Anime & Manga > I cinque samurai
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Autore: PerseoeAndromeda    22/01/2023    0 recensioni
Ryo e Shin sono in casa da soli.
Ryo sta preparando un esame universitario, ma qualcosa... o qualcuno... attenta pericolosamente alla sua concentrazione.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Cye Mouri, Ryo Sanada
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fanfic scritta per il writober indetto da Fanwriter.it.
Lista: Pumpkin
Prompt: 19. Polvere
Titolo: Donarsi e completarsi
Fandom: Yoroiden Samurai Troopers
Personaggi: Ryo Sanada, Shin Mori
Rating: verde
Genere: fluff, romantico, sentimentale, shounen-ai, boys love

 

 
DONARSI E COMPLETARSI


 
Ma davvero qualcuno pretendeva che potesse concentrarsi nello studio?
Con Shin che saltellava intorno, a piedi nudi e le gambe bene in vista, con solo un paio di pantaloncini striminziti a fasciargli l’inguine e quella vocetta da uccellino canterino mentre faceva le pulizie di casa?
I nakama erano all’università, lui stava preparando un esame e Shin aveva da poco terminato la propria sessione, quindi ne approfittava per portare avanti le pulizie di una casa a suo dire trasformatasi, in quei giorni di studio matto e disperatissimo, in un campo di battaglia.
Mentre zompettava in giro per la stanza con la grazia di un vivace delfino nel mare, il guerriero dell’acqua riusciva persino a controllare che gli occhi di Ryo non si sollevassero dal librone di scienze naturali e, immancabilmente, lo coglieva in fallo.
“Micio” cercava di richiamarlo all’ordine, con i suoi avvertimenti da mammina condiscendente.
Quella melodia da sirena a Ryo non faceva affatto paura, caso mai finiva per distrarlo ancora di più.
D’altronde, il canto delle sirene era fatto per irretire e distrarre dal mondo: come poteva pretendere, Shin, che il suo canto funzionasse e lo convincesse a concentrarsi su qualcosa che, di sicuro, non possedeva le medesime attrattive?
“Forse” provò a protestare “se smettessi di saltellarmi intorno e di canticchiare, riuscirei a concentrarmi, che dici?”.
Il naso di Shin si arricciò e le labbra si imbronciarono.
No Shin… stai solo peggiorando le cose… avrebbe voluto dire Ryo.
Fu invece il nakama a prevenire ogni ulteriore protesta, per esternare la propria:
“Non ci provare. La nostra casa non è così piccola da obbligarti a restartene qui in soggiorno mentre io pulisco e riordino. Abbiamo un sacco di stanze libere e in questo momento nessuno le occupa: lo studio, le camere… al limite il giardino, è bellissimo studiare in giardino… anche se lo so, ti distrarrebbero pure gli uccellini che cantano e svolazzano tra i rami”.
Un ghignetto furbo si impossessò dei lineamenti del guerriero del fuoco:
“Mai come l’uccellino che svolazza qui in casa”.
Shin assunse un’espressione sorpresa, sbatté le palpebre, mentre il broncio si fondeva con un moto di perplessità, poi nei suoi occhi comparve un lampo di consapevolezza e le sue guance si incendiarono.
“RYOOO!”.
Lo straccio che aveva in mano percorse la traiettoria che lo separava da Rekka e il guerriero del fuoco se lo ritrovò in faccia, a soffocare il suo accesso di ilarità.
Si trattava di una mossa che aveva previsto, conosceva fin troppo bene il pesciolino che sapeva trasformarsi in squaletto aggressivo, così si limitò ad accantonare lo straccio, della risata rimase un sorriso suadente e la sua mano si mosse, in un gesto d’invito.
“Lascia perdere la polvere e vieni qui da me”.
Il braccio di Shin si sollevò di riflesso:
“Non posso, ridammi lo straccio!”.
Accompagnò l’ordine con un cenno imperioso delle dita.
Il ghigno sul viso di Ryo si fece più maligno, tenne la mano tesa, mentre l’altra si allungò di lato e il palmo della mano si posò sullo straccio:
“Se lo vuoi, devi venirtelo a prendere”.
Il rossore di Shin si fece più pronunciato, le spalle si sollevarono e l’espressione piccata fu sottolineata da uno sbuffo e un lamento di protesta:
“Secondo te, io ci casco?”.
