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Autore: Nao Yoshikawa    23/01/2023    1 recensioni
Sequel di "Everybody wants love".
Sono passati tre anni, i bambini sono cresciuti e gli adulti sono maturati (più o meno). Nuove sfide attendono i personaggi e questa volta sarà tutto più difficile. Dopotutto si sa, la preadolescenza/adolescenza non è un periodo semplice. E non sono facili nemmeno i vecchi ritorni.
Ciò che è passato deve rimanere nel passato.
Non pensarci.
Non pensarci e andrà tutto bene.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: Kuchiki Rukia, Kurosaki Ichigo, Nuovo personaggio, Renji Abarai, Urahara Kisuke
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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 Capitolo quindici
 
Nnoitra fece quello che faceva sempre nei momenti di stress. Ovvero, si buttava sul lavoro, sul disegnare, abbozzare, idealr. Preferiva le chiamate di quei rompiscatole degli editori piuttosto che avere a che fare con i suoi genitori. Neliel se n’era accorta, lo vedeva. Si rendeva conto di non avere molto potere, lei poteva solo dare buoni consigli, cercare di portare la pace, ma per il resto doveva essere Nnotira a decidere.
«Ehi… non vuoi accesa la luce? Se lavori al buio, rischi di rovinarti la vista» Neliel avanzò nel suo studio quasi buio. Nnoitra, che ne stava incurvato sulle tavole, alzò lo sguardo.
«Sono già guercio, peggio di così non può andare.»
Poi sospirò. Sentiva addosso tutta la stanchezza, soprattutto mentale. Neliel si sedette sulla sua scrivania, guardandolo.
«C’è qualcosa che vorresti dirmi?»
«Tsk, lo sai cosa voglio dire. Il fatto che i miei genitori stiano qui mi disturba. Se vogliono avere un rapporto con Naoko, d’accordo. Ma con me è troppo tardi.»
Neliel allungò una mano e strinse la sua.
«Non dire così. Lo so che questa cosa fa male anche a te.»
«Certo che mi fa male. Ma posso sopravvivere, io oramai ho la mia famiglia. Almeno qui nessuno mi fa sentire un fallito o un peso.»
Nnoitra trovava che fosse quasi un miracolo il suo essere un marito e un padre quanto meno decente. Non aveva mai creduto a quelli che scaricavano i propri traumi e frustrazioni sugli altri.
«Tesoro, tu non sei un peso» disse accarezzandogli i capelli. «E non dico certo che su certe cose devi passarci su. Ma almeno prova a parlare con tuo padre. Sono sicura che lui ha tanto da dirti, ma non sa come fare.»
«L’ultima volta è finita piuttosto male, non trovi? È inutile, ci sono persone che non dovrebbero avere figli. Ma io oramai ci sono.»
«E io sono felice che tu esista. Nemmeno immagini quanto.»
Nnoitra le accarezzò una gamba e risalì lentamente. Neliel era stata la luce, Naoko aveva reso, e ancora si chiedeva come fosse possibile, la luce ancora più luminosa. Chissà dove sarebbe finito, altrimenti. Si alzò e accarezzò Neliel sul viso, poi sulle labbra.
«Lo sai che se faccio il bravo ragazzo è solo per te, vero?»
Neliel si mise a ridere.
«Oh, Nnoitra. Ma tu sei un bravo ragazzo. Sei il mio bravo ragazzo.»
Neliel lo tirò verso di sé baciandolo passionalmente. E allora Nnoitra decise che poteva anche lasciar da parte il lavoro su cui si era così disperatamente buttato, poiché aveva trovato un modo ben più piacevole di risollevarsi.
 
 
Naoko invece era uscita con i nonni, con sui si trovava piuttosto bene. Con suo nonno un po’ meno, sembrava la versione più inasprita e invecchiata di suo padre. Ma sua nonna invece era una donna davvero dolce e gentile e si trovava bene a parlare con lei dei problemi che l’affliggevano.
«Così io e Kiyoko abbiamo litigato. In realtà è stata lei a litigare con me. Sì, okay, non le ho detto niente su me e Satoshi. Ma è perché io e Satoshi non sappiamo cosa siamo. Ci siamo baciati una volta. Forse sono troppo giovane per avere un fidanzato. Però Kiyoko si è messa con Kaien,e nemmeno lei mi ha detto questo, per cui è meglio se non parla troppo!»
