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Autore: Kagome    22/01/2023    2 recensioni
Quando Chat Noir sente che Marinette è in difficoltà mentre fa da baby sitter da sola al figlio di Mlle Bustier, non può lasciarla così. Peccato che Delphin, il suddetto bebè, decida di far passare un brutto quarto d'ora al povero supereroe. [Declino ogni responsabilità riguardo possibili traumi del povero ragazzo. In fondo ne vuole quattro... deve pure imparare!]
Genere: Comico, Fluff, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Plagg
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Una situazione… esplosiva

Scritto da: JuliaFC

Beta: Genxha

Rinunzia Legale: Questa storia è basata su personaggi e situazioni creati da Thomas Astruc. “Miraculous - Tales of Ladybug and Chat Noir” (c) TS1 Bouygues, Disney Channel, Zagtoon, Toei Animation. Questa storia non è scritta a scopo di lucro e non è intesa alcuna violazione del diritto d’autore.

ATTENZIONE: SPOILER DELLA QUINTA STAGIONE, SPECIALMENTE JUBILATION (EP 4) E EXALTATION (EP 9)

oOoOoOoOoOo

Storia scritta per l’evento #nappieschallenge del gruppo Hurt/Comfort Italia - Fanart and Fanfiction - GRUPPO NUOVO  

Prompt usati: 

- Quanti anni hai?

- Pappa

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«Scusate ma oggi pomeriggio davvero non posso. Ho un impegno importante. Sì, ecco». Marinette sorrise e fece con le dita la forma di due pistole. «La prossima volta, va bene?»

Tutti in classe sembrarono sgonfiarsi. «Sì, okay» disse Nathaniel, strappando un foglio dal suo taccuino. Lo appallottolò e guardò la palla che stava gettando nel cestino con un sospiro mentre Marinette si precipitava fuori dall’aula.

«Non preoccuparti, non fa niente» disse Adrien. Mise una mano sulla spalla di Nathaniel e abbozzò un sorrisetto forzato. «La prossima volta».

♡♡♡

«Di questo passo, non ci sarà mai una prossima volta» mormorò Adrien, guardando Plagg che sfrecciava nella sua stanza per raggiungere l’armadietto con il suo Camembert. 

Plagg sbuffò; aveva la bocca piena di formaggio, quindi dovette masticare e ingoiare il pasto prima di tentare di parlare: «Apprezzo gli sforzi che i tuoi compagni stanno facendo per aiutarti, ma non dovrebbe essere una questione privata?»

«Dovrebbe, sì. Ma sia che io provi a organizzare qualcosa da solo o che gli altri escogitino piani complicati, Marinette riesce sempre a trovare una scusa. Questa volta non ha nemmeno tentato di spiegare cosa c’era che non andasse; se n’è solo andata. Pensi che sarebbe troppo un problema se Chat Noir deviasse dalla solita routine di pattuglia e facesse un salto a trovarla stasera?»

«Un problema?» sbottò Plagg. «Un disastro, ecco cosa sarebbe. Ricordi cos’è successo l’ultima volta che hai provato a flirtare con lei quando indossavi la maschera di Chat Noir? È stata quasi akumizzata! Non puoi giocare con i suoi sentimenti in questo modo, Adrien. Quando sei Chat Noir, prendi troppo del mio fascino. Spezzerai di nuovo il cuore di quella povera ragazza!»

Adrien alzò gli occhi al cielo all’osservazione, ma ego gonfiato o meno, Plagg aveva ragione. Adrien sapeva che stesse dicendo la verità. Ma quando si trasformò e saltò fuori dalla finestra del bagno, gli bastò dare un’occhiata alla Pâtisserie di Tom & Sabine per sentirsi terribilmente nostalgico e incapace di pensare ad altro. Doveva vederla. In quel momento. 

Quindi si ritrovò  a saltare silenzioso sui tetti aiutandosi con il suo baton. Quando raggiunse il balcone vicino a Marinette, si fermò, ripiegò il baton dietro la schiena e puntò i gomiti alla ringhiera, fingendo di guardare fuori mentre, in realtà, lanciava sguardi curiosi al balcone di Marinette.

La ragazza sembrava essere in camera: poteva vedere la sua ombra muoversi e si chiedette cosa stesse succedendo, perché sembrava agitata. Un’akuma, forse? In fondo Marinette aveva diversi precedenti con vittime di Papillon arrabbiati con lei per un motivo o per l’altro. 

Chat Noir afferrò il suo baton e lo allungò di nuovo, spingendosi in avanti per atterrare sul balcone della ragazza. 

Non ci volle molto perché lei facesse capolino dal lucernario. «Ciao Chat Noir; cosa ci fai sul mio balcone? C’è un’akuma?»

Lui scosse la testa. «No, niente akuma. Ero solo di passaggio e...volevo vederti. Come stai?»

«Stressata» disse Marinette, con un sorriso stanco. «Ma non per via di un’akuma! Sto facendo da babysitter a Delphin, il bebè di Mlle Bustier, e le cose non stanno andando molto bene».

Mentre lo diceva, il pianto di un bambino riecheggiò nella sua stanza sottostante. Marinette sospirò. «Devo andare; mi ha fatto piacere parlare con te. Il povero bimbo sta male e non posso togliergli gli occhi di dosso nemmeno per un secondo».

Chat Noir sbatté le palpebre. Quindi era per questo che Marinette non era potuta venire al picnic? Faceva da babysitter? Sembrava davvero stressata. «Ma te ne occupi da sola?»

«Aha» disse lei con un cenno del capo. «Maman e Papa sono fuori città; sono andati a trovare mia zia a Londra; Alya è impegnata con le sorelle. Quindi sono solo io». Il bimbo pianse più forte. «Va bene, va bene, sto arrivando, piccolino. Scusa, Chat Noir, ora devo davvero andare». Incurvò le spalle e fece il broncio. «I bambini ammalati sono la cosa peggiore. Non è colpa loro, ma ti fanno davvero lavorare sodo. Magari qualcuno potesse aiutarmi!» 

L’ultima parte era uscita attutita perché la ragazza aveva chiuso il lucernario. Il pianto di un bambino raggiunse l’udito sensibile di Chat Noir, e Marinette cercò di calmarlo con uno «shhhhh» sommesso. 

Chat Noir sospirò e fece per afferrare il suo bastone, ma mentre lo allungava, sentì Marinette lamentarsi dalla sua stanza: «Per favore, calmati, piccolino. Devo andare in bagno...» Chat Noir si sentì come un criminale a lasciarla così.

Poco dopo, Marinette sentì un leggero raschiare al suo lucernario. Alzò lo sguardo e vide che Chat Noir la stava salutando dal vetro; si accigliò, chiedendosi cosa volesse il supereroe, ma quando lui raschiò di nuovo il vetro, lei gli fece cenno di aprire la finestra.

