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Autore: Aggrodolce    26/01/2023    1 recensioni
Fu proprio per quel motivo, o forse perché è proprio quando si abbassa la guardia che solitamente succede l’imprevedibile, che nel sentire una vocina comparire dal nulla alle proprie spalle, Darius sobbalzò.
«Mi disegni, per favore, un grifone?»
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Questa storia la avevo in testa da quando ho sentito che Darius lo chiama "Piccolo Principe". Inoltre, Darius è palesemente l'aviatore.
[Darius & Hunter, NO SHIP][verde][2000+ parole]
Genere: Fluff, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Per favore, disegnami un grifone.

Era veramente una seccatura non avere del personale competente.
L’imperatore Belos era furioso, e a dire il vero, non aveva neppure una vaga idea di quale motivo tra i mille che potevano essere fosse quello giusto. E dopotutto, lui non era altro che un candidato a diventare il capo di una Congrega; nessuno di rilevante.

Darius si avviò lungo i corridoi del palazzo, l’elegante mantello che fluttuava al proprio passaggio così come i capelli viola abominio che danzavano ordinati passo dopo passo. C’era un silenzio inusuale per un ambiente del genere, di solito pieno di guardie, adepti della Congrega dell’Imperatore, sottoposti, e sottoposti di sottoposti, e così via. Invece, tutto ciò che vedeva erano di tanto in tanto una guardia assonnata e dalla postura scomposta che neppure lo notava a guardia di qualche porta o corridoio secondario.

Fu proprio per quel motivo, o forse perché è proprio quando si abbassa la guardia che solitamente succede l’imprevedibile, che nel sentire una vocina comparire dal nulla alle proprie spalle, Darius sobbalzò. Si lasciò persino sfuggire una piccola macchia di Magia dell’Abominio dalla propria chioma, macchiando il pavimento.

«Mi disegni, per favore, un grifone?»

Darius si voltò verso la vocina. Era acuta, ma non tanto da risultare fastidiosa: l’avrebbe paragonata al rumore di un foglio strappato. Sotto di lui, a fissarlo dal basso verso l’alto nei propri occhi verdi c’era una creaturina, di bianco vestita e dai capelli color pergamena antica, con in mano un blocchetto per appunti ed una matita; era un bambino, anzi, guardandolo meglio Darius si accorse di avere di fronte il bambino. Quello che solo poco tempo prima era stato scelto dall’Imperatore in persona come candidato al ruolo di nuova Guardia Dorata, catturando l’attenzione di tutta la Congrega dell’Imperatore e probabilmente, seppure in tenera età, facendosi molti nemici.

«Come?» Chiese dunque il più grande, continuando a ricambiare quello sguardo tanto ostinato quanto timido.

«Disegnami un grifone».

Aveva un lieve spazio tra i denti, nell’arcata superiore. La pelle d’alabastro e le iridi di un viola intenso, più intenso di quello della propria magia, più brillante dell’oro del proprio mantello. Non era certo di ricordare il suo nome, ma non era neppure il caso di scacciarlo malamente.

«Cosa fai qui?», gli chiese dunque, continuando a squadrarlo con una smorfia accennata sul viso. «Non dovresti essere a, non so, studiare in camera tua?»

Il ragazzino spostò lo sguardo solo per un momento, un breve istante di titubanza in cui l’espressione sul suo volto mutò, da una curiosità spontanea ed una ostinata voglia di farsi sentire ad una titubante timidezza. Poi riprese a fissare Darius negli occhi, anche se con meno decisione rispetto a poco prima.

«Per piacere, disegnami un grifone… », ripeté, con un pizzico della testardaggine di poco prima ad infondergli un minimo di coraggio. Alzò anche le manine verso il più grande, porgendogli il blocco e la matita, entrambi con il sigillo dell’Imperatore.