Sun Ah sorrise nel rendersi conto che sua nipote aveva preso il carattere combattivo di Nnotira. E anche di Neliel.
«Questo ragazzo deve piacerti molto se ti dà così pensiero.»
Naoko sollevò la testa dal tavolo. C’era un buon odore di kimchi, una specialità coreana piuttosto piccante e che le piaceva.
«Sì, mi piace molto. Solo che io mi innamoro facilmente, ecco perché forse è meglio se non mi fidanzo con nessuno» poi cambiò discorso. «Ma il nonno quando torna?»
«Sarà in giardino a coltivare i fiori. Ha sempre avuto questa passione, lo fa soprattutto quando è di cattivo umore» disse Sun Ah dandogli le spalle.
Naoko sospirò, pensierosa.
«Nonna, perché il nonno e papà si odiano?»
Sun Ah lasciò cadere il cucchiaio. Quando se ne accorse, si chinò subito per raccoglierlo.
«No tesoro, non si odiano.»
«Però sembra di sì. Cosa è successo? E per favore, non dirmi che sono troppo piccola. So che mio padre ha avuto... degli anni un po’ difficili. Questo c’entra qualcosa?»
Sun Ah guardò la nipote, che adesso aveva assunto un’espressione seria. In effetti Naoko non era più una bambina piccola, ma abbastanza matura da poter capire certe cose.
«Vedi, cara. Tuo padre e tuo nonno sono molto simili caratterialmente, ecco perché tendono a scontrarsi. Nnoitra… ha sempre avuto un carattere difficile, ma io che sono sua madre so che non è mai stato cattivo, fingeva solo di esserlo. Da bambino era solo vivace, da adolescente ha… iniziato a frequentare cattive compagnie.»
«Sì, lo so. Beh, se il nonno era preoccupato non avrebbe dovuto allontanarlo» Naoko mosse le gambe sotto il tavolo.
«È vero. Tuo nonno è molto all’antica, tuo padre ha sempre fatto quello che voleva. Tuo nonno non ha mai visto di buon occhio il suo desiderio di vivere disegnando manga, diceva che non era un vero lavoro. E poi… quando è successa quella cosa a tuo padre, lì… gli ha detto delle cose terribili e così non si sono più parlati. E la mia colpa è stata la passività.»
Naoko era sconvolto. Non si parlavano da allora?
«Tutti questi anni senza parlarsi?»
«Oh, no. Loro hanno provato a parlarsi, qualche anno fa. Tu eri molto piccola, forse non te lo ricordi. Ma non è andata bene. E così per tanti anni sono stata una madre senza un figlio. Ma la colpa è solo mia.»
Sun Ah si sedette davanti a Naoko. Sembrava davvero triste, piena di rimpianti per non aver agito quando doveva. Naoko allora le sfiorò una mano.
«Nonna, voi dovete assolutamente far pace. Io conosco mio padre, sono sicura che ci sta male. E anche il nonno. Ma non basta chiedere scusa?»
«Oh, cara Naoko. Purtroppo a volte chiedere scusa non basta. Le parole sanno ferire tanto. Ricorda sempre che con le parole hai il potere di poter ferire qualcuno. Bisogna fare attenzioni.»
Naoko si zittì e si mise a rimuginare su quelle parole. Si chiese se magari anche lei, senza volerlo, avesse ferito. Anche qualcuno che amava.
 
L’atmosfera continuava ad essere tesa fra Shinji e Hayato. Shinji vedeva Hayato come un ragazzino insolente che si metteva nei guai di proposito, Hayato vedeva Shinji come un impiastro che voleva imporsi. A farne le spese era Miyo che, sempre gentile e dolce, si ritrovava in mezzo a quei due.
«Mamma dovrebbe tornare qui domani. Spero non ci siano altri impedimenti, è un pezzo che non la vedo» sospirò Miyo, leggendo distrattamente un libro. Oramai era passata a romanzi diversi rispetto ai racconti che leggeva da bambina. Si era anche approcciata ai classici, sia stranieri che nipponici.
«Per adesso è stato un casino con la band, ma non ti preoccupare. Avrete tempo di stare insieme. Ma dove ho messo la mia cravatta viola?» Shinji si spostava da un punto all’altro della casa cercando di rimettere ordine, cosa in cui era ancora abbastanza negato.