«Che succede Chat Noir? Ti ho detto che non posso parlare in questo momento, no?» Il bambino piangeva disperato tra le sue braccia, e lei lo dondolava avanti e indietro, cercando di calmarlo.

«Ehm, ti ho sentito dire che avevi bisogno di aiuto e che devi andare in bagno. Quindi» disse con un sorrisetto «non sarei un gentilgatto se lasciassi sola una signorina in difficoltà».

Gli occhi di Marinette si fecero enormi mentre scuoteva la testa. «Tu... Vuoi aiutarmi?»

Lui sorrise. «Perché no? Prendersi cura di un bambino non può essere più difficile che combattere un’akuma, giusto?» Alzò lo sguardo. «Ho fatto un rapido giro di pattuglia, e la città era molto tranquilla, quindi sono libero per un po’» mentì.

Marinette stava di nuovo prestando attenzione al bambino e cambiando la posizione del fagotto tra le sue braccia. «Ti sei mai preso cura di un bambino, Chat Noir?»

«No» ammise lui. «A meno che non conti un sogno che ho fatto con Ladybug». Sospirò al ricordo con un doloroso groppo alla gola. Per qualche ragione, quando incrociò lo sguardo di Marinette, anche gli occhi di lei sembrarono vitrei, mentre la ragazza abbassava gli angoli delle  labbra in un broncio. Che strano… Chat Noir si schiarì la gola e continuò: «Ma sono disposto a provare, e se devi andare in bagno devi andare in bagno..».

L’espressione triste di Marinette si trasformò in una smorfia tesa alle sue parole. «Oh sì, scordavo che mi avevi sentita. Oddio che imbarazzo!» Si coprì il viso con la mano libera e gemette.

«Ma no! È perfettamente normale, Marinette. Vuoi darmi Delphin così puoi, uh, andare...?» 

Malgrado le sue parole dismissive, Marinette pensò di aver visto un po’ di colore sulle guance del ragazzo sotto la maschera nera, e il dettaglio non rendeva la situazione meno imbarazzante. Magari infatti ancora di più. 

Tuttavia, su una cosa Chat Noir aveva ragione: lei aveva davvero bisogno di andare in bagno, e il bimbo non si calmava. Quindi la ragazza si accigliò, lo guardò con decisione e strinse le labbra. Si sporse in avanti e mise con cura il bambino tra le braccia di Chat Noir. Il bambino si calmò all’istante non appena arrivò in braccio al supereroe e iniziò a gorgheggiare tranquillo; il ragazzo lanciò uno sguardo così tenero al piccolo fagottino che le gambe di Marinette quasi le cedettero. Ma mentre cercava di far funzionare di nuovo la sua parte inferiore, sentì uno strano odore. 

«Oh no! Delphin ha fatto la cacca; devo cambiargli il pannolino!» mormorò, mentre saltellava spostando nervosamente il peso da una gamba all’altra.

«Marinette, devi andare». Chat Noir arricciò il naso all’odore, ma si fece forza e sorrise. «Posso cambiargli io il pannolino, non preoccuparti!»

Marinette inarcò un sopracciglio. «Hai detto che non ti sei mai preso cura di un bambino se non in un sogno, Chat».

Il sorriso del ragazzo era un po’ forzato, ma deglutì e si schiarì la gola. «Quanto può essere difficile?»

Il sopracciglio di Marinette si inarcò: la ragazza si irrigidì, strinse le labbra e gli lanciò un’occhiataccia. «Va bene, allora, se proprio insisti» gli disse poi, indicando un tappetino sulla sua scrivania «Quello è il fasciatoio». Prese un pannolino da una pila e ce lo mise sopra. «Questo è un pannolino. Lì c’è il lavandino per lavargli le parti intime» indicò il lavandino «e questo è un asciugamano. Se hai problemi, non farti prendere dal panico, ci penso io quando torno».

«Va bene» disse lui abbozzando un altro sorriso. «Vai, Marinette!»

La ragazza si accigliò. «Sei sicuro di farcela?»

Chat Noir sospirò. «Io si, ma tu non ce la farai se resti qui. VAI!» 

«Grazie, e… buona fortuna» sussurrò lei, lanciandogli un’ultima occhiata prima di precipitarsi fuori dalla stanza.

♡♡♡

Quando vide Marinette sparire dietro la botola che si chiudeva, Chat Noir si avvicinò alla scrivania di Marinette e guardò con decisione il tappetino imbottito appoggiatovi sopra. Non aveva la più pallida idea di cosa fare per cambiare quel bambino, ma l’odore cominciava davvero a infastidirlo. E inoltre, anche il bambino sembrava iniziare a risentirne, in base a come si contorceva nelle sue braccia. E aspetta un attimo; cos’era quella sensazione umida sul braccio? Mosse delicatamente il bambino e vide un’enorme macchia marrone che si estendeva dal centro della schiena del bebè fino al collo.

«Santo cielo…» 

Si guardò il braccio e notò che anche la sua tuta iniziava a sporcarsi. Ad essere sincero, nutriva ragionevoli sospetti su cosa potesse essere quella roba marrone, ma poteva solo sperare di sbagliarsi. Per caso Marinette aveva spalmato Nutella sul sedere, schiena e capelli di Delphin? Da uno a dieci quanto era ridicolo anche considerare una possibilità del genere? Chat deglutì e depose con cura il bimbo sul tappetino. Ma quando finalmente rilasciò il braccio e il bambino iniziò a dimenarsi, il ragazzo si rese conto di avere un altro problema: i suoi artigli. Solo mettendo la mano sui vestiti del bimbo uno dei suoi artigli si era impigliato nel tessuto delicato. E se quella fosse stata la pelle del bambino?

«Plagg, ritrasformami», sussurrò, e quando Plagg roteò fuori dall’anello finendo sulla pancia del bambino, la risata cristallina della creatura risuonò nella stanza, seguita dai «bleargh» di Plagg. 

«Ma che ti salta in testa, rilasciare la trasformazione in camera di Marinette? Sei impazzito?» gridò il kwami. «E cos’è quest’odore?»

«Marinette è andata in bagno; penso sarà via per un po’», disse Adrien, un sorriso nervoso sulle labbra. «Questo è Delphin, il figlio di Mlle Bustier, Marinette gli sta facendo da baby sitter. Ha fatto la cacca e non potevo cambiarlo con gli artigli!»

Plagg volò davanti alla sua faccia. «Tu. Tu... vuoi cambiare un bambino?» Plagg lanciò un’occhiata alla piccola creatura prima di alzare un sopracciglio. «Adrien, ti rendi conto che non l’hai mai fatto prima, vero?»

