al momento prima fosse stato immerso in un qualche liquido di raffreddamento.

Appena il fluido colò, uno sportellino si aprì, facendo uscire una leva che, con tutta probabilità, fungeva da interruttore.

Orlando fermò Ash dall’avvicinarsi.

- Non credi che sarebbe scortese?

- Cosa?

- Non farlo accendere alle ragazze.

- Giusto, hai ragione.

Lucinda e Serena si avvicinarono al dispositivo e abbassarono insieme l’interruttore.

Per un attimo non accadde nulla. Poi, la parte dorata dello strano dispositivo iniziò a illuminarsi, illuminando a sua volta l’intera stanza. Poco dopo il cilindro sprofondò nuovamente nel terreno.

Risalirono nuovamente al piano successivo e il monitor, che, in precedenza era spento, ora illuminava la stanza. Ash decise di sedersi sulla poltrona di comando, ma la combinazione tra il sedersi nella punta della sedia e il movimento della stessa, lo fecero cadere. Nella sua caduta, fece sollevare la parte del sedile dove ci si siede, facendo si che lo scomparto segreto sotto lo stesso venisse scoperto. Al suo interno si trovava solamente un taccuino.

Lucinda lo prese, risistemò la seduta, per poi sedersi a sua volta.

Gli altri si erano radunati dietro di lei. 

Sul monitor iniziarono ad apparire dati di Pokémon, come quelli che erano apparsi a Bruopli.

Lucinda premette uno dei tasti, in maniera simile a come fece a Bruopli, aspettandosi un risultato simile a quello dell’altro giorno. Rimase sorpresa quando si accorse che qui non era richiesta alcuna password.

- Guardate, qui non chiede alcuna password.

Lucinda, premendo quel tasto, aveva selezionato uno dei tanti Pokémon. Un Trevenant.

Nella schermata erano presenti tutti i dati del Pokémon, come in precedenza, tuttavia, selezionando uno di quei Pokémon, non solo era possibile accedere ad alcuni dei suoi dati, ma era anche possibile interagire con quest’ultimo tramite dei menu.

Il primo consentiva semplicemente di far scegliere che attacco far usare al Pokémon.

Il secondo presentava, invece la possibilità di conoscere i suoi spostamenti.

Il terzo, invece, presentava le opzioni più macabre, quelle che permettevano di assumerne il pieno controllo.

Lucinda provò a visitare quell’opzione, ma il sistema impedì qualsiasi azione. Per attivare questa funzione era necessario un grado di identificazione, che chiaramente lei non poteva avere.

- Abbiamo fatto un altro buco nell’acqua.

- Non ti abbattere. - La consolò Ash.

-Abbiamo comunque quel taccuino, magari ci sarà d’aiuto.

Ash sfogliò alcune pagine.

- Certo che chiunque fosse, scriveva proprio in geroglifico.

Mentre i quattro si trovavano nell’edificio abbandonato e ne stavano scoprendo i segreti, in una delle carceri della regione di Kalos, uno dei tanti detenuti, scontava la sua pena. Era stato arrestato diversi anni prima per aver collaborato con la mafia. E in tutti quegli anni non aveva mai confessato nulla.

Non aveva motivi per farlo. Non avrebbe ricevuto nulla in cambio.

L’uomo stava tranquillamente chiacchierando con il suo compagno di cella. Lo stesso da quando era stato arrestato. Sapendo di avere tanti anni di convivenza forzata, non alzare le mani era la sola scelta per convivere.

I due erano da poco rientrati dall’ora d’aria, quando una delle guardie carcerarie aprì la cella. Guardò uno dei due detenuti, e con tono serio disse:

-Venga con me.

La guardia ammanettò uno dei due detenuti e lo scortò fino all’area del carcere dedicata alle visite.

Dal lato del detenuto la stanza era vuota e aveva le pareti bianche.

Il solo oggetto presente nella stanza era una semplice sedia, fissata al pavimento.

A separare l’uomo dal suo interlocutore una spessa parete di vetro antiproiettile, con dei sottili fori per poter parlare.

La guardia lo condusse nella stanza e chiuse la porta a chiave.

Fuggire da quella stanza era impensabile.

Pochi istanti dopo il suo arrivo, dall’altra parte del vetro, arrivò un uomo. Alto e di corporatura robusta.

Era vestito totalmente di nero. Giacca, cappello, pantaloni, forse anche le scarpe. Indossava anche degli occhiali da sole, ovviamente neri, e una mascherina, ovviamente nera.

Sembrava facesse di tutto per non farsi riconoscere.

Il primo dubbio nella mente del detenuto riguardava come quell’uomo avesse superato tutti i controlli obbligatori per i visitatori. Sempre che l’avessero controllato, ovvio. Non poté pensarci a lungo.

Una voce profonda e roca lo riportò alla realtà.

- Sappiamo chi è lei e cosa ha fatto.

L’uomo rabbrividì.

- Se lei collaborerà con noi, potrà considerarsi un uomo libero. Non dovesse collaborare, non uscirà vivo da qui.

L’uomo era intimidito dalle parole del suo interlocutore. Sapeva che, con la buona condotta, sarebbe potuto uscire qualche anno prima dal carcere. Ma questo si scontrava con le parole dell’uomo vestito di nero. Sembrava essere molto influente.

Dal suo aspetto apparteneva ai servizi segreti o qualcosa di simile. Meglio non farselo nemico.

- Sono disposto a tutto.

Il suo tono era incerto.

- Lei ha collaborato con Graziano, detto il Mago. Il più pericoloso e influente boss della mafia, l’uomo più ricercato del mondo, per una lista di reati infinita, tra associazione a delinquere di stampo mafioso, omicidi, sequestri di persona, spaccio di droga, strozzinaggio... So che lei è stato arrestato perché ha fatto da intermediario tra lui e il signor Sebastian Arnes. Ha usato i suoi soldi per finanziare il suo progetto. E il signor Arnes, per via delle sue pressioni, ha continuato a lavorare al progetto, nonostante gli fosse stato intimato di non metterci più le mani.

E immagino lo sappia, se il signor Sebastian è stato ucciso è anche colpa sua.

Le offro la possibilità di redimersi. Non potrà riportarlo in vita, ma ci può condurre al suo ex capo. Con lui dietro le sbarre, sarà libero. Altrimenti passerà il resto dei suoi giorni in carcere. In una piccola cella. Da solo.

Il carcerato stette a lungo in silenzio.

- Non ho altra scelta.