«Papà, sei troppo disordinato» sospirò la figlia.
«… Chiedo scusa» borbottò. «Ma di solito nel mio caos riesco a trovare tutto!»
Mentre padre e figlia parlavano, Hayato passò tra loro, gli auricolari alle orecchie, alla ricerca di una confezione di noodles istantanei da mangiare, visto che come Shinji aveva detto Il signorino Hayato stasera ha deciso di non mangiare con noi.
«Oh, Hayato! Non quelli, quelli sono i noodles piccantissimi che mi piacciono un sacco!» saltò subito su Miyo. Hayato fece una smorfia quando la sorellastra le diede le spalle.
«Miyo, hai i pantaloni macchiati di qualcosa di scuro.»
Miyo si bloccò. Lentamente abbassò lo sguardo, cercando di voltarsi. E poi si toccò tra le gambe. Shinji era rimasto immobile. Ma perché stava accadendo in quel momento? Lui non era pronto.
«Emh… Miyo? Stai bene? Sei un po’ pallida» disse cauto, mentre sua figlia doveva star realizzando. Le erano arrivate le prime mestruazioni.
 
Miyo era in lacrime, accovacciata. Quella reazione stava sorprendendo anche lei stessa. Dopotutto sapeva bene cos’erano le mestruazioni e come funzionava lo sviluppo di una ragazza. Ed era stata lei a bramare quel momento a lungo. Eppure adesso si sentiva disperata e non riusciva a smettere di piangere. Forse era per il dolore alla pancia o forse era per tutto il resto.
«Miyo, tranquilla, è una cosa normale» Shinji non sapeva come approcciarsi alla situazione, aveva sempre creduto che ci sarebbe stata Hiyori, ma adesso la sua ex non c’era. Le si era avvicinato e le aveva fatto poggiare il viso sulla sua spalla.
«Ma io lo so che è normale! Ho aspettato tanto questo momento e adesso invece… non lo sopporto! Sono un’idiota, perché volevo tanto che arrivasse?»
Miyo sembrava irriconoscibile, era nervosa e provata.
«Prima o poi doveva succedere, non è una cosa negativa» cercò di consolarla. Hayato guardava Miyo con una smorfia sul viso. Quella cosa lo terrorizzava, per fortuna a lui non sarebbe successo. Sosuke uscì dal suo studio dopo aver sentito tutto quel caos infernale.
«Ma che succede?»
«Niente, a Miyo sono venute le sue cose» borbottò Hayato.
«Ehi, chiama le cose con il loro nome» lo rimproverò Shinji. «Sosuke, mi serve una mano. Anzi, mi servirebbero degli… assorbenti. Vai a comprarli?»
Miyo arrossì. Perché una cosa così normale ora le appariva imbarazzante?
«Per favore, non parlatene! Vado a chiudermi in camera mia!»
Shinji era a dir poco sconvolto. Miyo, sempre tranquilla e delicata, era preda di una crisi di nervi che non sapeva gestire. Forse Hiyori sarebbe stata più brava? Dopotutto lui non poteva capirla fino in fondo.
«Sai cosa?» domandò Sosuke. «Chiamo Momo. Lei può esserci utile.»
Shinji s’irrigidì. Oh, ma insomma. Non voleva certo essere di meno in una situazione che riguardava sua figlia e gli dava fastidio che Sosuke avesse proposto una tale soluzione. D’altro canto, però, si sentiva più impaurito di Miyo stessa.
«Pff, fa un po’ come vuoi.»
 
Ai ci aveva pensato a lungo a quella cosa e forse adesso stava prendendo una posizione. Il fatto che Yami l’avesse accusata di essere una bambina ancora inesperta le dava davvero fastidio, specie adesso che stava cercando di apparire più adulta. Vero, non aveva mai baciato un ragazzo, ebbene?
Dall’altro lato, da quando aveva incontrato Natsumi in ospedale, le due avevano stretto amicizia malgrado gli otto anni di differenza. Si erano scambiati i numeri e Natsumi era stata ben felice di raccontarle le sue esperienze sessuali (sia con uomini che con donne) e con grande entusiasmo. Le aveva consigliato anche di dare un’occhiata a certi siti internet. Ma Ai, che si approcciava per la prima volta a quel vasto mondo, provava una grande confusione e inquietudine. Sul sesso sapeva qualcosa perché lo aveva letto nei libri. Anatomia, biologia. Quella però era tutta teoria. Aveva bisogno di qualcuno che gliene parlasse in maniera realistica ma senza spaventarla. Così si alzò dal suo letto e andò alla ricerca di qualche adulto responsabile che potesse aiutarla.
