Un debole scalpiccio ruppe il corso dei suoi pensieri e Kaidan, di scatto, si alzò in piedi. Vide una donna alta, formosa, vestita di un lungo abito bianco, con lunghi capelli rossi e occhi grigi, simili a perle, ombreggiati da lunghe ciglia ramate.. Una fascia d’oro, con al centro un’ametista tagliata a rombo, cingeva la fronte, mentre al petto portava una collana d'oro, terminante in un pendente tagliato a goccia, scintillante di bagliori d'iride. Il mago sussultò. Era la regina Aleena, madre dello sfortunato eroe di Namida, prima insultato, poi esaltato. Perché era lì? Chinò la testa in segno di rispetto, facendo ondeggiare gli anelli dorati della sua chioma. ─ Cosa vi porta qui, regina? ─ domandò l’uomo, formale. La donna, per alcuni istanti, rimase silenziosa. Kaidan non le aveva mancato di rispetto, ma era stato distante. Per lui, la morte di Roran era stata atroce e si era chiuso in un silenzio impenetrabile. Sospirò. Era doloroso, ma non poteva non negare le sue ragioni. Si erano lasciati ingannare dalle manovre di quell’infame di Erwen. Roran era stato condannato, come un sanguinario fratricida, mentre lui, Kaidan aveva sopportato lunghe ore di prigionia, per avere levato la sua voce contro un’ingiustizia.
Ed erano stati loro a perpetrarla! Certo, Erwen e Morrigan erano stati puniti con la reclusione nella Prigione dell’Abisso, ma la realtà non mutava. Roran era morto. L’eroe sfortunato, da loro scacciato come un criminale, aveva salvato Namida.
─ Voglio pregare per lui… ─ confessò, il tono vibrante di vergogna, gli occhi colmi di lacrime. L’espressione del viso di lui rimase impenetrabile, come una statua di pietra, e nessuna parola uscì dalle sue labbra. La fiamma del tripode, per un istante, arse d’un più vivo bagliore e riverberò sul viso della sovrana, tingendolo d’un chiarore opalescente. ─ Da quando è morto… Io e mio marito non abbiamo più pace. Lui mi ha confidato che, nei suoi sogni, vede nostro figlio sprofondare in un oceano di cenere, fino a soffocare. E, devo ammettere, anche io ho questo incubo… E’ così doloroso da sembrare reale. ─ confessò. Cenere. La stessa cenere che gli avete gettato addosso con generosità, in luogo del vostro amore. Tutto torna., pensò Kaidan. Quel sogno era uno specchio dei loro rimorsi. Il dolore che Roran, innocente, aveva provato, si riversava su di loro e si plasmava in incubi sempre più tormentosi. E non poteva negare di provare una gioia crudele per la loro pena. Gli sembrava la giusta punizione per la loro idiozia.
─ Potrà mai perdonarci? So che non abbiamo nessun diritto verso la sua memoria, ma… ─ si interruppe. Che senso avevano quelle parole? Esprimevano un rimorso sincero, ma tardivo. L’uomo le lanciò uno sguardo imperscrutabile. ─ E’ tutto sbagliato. Noi siamo gli artefici della morte di nostro figlio. E niente cambierà questa realtà. Nessuna preghiera, per quanto accorata, potrà costruire una realtà diversa. Ormai, solo cenere stringiamo tra le nostre dita. ─ affermò. Un mezzo sorriso sollevò le labbra del mago. Forse, non tutto era perduto. Lei e suo marito, finalmente, cominciavano a vedere oltre il loro orgoglio. ─ La cenere è quello che resta della morte. Ma può anche donare vita. Sta solo a voi scegliere come usarla, regina. ─ Chinò un poco la testa davanti a lei, poi girò le spalle e uscì dal tempio.