La porta si aprì. Ma non entrò la stessa guardia che lo aveva scortato fino a quel momento.

Entrarono due uomini. Erano molto simili a quello con cui aveva parlato. Alti e robusti, vestiti di nero dalla testa ai piedi.

Lo sollevarono di peso. E lo condussero fino al loro mezzo. Un pulmino. Nero, con i vetri oscurati.

Prima di farlo salire a bordo lo perquisirono da capo a piedi, non trovando nulla.

Lo fecero sedere a bordo e gli allacciarono la cintura. Appariva come una normale cintura di sicurezza ma, in realtà, era dello stesso tipo di quelle usate nelle auto della polizia, e non poteva essere sganciata se non tramite un pulsante, accessibile solo dal posto di guida. Un sistema non troppo articolato, ma altrettanto efficace per impedire la fuga.

Uno degli uomini che lo aveva scortato, usò delle cesoie per tagliare le sue manette.

Solo in quel momento, il pulmino iniziò a muoversi.

Uno degli altri iniziò a fargli delle domande. O meglio, a estorcergli una confessione.

Puntandogli una pistola alla tempia.

-Veda di non fare scherzi. E adesso ci mostri dove si trova la casa del signor Arnes.

L’uomo accanto a lui gli posò un tablet sulle gambe, con un'applicazione di mappe, con vista dal satellite.

L’uomo si stava spostando verso la periferia di Ferropoli. In una zona vicina a un boschetto. Vi erano alcune villette Una risaltava su tutte. Era molto più grande delle altre. E aveva un ampio giardino. 

- Questa era la sua casa.

L’uomo che gli aveva porto il tablet, lo riprese, e salvò la posizione dell’edificio, per poi inviarla al navigatore satellitare.

- E dove si trova l’edificio dove faceva i suoi esperimenti?

L’uomo aveva di nuovo il tablet sulle gambe. 

Cercò nella mappa satellitare. Dopo alcuni istanti di ricerca, lo trovò.

Una fabbrica di auto su un isolotto in mezzo al fiume. Anche dal satellite, si vedeva come fosse impossibile accedere dal ponte, a causa di un muro.

- E quel muro?

- Lo ha voluto far costruire per impedirvi di raggiungerla via terra. E non è il solo sistema di sicurezza.

- Sistema di sicurezza?

- Sebastian era un tipo molto previdente. Per evitare che delle persone o dei Pokémon di allenatori potessero sorvolare l’edificio, ha fatto installare dei dispositivi per attaccare qualsiasi Pokémon catturato o qualsiasi mezzo aereo che si avvicini troppo.

- E come si raggiunge l’edificio?

- Dalle fogne. Un passaggio conduce direttamente dalla casa alla fabbrica.

Nella fabbrica abbandonata, intanto, Ash non era stato in grado di capire una parola di quelle scritte nel taccuino, così l’aveva passato a Orlando.

- Aspettate un secondo. Questa è la sua grafia! Non è stato mio professore per molto, ma la riconosco.

Per smorzare la tensione del momento, si lasciò scappare una battuta.

- E hai ragione, aveva davvero una scrittura terribile.

Il ragazzo si sforzò di leggere.

- Qui ho scritto le istruzioni su come procedere per trasferire le persone. Lo nasconderò in un posto sicuro quando sarò certo che tu saprai come fare. Non lo deve sapere nessun altro.

Il ragazzo cambiò pagina.

- Recati nella cella frigorifera. Fatti aiutare dai tuoi Pokémon per spingere la parete opposta alla porta.

Troverai una stanza con un trasferitore, una scrivania con sopra un monitor, una tastiera e un mouse.

Per il trasferimento dovrai semplicemente scansionare il tuo Pokédex nell’apposito sistema. Dopo che ti avrà riconosciuto, lo potrai riprendere.

Nella pagina ancora successiva altre informazioni.

- Nel sistema devi selezionare la funzione “trasferisci” e selezionare il dispositivo di partenza, chiamato Master 1, e quello di arrivo, chiamato Sub 1. Dopo la selezione, ricovera i tuoi Pokémon nelle Pokéball e posizionati al centro della piattaforma.

Dopo trenta secondi dal tuo posizionamento, inizierà il trasferimento. Qualora avessi fatto tutto bene…

La frase terminava nella pagina successiva.

- Ti troverai a Bruopoli. Nella stanza in cui ti troverai, ci sarà una scrivania. Nel suo cassetto un elenco telefonico. Nel primo segnalibro troverai i contatti di alcuni nostri famigliari. Sotto al tavolino da caffè delle chiavi per aprire le porte.

Appena uscirai, trova una cabina telefonica, chiama uno dei numeri e fatti venire a prendere. Qualora qualcosa dovesse andare storto…

Andò avanti all’ultima pagina scritta.

- Per esempio, se dovesse saltare la corrente prima del tuo arrivo a Bruopli, appena la stessa verrà riattaccata, verrai riportata qui a Ferropoli. Questa è una scelta che abbiamo voluto intraprendere per motivi di sicurezza.

Lucinda, che come tutti aveva semplicemente ascoltato, fu la prima ad avere delle domande.

- Allora, cosa mi dici? Visto che la cella frigorifera nascondeva qualcosa? Non lo hai detto tu stesso che quell’uomo era un tipo piuttosto misterioso?

Ash prese le sue difese.

- Vero, ma l’avevamo esaminata insieme, senza trovare nulla. Piuttosto, dal momento che  ora che sappiamo cosa fare, mettiamoci in marcia. 

Tutti convennero che Ash avesse ragione.

L’uomo, poco lontano dalla villa, stava iniziando a perdere la pazienza. Erano entrati da molto tempo e ancora non erano usciti. Certo, poteva entrare, ma il rischio di incontrarli era troppo alto e non avrebbe potuto giustificare la sua presenza in alcun modo. E nonostante fosse armato, era comunque in grossa inferiorità numerica.

Doveva solo avere pazienza.

I quattro erano ritornati. Si erano tolti le tute e diretti verso la cella frigorifera. Spostarono gli scaffali che poggiavano contro la parete opposta alla porta e, con l’aiuto di alcuni dei loro Pokémon, spinsero la parete.

Senza neppure troppi sforzi, la parete si spostò, rivelando il segreto finora solamente letto  nelle pagine del taccuino.

La stanza non era grandissima. Al centro della parete opposta all’ingresso, era presente una pedana di metallo sovrastata, a circa due metri d’altezza, da un disco traforato, sempre realizzato in metallo.