 
«Mamma non c’è?» domandò entrando in cucina. Mayuri come al solito era oberato di lavoro e beveva tè nel frattempo.
«Tornerà stanotte, ti serve qualcosa?» domandò distratto. Ai sospirò. Beh, dopotutto suo padre era un medico, chi meglio di lui?
«Parlami del sesso.»
A Mayuri quasi cadde la tazzina e si bruciò una mano. Ma non ci badò più di tanto, Ai gli aveva chiesto qualcosa che non si aspettava.
«Eh? Io? Non è meglio che ne parli con tua madre? Dannazione…» sibilò, andando a mettere la mano sotto il getto d’acqua fredda del rubinetto. Ai gli andò dietro.
«Va bene, se non sei capace lo posso chiedere alla mamma domani mattina» gli disse, sapendo di colpire nel suo punto debole. Mayuri rizzò le spalle.
«Non in grado? Ma per favore, che assurdità. Lo dicevo solo per non crearti disagio, ma visto che insisti… Che cosa vuoi sapere?»
Ai si sedette sulla sedia. Stranamente non provava vergogna, era soltanto curiosa.
«Beh… qualcosa me l’ha spiegata Natsumi e-»
Mayuri la fermò con un gesto della mano.
«Cioè tu hai parlato di queste cose con quella ragazza pazza? NON LO VOGLIO NEMMENO SAPERE COSA TI HA DETTO. No, non lo voglio sapere. Su, parla.»
Ai si sforzò di non ridere a quella reazione. Per Mayuri era un po’ strano parlare di sesso con sua figlia dodicenne, ma uno come lui non si vergognava di nulla, in particolar modo per argomenti come il sesso. Bastava solo analizzare tutto dal punto di vista scientifico.
«Allora» Ai puntò i gomiti sul tavolo. «Posto che ogni uomo ha una dimensione del pene diversa, sono terrorizzata dall’idea di essere troppo stretta. Insomma, io sono piccola, quanto fa male? Sembra tremendo. È possibile che s’incastri? Qual è il tempo massimo entro cui si può avere un orgasmo? E poi…» lo indicò. «Tu sei un uomo, cosa attrae gli uomini?»
In quel momento Mayuri si pentì di aver dato la sua disponibilità. Scosse la testa, pensando non ce la posso fare. Con chiunque sì, ma questo è troppo anche per me.
Non voleva immaginare nemmeno lontanamente sua figlia in certi contesti. Era ancora una bambina.
 «Tsk… sto per sentirmi male» disse alzando gli occhi al cielo.
«Sentitici dopo, devi rispondere alle mie domande!»
 
 
Nemu tornò che erano le tre passate passate. Un turno di lavoro stancante e la testa piena di pensieri. La casa era avvolta nel silenzio, Ai dormiva già da un po’, era crollata. Entrò in soggiorno senza accendere la luce e quasi non le venne un colpo quando vide una figura seduta sul divano.
«Mayuri, mi hai spaventata! Che fai sveglio?» domandò posando borsa e soprabito.
«Per colpa di tua figlia avrò gli incubi. La prossima volta che vuole parlare dell’argomento sesso, ci penserai tu, ho i miei limiti anche io.»
Nemu sorrise lievemente e poi si sedette accanto a lui.
«Deve essere stata una conversazione illuminante. Cosa ti ha chiesto?»
«Metti il dito nella piaga? Domande inerenti a … penetrazione, orgasmi e via dicendo. Ah, e poi la domanda cosa piace a voi uomini? Ha chiesto all’uomo sbagliato, a me non piace nulla o quasi. Tu sei stata l’eccezione.»
Nemu sorrise di nuovo. Poi però tornò seria.
«Tu e la tua ex avete già iniziato a lavorare insieme?»
Il fatto che Nemu si riferisse a Senjumaru appellandola come la sua ex e basta, non faceva ben sperare. Sua moglie non era mai stata una donna gelosa e lui di certo non sapeva gestire questo sentimento, specie se erano gli altri a provarla.