Il sorriso rigido di Adrien divenne ancora più rigido. «Suppongo che un giorno dovrò imparare, giusto?»

«Un giorno, sì. Non adesso! Non con Marinette che può aprire quella botola da un momento all’altro!»

Adrien lanciò un’occhiata alla suddetta botola. «Hai ragione, Plagg. Potresti fare la guardia e farmi sapere quando torna?»

Plagg incrociò le zampe sul petto. «E suppongo che non avrai bisogno del mio aiuto, giusto?» Fece una smorfia disgustata. «Perché ovviamente non ti aiuterò. Ti lascerò affrontare questa...situazione di merda...letteralmente... da solo». Detto questo, Plagg sfrecciò verso la botola e scomparve nel pavimento dopo avergli dato un ultimo avvertimento: «E per favore, cerca di non coprire il mio anello di cacca!»

Adrien sospirò. Guardò il bambino, che sembrava piuttosto risentito del fatto che il peluche nero che si muoveva fosse improvvisamente scomparso e stava tirando su col naso con gli occhi pieni di lacrime. 

«No, no, per—» iniziò a dire Adrien, ma il bimbo cominciò a urlare e i suoi lamenti riecheggiarono nella stanza vuota come una sirena. Adrien fu preso dal panico. «Nnnno, calmati…» cominciò a dire, ma Delphin continuava a piangere e a muoversi sul materassino, che ormai aveva cominciato a prendere un colorito marroncino. 

Cavolo! Doveva fare qualcosa! Dopotutto, quello era il motivo per cui aveva rilasciato la trasformazione, giusto?  

Così iniziò a ispezionare Delphin e alla fine trovò tre bottoncini all’inguine, che sembravano tenere insieme la sua tutina. Li sciolse e... ugh, il fetore era incredibile, ma non era niente in confronto alla vista della cacca (non c’era scampo, quella era decisamente cacca...) che usciva da ogni parte. Provò a togliere le gambe del bambino dalle gambe della tutina senza coprirle di cacca, ma fallì miseramente. 

UGH, come poteva una creatura così piccola combinare un pasticcio così grande? La cacca traboccava dagli elastici del pannolino, che sembrava davvero pieno. Adrien notò che due strap tenevano insieme il pannolino e, fortunatamente, il bimbo non sembrava indossare nient’altro che la tutina che il ragazzo aveva appena aperto. 

Ma Delphin non era affatto contento. E la pelle delle sue gambe, che Adrien aveva dovuto tirare su, era molto calda al tatto. Poverino, doveva stare davvero male, Marinette aveva ragione. E Adrien ora lo stava indispettendo ancora di più perché non sapeva nemmeno come iniziare a calmare un neonato.

Perché era stato così facile nel sogno che aveva fatto con Ladybug ed era invece così complicato nella vita reale? Riuscì a togliere la tutina e si ritrovò a sorreggere le gambe del bimbo con una mano mentre con l’altra teneva la tutina piena di cacca, incerto su cosa fare; dove mettere la tutina. Nel cestino dei rifiuti? No, Marinette l’avrebbe ucciso! Allora dove? E cosa faceva con il pannolino sporco? Marinette non gli aveva detto dove metterlo… 

Alla fine, il suo sguardo si posò su un contenitore pieno di “sacchetti per pannolini”, come recitava l’etichetta, e tirò un respiro di sollievo. Per poi tossire e arricciare il naso perché la puzza cominciava a dargli proprio fastidio. Ma con il bambino che ancora piangeva ed entrambe le mani occupate, non aveva idea di come tirare fuori un sacchetto. CACCHIO. Gli serviva Plagg! Ma Plagg doveva restare dove stava perché se Marinette fosse tornata prima che lui avesse finito, avrebbe trovato Adrien nella sua stanza (coperto di cacca, il che non era proprio il modo migliore per presentarsi...) 

Con un sospiro (e cercando di respirare dalla bocca), Adrien decise di fare l’unica cosa razionale che gli veniva in mente: abbassare le gambe di Delphin e afferrare una busta con la mano che aveva liberato, spingendo sulle gambe del bimbo con il petto per evitare che la creatura cadesse.

Ok, ora aveva un ulteriore problema: cercare di spiegare a Nathalie perché la sua maglia nera fosse coperta di cacca. Ma finalmente riuscì a prendere una bustina, o per meglio dire cinquanta bustine, che dovette scuotere a lungo prima di riuscire finalmente a districarne una. O per meglio dire, due. Cavolo. Perché era così difficile prendere una dannatisima bustina? Ok, finalmente, dimenò la mano e scosse il sacchetto così tante volte da liberarne uno solo e lo aprì, sistemando la tutina sporca all’interno della plastica profumata. 

Guardando con disgusto la sua mano, ora marroncina, lasciò cadere la busta e afferrò di nuovo le gambe del bambino. Osservò con preoccupazione la macchia marrone sulla sua maglia nera (e anche sulla camicia bianca... come diavolo aveva fatto a sporcarsi anche la camicia?). Ormai però doveva continuare, quindi deglutì e iniziò a cercare di aprire gli strap che tenevano insieme il pannolino, pregando ogni santo in Paradiso di essere in grado di richiuderle nello stesso modo dopo aver finito. 

«Dai, piccolo, smettila di piangere…» mormorò mentre Delphin aumentava il volume dei suoi lamenti, esprimendo tutto il suo disappunto per come Adrien stava affrontando la situazione. Il ragazzo guardò preoccupato la botola, ma Plagg non era ancora tornato, quindi poteva solo significare che Marinette fosse ancora fuori portata. 

O, almeno, così sperava. 

Forse lei e Plagg stavano sbirciando dalla botola e ridevano a sue spese. No, non era possibile; Marinette non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Plagg sì, ma non avrebbe mai rivelato l’identità di Adrien; quindi no, Marinette non era ancora tornata. 

Con qualche difficoltà, allentò e finalmente aprì le cinghie che tenevano insieme il pannolino. Quando il tessuto assorbente si aprì, Adrien vide che le parti intime del bimbo erano letteralmente ricoperte dalla sostanza marrone. 

Ugh, non avrebbe mai più mangiato Nutella in vita sua. 

Sollevò di nuovo le gambe di Delphin e gli sfilò il pannolino, per poi rimanere sconcertato e incerto sul da farsi. Il sedere del bambino (e la schiena; e i capelli...) era coperto di cacca, quindi non poteva abbassargli le gambe. Ma come faceva a mettere il pannolino nella busta se non l’avesse fatto? Arricciò le labbra, guardando il lavandino che Marinette gli aveva mostrato, le buste alla sua destra e le sue mani—piene entrambe—e iniziò a coltivare un enorme rispetto per tutte le mamme che vivevano situazioni come questa ogni giorno, più di una volta al giorno, e riuscivano a sopravvivere. Lui non era sicuro che sarebbe sopravvissuto, specialmente quando Marinette avrebbe visto lo stato del fasciatoio! 