Dal disco partivano alcuni cavi, collegati a quello che sembrava essere un computer, che troneggiava su una scrivania.

Quel dispositivo ricordava una sorta di doccia, anche se, per come era costruito, dal soffione sarebbe piovuta elettricità e non acqua. O almeno questo sarebbe stato il loro pensiero prima che scoprissero tutta la storia. 

Nella stanza anche un divano e un tavolino da caffè.

Lucinda, osservando il dispositivo, si lasciò scappare un commento.

- E così quello sarebbe un trasferitore per esseri umani? Assomiglia a quello di Bruopoli.

- Quindi, secondo voi se dovessimo alimentarlo, lei tornerebbe qui?

L’innocente domanda di Ash scatenò i dubbi della sua ragazza.

- Mettiamo caso che effettivamente funzioni. E che lei torni. Come lo spieghiamo alle autorità? Scompare e dopo anni ritorna? Dobbiamo inventarci qualcosa.

- Aspettiamo, almeno assicuriamoci che tutto funzioni, poi ci penseremo.

Salgo a prendere la pila di Lem. Dovrebbe avere ancora abbastanza energia.

Ash salì al piano superiore e dopo qualche minuto tornò con la pesante pila. Al suo ritorno, si occuparono di collegare il dispositivo alla batteria. Per alcuni istanti non accadde nulla.

- Un altro buco nell’acqua.

Il commento frustrato di Ash venne smentito da quello che, lentamente, stava avvenendo davanti ai loro occhi.

Da quella sorta di soffione iniziavano a uscire dei raggi di luce bianca. Prima deboli, poi sempre più forti.

Fino a quando non smisero. Davanti ai loro occhi apparve una ragazzina. Non molto alta, magra, capelli rosa corti e occhi verdi. Indossa una maglietta gialla con sopra una giacchetta rosa e una corta gonna rosa. 

Al collo un pendente. Uguale a quello che Ash aveva visto nelle visioni causate da Darkrai.

La ragazza stava per cadere a terra, ma venne prontamente soccorsa da Orlando e Ash e distesa sul divano.

Non c’erano dubbi. Era lei.

- Mi perdonate se esco un attimo?

- Figurati.

Il tono di Serena era davvero comprensivo.

Lei aveva ben capito il motivo per cui aveva reagito in quel modo. La sua amica era rimasta esattamente come se la ricordava nove anni prima. Una ragazzina di undici anni. Appena il ragazzo si allontanò, finalmente Serena parlò dell’argomento solo accennato in precedenza.

- Lasciamo che Orlando metabolizzi la situazione, posso immaginare che  per lui sia stato un grandissimo shock.

Lo capirei anche se decidesse di andarsene e di non tornare più.

Ora dobbiamo occuparci di quel problema.

Quasi subito Lucinda prese la parola.

- Ho avuto un’idea.

- Vai.

- Orlando ti ha regalato una Zorua, non è vero? E se usasse la sua abilità per creare un’immagine di Celebi e far credere che sia arrivata qui grazie a lui? Ci basterà fare qualche foto. Credo bastino come prove per le autorità.

- Lucinda, sei geniale!

La ragazza era felice del complimento ricevuto dalla coppia.

- Però ora ci dobbiamo occupare di lei.

Serena si riferiva alla ragazza, ancora sdraiata sul divano che, nel frattempo, stava riprendendo conoscenza.

Ancora stordita, la ragazza stava iniziando a fare delle domande.

- E voi chi siete? Dove sono? Cosa ci fate qui? Cosa hanno fatto a mio babbo? Chi era quell’altro ragazzo che mi ha soccorsa?

Intanto la ragazza si era messa in posizione seduta e accanto a lei si erano sedute Lucinda e Serena.

Quest’ultima cercò di rispondere alle sue domande.

- Non è facile raccontare tutto, ma cercherò di fare il possibile. Io mi chiamo Serena e sono una performer e super coordinatrice.

- Io sono Lucinda. E anche io sono una super coordinatrice.

Il Piplup della ragazza fece anche lui un gesto di saluto.

- Un Piplup? Non ne ho mai visto uno, immagino che tu non lo abbia catturato a Kalos.

- Non ti sbagli, io sono di Sinnoh, e lui è stato il mio primo Pokémon

- Io sono Ash e questo è Pikachu, il mio carissimo amico e compagno di viaggio. Veniamo da Biancavilla, nella regione di Kanto.

- Per curiosità, qual è stato il tuo primo Pokémon?

- Proprio lui, Pikachu

- Ma come? A Kanto i Pokémon iniziali non sono Bulbasaur, Charmander e Squirtle?

Serena rispose al posto del suo ragazzo.

- Semplicemente lui è un ritardatario cronico. 

- E Pikachu era il solo Pokémon rimasto nel laboratorio. E il resto è storia.

Dopo le presentazioni, Serena riprese il racconto.

- Tutto è cominciato la notte tra giovedì e venerdì scorso. Io e Ash siamo venuti qui perché dovevo prendere parte a  un’esibizione, ma sin dalla prima notte che abbiamo passato qui a Ferropoli, Ash, ha avuto delle visioni è venuto alla conoscenza della tua storia e di quella dei tuoi. Abbiamo scoperto che a causare le visioni è stato un esemplare di Darkrai.

- Darkrai? Mio padre era amico di un Darkrai! Sarà stato lui!

- Probabile, lui ci ha raccontato di essere stato amico del signor Sebastian e ha chiesto a Ash di aiutarlo a trovarti.

Per tutta una serie di coincidenze, abbiamo incontrato quel ragazzo che, insieme a Ash ti ha soccorso. Orlando.

- Orlando?

La ragazzina ripeté sottovoce il nome del ragazzo.

- Me lo ricordavo diverso dall’ultima volta in cui ci siamo visti…

- Se n'è andato proprio per quello.

Sono passati nove anni dall’ultima volta in cui vi siete visti. E anche lui si aspettava di trovarti diversa dall’ultima volta.

- Nove anni?

- Esatto. Non ricordi nulla del giorno in cui sei fuggita?

- Avevo vinto la mia seconda medaglia. E, mentre rientravo a casa, ho visto diverse auto, nere, tutte uguali.

Sono rientrata a casa per mostrare la medaglia a mio padre. Poco dopo il mio arrivo mi disse di mettermi al sicuro. Così, seguendo le sue istruzioni, scappai.

- Ma qualcosa andò storto. E non sei arrivata a Bruopoli, ma sei rimasta bloccata tra le due città per tutti questi anni.

