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Autore: Milly_Sunshine    27/01/2023    3 recensioni
Novembre 2002: al termine di una serata con gli amici, Mark ha un appuntamento con la fidanzata Ellen, ma lei rimane ad attenderlo invano, senza ricevere sue notizie. Il giorno dopo, l'amara realtà: è stato brutalmente assassinato, mentre si trovava in un luogo in cui già fu consumato un atroce delitto. Il mistero legato alla sua morte non viene svelato, ma provoca la morte di altre persone. Novembre 2022: a vent'anni di distanza, Ellen e gli amici di Mark si ritrovano di nuovo nel loro paese natale per commemorarne la scomparsa, senza sapere che chi ha già ucciso vent'anni prima è ancora in agguato. Li aspetta un mistero fatto di lettere anonime, identità scambiate e intrighi di varia natura. // Scritta nel 2022/23, ma ispirata a un lavoro adolescenziale.
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo, Violenza
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[8 gennaio]
Suonare un campanello non era mai stato così difficile, ma Ellen sapeva di doverlo fare. D'altronde aveva già avvertito Steve che si sarebbe presentata a casa sua, non sarebbe stata una sorpresa.
Steve le aprì la porta e per qualche istante si fissarono in silenzio. Infine Ellen si fece coraggio e gli domandò: «Mi fai entrare?»
Steve sembrava un po' spiazzato, anche se doveva aspettarsi una simile richiesta.
«S-sì, entra pure.»
Era la prima volta che si vedevano, dopo i fatti della sera del 31 dicembre. Più di una volta Ellen aveva pensato di chiamarlo, ma aveva sempre lasciato perdere.
Lo seguì all'interno e andarono a sedersi, l'uno accanto all'altra. Fino a poche settimane prima sarebbe stato tutto spontaneo e naturale, ma Ellen si sentiva a disagio. Così disse le prime parole che le vennero in mente, le uniche che potessero avere un po' di senso.
«Mi dispiace.»
«Per cosa?»
«Per tutto.»
«Non capisco.»
«Voglio dire, è colpa mia» chiarì Ellen. «Ho cercato di smascherare il colpevole senza rendermi conto di averlo sempre avuto davanti agli occhi. Ho inseguito un fantasma, pensando che bastasse per fare ipotesi esagerate perché poi queste trovassero conferma nella realtà. Non mi sono mai fermata a riflettere, non mi sono mai posta delle domande. Sono andata dritta come un razzo verso quella che credevo fosse la verità, senza mai chiedermi se stessi sbagliando qualcosa. Ho dato tutto per scontato, cadendo nella stessa trappola in cui rischiano di cadere gli agenti di Scotland Yard, e a volte anche i detective geniali, nei romanzi polizieschi vintage?»
«Ovvero?»
«Ovvero, durante le indagini, decidono che una particolare cerchia di individui sia composta da persone irrilevanti, nonostante potessero essere presenti al momento dei fatti. Talvolta lo sono davvero. Nonostante lo stereotipo sul fatto che il colpevole sia il maggiordomo, che non so da dove sia uscito, nei romanzi classici il personale di servizio viene spesso considerato come se non esistesse, così come chiunque altro non sia strettamente collegato alla vittima. Chi si occupa delle indagini, osserva che certe persone sono irrilevanti, quindi neanche le prende in considerazione. Io stessa sono caduta in questo tranello. Al posto di maggiordomi, governanti, cuoche e cameriere c'era il padrone di casa: poteva venire da me e da Janice con qualsiasi scusa senza destare sospetti, a condizione che lo facesse senza troppa frequenza. Aveva messo un registratore nascosto in casa per poterci tenere sotto controllo. Poteva procurarsi informazioni senza fare nulla. Roger Callahan recitava la parte dell'individuo irrilevante e ha continuato a farlo fino all'ultimo. Non sapremo mai perché, di punto in bianco, si sia sentito braccato al punto tale da esporsi fino a quel punto. Forse è stato l'arrivo di John Stewart a Goldtown e il fatto che sia venuto al tuo negozio deve avere temuto che potesse avere parlato con te di argomenti scottanti. Sapeva che consideravo il padre di Roberta colpevole e, di conseguenza, c'era il rischio che, per difendersi da eventuali accuse, Stewart potesse dire o fare qualcosa che potesse smascherare il vero assassino. Non so cosa mi passasse per la testa, forse mi sono lasciata trascinare dalla mentalità che va tanto di moda sui social, quella secondo cui, se hai sbagliato in un particolare ambito della tua vita, allora puoi essere accusato di tutto, indipendentemente che si tratti di crimini che non hai commesso. John Stewart sarà anche stato un pessimo padre, più interessato alla propria vita che a quella delle figlie e incapace di amarle entrambe, ma mi è bastato per cucirgli addosso un ruolo che non era il suo, senza nemmeno rendermi conto che Callahan si stava inventando cazzate che io stessa gli mettevo in bocca, pur di stare al di sopra di ogni sospetto.»