Darius boccheggiò senza parlare, come indeciso sul da farsi; insomma, fare da babysitter al pupillo dell’Imperatore non era esattamente nel proprio piano giornaliero. Né in quello settimanale, mensile o in generale, di vita. D’altro canto, quella era stata sino a quel momento una giornata piatta, oltre che terribilmente irritante, ed in fin dei conti, accontentare la richiesta di un bambino non avrebbe compromesso la propria routine.
Sospirò, scuotendo appena la testa – lo aveva realmente spaventato poco prima, e alzando gli occhi al cielo gli fece cenno di seguirlo.

«D’accordo, avrai il tuo grifone. Seguimi… » Si bloccò un istante, guardandolo ed alzando un sopracciglio. «Come hai detto che ti chiami?»

Il bambino non nascose un sorriso, felice per la risposta positiva del più grande.
«Hunter!», esclamò, ma si bloccò subito. Una delle cose che l’Imperatore gli aveva insegnato sin da subito era dover tenere a bada le emozioni, sempre, in qualunque circostanza. Per questo aveva esitato nel chiedere il disegno a Darius, e per questo il suo sguardo si incupì subito, come si fosse sentito in colpa per aver anche solo accennato un sorriso sincero.

Darius, di contro, non ci fece caso; non era affar proprio il perché quel bambino fosse così timido, né aveva intenzione di entrare nelle dinamiche tra lui e l’Imperatore. Si limitò a camminare per una manciata di metri sino ad una porta massiccia, con il simbolo della Congrega dell’Abominio inciso nel legno. Hunter lo seguì senza dire una parola, aspettando istruzioni come un bravo soldatino.
«Io sono Darius», rispose, aprendo la porta che li accolse con il netto rumore di una serratura sbloccata. Una volta entrati, Darius si voltò verso Hunter, guardandolo dall’alto verso il basso in contrasto rispetto a poco prima, quando era stato Hunter a fissarlo dal basso verso l’alto.
«Siedi pure dove vuoi», gli disse, facendogli cenno con una mano di spostarsi dall’ingresso, chiudendo poco dopo la porta con la propria magia dell’Abominio.

Hunter si sistemò su un divanetto morbido color lilla, porgendo di nuovo il blocchetto e la matita a Darius che li raccolse. Prima avrebbe disegnato quel grifone, prima il ragazzino si sarebbe tolto di mezzo e lui sarebbe tornato a quella giornata scialba, tuttalpiù dedicandosi a se stesso come era solito fare nei momenti di relax.
«Ti avverto, non so disegnare», gli disse, «quindi non aspettarti un capolavoro».

Ciò che Darius disegnò non aveva, in effetti, l’aspetto di un grifone: non aveva la testa di uccello, né il corpo di una bestia feroce. Somigliava più ad un abominio con le ali.
Hunter fissò il disegno per appena qualche secondo, poi restituì il blocchetto a Darius.

«Questo non è un grifone», disse, la voce dispiaciuta, ma senza tirarsi indietro.
«È carino, ma non è quello che voglio. Per favore, puoi disegnarmene un altro?»

Darius alzò gli occhi al cielo. Alzò il dito per lanciare un incantesimo, muovendolo in tondo come da prassi, e subito una piccola macchia di Abominio strappò il disegno appena fatto in favore di un foglio bianco.
Subito disegnò di nuovo, stavolta cercando di metterci più impegno: in effetti, poco prima sapeva di non aver disegnato un grifone. Un po’ perché non ne era capace, un po’ perché sperava che il ragazzino non notasse la differenza e fosse contento lo stesso. Dopo qualche minuto, restituì il blocchetto ad Hunter con tanto di matita, comunque utilizzando la magia dell’Abominio per avvicinargli l’oggetto.

«Ora cosa mi dici?» Chiese, guardando il bambino con la coda dell’occhio.
Hunter arricciò le labbra e strizzò appena gli occhi, in una smorfia non molto difficile da interpretare: Darius aveva sbagliato di nuovo, e l’espressione colpevole sul suo viso lo diceva chiaramente.