Lucinda completò la sua frase.

- Si, almeno credo.

- Non so se tu voglia sapere cosa hanno fatto a tuo padre.

Taelia capì, dal tono di Ash che non doveva trattarsi di una bella fine.

- Dimmelo, voglio saperlo a tutti i costi.

Lucinda, cercando di essere il più delicata possibile, raccontò la triste storia.

- Poco dopo il vostro arrivo a Ferropoli, tuo padre e una donna chiamata Suzanne hanno cominciato a lavorare a un progetto. Delle Pokéball che avrebbero permesso di rendere i Pokémon più obbedienti per aiutare gli allenatori meno esperti e, al contempo permettere di studiarli.

- Capisco, quindi è per quello che spesso non era a casa?

- Molto probabile. Dopo qualche tempo lui e l’uomo che lo finanziava si incontrarono. Tuo padre voleva mostrargli delle lettere che aveva ricevuto da parte dei suoi ex datori di lavoro. In quelle lettere gli chiedevano di smettere con il progetto e di consegnare tutto. Minacciandolo di morte qualora non lo avesse fatto. 

- Quindi è stato ucciso?

Il tono di Serena si fece triste.

- Si.

Una quindicina di minuti dopo, Orlando era tornato. Con delle buste.

- Scusate se me ne sono andato. Ma mi capirete, è una situazione difficilissima. Ho portato questi per farmi perdonare.

Il ragazzo posò le buste sul tavolino da caffè e ne estrasse il contenuto.

In una delle bottiglie di bevande gasate e dei bicchieri di plastica, nell’altra una confezione di dolci, con il logo di una pasticceria. Posato tutto, aprì la confezione. Dentro quest’ultima vari tipi di paste e ciambelle doppie.

- Si, sei davvero tu!

Orlando sorrise.

-Ti sei ricordato che io adoro quelle ciambelle.

I cinque si godettero il momento di leggerezza.

- Quando sono uscito, ho riflettuto. Cosa avrei dovuto fare? Abbandonarvi qui? Non avrei risolto nulla. E quindi ho pensato che la scelta migliore fosse tornare qui e andare fino in fondo.

Dopo qualche istante di silenzio, Taelia si rivolse a Orlando.

- Ho una domanda. Ma cosa è successo dopo che sono fuggita?

- Non lo so.

Io e la mia famiglia siamo fuggiti da Kalos lo stesso giorno in cui tu sei scomparsa. 

- Perché siete fuggiti?

- Non mi hanno mai spiegato nulla. Solo di recente ho scoperto la verità.

L’uomo che ha finanziato tuo padre, era mio zio. Quando tu sei fuggita, per qualche motivo la mia famiglia ha fatto altrettanto. Mio zio è rimasto qui a Kalos.

- Ho capito. Sei come me. Una vittima. Posso chiederti una cosa?

- Dopo tutto quello che hai passato puoi chiedermi tutto.

- Ti andrebbe una lotta, come facevamo sempre? La mia Gardevoir contro la tua Greninja?

Orlando prese un respiro. L’atmosfera era pesante. Nessuno osava dire nulla. Doveva dirlo lui. Lui e nessun altro.

- L’ho dovuta liberare.

- L’hai liberata?

Il suo tono era tra il sorpreso e lo sconcertato.

- Quando siamo fuggiti da Kalos, i miei mi obbligarono a liberarla. Nessuno doveva sapere che eravamo di Kalos. E il Pokémon iniziale è forse quello che più rappresenta una regione.

- Tu menti! So che tenevi a lei come poche cose al mondo, non l’avresti mai liberata.

- Vorrei. Ma se non ci credi, ti mostro la mia squadra.

Il ragazzo prese le sei Pokéball e fece uscire i suoi Pokémon. Un Metagross shiny, un Lucario, una Jolteon, una Vaporeon, un Togekiss e un Arcanine. Nessuna traccia di Greninja.

- Facciamo una cosa. Solo perché sei tu e perché, è solo grazie a voi quattro se sono qui, ti aiuterò a trovarla.

Useremo il segnale.

- Il segnale?

Il tono di Ash era stupito.

- Nulla di troppo complicato. Greninja e la sua Gardevoir sono sempre state amiche, ti ricordo che si conoscevano sin da quando erano una Froakie e una Ralts. 

Nel corso del tempo avevano sviluppato una sorta di segnale, di codice, per trovarsi e salutarsi.

Taelia finì la spiegazione di Orlando.

- Gardevoir usava due volte Fulmine e tre volte Palla Ombra. Greninja rispondeva con tre Acqualame e due Neropulsar. Una volta, grazie a questo segnale, loro due riuscirono a salvarci da una brutta situazione.

- Possiamo provare, ma ho paura. Ho paura che lei non mi voglia più. Conservo ancora la sua Pokéball, come ricordo, ma…

Il ragazzo la prese e la mostrò alla ragazza.

Era evidente come quella Pokéball fosse molto più vecchia rispetto alle altre. La aprì e si mostrò vuota. 

Una volta usciti dai sotterranei, i cinque andarono verso il giardino posteriore della villa, passando dalla porta sul retro.

- Vieni fuori Gardevoir!

La Gardevoir shiny della ragazza uscì dalla Pokéball.

- Ho bisogno del tuo aiuto. Faresti il segnale?

La Gardevoir seguì il comando della sua allenatrice. Usò Fulmine per due volte e lanciò tre potenti Palla Ombra verso il cielo. Nessuno si aspettava una risposta. Eccetto Taelia.

Dal boschetto poco lontano, tutti le videro. Tre Acqualame e due Neropulsar.

La Gardevoir ripeté il segnale. La risposta non si fece attendere. E così altre tre volte.

Alla fine era arrivata. Era proprio davanti a loro. Una Greninja shiny. Appena vide l’amica corse ad abbracciarla. Erano tutti felici nel vedere quella scena. Anche Darkrai e Meloetta.

Sciolto l’abbraccio, Greninja guardò dritto negli occhi il suo ex allenatore. Darkrai fece da interprete.

- Si ricorda benissimo di te. E, come te era molto, molto triste quando gli eventi vi hanno costretto a separarvi. Per anni ha lanciato il segnale per cercare Gardevoir, ma che alla fine, non ricevendo risposta, decise di rinunciare. 

Non le sembrava vero vedere il segnale da parte sua.

Non le dispiacerebbe tornare con te. Prima, però vuole assicurarsi che tu sia ancora in grado di tenerle testa.

- Non posso rifiutare la sua offerta. Lucario, ho bisogno di te!

