Storie originali > Generale
Segui la storia  |       
Autore: Glenda    25/01/2023    2 recensioni
La storia si ambienta in una nazione immaginaria di un paese immaginario, in un tempo non definito, ma in realtà non così diverso da una qualunque luogo in Europa oggi.
Noam Dolbruk, giovane attivista politico, da poco eletto in parlamento, pieno di carisma e buone intenzioni ma originario di una terra piena di conflitti, ha ricevuto una serie di minacce che lo hanno costretto a essere messo sotto protezione. Adrian Vesna, l'uomo che gli fa da guardia del corpo, ha un passato che gli pesa sulle spalle e nessun desiderio di inciampare in rapporti complicati. Ma con un uomo come Noam i rapporti non possono non complicarsi, e non solo per via del suo carattere bizzarro, quanto per gli scheletri dentro il suo armadio.
Questa non è una storia di eventi ma di relazioni: è la storia dell'incontro e dello scontro tra due diversi dolori, ed anche la storia di un'amicizia profonda, con qualche tono bromance. Ci sono tematiche politiche anche impegnative ma trattate in modo non scientifico, servono solo come sfondo alle dinamiche interpersonali.
(Storia interamente originale, ma già circolata in rete, che ripubblico qui per amore dei personaggi e piacere di condividerla con altri lettori)
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Noam era quasi stordito nel rimettere piede in casa propria.

L’aveva lasciata solo quattro giorni prima, eppure gli sembrava diversa: più bella.

L’essersi trovato a un passo dalla morte, l’aver temuto per la vita di una persona a lui così cara, l’aver rivissuto il passato, rivisto gli occhi di suo padre, avevano scombussolato tutto, ma forse avevano anche rimesso ordine. Amava la sua città natale con tutto il cuore, amava la strana umanità che la popolava, amava le tane, amava la lingua dar-breuk, ma il sacrificio non era amore. Amore era difendere la vita che si era scelto, ed in cui voleva rimanere, perché lì erano le radici che gli avrebbero dato la forza di ricostruire. Non aveva più paura della “maledizione delle montagne”: avrebbe potuto andare e venire da Mòrask, avrebbe potuto persino riuscire ad attraversare quella galleria, ma la sua casa era a Noravàl.

Lasciò a terra il bagaglio, si chiuse la porta alle spalle, e finalmente si ritrovò solo.

Sapeva che sotto il palazzo c’era la polizia e che per molto tempo – almeno finché fossero durate le indagini – sarebbe stato trattato come un sorvegliato speciale. Pazienza. Non aveva urgenza di sapere: forse non ne aveva nemmeno il desiderio. Non sentiva il bisogno di assolvere o condannare nessuno. Le cose erano andate come spesso vanno, una volta da un lato della barricata, una volta dall’altro. La vita è una ruota che gira.

Spalancò la finestra e diede aria al salone: anche il freddo della pianura gli sembrò cambiato.

Niente umidità.

Si sfilò le scarpe e in quel momento il suo telefono squillò: era Kàrkoviy.

Non aveva molta voglia di rispondere, ma la suoneria insisteva e insisteva.

“Ciao. Dimmi.”

La voce dall’altro capo sembrava piena di urgenza.

“Guarda la televisione, subito: è importante!”

Quasi meccanicamente Noam obbedì. Lasciò le scarpe sulla soglia e sprofondò sul divano, mentre lo schermo si accendeva.

«Notiziario straordinario».

Che altro doveva succedere di straordinario? Ogni cosa era stata fin troppo stra-ordinaria, negli ultimi tempi.

Lesse le frasi che scorrevano sulla banda.

«Messaggio dai terroristi del Dàrbrand a tutte le agenzie stampa del paese: il movimento separatista prende le distanze dall’attentato.»

Noam aggrottò le sopracciglia.

Possibile?

FDL non rivendicava gli attentati. Tanto meno li smentiva. Mai comunicare con quelli là – diceva sempre suo padre – mai abbassarci al loro livello. Mai ingrassare la loro stampa pilotata e il loro gusto per il sensazionalismo. Era la regola.

Diede volume alla tv, cominciò a scorrere i canali nel desiderio di capire cosa effettivamente fosse stato detto.