Beh, il tappetino era già distrutto, giusto? Quindi cacca più, cacca meno; la soluzione più razionale era abbassare le gambe di Delphin. E così fece. Putroppo il bimbo iniziò a dimenarsi per esprimere il suo disappunto, e mentre lo faceva, Adrien vide uno zampillo, e subito dopo la sua faccia era bagnata e calda, e così anche la maggior parte dei suoi vestiti. E Delphin. 

«Ughhhhhh... ma dovevi fare la pipì proprio ora?» Le cose non potrebbero andare peggio. Ora l’elenco di ciò che non avrebbe saputo spiegare a Nathalie si era notevolmente allungato, pensò Adrien passandosi una mano tra i capelli. Aveva cacca e pipì sulla maglia nera e sulla camicia, pipì in faccia e... ugh, si era appena passato la mano sporca tra i capelli? Oh no! Guardò il bambino con un cipiglio disperato. 

«E ora che faccio?» C’era pipì ovunque. Marinette avrebbe mangiato paté de chat per cena quella sera. 

Il bimbo lo guardò con un’espressione accigliata che Adrien interpretò come: «E che ne so io, tu sei l’adulto, io sono nato da poco, risolvilo tu il pasticcio!» prima di ricominciare a piangere disperatamente; il ragazzo sentì le lacrime pizzicargli gli angoli degli occhi. 

O forse era pipì, ma lui preferiva pensare che fossero lacrime. Sì, sicuramente lacrime. Strinse le labbra e resistette alla tentazione di massaggiarsi la nuca perché questo avrebbe peggiorato le cose. 

Si sarebbe occupato più tardi di ripulire il fasciatoio, decise; il bimbo si stava muovendo troppo e rischiava che finisse per cadere. Il che avrebbe reso le cose ancora peggiori; se era possibile che potessero andare peggio di così. 

Con la mano libera afferrò un altro sacchetto e, a fatica, lo aprì per infilarci velocemente il pannolino sporco. Quindi, spostò la mano per reggere Delphin, ignorando la cacca che gli macchiava le mani, tutta la parte anteriore e i lati della maglietta. 

Quei vestiti sarebbero finiti nella spazzatura non appena fosse tornato a casa (sempre che sopravvivesse abbastanza a lungo da arrivarci a casa); forse così Nathalie non se ne sarebbe accorta e lui ne sarebbe uscito senza troppi problemi. Dopo aver fatto una LUNGA doccia. Sì, forse anche più di una. 

Muovendosi velocemente, si avvicinò al lavandino e iniziò a lavare Delphin, cercando di ignorare il fatto che la cacca nei capelli del bimbo si stesse raccogliendo nello scarico el lavandino. O il fatto che il piccolo si dimenava e urlava ancora di più ora che era sotto l’acqua, schizzando acqua (e cacca!) letteralmente ovunque. 

Mentre lo faceva, il suo sguardo si spostò rapidamente per la stanza, cercando di trovare un po’ di sapone per neonati; trovò un contenitore con la foto di un bambino sopra, che pensò indicasse il fatto che fosse sapone per bambini. Gli ci vollero alcuni tentativi per capire come posizionare Delphin nel lavandino, e si ritrovò con la maglietta inzuppata, i capelli gocciolanti e la camicia bianca... beh, di certo non era più bianca... ma finalmente, il bambino era pulito. 

Il lavandino era un disastro, però.

Non importa; avrebbe risolto tutto dopo aver sistemato Delphin.

Tenendo il piccolo gocciolante sulla parte superiore del petto (non sulla parte inferiore; non voleva che il bimbo pulito si sporcasse di nuovo!), prese l’asciugamano che Marinette gli aveva mostrato e vi avvolse dentro il fagottino, facendo del suo meglio per asciugarlo mentre la creatura continuava a manifestare il suo disappunto. Adrien si chiese quale fosse il problema. I lamenti di Delphin si erano moltiplicati quando Adrien lo aveva messo sotto l’acqua. Ma l’acqua non scottava mica...

Uh! Non aveva letto da qualche parte che l’acqua per lavare un bambino doveva avere una temperatura specifica? Guardò accigliato Delphin singhiozzante... mannaggia. Aveva usato acqua troppo fredda? Troppo calda? Gah, era un idiota!

Ma quando finì di asciugare il piccolo e fece per tornare al fasciatoio, trasalì. Capperi, il tappetino era in uno stato disastroso! Non poteva metterci il bimbo pulito sopra! Adrien arricciò il naso e si guardò intorno, decidendo che la chaise longue fosse la scelta migliore per un fasciatoio di emergenza. 

Con un sospiro, ci mise sopra il bimbo e poi si rese conto di non avere un pannolino a portata di mano. 

Oh no!  Dove aveva messo il pannolino Marinette?

Si guardò intorno e vide che era accanto al fasciatoio, quindi si alzò.

Delphin si dimenò e rotolò sulla chaise così all’improvviso che Adrien ringraziò Dio per i suoi riflessi felini. Afferrò la creatura prima che cadesse e tirò un respiro di sollievo. 

Era un idiota; non poteva lasciare un bimbo così piccolo senza supervisione! Così prese di nuovo in braccio il piccolo e si avvicinò al fasciatoio, afferrò un pannolino nuovo e una canottiera pulita (che trovò perché era vicino ai pannolini). Si guardò intorno ma non vide nessuna tutina. 

Beh, il bambino sarebbe rimasto con la canottiera fino al ritorno di Marinette.

A proposito, dov’era Marinette? Ci stava mettendo un sacco di tempo per andare in bagno! Anche se, ad essere sincero mentre dava un’occhiata colpevole al fasciatoio e al lavello, Adrien era contento che non fosse già tornata. Avrebbe dovuto dare una bella pulita prima che Marinette tornasse. Doveva farlo... non sarebbe stato giusto nei confronti di Marinette!

Ad ogni modo, prima di tutto doveva mettere un pannolino a Delphin prima che l’infante decidesse di sporcare l’asciugamano. E di finire di sporcare Adrien. E la chaise longue…

Ah! Doveva sbrigarsi; quante volte al giorno i bambini facevano pipì e cacca? Era meglio non scoprirlo...

Posò il bimbo e riaprì l’asciugamano. La creatura si era calmata ora che era pulita e asciutta, quindi benedì Adrien con un sorriso sdentato e una risata gorgogliante che creò uno stormo di farfalle nello stomaco del ragazzo. Quel bimbetto era così carino, ora che era pulito. 