Dalla Pokéball uscì il Lucario del ragazzo.

- Ecco, avrai la tua dimostrazione. Lucario, vai con Forzasfera!

Dagli arti superiori del Pokémon si formò una palla di energia, di colore azzurro chiaro, semitrasparente.

Greninja spiccò un balzo, evitando l’attacco.

Contemporaneamente lanciò uno dei suoi Acqualame.

- Lucario! Schiva!

Così fece, evitando il colpo con grande agilità.

- Non possiamo perder tempo! Forzasfera!

Questa volta, il caricamento dell'attacco fu più rapido, ma Greninja riuscì comunque a evitare il colpo.

Tentò un Doppioteam per confondere l'avversario.

- Lucario, usa il tuo potere per riconoscere quella vera e attaccala con forzasfera!

Era in grado di percepire la sua aura.

E l’attacco andò a segno.

Aveva ottenuto quello che voleva. Era stato in grado di tenerle testa. Grninja si mise davanti al ragazzo con gli arti superiori alzati, in segno di resa. Quindi abbracciò il suo ex allenatore, che aveva l’espressione di chi non sapeva cosa doveva fare.

- Cosa aspetti? Chiediglielo!

Lo incoraggiò Ash.

- Quindi, vorresti tornare con me?

Il ragazzo estrasse dalla tasca una Pokéball, era evidente come fosse più vecchia delle altre.

- Guarda! Ho ancora conservato la tua vecchia Pokéball!

Il ragazzo non dovette fare nulla. Fu la stessa Greninja a premere il pulsante di apertura. E si fece catturare.

Solo che la Pokéball del ragazzo era strana. Era più piccola delle altre e una strana luce rossa era accesa in corrispondenza del pulsante di apertura.

- Che sbadato! Ho già sei Pokémon in squadra! Non preoccupatevi, sto tornando.

Il ragazzo mantenne la promessa, tornando dopo non molto tempo. In quel lasso di tempo, il ragazzo aveva spedito alla riserva la sua Vaporeon. Quando era tornato, i quattro stavano pianificando come agire. Dovevano evitare che Taelia desse troppo nell’occhio. Serena aveva fatto appena uscire la sua Zorua dalla Pokéball e si era inginocchiata per avvicinarsi il più possibile alla stessa. Mostrò a Zorua un’immagine di Celebi.

- Pensi di riuscire…

Prima che la sua allenatrice potesse completare la frase, la Zorua si era trasformata in Celebi e si era avvicinata a Taelia, permettendo ai tre di scattare alcune foto.

- Grazie, sei stata fantastica! Prendi questo.

Serena premiò Zorua con uno dei suoi Pokebignè. Che sembrò gradire.

- Abbiamo un piccolo problema.

Il tono di Lucinda era preoccupato.

- Possiamo far passare che sia stata portata qui dal passato da Celebi, però… è vestita come il giorno in cui è scomparsa.

Tutti, in coro, le chiesero.

- E?

- Quindi pensavo che dovremo comprarle dei nuovi vestiti, per evitare che possa essere riconosciuta dalla maggior parte della gente.

- Lucinda sei geniale.

Orlando prese dal portafogli una buona quantità di denaro e lo diede a Serena.

-Andate pure, e usate questi.

La risposta che ricevette fece ridere tutti.

- Dobbiamo comprare dei vestiti, non il negozio!

- Noi restiamo qui.

Finalmente possiamo esaudire la sua richiesta… non è vero, Greninja?

La Greninja del ragazzo uscì dalla Pokèball.

- E io farò da arbitro.

Chiaramente l’intenzione di Ash era quella di evitare un’altra sessione di shopping.

- Va bene, noi torneremo al più presto.

L’uomo che gli stava pedinando stava attendendo da ore. E quella casa era sempre stata occupata. Sembrava lo facessero apposta… o magari lo avevano scoperto. Non aveva idea di quello che stava accadendo. Non aveva idea del perché quel ragazzo fosse entrato dentro con delle buste, e perché fosse partito in macchina e tornato a piedi. O ancora perché le ragazze se ne fossero andate. Quasi due ore dopo, le ragazze tornarono. Avevano due grandi buste, piene di vestiti.

- Eccoci. Speriamo di aver preso qualcosa che ti piace.

Serena, invece, si rivolse al suo ragazzo, in tono leggermente provocatorio.

- Beh, com’è andata quella lotta?

- Un pareggio.

Intanto Lucinda aveva dato le buste con la roba a Taelia.

- Prendi, è per te, mettiti quello che preferisci.

La ragazza entrò dentro casa e andò a cambiarsi. Dopo un po’, tornò. E sembrava totalmente un’altra persona.

Indossava un top rosa con disegnato un teschio con le ossa incrociate, una gonna nera e degli stivali marroni. L’unica cosa che aveva tenuto era il pendente. Intanto, per fortuna del loro pedinatore, finalmente se ne stavano andando.

Tuttavia quest’ultimo non poteva aspettarsi quello che si sarebbe palesato davanti ai suoi occhi.

Quei quattro non erano soli. Con loro anche una ragazzina, chiaramente più giovane di tutti loro. E il suo aspetto corrispondeva alla perfezione alla figlia del professor Sebastian. Scomparsa nove anni prima.

 Solo che… il suo aspetto non era quello di una ventenne, ma quello di una ragazzina di undici anni.

Ash aveva notato qualcosa di strano, in strada.

- Ma come mai non c’è la tua macchina?

- Perché adesso siamo in cinque, e la macchina è omologata per quattro… dovesse beccarmi l’agente Jenny… mi farebbe una multa che non finisce più.

Ironia della sorte, proprio in quel momento, un’agente Jenny, stava pattugliando quell’area.

Ed era stata attratta dal fatto che diverse persone si trovavano vicino a una casa abbandonata, scatenando la sua curiosità.

Si era avvicinata alla villa e l’aveva vista. Era scesa dalla sua auto e si era avvicinata a piedi alla villa.

- E voi cosa ci fate qui? Lo sapete che la violazione di proprietà privata è un reato?

Guardò tutti attentamente, soffermandosi sulla ragazza coi capelli rosa.

- Aspetta un attimo. Ma te assomigli moltissimo alla figlia del Professor Sebastian… però

Ash spiegò frettolosamente la situazione.

- Semplicemente avevamo visto un esemplare di Celebi e volevamo fargli delle foto. E, seguendolo siamo giunti a lei.