«No, cominciamo domani. Fra lei e Urahara non so chi sia più irritante.»
«… Per non sopportarvi, tu e Kisuke siete molto amici.»
«Noi non siamo amici, lavoriamo solo insieme. E non metterti ad insinuare cose strane, ti ho detto che non mi interessano le intenzioni di Senjumaru.»
Nemu avvertì la stanchezza tutta insieme. Temeva di rivelargli i suoi timori, non era certa che lui potesse capirlo. Non per menefreghismo, ma Mayuri e lei avevano avuto una vita molto diversa.
«Ma… ma c’è di meglio, di me» sussurrò. Mayuri fece una smorfia e la guardò nel buio.
«C’è sempre qualcuno migliore di noi. Ma chi se ne importa? A me non di certo. Tu vuoi farmi dire qualcosa di smielato, non è vero?»
Nemu accennò un sorriso.
«Forse.»
«Tsk, tipico. E va bene, allora. Non mi interessa nessun’altra persona se non te. Il mio algido cuore è tuo, Nemu Kurostuchi» Mayuri ringraziò che fosse buio, nel dire quelle parole era arrossito. Ma aveva anche sortito l’effetto desiderato.
«E il mio è tuo» sussurrò lei. Poi si lasciò andare con la testa sulla sua spalla. Era esausta, lo erano entrambi. Si addormentarono così com’erano.
 
Momo era rimasta molto sorpresa quando il suo ex marito l’aveva chiamata e le aveva detto potresti andare a casa mia a dare una mano a Shinji? Senza però aggiungere altro. Non capiva cosa potesse esserci di così grave da chiamare addirittura lei.
Shinji, intanto, era un po’ in panico, Hiyori al telefono gli aveva intimato di non fare lo stupido e di non lasciarsi prendere dal panico, quelle erano cose del tutto naturali. Allora l’aveva fatta parlare con Miyo, ma per quanto Hiyori cercasse di tranquillizzarla, non serviva a nulla.
«Aiuto. Sono terrorizzato oltre i limiti della ragione!» disse camminando avanti e indietro. Poi bussò di nuovo. «Miyo?»
«TI PREGO, LASCIAMI STARE!» gridò sua figlia.
Hayato alzò gli occhi al cielo e scosse la testa. La sua sorellastra era in crisi e il suo patrigno anche. E suo padre era uscito e non era ancora tornato.
«Ci sai fare con gli adolescenti, vedo» commentò sarcastico. Shinji si voltò, fulmineo. Era ad un passo dall’insultare quel ragazzino, ma l’arrivo di Momo fu tempestivo e fu anche la goccia che fece traboccare il vaso per Shinji.
«Momo?» domandò Shinji quando l’accolse in casa sua. «Sei venuta veramenre?»
Momo si fece avanti, rossa in viso.
«Ciao, Shinji. Scusa l’orario, ma Sosuke mi ha chiamato dicendo che a tua figlia serve un conforto femminile, visto che Hiyori non c’è. Ma non ha specificato.»
Shinji si irrigidì. Accidenti, si sentiva un vero idiota. Stupido Sosuke. Cosa, lo credeva forse uno sciocco incapace di gestire le situazioni? Il pensiero lo fece arrabbiare e dopo ne avrebbero parlato, per il momento c’era una cosa più importante a cui pensare.
«Ha avuto il suo primo ciclo» le spiegò Momo arrossì maggiormente, che sciocca a non averci pensato.
«Oh. Sì, capisco. Allora… posso parlare con lei?»
«Buona fortuna» gli augurò. A Shinji e ad Hayato non restò che aspettare mentre in camera di Miyo lei e Momo parlavano di chissà cosa
«Gli adolescenti mi terrorizzano» disse ad alta voce, poggiato al muro. «Ero terribile a quell’età e anche Hiyori. Non voglio che Miyo diventi come noi.»
Hayato sbuffò, guardando lo schermo. Sembrava interessato solo al suo cellulare, ma in realtà lo stava ascoltando.
«Miyo non ti somiglia per niente, non caratterialmente almeno.»
Quello suonava come un velato insulto. Shinji si limitò a fare una smorfia, la testa gli doleva così tanto.