Ad ogni modo, il ragazzo guardò il pannolino che aveva preso in mano e lo aprì, cercando di capire come metterlo. La parola “back” era scritta su un lato, il che gli fu molto utile. Iniziò a scrutare l’oggetto che aveva tra le mani, cercando di capire come infilarlo al bambino. Appoggiò la schiena e il sedere del bambino sulla parte posteriore del pannolino e coprì i suoi minuscoli genitali con la parte anteriore. 

E adesso? Mah…. si ricordò gli strap che tenevano chiuso il pannolino sporco. Dov’erano? Oh, eccoli, pensò quando vide i due strap gialli ai lati del retro del pannolino. Cercò di legarli il più stretti possibile (non voleva che si bagnasse di nuovo!) e afferrò Delphin per le ascelle, guardandosi intorno alla ricerca di un lettino dove appoggiarlo, che trovò quai subito. 

Era una culla di vimini  appoggiata su gambe a dondolo. Non appena ci mise dentro il bimbo, Adrien tirò un sospiro di sollievo. FINALMENTE! Aveva le braccia doloranti: incredibile che un bambino così piccolo, che sembrava pesare quasi nulla, potesse diventare così pesante dopo un po’. 

Guardò preoccupato la botola e si precipitò a ripulire il fasciatoio. Ma non sapendo dove trovare un panno per pulire e del detergente, pensò che sollevare il tappetino e portarlo al lavabo fosse una buona idea. In questo modo, pulì con le mani e l’acqua il materiale imbottito (prendendo due piccioni con una fava, si lavava anche le mani e iniziava a pulire il lavandino…) e poi lo asciugò con l’asciugamano che Marinette gli aveva dato per il bambino, riponendolo sul fasciatoio. Un paio di minuti dopo, anche il lavandino era pulito, e fu allora che Plagg uscì dalla botola. 

«Codini è al piano di sotto da un bel po’, gatt—». iniziò a dire ma si fermò di botto quando diede un’occhiata ad Adrien. Gli occhi di Plagg si spalancarono e le sue labbra si serrarono finché non scoppiò in una grossa risata. «Creatore onnipotente! Cosa diavolo ti è successo?» 

Adrien lo guardò male. «Non è divertente».

«Che succede, Plagg?» chiese Marinette da dietro la botola. 

Gli occhi di Adrien si spalancarono. Come faceva Marinette a sapere il nome di Plagg? Forse il kwami le aveva detto il suo nome? O forse se lo ricordava dalla volta in cui era stata Multimouse? 

Plagg scomparve e Adrien lo sentì dire dall’altra parte della botola: «È coperto di cacca, Codini. Mi rifiuto di trasformarlo. Ho una reputazione da difendere!»

Adrien si sbatté una mano sulla fronte. Che voleva dire Plagg, che non lo avrebbe trasformato? Come avrebbe fatto a tornare a casa? E come faceva Marinette a tornare in camera sua? Sentì dei bisbigli e borbottii provenire dall’altra parte della botola e pensò che Marinette stesse cercando di convincere Plagg a cambiare idea. Infatti, dopo pochi minuti, Plagg rientrò. 

«Ho detto di no, Codini. Se dico no, è no, non sì. Non gli permetto di trasformarsi in quello stato!» Il piccolo Dio sembrava furioso. 

Marinette ringhiò dall’altra parte della botola. «PLAGG! Non importa se non ti va. Chat Noir deve ritrasformarsi perché io devo tornare in camera mia! Mi hai già fatto aspettare più di un quarto d’ora prima di andare a controllare!»

Ecco cos’era successo allora. Plagg aveva cercato di fargli guadagnare tempo, e Adrien gli fu grato perché se Marinette fosse tornata prima, avrebbe davvero trovato un disastro e lui si sarebbe vergognato un sacco. 

Ma al momento il grosso problema era che, se Plagg non voleva trasformarlo, Adrien era davvero nei guai. Perché sì, poteva chiamare la trasformazione e Plagg non avrebbe avuto altra scelta che obbedire. Ma Adrien non era fatto così; non gli piaceva far arrabbiare il piccolo Dio a meno che non fosse realmente necessario, come durante un attacco akuma. 

Naturalmente, Delphin decise che ora fosse il momento giusto per ricominciare a piangere. Il cuore di Adrien trovò nuova dimora nella sua gola.

«Chat Noir, che cos’ha Delphin? E’ sotto la mia responsabilità!» urlò Marinette da dietro la botola.

Adrien corse al lettino e sorrise alla piccola creatura piangente mentre diceva: «Va tutto bene, è pulito e—» Ma non appena gli occhi gli caddero sul piccolo fagotto, le parole gli morirono in gola. 

Perché diamine il bambino era di nuovo zuppo di pipì? Aveva assicurato quegli strap; ne era sicuro! «OCCAVOLO!» uscì dalle sue labbra prima che potesse pensarci.

«Occavolo, cosa? Che è successo? Se gli hai fatto del male, giuro su Dio...» Più Marinette parlava, più sembrava arrabbiata e in preda al panico, e anche Adrien iniziò a farsi prendere dal panico, finché non sentì aprirsi la botola. «Nasconditi di corsa, Chat, perché sto entrando!» 

Con il cuore nelle orecchie e trattenendo il respiro, Adrien si guardò attorno terrorizzato. La chaise longue! Era l’unico posto che, nella fretta, Adrien considerò sicuro abbastanza da nasconderlo. Quindi corse in quella direzione e si aqccasciò al suolo pochi secondi prima che Marinette aprisse di colpo la botola. Lo sguardo truce della ragazza scrutò la stanza. 

«Bene, sei nascosto. Dov’è il bambino?» 

Adrien deglutì. Marinette era peggio di Ladybug in questo momento. «Io—n-nella cesta di vimini» mormorò, indicandola con il dito e sentendosi stupido per averlo fatto, dato che Marinette non poteva vedere lui, né il suo dito, ovviamente. 

Guardò la ragazza avvicinarsi alla culla, accigliarsi e chinarsi per prendere in braccio il bambino e... «Oddio, cosa gli è successo?»

Adrien fece una smorfia, anche se sapeva molto bene che Marinette non poteva vederlo. «E’, uh, coperto di pipì...»

Lo sguardo di Marinette saettò intorno; Adrien si accovacciò su se stesso, cercando di scomparire dal mondo. Lei non sapeva dove fosse, grazie a Dio, perché continuava a fissare il vuoto. «E di grazia, ti spiacerebbe spiegarmi come è successo? Pensavo che l’avessi cambiato».

«L’ho fatto», disse Adrien, anche se la sua voce era così acuta che quasi non la riconobbe. «Si è fatto la pipì addosso di nuovo».