Per favore, non ne faccia parola con nessuno, altrimenti dei bracconieri potrebbero andare a cercarlo e sarebbe un disastro.

- Hai ragione, ma questo non toglie il fatto che state commettendo un reato.

A difendere tutti ci pensò Serena

- Non proprio. Essendo un luogo abbandonato ed essendo lei la figlia del Professor Sebastian, portata qui dal passato da Celebi, abbiamo la sua autorizzazione per trovarci a casa sua.

- Ok. Avete vinto per questa volta. Ma alla prossima…

Intanto i cinque si erano allontanati, per andare a pranzare, lasciando via libera all’uomo che gli inseguiva, di introdursi nella villa. Così l’uomo scese dalla sua auto e iniziò a esplorare la villa, scortato dai suoi due Houndoom. Non era attratto da quello che, a suo parere, poteva essere rimasto, a suo parere non molto, quanto piuttosto da segreto che aveva scoperto nascondesse. L’accesso al luogo dove il proprietario di quella casa aveva svolto i suoi esperimenti.

Entrò all’interno della villa e si diresse immediatamente verso i sotterranei. A lui non interessavano le stanze o il loro contenuto. A lui interessava solo il raggiungere quell’edificio e comunicare il tutto al suo capo e quest’ultimo avrebbe deciso come operare. In fondo al sotterraneo, notò come la porta che permetteva l’accesso alla fogna, fosse stata scardinata, con tutta probabilità da un attacco molto forte.

- Devo fare attenzione, sembrano molto forti. Dovrò dire anche questo nel rapporto al capo.

Intanto aveva notato come le luci sul soffitto fossero accese.

- Devono essere passati di qui recentemente.

Seguì il percorso indicato dalle luci, perché riteneva che fossero l’unica pista percorribile. E dopo una lunga camminata giunse alla fine della fognatura, dove questa scaricava nel fiume. Sarebbe potuto tornare indietro o salire da delle scalette che, all’apparenza, conducevano all’esterno. Scelse la seconda opzione.

Una volta fuori, si ritrovò davanti a un edificio abbandonato. Una vecchia fabbrica di auto. Dietro di lui, un muro impediva l’accesso attraverso il ponte.

Davanti a lui l’ingresso della fabbrica. Aveva già sentito tutto dalle sue microspie. Sapeva che quello che gli interessava era solo il montacarichi. Scese le scale con tutta calma, temendo che potessero crollare, e raggiunse il tanto desiderato montacarichi.

Entrato dentro, premette il pulsante di discesa e, dopo una lunga attesa, il montacarichi si fermò.

L’uomo capì che era giunto il momento di digitare la password nel tastierino.

59656.

La porta si aprì, rivelando all’uomo quello che si trovava all’interno della stanza.

Un gigantesco monitor, retto da una sorta di braccio meccanico, da questo partivano dei cavi che si dirigevano verso il piano inferiore.

Da una parte della stanza, un sedile di auto, su di un binario che conduceva fino al monitor.

L’uomo decise di sedersi e notò come lo stesso, attivato probabilmente da un sensore di peso, iniziasse a muoversi verso il monitor.

Appena giunto davanti da esso notò come su quest’ultimo fossero presenti dei dati di diversi Pokémon.

L’uomo premette un pulsante, e notò come quest’ultimo dovesse servire a selezionare uno dei Pokémon di cui erano presenti i dati.

Selezionando uno di quei Pokémon, non solo era possibile accedere ad alcuni dei suoi dati, ma era anche possibile interagire con il Pokémon tramite dei menu.

Il primo consentiva semplicemente di far scegliere che attacco far usare al Pokémon.

Il secondo presentava, invece la possibilità di conoscere i suoi spostamenti.

Il terzo, invece, presentava le opzioni più macabre, quelle che permettevano di assumerne il pieno controllo.

L’uomo provò a visitare quell’opzione, ma il sistema glielo impedì. Per attivare questa funzione era necessario un grado di identificazione, che chiaramente lui non poteva avere.

Anche, contrariamente a chi aveva visitato quel luogo prima di lui, aveva un’idea su chi potesse possedere quel grado di identificazione.

Stava per andarsene, quando si accorse di come, da una parte ci fosse una sorta di pozzetto. L’uomo si avvicinò a quest’ultimo e si accorse di come, vicino a questo ci fosse un lucchetto spezzato.

- Tanto meglio.

Commentò.

- Meno lavoro per me.

L’uomo sollevò il pozzetto e decise di prendere la scaletta celata dal pozzetto, pieno di aspettative. E non venne deluso.

Appena sceso un qualche sensore fece sì che la centrale di controllo uscisse dal pavimento e si palesasse ai suoi occhi, ancora parzialmente coperta dal liquido di raffreddamento.

- Credo di aver visto abbastanza.

L’uomo compì a ritroso il percorso che aveva compiuto, fino a tornare alla base.

Non era più interessato alle microspie, ma non aveva avuto il tempo materiale di rimuoverle, per cui le avrebbe tenute. Sia mai che gli permettessero di carpire delle altre informazioni.

In ogni caso si mise in contatto con il suo capo. Aveva delle novità in merito al caso.

Attivò il dispositivo di camuffamento e chiamò il suo capo.

Questi rispose quasi subito, anche lui con la voce camuffata.

- Immagino ci siano delle novità importanti.

Non sbaglia. Ci hanno aperto tutte le porte.

Sappiamo dove si trova la centrale di controllo, e la sua casa.

Ma questa non è la sola notizia importante.

- Dimmi tutto.

- La figlia di Sebastian è viva. Ed è una ragazzina di undici anni, come quando era scomparsa. Quelli con cui si trova hanno detto che è lì a causa di Celebi, ma io credo ci sia dell’altro dietro.

- Se anche fosse Celebi ci andrebbe benissimo.

- Il punto è che se non fosse Celebi ma qualcosa di creato da suo padre… potrebbe sfruttarla a suo vantaggio, e sarebbe qualcosa di molto più profittevole non di un Pokémon raro, ma di tre.

- Come tre?

- Girano con un Darkrai e con un Pokémon che non ho mai visto, che assomiglia a una sorta di cantante.

- E che prove avresti per smentire l’ipotesi che si tratti di Celebi?

- Bir ha regalato alla biondina un esemplare di Zorua, immagino conosca il suo potere.

- Certo che lo conosco, ma lo sai. Voglio delle prove. Io inizierò a partire, per il mio arrivo voglio le prove che quel Celebi sia una semplice illusione.