Fu facile.

Tutte le reti trasmettevano la stessa registrazione, un messaggio audio breve e secco, con una voce distorta artificialmente:

«Il Fronte per il Dàr-breuk Libero disapprova l’attentato del 20 ottobre in piazza dell’Orologio e nega ogni collegamento con chi l’ha organizzato. Riferite al signor Dolbruk che siamo disposti a trattare con lui.»

“...”

Noam lasciò cadere a terra il telecomando, gli occhi spalancati in un’espressione di gioia stupefatta.

 

***

 

L’atmosfera era talmente paranoide da metterlo a disagio. Nemmeno quando era stato trasportato quasi di peso alla residenza di Kàmil Òraviy aveva visto un simile livello di circospezione e sospetto, gli pareva di stare dentro un film di spionaggio.

Nonostante avesse passato in politica gli ultimi tre anni della sua vita, non gli era mai capitato di partecipare ad un vertice al dipartimento della pubblica sicurezza e di trovarsi allo stesso tavolo del presidente della repubblica, seduto tra il capo della polizia di stato e il ministro dell’interno. I suoi occhi cercavano continuamente Adrian, come se dallo sguardo di rimando potesse attingere tutta la sicurezza che gli serviva, ma spesso finivano per incrociare quelli di diversi sconosciuti che costituivano – da anni e a sua insaputa – la Commissione per il Contrasto al Terrorismo.

Il Fronte doveva far proprio paura, si trovò a pensare con ironia triste: se Thièl lo avesse saputo ne sarebbe stato fiero!

Da parte sua, era invece certo che quella segretezza e quel tono da consiglio di guerra non facessero bene a nessuno, tanto meno ad una presunta lotta al terrorismo: al contrario, finché ci fosse stata una lotta e i separatisti del Dàrbrand fossero rimasti dei nemici da cui guardarsi le spalle, niente sarebbe mai cambiato.

Ma una cosa sì, era cambiata: per la prima volta si trovava ad avere l’autorità di esporre la sua opinione da una posizione di forza.

“Come le è già chiaro, signor Dolbruk, il Fronte per il Dar-breuk libero si è dichiarato disposto ad aprire una trattativa con lo stato, se a condurla sarà lei.”

A parlare era stato un uomo anziano, seduto al fianco del presidente, che gli era stato presentato come il coordinatore della commissione.

“Abbiamo avuto qualche riserva sul cedere o meno a un compromesso con gente di quel calibro, ma diciamo pure che la maggioranza di noi ha preferito, visti gli eventi recenti, leggere in questo gesto una forma di apertura anziché un ricatto. Quello che abbiamo bisogno di sapere in questa sede, però, è se lei vuole questo compito.”

Che domanda “paraculo”, pensò Noam: gli serviva la liberatoria su carta bollata per permetterglielo, non potevano mica fare la figura di mandare a discutere con dei “pericolosi criminali” una celebrità mediatica sopravvissuta a un attentato!

“Mi risulta d’esser stato io chiedere a loro di trattare con me, non viceversa.” profferì, pacatamente “Ci mancherebbe pure che mi tirassi indietro.”

“Ci perdoni” intervenne il presidente in persona “Ma noi siamo tenuti a chiederlo. Le stiamo conferendo un ruolo che la mette in una posizione difficile, e lei ha già rischiato molto.”

“Non ho paura di chi vuole aprire un dialogo con me. O almeno: non voglio averne. Se non prendiamo come punto di partenza almeno un po’ di fiducia nelle buone intenzioni altrui, non è possibile avviare nessuna trattativa…”

Ci fu un attimo di silenzio, poi il capo della Polizia prese la parola.

“Le forniremo tutte le informazioni che le servono sui terroristi…”

Noam lo interruppe con un cenno della mano.

“No.” disse “Mi fornirete tutte le informazioni che mi servono sui separatisti. Che è parecchio diverso.”

Incrociò lo sguardo di Adrian, sorrise.