«Ma come…» sibilò Marinette. Prese tra le braccia il bambino fradicio e cercò di tranquillizzarlo prima di portarlo versi il fasciatoio. «Chi è un bravo bimbo? Non preoccuparti, Delphin, Marinette è qui. Che ti ha fatto quel gattaccio?» Posò il bimbo e aprì il pannolino (che era asciutto, notò Marinette), per dare un’occhiata all’interno. Poi strinse le labbra, si guardò di nuovo intorno e disse più forte: «Ti ha mai detto nessuno di spingere giù il pisellino quando cambi un maschietto?» Ridacchiò tra sé. «Certo che no... altrimenti l’avresti fatto. Sei un idiota, Chat…» Iniziò a ridacchiare e poi a ridere più forte. In un attimo, si stava spanciando.

Beh, almeno stava ridendo. Adrien non sapeva se fosse una cosa buona o cattiva. La ragazza rise ancora un po’ mentre Adrien sentiva che il viso gli scottava per quanto era caldo. 

«Mi dispiace» disse il ragazzo. «Volevo solo aiutare».

Marinette, nel frattempo, aveva portato il bambino nel lavandino e l’aveva lavato di nuovo (perché a lei ci era voluto solo un secondo mentre per lui erano state... ore?), lo aveva avvolto di nuovo in un asciugamano pulito e lo aveva portato al fasciatoio. Adrien ringraziò ogni santo in Paradiso di cui conoscesse il nome di aver avuto il tempo di pulire entrambi. Poi la ragazza gli mise un pannolino pulito con una facilità che Adrien le invidiò e aprì un cassetto per prendere una tutina, che ci mise un attimo a mettere addosso al bambino. Passò un po’ di tempo a controllare qualcosa nel cestino dei rifiuti mentre ci metteva il pannolino bagnato chiuso in un’altra bustina, e quando alzò lo sguardo, stava sorridendo.

«Dev’essere stata una cacca enorme». Continuava a guardarsi intorno, con occhi (ormai) divertiti.

L’adrenalina dei minuti precedenti iniziò a far rabbrividire Adrien, ma il ragazzo trovò la forza per annuire e disse: «Sì, lo era».

«Sei davvero coperto di cacca?» La ragazza stava ridacchiando mentre lo diceva.

«Sì» piagnucolò lui, suo malgrado. «Ho cacca anche nei capelli. Che schifo!» Sospirò drammaticamente.

Marinette rise più forte. «Delphin ha solo tre mesi; i neonati fanno sempre pasticci del genere, specie se stanno male. Quanti anni hai, cinque?» Continuò a guardarsi intorno, i suoi bellissimi occhi azzurri luccicavano di allegria. «E pensare che volevi quattro figli. Che bella rivelazione è stata».

Gli occhi di Adrien si spalancarono. Che cosa? Come faceva Marinette a saperlo? Era una cosa privata. un sogno che aveva condiviso solo con un’altra persona—e quella persona non era Marinette. Non poteva esserlo; li aveva viste una accanto all’altra quando avevano affrontato Ammazzakwami!

Ma quando Marinette prese Delphin dal fasciatoio e si voltò con un sorrisetto sornione, l’imbarazzo di Adrien iniziò lentamente a trasformarsi in euforia. Si sentiva così stupido. Se c’era una persona abbastanza geniale da poterlo prendere in giro a quel modo, era lei

La sua Lady. 

La sua Marinette. 

Ah! Solo lui poteva innamorarsi due volte della stessa ragazza. 

«Puoi farmi un favore, Chat?» disse Marinette—Ladybug!—mentre cullava il bimbetto che teneva in braccio. «Non preoccuparti, non guardo, ma dovresti pulire quella cesta. Le lenzuola pulite sono nella scatola sotto la culla, tra le gambe del dondolo. 

Adrien si alzò da dietro la chaise longue e si avvicinò alla culla. «Lascia fare a me» la rassicurò, poi iniziò a guardarsi intorno. «Dove tieni gli stracci?»

♡♡♡

Gli ci volle un po’, ma ben presto la culla fu asciutta, pulita e pronta ad accogliere nuovamente il suo minuscolo ospite. Così Adrien tornò al suo nascondiglio dietro la chaise longue, consapevole che ora Marinette sapeva dove si fosse nascosto, perché sebbene non si fosse voltata come promesso, la ragazza aveva seguito inconsapevolmente i suoi passi con la testa.

Alla fine lei si avvicinò alla cesta, ci mise dentro il bebè e lo cullò avanti e indietro. «Adesso è tranquillo» sussurrò. «Almeno fino all’ora della pappa». Poi si voltò verso la chaise e vi si avvicinò, sedendosi e dandogli le spalle. «Ora, cerchiamo di risolvere il nostro secondo problema. Togliti quei vestiti di dosso».

Il viso di Adrien divenne improvvisamente molto, molto caldo. «Eh? Cosa vuoi che faccia?»

«I tuoi vestiti sporchi. Li togli, io li lavo, li asciugo e te li restituisco. Nel frattempo ti dò un asciugamano; fai la doccia mentre i vestiti si lavano e sei pronto per ripartire tra circa un’ora. Qual è il problema?» Lo disse in modo così semplice che aveva davvero senso, ma lui non poteva. Davvero...

«Vuoi che mi spogli nella tua stanza mentre sei a casa da sola

Il sussulto dietro di lui gli disse che finalmente Marinette era sulla sua stessa pagina. «Beh, s-sei una brava persona, non approfitteresti mai della situazione. E non vedo un’altra soluzione, tu?»

Um. Aveva ragione. Il suo ragionamento non faceva una piega. Ma c’era un problema di cui Marinette non era a conoscenza... lui non poteva darle i suoi vestiti. Per quanto fossero distrutti e sporchi, li avrebbe comunque riconosciuti. 

«Dai, Chat Noir, non fare il bambino piccolo».

Lui deglutì. «Non faccio il bambino piccolo, Marinette. Se ti do i miei vestiti, posso compromettere la mia identità segreta». Ecco, Adrien sperò che questo sarebbe stato sufficiente per spaventarla. Era lei che non voleva rivelare le loro identità, dopotutto! 

Marinette ridacchiò. «Ma dai. Come possono i tuoi vestiti mettere in pericolo la tua identità, sciocchino? E chi sei, Adrien Agreste?»

Il sangue di Adrien si congelò. Letteralmente, se qualcuno lo avesse punto con una spilla, non sarebbe uscito niente. Trattenne il respiro e si bloccò, le dita improvvisamente fredde come ghiaccioli. Ma anche se durò solo un istante, si rese subito conto che questa reazione fosse stata un errore. 

«Uh, Ch-chat?»