«Ascolta. Io non potrò esserci sempre per proteggerla. Ma tu lo farai quando ti sarà possibile, vero?»
Il suo panico partiva tutto da lì. Il mondo poteva essere terribile per una donna – donna? Che donna? Miyo era ancora una bambina – come lei, così dolce e sensibile. Hayato si fece serio. Avrebbe voluto dirgli che dei due era Miyo quello che proteggeva lui e raramente il contrario.
«Ovviamente, Miyo è mia sorella. Però non ha poi così bisogno di me, dovresti avere più fiducia in lei» lo rimproverò. Ma Shinji non si arrabbiò, Hayato non aveva torto.
Dopo venti minuti, Momo e Miyo uscirono dalla stanza, la più giovane era tornata in sé anche se aveva gli occhi pieni di lacrime.
«Tutto a posto, avevamo solo bisogno di una chiacchierata»
Shinji si avvicinò, cauto.
«Emh… stai bene?»
Miyo annuì.
«Scusa… scusate se sono impazzita» e dicendo ciò abbracciò suo padre, come se fosse crollata per la troppa stanchezza. Shinji la strinse a sé, sollevato.
«Non fa niente, non devi chiedere scusa. Andrà bene» la rassicurò e rassicurò soprattutto sé stesso. Poi guardò Momo. Avrebbe dovuto ringraziarla e questo lo infastidiva. Lei aveva risolto la situazione e lui invece no.
«Beh, grazie per l’aiuto» disse a malincuore. Momo annuì e poi si portò nervosa una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Da quando era arrivata sembrava a disagio, era strana e sembrava temere che qualcuno se ne accorgesse.
«È stato un piacere. Riguardati, Miyo. Adesso io devo andare quindi… ciao, Hayato» disse guardando il figlio. «Salutami Sosuke, Shinji.»
Di solito Momo era più allegra e se fosse stata normale avrebbe abbracciato il figlio, che si sarebbe ribellato.
«Momo è strana» disse ad alta voce, con Miyo ancora incollata a lui e Hayato che faceva spallucce. Di sicuro doveva aver litigato con Toshiro, a volte capitava.
«Litigi d’amore, capita.»
Già, forse era davvero questo. E a proposito di litigi d’amore, non si era certo dimenticato del discorso che avrebbe fatto a Sosuke.
Orihime stava scegliendo accuratamente che abito avrebbe potuto indossare di lì a qualche settimana. Trattandosi dell’adozione ufficiale di Satoshi, era un evento importante. Non voleva essere però troppo appariscente, così aveva chiesto consiglio ad Ulquiorra. Dopotutto era bravo nell’accostamento dei colori.
«Allora… meglio il blu o il verde?» domandò Orihime allacciandosi una camicetta. Si era già cambiata quattro volte. Ulquiorra la guardò, piegando la testa di lato.
«Il blu. Non c’è bisogno di essere così nervosi» cercò di tranquillizzarla, ma in realtà era nervoso anche lui.
«È solo che voglio essere al meglio, quel giorno. Lo sai? Non posso credere che adotteremo ufficialmente Satoshi. Quel bambino mi ha conquistato dalla prima volta che ci siamo incontrati» si piegò per sistemare i vestiti sparsi sul letto. Poi però si morse il labbro, segno che qualcosa la turbava. «Tu non pensi che Kiyoko stia in qualche modo soffrendo, vero? Mi dedico molto a Satoshi e cerco di non far mancare nulla a entrambi. Ma visti i precedenti, sai com’è…»
Orihime aveva già sbagliato una volta, non ci teneva a rifare lo stesso errore. Ulquiorra si avvicinò e le diede un bacio su una tempia.
«No, Kiyoko sta bene. E poi lei e Satoshi vanno d’amore e d’accordo.»
«Devi lasciarmi stare, non devi entrare in camera mia1!»
La voce di Kiyoko si era sovrapposta alla sua. Lui e Orihime si guardarono, sorpresi. Non capitava mai che Kiyoko alzasse la voce.
 
Ma oltre ad avere alzato la voce, Kiyoko era anche ostile. In genere non litigava mai con nessuno, tanto meno con Satoshi che era piuttosto docile.
«Avanti, Kiyoko! Ti ho detto che mi dispiace!»