«Questo grifone sembra che stia male», affermò. «Ha gli occhi infossati e stanchi, e le ali che toccano per terra», continuò. «Mi dispiacerebbe per lui ogni volta. Io vorrei un grifone che possa essere mio amico», aggiunse, guardando Darius in volto mentre spiegava ed avvicinandogli di nuovo il disegno, e di conseguenza il blocco, con le manine.

Darius stava cominciando a perdere la pazienza. Passi l’abominio-grifone, ma quella storia del grifone malaticcio non aveva né capo né coda. Inoltre, era vero che non sapeva disegnare ma era altrettanto vero che non aveva mai permesso a nessuno di dimostrargli che sbagliava, neanche a quello che una volta era il proprio migliore amico.
In un gesto veloce riprese il blocco, ancora una volta eliminando il disegno scartato con la magia ed ancora una volta mettendosi a disegnare. Se non gli fosse andato bene neanche quella volta, avrebbe perso le staffe.

«Vedi se ora ti piace», disse, in tono scocciato, quasi sibilando la frase per non perdere la pazienza, porgendo ad Hunter il nuovo disegno utilizzando un piccolo golem violaceo non più alto di una mano per consegnare il foglio.
Il bambino lo osservò a lungo, finché non lo restituì al piccolo abominio che tornò al mittente.
Darius fece un lungo respiro, cercando di incanalare tutta la propria pazienza per non esplodere di fronte ad un ragazzino che, per quanto esigente, era solo un ragazzino.

«Questo grifone… Ha la faccia cattiva», dichiarò. «Lo vedi da te: la sua espressione sembra contrita, e con le zampe sembra che ti voglia attaccare».

Era decisamente troppo. Poteva anche essere vero che avesse cambiato l’anatomia dell’animale, e magari poteva aver esagerato, ma la colpa era solo di quel ragazzino impossibile da accontentare. Darius si voltò verso di lui, la parte inferiore del proprio corpo trasformata in Abominio in modo tale da potersi spostare rapidamente e senza ostacoli, sino ad essere ad un palmo dal piccoletto.

«Ne ho abbastanza, ragazzino», sibilò, sforzandosi di non alzare troppo la voce ma senza riuscire nell’intento. Lo fissò negli occhi, in quegli occhi viola intenso che lo guardavano a loro volta, intimoriti.
«Si può sapere che cos’è che vuoi?!»

Hunter schiuse le labbra per rispondere, prendendo fiato ma senza riuscire a spiccicare parola. Darius lo aveva spaventato, ed in effetti chiedere un vero grifone forse era stato troppo. Ma lo desiderava tanto, ed aveva fatto tanti tentativi prima che qualcuno gli dicesse finalmente di sì, che non appena trovata la persona giusta non era stato in grado di fermarsi. Piano, tirò su con il nasino e si sforzò di tirare fuori la voce.
«Te l’ho detto», mormorò, «voglio un grifone che possa essere mio amico… »

Quella vocina implorante, ma al tempo stesso impaurita riempì le orecchie e la mente di Darius. Fissare quel bambino impaurito solo per aver chiesto un disegno, per aver chiesto di giocare ed aver ricevuto in cambio quasi un rimprovero lo paralizzò sul posto per una manciata abbondante di istanti.
Era come se fosse diventato il grifone che aveva disegnato.

Lentamente, ma abbastanza in fretta da dissolversi in pochi secondi, la magia dell’Abominio abbandonò il corpo del più grande, facendolo tornare con i piedi per terra e con in mano il blocco per appunti e la matita. Tornò al proprio posto, scarabocchiò due linee e qualche segmento e riconsegnò, stavolta di persona, il disegno ad Hunter. Questa volta sulla carta era disegnata una semplice scatola, con tre cerchi su un lato.

«Il grifone che volevi sta dentro», dichiarò, tornando poi al proprio posto, incrociando le braccia e soprattutto, senza guardare il bambino in viso.