Non poteva farci niente, gli tremavano le mani. «Sì?»

Marinette sussurrò: «Non sei Adrien, giusto?» 

Non riusciva a respirare. «Nnno…» Voleva prendersi a calci perché il suo tono di voce era così soffocato e un paio di ottave più alte del solito, il che rivelava sicuramente il suo nervosismo. «Haha, c-che idea stupida...»

Marinette rise una risata senza umorismo, e sembrava non riuscire a respirare, finché non iniziò a voltarsi, con una mano sulla bocca e gli occhi spalancati.

«OH MIO DIOOOO!» gridò lei, e Adrien non ebbe bisogno di guardarla negli occhi per sapere di essere nei guai. Fino al collo. Si alzò lentamente dal suo nascondiglio e si voltò, incrociando lo sguardo terrorizzato di Marinette, le sopracciglia aggrottate. 

«C-ciao...» sussurrò, ma non appena lo sguardo di Marinette passò in revisione il suo aspetto, gli occhi della ragazza si spalancarono ulteriormente e la sua espressione spaventata si trasformò in sorpresa. 

«Accidenti, non avrei mai pensato di dire una cosa del genere su Adrien Agreste, ma... come ti sei conciato... non me la sento di incolpare Plagg».

Il ragazzo abbassò lo sguardo mentre le guance gli assumevano una sfumatura cremisi. «Eh...»

«Era proprio tanto terribile?» disse lei. 

«Non ne hai idea...» Adrien fece il broncio e le lanciò uno sguardo supplichevole, che doveva essere davvero buffo perché la ragazza scoppiò a ridere. 

«Scusa, non sono abituata a vederti così... così...» disse tra una risata e l’altra. 

«A proposito di quella doccia… l’offerta è sempre valida?» 

A sentirla ridere, anche lui iniziò a ridacchiare fino a quando entrambi si piegarono in due. Non appena riuscì a respirare, Marinette andò nel suo armadio e prese un paio di asciugamani, che gli passò. 

«Ecco», disse. «La doccia è al piano di sotto nel bagno dei miei genitori».

Adrien fissò l’asciugamano in mano per un lungo momento. «Che faccio dopo, Marinette? Hai dei vestiti da prestarmi?»

Marinette fece un sorrisetto forzato. «Beh, a dire il vero… sì». Si avvicinò a un grosso baule a lato della sua stanza e ne aprì la parte superiore col viso rosso come un peperone. Lo guardò aggrottando le sopracciglia, il che lo rese estremamente curioso del contenuto del baule. Così, mentre lei era impegnata a cercare, Adrien si avvicinò e ci sbirciò dentro.

«Wow, sono i regali di Natale per tutti noi?» chiese, affascinato. Era tipico di Marinette, preparare i regali di Natale per tutti i suoi amici con largo anticipo e tenerli nascosti in un baule per mes—

«Aaaah!» gridò lei, interrompendo il filo dei suoi pensieri. «Non guardare!»

Lui fece un passo indietro, con il cuore che gli martellava in petto. «Scusa, non volevo».

«N-no, scusa A-Adrien, è c-che...» La ragazza osservava con enorme interesse le sue mani, rossissima in viso. «Non sono regali per tutti…sono solo per te».

Gli occhi di Adrien divennero così grandi per la sorpresa che Marinette nascose il il volto dietro le mani, cercando di sparire dalla faccia della Terra. Il ragazzo si avvicinò al baule, guardò attentamente tutti i regali che conteneva e ne prese in mano un paio per esaminarli, sollevando un sopracciglio. Poi alzò la testa e il suo sguardo indagatore incontrò quello terrorizzato di Marinette.

Fece per dire qualcosa, ma la ragazza lo interruppe: «So cosa stai per dire, sono pazza. Sì, ci sono abbastanza regali per i tuoi compleanni, Natali e onomastici dei prossimi quindici anni». Deglutì, ma anche lui faticò a respirare alla notizia. 

«Ah…» riuscì finalmente a dire Adrien, ma Marinette continuò:

«Ti ho detto che i miei sentimenti per te mi hanno fatto agire nei modi peggiori». Fece una risatina nervosa, facendo emergere il viso dalle mani per dargli un’occhiata rapida. «Non stavo scherzando».

La mascella di Adrien si spalancò quando la ragazza disse che aveva abbastanza regali per i prossimi quindici anni. Continuò a guardarla incredulo, mentre lei raccoglieva dei regali e strappava la carta per tirare fuori un paio di pantaloni, un maglione, una camicia… perfino la maglieria intima, calzini inclusi. Wow! Adrien non riusciva a credere ai suoi occhi! Marinette gli mise i vestiti vicino alle ginocchia e strofinò insieme le mani per nascondere il suo nervosismo. 

«Sei incredibile, Marinette!» sussurrò Adrien, facendo infiammare di nuovo alle guance della ragazza. «È un po’ strano; forse davvero fuori di testa. Ma un fuori di testa bello. Bellissimo. Un fuori di testa che mi dà una sensazione meravigliosa proprio quì!» Le afferrò le mani per impedirle di coprirsi il volto e le appoggiò al suo petto, all’altezza del cuore. «Sei una ragazza così premurosa. Non mi sorprende che mi sia innamorato di te».

Marinette sussultò, gli occhi spalancati, il viso così rosso che il colore della maschera di Ladybug sembrava spento al confronto. «D-davvero...?»

Adrien annuì, e il volto di Marinette divenne ancora più paonazzo. «Sto cercando di dirtelo da settimane, ma tu continui a scappare. Vorrei solo non intimidirti così tanto, ma, beh, forse ora non succederà più. Non ora che mi hai visto in questo stato!» 

Si passò di nuovo tra i capelli una mano che poi guardò con disgusto. Ma quando il suo sguardo si posò su Marinette, lei fece un sorriso e poi ridacchiò. 

Mosse una mano per accarezzargli la guancia, ma Adrien istintivamente si scostò. «No, non toccarmi sono troppo sporco».

Ma lei scosse la testa e sorrise dolcemente, mettendogli una mano a coppa sulla guancia. «E’ solo un po’ di cacca, si lava via».

«Sei sicura?» Il ragazzo sorrise, appoggiandosi alla mano di lei.

Marinette annuì. «Al cento per cento».

«Allora…posso darti un bacio?»

Marinette arrossì di nuovo. Abbassò lo sguardo e fece per allontanare la mano, ma lui la coprì con la sua e la fermò. 

«Uh...» mormorò la ragazza.

«Posso?» chiese Adrien; il suo sguardo era così intenso mentre la guardava che Marinette sentì uno stormo di farfalle irrompere nel suo stomaco. Ma quando lui si accorse che il viso della ragazza aveva assunto una tonalità di rosso ancora più scarlatta e gli aveva lanciato un sorriso rigido, aggiunse, «Se non ti mette a disagio. Non mi dispiace aspettare che tu sia pronta». Lui la guardò e sorrise dolcemente. «O aspettare che faccio la doccia magari».