“Sapete cosa serve per essere un buon mediatore? È necessario pensare che entrambe le parti abbiano assolutamente ragione. Finché darbrandese sarà per voi sinonimo di terrorista, loro non potranno essere altro che questo. Finché voi sarete per loro il governo corrotto e sfruttatore, non potrete essere altro che questo. Non sono un illuso: sono cosciente che una soluzione che renda contenti tutti probabilmente non esiste, o almeno non esiste in questa epoca. Ma ciò non significa che non possiamo aggiustare un paio di cose rotte, e per farlo dobbiamo cominciare con lo sporgere il naso fuori dal nostro giardino e guardare che orizzonte vedono gli altri. Io credo di essere molto bravo a guardare orizzonti.”

 

***

È necessario pensare che entrambe le parti abbiano assolutamente ragione!” Adrian rideva di cuore, mentre Noam sprofondava tra i cuscini del divano, esausto “Il tuo sceneggiatore non ne sbaglia una!”

“Sono contento che tu apprezzi, ma…” soffiò via dagli occhi una ciocca di capelli “uff, che fatica!”

Adrian allargò le braccia a sottolineare l’ovvietà di quell’affermazione.

“E sei solo al principio. Pensa quante volte dovrai discutere con quella gente là e quante altre dovrai schivare sassate.” si diresse all’angolo cucina con la disinvoltura di chi si muove in casa propria “Ti faccio il caffè.”

Noam seguì i suoi movimenti mentre accendeva la macchina da espresso, caricava il filtro e metteva in posizione le tazzine: gli venne in mente il giorno in cui si era presentato lì nei panni di un giovane studente, e lui aveva compiuto quegli stessi gesti, ma il caffè si era rovesciato sul pavimento.

Io devo solo proteggerla – gli aveva detto Adrian – Non le è chiesto di avere alcun tipo di rapporto con me.

E lui aveva protestato, e aveva detto che tutto è relazione, che ogni rapporto apre una scatola, che non si può sapere cosa ci verrà messo dentro e tante belle parole così, parole dette per cercare di colmare una distanza che lo metteva in difficoltà, parole di cui riempirsi perché non voleva ammettere che in realtà aveva paura: paura di quell’uomo che sembrava non respirare.

Parole di cui non conosceva nemmeno il vero valore, perché cosa significasse mettersi in relazione glielo aveva insegnato Adrian.

“Starò attento.” disse, all’improvviso.

L’amico si sedette accanto a lui, posando le tazzine sul tavolo, e lo guardò con aria interrogativa.

“Ti prometto che starò attento. Non farò il martire né l’eroe, non farò nessuna cazzata, non ti metterò mai più nella situazione di dover temere per la mia vita. Mi credi?”

Lui sollevò le sopracciglia e rise di nuovo.

“No!”

“Adrian…!”

“Ma sta’ tranquillo: non sono preoccupato, perché io sono un po’ più sveglio di te, anche se il tuo sceneggiatore è più bravo del mio!”

Noam finse un’espressione corrucciata, che durò pochi secondi per sfociare in una risata calorosa.

Amava quelle risposte, amava quei momenti, amava sentirsi così al sicuro.

Adrian era respiro.

Eppure nel suo passato c’era qualcosa che lo aveva fatto “smettere di respirare” e Noam non aveva più trovato il coraggio di parlarne.

“Senti…”

Ma di cosa avrebbe poi dovuto parlare? Della colpa che non aveva e dei rimorsi che non avrebbe dovuto provare? Scemenze. Al suo posto, lui si sarebbe sentito esattamente nello stesso modo.

C’era una sola cosa che voleva dirgli, e gli sembrava l’unica importante.

“Senti. Potresti, d’ora in poi, non pensare che proteggere me non è quello che dovresti fare, perché non fa parte del tuo percorso di espiazione? Potresti pensare che invece è proprio quello che dovresti? Perché io ho bisogno di te. Comunque vadano le cose, e qualunque cosa scelga di fare di conseguenza, io… ho davvero tanto bisogno di te.”

Adrian sorrise con dolcezza.

“Se questo era il modo del soave Dolbruk per offrirmi un contratto di lavoro nella sua nuova e delicata posizione, spiega al tuo sceneggiatore che non ha bisogno di tanti giri di parole.”

 

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: Glenda