Intanto i cinque si trovavano al Centro Pokémon. Per fortuna non c’era nessuno, al di fuori dell’infermiera, la quale, alla vista della ragazza, per poco non ebbe un mancamento.

Lucinda prese in mano le redini della situazione.

- So cosa prova, ma, per favore, non ne faccia parola con nessuno. Lei è arrivata qui grazie a Celebi. Ma non deve dire nulla a nessuno. Arriverebbero dei bracconieri da ogni parte del mondo.

- Giusto, hai ragione, farò finta che sia un’allenatrice come tutte le altre.

Intanto il pulmino nero stava percorrendo le strade di Kalos, ma, contrariamente alle aspettative dell’uomo che aveva fornito loro le indicazioni, non si stava dirigendo all’abitazione che fu del signor Sebastian. Ma in un aeroporto.

Questo scatenò la curiosità del loro passeggero, che rimase parecchio sorpreso dalla decisione dell’autista.

Uno degli uomini che l’aveva prelevato dal carcere gli rivolse la parola.

- Abbiamo ricevuto delle informazioni. Sappiamo che il suo ex capo atterrerà in questo aeroporto tra non molto. E sappiamo che non sarà solo. Appena arriverà, lo seguiremo e, quando lo avremo messo al fresco, lei sarà un uomo libero.

Dopo una lunga attesa atterrò un aereo simile a quello che viene usato per trasportare truppe e merci, dal quale scesero degli uomini, tutti vestiti dello stesso colore, alla guida di mezzi militari. Tutti verdi. E un grosso SUV bianco.

Uno dei tre uomini in nero, vedendo quell’auto di colore diverso fece un’osservazione.

- Probabilmente il capo salirà su quello.

Non si sbagliava. Poco dopo il mezzo militare atterrò un jet privato. Il grosso SUV si diresse proprio verso quest’ultimo.

Il pulmino era troppo lontano perché si potesse vedere bene tutto, ma quello che i quattro poterono vedere fu comunque sufficiente.

- A quanto pare, quello è il mezzo del capo. Mi chiedo solo chi sia quella persona che è scesa con lui. Ne sa qualcosa?

L’ex carcerato rispose subito, intuendo l’importanza della domanda.

- Penso sia la sua segretaria, ma non ne sono sicuro.

Intanto il lungo corteo di mezzi si stava muovendo, verso la periferia di Ferropoli.

Per ora si sarebbero limitati a seguirli. Per agire solo nel momento più opportuno. Il corteo di auto passò davanti alla villa del signor Sebastian, senza fermarsi. Nel pulmino uno degli uomini in nero, si riferì al passeggero.

- Hai superato la prima prova, non chi hai mentito.

Intanto, il corteo proseguì fino a fermarsi, poco prima di un ponte.

Gli uomini alla guida del corteo fermarono i loro mezzi e fecero uscire dalle loro Pokéball alcuni esemplari di Rhyperior, e ordinarono loro di demolire il muro. 

Questi vi riuscirono, senza apparente sforzo, permettendo al corteo di proseguire, proprio verso la fabbrica.

Intanto l’autista del pulmino aveva deciso di battere momentaneamente in ritirata, per poter chiamare rinforzi. Sapevano dove si trovavano, ma in quel momento erano in grandissima inferiorità numerica.

Ora il pulmino si stava dirigendo verso una base militare. Qui avrebbero trovato tutti gli uomini e i mezzi necessari.

Intanto i cinque avevano passato un pomeriggio tranquillo. Lucinda e Serena si sono allenate per le loro esibizioni, Orlando e Ash per le lotte. Taelia un po’ e un po’. Era sinceramente affascinata dall’abilità delle due ragazze nello sfruttare le mosse dei loro Pokémon in modo diverso dalle lotte. 

Certo, non era la prima volta che vedeva delle esibizioni, ma loro due erano di un altro livello. 

La notte stava passando tranquillamente. Il Centro Pokémon non accettava più nuovi ospiti, accettando solo ricoveri di emergenza. Avrebbe ripreso le sue attività regolari  alle sette del mattino seguente.

A mezzanotte e mezza, un uomo bussò alla porta del Centro Pokémon.

 La guardia, un giovane ragazzo dalla carnagione olivastra e dai capelli castano scuro, rispose immediatamente.

- Il centro è aperto solo per ricoveri urgenti. Se non è urgente, torni alle sette del mattino.

- Si tratta di qualcosa di estremamente urgente. Uno dei miei Pokémon è stato ferito gravemente.

- D’accordo, mi consegni la Pokéball, quando il centro sarà aperto la informeremo sulle condizioni del suo Pokémon.

- Certo, eccolo qui.

L’uomo estrasse dalla sua tasca una pistola, e la puntò dritto alla guardia.

- Conducimi immediatamente alla camera di Taelia. E non fare scherzi.

Il ragazzo, sentendosi minacciato, decise di assecondarlo. Con le mani alzate, lo condusse fino alle camere, per poi indicarne una e dandogli la chiave elettronica universale.

- In questa.

L’uomo, tendo ancora la pistola puntata contro il ragazzo, si accinse a entrare.

Dentro la stanza dormivano due ragazze. Taelia era più lontana, per cui sarebbe dovuto stare attento a non svegliare l’altra.

Per sua fortuna all’andata andò tutto bene. Non aveva trovato alcun ostacolo. La parte più difficile sarebbe arrivata ora.

Doveva prelevare quella ragazzina ed evitare che si svegliasse. Certo, aveva della polvere soporifera, ma poi sarebbe stato incredibilmente difficile svegliarla. L’avrebbe dovuta usare solo in casi estremi.

Sollevò delicatamente il lenzuolo e sollevò la ragazza. Tenendola su una spalla. In questo modo poteva tenere ancora puntata l’arma al ragazzo.

Certo, se fosse riuscito a uscire dalla stanza. Impresa più difficile dell’entrata ma che avvenne ugualmente.

Si fece scortare dalla guardia fino all’ingresso. Poi gli lanciò una delle cariche con il sonnifero.

Su di lui non avrebbero avuto effetto, in previsione aveva indossato una mascherina. Avrebbe, invece, fatto fare un bel pisolino al ragazzo. Questo gli avrebbe garantito sicuramente del tempo per fuggire e avrebbe evitato che il ragazzo chiamasse immediatamente le autorità. Lucinda non si era accorta di nulla. Aveva dormito tutto il tempo. Ma, appena si era svegliata, per andare in bagno, istintivamente diede un’occhiata al letto della sua compagna di stanza.