Il sorriso rigido di Marinette si distese e divenne più genuino. «Ok, ok, sono pronta» disse lei alla fine, ma arrossì e distolse lo sguardo, strofinando nervosamente le dita di una mano con l’altra. 

«Ne sei sicura?» chiese di nuovo Adrien.

In tutta risposta, Marinette gli si avvicinò e mise una mano sulla sua guancia, lentamente chinandosi in avanti. Sempre di più. Il cuore di Adrien batteva all’impazzata, il ragazzo trattenne il respiro...

Finché Delphin iniziò di nuovo a piangere; gli sguardi dei due ragazzi si abbassarono all’istante e sobbalzarono per staccarsi l’uno dall’altra. Marinette fu la prima a riprendersi: si precipitò verso la cesta e iniziò a dondolarla dolcemente e a fare ‘shhhhh’ sommessi al piccolino, per farlo riaddormentare. Mentre lo faceva, si girò per guardare Adrien, e i due si scambiarono uno sguardo molto divertito. Così divertito che poco dopo, entrambi sbuffarono e iniziarono a sghignazzare. Per poi abbassare la voce quando il bebè grugnì nella culla e cominciò a agitarsi.  

«Quindi il capo è lui?» sussurrò Adrien; Marinette ridacchiò di nuovo e lo guardò con ironia.

«Sembra proprio di sì», disse poi. Prese il bambino e cominciò a cullarlo, cercando di farlo dormire. Ma mentre lo faceva, borbottò: «E’ così caldo. Potresti prendermi il termometro? E’ vicino al fasciatoio, dentro il primo cassetto a sinistra».

«Subito!» Adrien corse verso il fasciatoio e si grattò la testa prima di aprire il cassetto che Marinette aveva indicato; tirò fuori un oggetto dall’aspetto strano, che passò titubante alla ragazza.

«Non ho mani libere» disse lei. Poi notò la sua espressione sconcertata mentre guardava il termometro e sorrise, scuotendo la testa. «Metti un coperchietto di plastica sulla punta del termometro, premi il pulsante on/off e mettiglielo nell’orecchio».

Oh, ecco, era un termometro auricolare! Adrien guardò di nuovo nello stesso cassetto e trovò alcuni coperchietti di plastica; ne mise una sulla punta del termometro prima di metterlo nell’orecchio del bimbo. Quando la macchinetta fece bip, il ragazzo sussultò.

«Wow, 39,7ºC!»

Marinette sospirò. «Ah, povero piccolino, non c’è da stupirsi che continui a piangere. Meglio darti un po’ di Doliprane prima che sia ora della pappa, o finisce che mi rivomiti tutto come hai fatto prima..». 

Così, senza tante cerimonie, la ragazza gli mise il bimbo in braccio e andò a cercare nello stesso cassetto in cui si trovava il termometro, tirando fuori una scatola contenente una bottiglia di sciroppo e una siringa. Misurò con cura 2,5 ml di sciroppo e mise la protuberanza della siringa in bocca a Delphin, iniziando a spingere lo stantuffo verso il basso molto lentamente. La piccola creatura succhiò tutto il liquido e si calmò all’istante.

«Il potere dello zucchero» mormorò Marinette. La ragazza  gli sorrise dolcemente prima di prendere il bimbo dalle braccia di Adrien per riporlo con cura nella culla, cercando di non disturbarlo troppo. Poi, passò un po’ di tempo a dondolare la culla e a canticchiare dolcemente, tanto che Adrien sospirò e afferrò i vestiti e l’asciugamano che lei gli aveva dato. 

«Quindi suppongo che andrò a farmi una doccia» sussurrò, cercando di non allarmare il piccolino.

La ragazza smise di dondolare la culla e fece un passo felpato all’indietro, tirando un sospiro di sollievo—il bimbo si era addormentato. Poi sorrise ad Adrien e gli si avvicinò, dandogli un leggero bacetto sulla bocca. 

Quel tocco morbido bastò a lasciarlo a bocca aperta. La fissò come se avesse due teste. 

Marinette abbassò lo sguardo, portò i pugni alle tempie, e cominciò a tirarsi i capelli. «Oddio, era un gesto troppo sfacciato? Ah! Mi spiace, sono così imbranata…»

Ma non riuscì a finire il suo sproloquio, perché Adrien sorrise, si avvicinò, e con un gesto rapido, la baciò a sua volta. 

Decise che avrebbero pensato più tardi a parlare delle loro identità appena rivelate, e ad occuparsi di Delphin. Ora, le sue labbra erano molto impegnate a baciare la ragazza che amava; non voleva far altro che assaporare l’esplosione di sentimenti e sensazioni che il semplice tocco delle loro labbra aveva rilasciato nel suo cuore—la morbidezza della sua pelle, la dolcezza del suo gusto, la delizia del suo odore. 

«Ti amo così tanto», gli sussurrò lei nell’orecchio, soffiandogli sul collo mentre l’avvolgeva in un forte abbraccio. 

«Ti stai sporcando tutta», le fece notare lui, facendola ridere.

«Solo altre cose da lavare, non preoccuparti». Incrociò lo suo sguardo adorante di lui con occhi pieni di allegria. 

«Anch’io ti amo, tantissimo» le disse dolcemente e, senza ulteriore attesa, la baciò di nuovo.

Fine


Nota dell'Autrice

Ciao a tutti!

Allora, questa storia nasce dal challenge del gruppo h/c, ma anche come regalo di Natale per la mia amica Anais, che ha appena scoperto di essere incinta ed era anche un po' giù quindi... quale modo migliore per tirarla su di morale che farlo alle spese del povero Adrien? In fondo, come dicevo nel sommario, il ragazzo ne vuole 4 di figli no? E vuole occuparsene lui, no? Quindi... meglio che inizi a pedalare quella bicicletta che vuole così tanto...

Scherzi a parte. Mi dispiace per il trauma che ho fatto subire al povero ragazzo ma era troppo buffo e non sono riuscita a evitare di utilizzare i miei ricordi delle cacche più esplosive che abbiano mai avuto i miei figli. Insomma, anche voi tutti, non preoccupatevi troppo. Casi come questo sono abbastanza rari. Giusto un paio di volte a sett--voglio dire al mes--oh, vabbè, insomma, almeno un paio di volte al giorno XD. No, dai scherzo (no). 

Un bacio a tutti, e se volete leggere storie del genere hurt/comfort, iscrivetevi al nostro gruppo! Non ve ne pentirete!
   
 
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