«Tu e Naoko siete due traditori. E proprio con la mia migliore amica dovevi fidanzarti?» Kiyoko era offesa per essere stata tagliata fuori da quel rapporto esclusivo. Satoshi si portò le mani tra i capelli.
«Ma noi non siamo neanche fidanzati! Non credo, almeno!»
«Io comunque non mi fido più di nessuno dei due. Scemo!» borbottò, rossa in viso. Ulquiorra si intromise tra i due, con la sua solita calma serafica.
«Ehi, calma. Perché litigate?»
«Perché Satoshi e Naoko si sono fidanzati e me lo hanno tenuto nascosto.»
Orihime, dietro Ulquiorra, sgranò gli occhi.
«Satoshi sta con Naoko?»
Il ragazzino si sentì fin troppo al centro dell’attenzione e ciò lo imbarazzò tanto da portarlo a puntare il dito contro Kiyoko.
«E Kiyoko si è fidanzata con Kaien!»
Lei arrossì, stringendo i pugni.
«Stupido.»
«Io non sono stupito, sei tu ad essere esagerata!»
Kiyoko allora fece ciò che Naoko le aveva insegnato: buttarla sul dramma, andando a chiudersi in camera sua a chiave. Orihime si avvicinò, battendo sulla porta.
«Kiyoko, tesoro. Apri la porta, non è necessario arrivare a tanto.»
«Io non parlo con nessuno, buonanotte!» gridò per poi zittirsi. Affranta, Orihime si voltò verso Satoshi, sorridendogli.
«Le passerà, lo sai che ti vuole bene. E poi non c’è niente di male se… emh… vi piace qualcuno.»
Satoshi avrebbe voluto sparire. Era tutto troppo per lui.
«Possiamo non parlarne?»
Ulquiorra scosse la testa, guardando un punto fisso davanti a sé. Quel piccolo Kurosaki! Lo aveva sempre saputo, aveva un debole per la sua Kiyoko.
 
Era stata una giornata veramente stancante per Renji. Però andava bene così, quando si metteva in testa di fare qualcosa, quella doveva essere. Zabimaru lo guardava con occhi imploranti, pretendeva attenzioni e coccole. Renji però non riusciva a fare a meno di rigirarsi tra le mani quello scatolino, aprirlo e richiuderlo. L’anello che c’era dentro gli era costato sudore e fatica e la colpa (o il merito) era tutto di Yumichika.
Non può essere un anello qualunque, deve essere speciale. Ma niente di pacchiano, Byakuya è un tipo raffinato. Lascia fare a me!
E così si era lasciato guidare da lui per tutto il pomeriggio. Alla fine però aveva trovato quello giusto: sottile e di prezioso oro bianco, a Byakuya sarebbe stato benissimo.
«Ci tengo a fargli una proposta vera e propria» disse parlando a Zabimaru. «Anche se non so essere molto romantico, per fortuna Yumichika mi dà una mano. Anche se forse lui è un po’ troppo esagerato.»
Zabimaru guaì e poi arrabbiò. Byakuya era rientrato proprio in quel momento e Renji aveva fatto appena in tempo a nascondere lo scatolino. Chissà se Byakuya si aspettava una proposta di matrimonio vera e propria?
«Ma che succede?» domandò guardando il suo compagno che aveva assunto un’aria colpevole.
«Niente, non succede proprio niente! Hai fatto un po’ tardi. Ma almeno te li pagano quegli straordinari, eh?» Renji cambiò abilmente discorso e poi gli passò accanto. «Ascolta, visto che è tardi, possiamo ordinare da asporto?»
«E va bene, ma niente roba piccante, lo sai che non la sopporto.»
Zabimaru rimase lì, ancora in attesa che qualcuno la coccolasse. Rimasto solo, Byakuya si avvicinò al cane e le concesse una carezza. Poi infilò una mano nella tasca e tirò fuori uno scatolino in velluto.
«Dopotutto sono sicuro che questo rimarrà tra me e te» bisbigliò. Aprì lo scatolino, rivelando un anello in oro rosso. Ikkaku gli aveva detto che sarebbe stato perfetto per Renji, che gli si addiceva troppo. Byakuya voleva farsi perdonare per essersi mostrato così reticente. In realtà anche lui voleva sposarlo. E per quanto non fosse proprio esperto in romanticismo, voleva fare qualcosa di speciale.
   
 
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