Hunter sbatté le palpebre lucide e fissò il blocco per appunti per almeno un minuto, nel più totale silenzio. Poi alzò lo sguardo a Darius, che sentendosi osservato lo ricambiò immediatamente.
«Ecco… » Balbettò, insicuro, come se non avesse saputo come tirare fuori quello che aveva da dire. 
« …Ecco questo… è esattamente quello che volevo!», esclamò, ma sempre con la voce contenuta che lo contraddistingueva.

Darius alzò un sopracciglio, in un chiaro ed ineccepibile cenno di stupore.

«Questo grifone è piccolo, avrà tempo di crescere!», spiegò. «Potrò dargli da mangiare, e capire come prendermi cura di lui. È davvero bello, e… Guarda, si è messo a dormire!»

Era quasi impossibile che avesse funzionato. Un trucchetto simile lo aveva visto fare a Raine molto tempo prima, quando ai tempi della scuola dovevano guadagnare crediti lavorando con i bambini, e ad essere sinceri se lo era quasi dimenticato. Era stata più l’esasperazione del momento a farlo agire in quel modo, aveva pensato che non sapendo disegnare grifoni, e non potendo perdere l’intera giornata tentando di disegnarne uno, forse la soluzione fosse non disegnare un grifone; ed incredibilmente aveva funzionato.

Darius sospirò a fondo, avvicinandosi ad Hunter e posandogli una mano su una spalla mentre guardava il disegno che aveva fatto.
«Hai ragione, sta proprio dormendo. Lo sento russare», asserì, dando un paio di pacche sulla spalla ad Hunter.
«E forse è ora che anche tu vada a riposare», continuò, «sai, per… Prenderti cura per bene del tuo grifone».

Hunter annuì subito, più volte, stringendo al petto il disegno di Darius.
«Grazie, signor Darius», mormorò, sorridendo timidamente. «E scusa… Se ti ho fatto fare tanti disegni».

Darius scosse il capo, accennando un sorriso più esasperato che realmente convinto delle scuse – nonostante si trattasse solo delle scuse di un bambino, ma che poteva tranquillamente sembrare un sorriso sincero.
«Prenditi per bene cura di quel grifone», ripeté, prima di aprire la porta e lasciar andare via la piccola aspirante guardia, ritirandosi definitivamente nel silenzio della propria stanza.

Quello era stato il primo, reale incontro con il pupillo dell’Imperatore. E ciò che Darius aveva imparato, era che Hunter era solo un bambino. Un bambino sensibile ma che molto presto avrebbe dovuto affrontare sfide difficili, avversità, missioni pericolose. Una vita che forse non meritava, ma che era inevitabile e che lo avrebbe segnato per sempre. Ma almeno, avrebbe avuto un grifone a tenergli compagnia.
Quest’ultimo pensiero lo fece sorridere, e questa volta era pienamente sincero.

 



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Non so neanche da dove cominciare a scrivere,
Scrivo queste righe non per chi legge, anche se vi ringrazio, ma per me stessa.
Nel corso del 2022 non ho toccato la tastiera, neanche per diletto, neanche per scherzo.
Mi bloccavo ancor prima di cominciare. Pensavo che non ne valeva la pena, che non ero più capace.
Ho scritto solo qualche riga, ma era pesante, stancante, frustrante. E così ho smesso.
Anche se la serie su cui scrivevo è una delle mie preferite.
Anche se mi sarebbe piaciuto omaggiarla con delle storie, delle ff.
Poi succede che maratono un'altra serie, una serie a cui non avrei dato tanto, e che invece ha finito con l'aiutarmi davvero.
The Owl House mi ha aiutata non ad uscire dal blocco dello scrittore, ma a capire per quale motivo non riuscissi più a scrivere.
La risposta è che volevo fosse tutto perfetto, per colpa mia e di altre persone, quando in realtà la scrittura è un hobby.
Un hobby che, tra l'altro, mi rende anche molto felice.

Please 2023, be gentle.
And please, 2023!Giulia, be kind to yourself.

A presto 

  
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