La sua compagna di stanza non c’era. Cacciò un urlo che svegliò tutti.

- Questa deve essere Lucinda! Deve essere successo qualcosa!

Gridò Ash, abbastanza preoccupato per l’amica.

Ora erano tutti davanti alla porta della stanza dove dormivano Lucinda e Taelia. La porta era aperta, nonostante tutti si ricordassero che Lucinda avesse chiuso.

Con ancora Lucinda in preda al panico, i quattro si diressero all’ingresso. Ancora non era iniziato il turno dell’infermiera Joy e doveva esserci la guardia per le emergenze. I quattro lo trovarono disteso a terra. In una posizione innaturale.

- Non ditemi che l’hanno ammazzato!

- Calma Lucinda! Ti stai facendo troppo prendere dal panico. Non vedi che respira?

Intanto avevano provato di tutto per svegliarlo. Ma solo un potente Fulmine del Pikachu di Ash riuscì nell’intento. Svegliandolo in modo tutt’altro che piacevole.

Dopo essersi ripreso dallo shock, il ragazzo si mise immediatamente sulla difensiva.

-Cosa ci fate qui? Lo sapete che il Centro è chiuso? Si accettano solo emergenze!

- Veramente noi… stavamo dormendo.

- E cosa ci fate qui? Non è possibile accedere se non in caso di emergenza.

- Infatti è un’emergenza.

- E cosa sarebbe successo?

Ci pensò Serena a spiegare la situazione.

- La compagna di stanza di Lucinda, Taelia, è scomparsa nel nulla.

- Taelia hai detto?

Un tizio mi ha chiesto di portarlo fino alla sua camera. Mi ha detto di non avvisare le autorità. Per tutto il tempo mi ha puntato una pistola addosso. Poi, prima di andarsene ha lanciato qualcosa sul pavimento e da allora ricordo solo del fumo.

- Hai idea di dove possa essere andato?

- No. Te lo ripeto. Ha lanciato una sorta di dardo fumogeno ed è sparito. Chiamo subito la polizia.

- Non dire nulla riguardo a Celebi.

- Celebi?

- Si, è una storia molto lunga, ma di base lei è arrivata da è arrivata dal passato grazie a lui.

- Ok.

Il ragazzo si era precipitato al telefono e aveva composto il numero della stazione di polizia più vicina.

Gli rispose una persona. Dalla voce si capiva che si era appena svegliata.

- Cosa succede? Perché il Centro Pokémon chiama a quest’ora?

- Una ragazza è stata rapita da un uomo vestito completamente di nero. Mi ha minacciato con un’arma da fuoco, e, prima di andarsene, ha lanciato un dardo fumogeno.

- Manderemo immediatamente una pattuglia.

Dopo pochi istanti arrivò effettivamente un’auto della polizia e l’agente Jenny giunse immediatamente sul luogo del 

rapimento. A poca distanza ne arrivarono delle altre.

Appena entrata, la poliziotta volle assicurarsi che nessuno avesse manomesso le prove.

- Voi restate qui. Lei

Stava indicando la guardia.

- Invece verrà con me. Voi rispondete alle domande delle mie colleghe.

La poliziotta si era fatta accompagnare dal ragazzo fino alla stanza dove le due ragazze avevano passato la notte.

A un primo esame sembrava tutto nella norma.

Il letto di Taelia era stato sfatto. Probabilmente dalla persona che l’aveva rapita.

Intanto una delle sue colleghe si era occupata di raccogliere il fumogeno nella speranza di trovare delle impronte.

E una terza stava facendo delle domande ai presenti.

Dopo aver scoperto che la sua compagna di stanza era Lucinda, aveva deciso di concentrarsi su questa.

- Dimmi, come ti sei accorta della sua scomparsa?

- Semplicemente mi sono svegliata perché dovevo andare in bagno. E, quasi istintivamente, ho deciso di gettare uno sguardo sulla mia compagna di stanza.

- Perché avresti dovuto darle un’occhiata?

- Nessun motivo particolare. Semplicemente volevo assicurarmi che stesse bene.

- Va bene. Noi andiamo, se trovate qualcosa di sospetto, avvisateci.

Intanto anche l’agente, accompagnata dalla guardia era tornata dall’ispezione e non aveva trovato nulla. La sola prova era quel fumogeno. Sarebbe stato analizzato nella speranza di trovare delle tracce. Lo stesso con i non molti effetti personali della ragazza. Dei vestiti, uno zaino e un vecchio modello di Pokédex. Fin tanto che non sarebbe stata trovata i suoi Pokémon sarebbero stati tenuti in cura al Centro Pokémon.

Nessuno riuscì a chiudere occhio quella notte. Tutti avevano paura di poter essere la prossima vittima. Per rassicurare la popolazione, la notizia del rapimento non era stata divulgata.

Intanto l’uomo aveva depositato la ragazzina nei sedili posteriori del suo mezzo ed era partito alla volta della fabbrica abbandonata.

La ragazza dormiva ancora. Così riuscì a rinchiuderla in una delle tante stanze inutilizzate della fabbrica.

Avrebbe potuto urlare quanto vuole, nessuno l’avrebbe trovata. E non aveva con sé nessun Pokémon. Era totalmente inoffensiva. L’uomo era consapevole che lei sarebbe stata la chiave. Lei gli avrebbe permesso di accedere all’area riservata e permettere al suo capo di controllare tutti i Pokémon che desiderava.

La notizia del rapimento della ragazza, la mattina prestissimo, era giunta anche gli uomini vestiti di nero. Inizialmente era passata sotto traccia, ma appena il loro uomo venne a conoscenza dell’identikit della ragazza, le cose cambiarono.

- Quella ragazza… ne sono certo è lei.

Uno degli uomini che lo teneva in custodia gli rispose

- Lei chi?

- La figlia di Sebastian.

- Ma sei matto? Lo sai che scomparsa nove anni fa? Dovrebbe avere vent’anni. Lei ne ha a malapena undici.

- Sono certo che sia lei. Guardate la foto.

Nella foto era possibile notare un piccolo particolare.

- Quello è Celebi. L’ha portata dal passato. Per qualche motivo.

- Perché dovrebbe averlo fatto?

- Voi state indagando sulla vicenda. Gli uomini di Graziano pure e, molto probabilmente, sono coinvolti anche coloro che hanno scattato quelle foto. Penso sia un motivo valido.

- Non abbiamo altre prove, ma anche se fosse, questo non aggiungerebbe nulla. Sai cosa devi fare in cambio della tua libertà.




   
 
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