Già, troppo facile, ormai Shin conosceva a memoria tutti i tranelli che avrebbero condotto ad una dose fuori programma di coccole… e ritardi sui programmi della giornata.
Diede le spalle a Ryo e si allontanò con passo deciso:
“Di stracci per la polvere siamo pieni, mi basta andare a prenderne un altro!”.
“Che pesciolino testone” ridacchiò Ryo, con una specie di dispettoso ringhietto.
Intanto, non riusciva a distogliere lo sguardo da quelle gambe nude e flessuose, i muscoli eleganti che facevano solo venir voglia di allungare una mano a tastarne la consistenza, per poi far correre le dita da quei piedini deliziosi, alle caviglie e poi su, fino alle cosce e ancora più su, ad infilarsi sotto i minuscoli pantaloncini e scoprire cosa c’era lì sotto…
Anche se si trattava di qualcosa che Ryo conosceva fin troppo bene…
Ma non significava non averne costantemente desiderio.
Si alzò, ormai completamente disinteressato sia al libro che allo straccio per la polvere, fece qualche passo e, con le sue attitudini da felino, si avvicinò quatto alle spalle di Shin. Il sirenetto si fermò di colpo e fece di nuovo udire il proprio canto:
“Non credere che io non sappia quello che stai facendo!”.
Doveva essere un avvertimento, un severo richiamo, ma ottenne di mandare ancor più su di giri il predatore già al pieno della sua brama.
Il felino all’attacco immobilizzò i propri passi, il pesciolino predato si voltò, le sopracciglia inarcate e quell’adorabile nasino all’insù che sembrava annusare l’aria. In un certo senso fanno così le prede, per fiutare il pericolo, giusto?
E, di solito, preventivando il pericolo, si apprestano a fuggire.
Ma non Shin, che amava essere preda di tutti i predatori che abitavano tra quelle quattro mura.
Infatti non fuggì, dopo la prima occhiata fece una piccola giravolta, deliziosa come ogni sua mossa e Ryo se lo ritrovò di fronte, le mani intrecciate dietro la schiena, una gamba leggermente davanti all’altra e un sorrisino che era quel perfetto amalgama di innocenza e malizia, così tipico di Shin.
Ryo deglutì e le sue gambe si fecero cedevoli, segno che ogni resistenza stava venendo meno: era troppo bello il suo Shin, troppo invitante e lui lo desiderava in ogni fibra del proprio essere.
Lo vide alzare gli occhi al cielo e sospirare, con finta rassegnazione:
“Mi sa che tanto, ormai, io ho finito di spolverare e tu hai finito di studiare, vero? Mi devo arrendere? È questo il tuo messaggio?”.
Come faceva ad essere tanto adorabile?
Ryo fece un passo, Shin rimase immobile.
Le mani di Rekka cercarono quelle di Suiko e le trovarono, accondiscendenti, pronte ad intrecciare le loro dita.
“Tu… cosa vorresti fare?”.
Sentì le dita di Shin agitarsi a contatto con le sue, percepì tutta la tensione emotiva che, nonostante tutto, nonostante si conoscessero ormai a fondo, non riusciva mai a mettere da parte, percepì tutta la sua dedizione, la sua dolcezza, il suo bisogno di donare ogni parte di sé.
“Io… voglio tutto quello che vuoi tu”.
La sirena aveva tirato fuori l’inflessione più delicata, la melodia più tenera, quella che si trasformava in carezza per il cuore di chi poteva ascoltare.
Ryo era rassegnato: le frasi di Shin, quando si concedeva a loro, sapevano sempre un po’ di sottomissione, di arrendevolezza e quasi annullamento di sé e della propria volontà.
Eppure, al tempo stesso, tutti loro avevano imparato a capire che non era così, non era annullarsi: Shin voleva davvero tutto ciò che volevano loro, perché in loro ritrovava il senso di se stesso e la propria autentica essenza.
D’altronde, era un po’ così per tutti loro, giusto?
Donarsi era la natura di Shin, era l’acqua che dava vita, che si faceva bere e che si plasmava in coloro che la sapevano accogliere.
“Siamo noi quelli” si disse Ryo mentre, con delicatezza, attirava il nakama verso di sé e ricercava le sue labbra. “Solo noi… lui non si annulla in noi. Ci disseta e noi lo facciamo sentire completo”.
 
 
 
 
 
   
 
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