Steve puntualizzò: «Non era tuo compito scoprire il colpevole, tu sei solo una giornalista. Nemmeno le autorità erano arrivate a Roger Callahan.»
Ellen obiettò: «Le autorità non hanno esposto persone al pericolo mentre inseguivano fantasmi. Io non ho minimamente pensato che Callahan potesse entrare in casa quando non c'ero e usare il mio telefono per i suoi scopi. Ti ho messo in pericolo, avrebbe potuto ammazzarti e, se non fosse intervenuto nessuno, l'avrebbe fatto. Phyllis si è presa una coltellata per colpa mia.»
«Nemmeno Phyllis ha dato la colpa a te» mise in chiaro Steve, «E ti assicuro che non le sei mai stata molto simpatica. Sono stati lei e Kevin a venire da te e a cogliere Callahan sul fatto. Non hai costretto nessuno a fare nulla, ci siamo tutti messi in pericolo di nostra spontanea iniziativa. E poi, in ogni caso, è andata bene. Il colpo inferto a Phyllis non era grave, sta già iniziando a impicciarsi nella mia vita tanto quanto prima.»
«Lo farà sempre. Le piaci ancora, vorrebbe tornare insieme a te.»
«Lo dici come se non ti dispiacesse.»
«E infatti non mi dispiace. Solo perché ho mandato in vacca la mia vita sentimentale molto tempo fa, non significa che chiunque debba fare la stessa cosa. Chissà, magari sei stato avventato, quando vi siete lasciati. Potreste essere ancora felici insieme, se fossi al posto tuo non la scarterei come ipotesi.»
Steve abbassò lo sguardo.
«Mi stai dicendo definitivamente che non avrò speranze con te?»
«Ti sto dicendo che anche tu faresti meglio a smettere di inseguire fantasmi» rispose Ellen. «Eravamo giovani ed era un momento complicato della nostra vita. Poi le nostre strade si sono separate. Era giusto così. Solo perché due persone che sono state insieme non provano risentimento o rancore reciproco, non significa che tornare insieme sia la soluzione. Ormai non sono più la ragazza che ero nel 2002 e anche tu non sei più quel ragazzo. Abbiamo fatto vite separate fino a pochi mesi fa, senza sapere più niente l'uno dell'altra. Sono felice di averti rivisto, di averti come amico e anche di avere fatto sesso con te. Però non sarò mai la tua compagna. Lascerò Goldtown e tornerò a casa. Qualche volta tornerò a trovarvi tutti, ci sentiremo quando non sarò qui, ma non inseguirò altri fantasmi. Devo ricostruire tante cose e una relazione giovanile non è tra queste. Dopotutto cos'hai fatto in questi tanti anni senza di me, se non vivere la tua vita?»
Steve ammise: «Hai ragione, quando te ne sei andata ho guardato avanti e ho continuato senza di te. So vivere senza di te, se questo è il tuo dubbio. Però non significa che il tuo ritorno mi sia stato indifferente. Ho fatto di tutto per cercare di tornare insieme a te e magari ho sbagliato, ma sentivo di dovermi giocare ogni possibilità. Eravamo lontani, ma ho sempre avuto dentro di me il tuo ricordo. Forse il mio errore è stato non capire che eri solo un ricordo, ma ormai è andata così. Non ha senso recriminare. Non mi pento di quello che è successo tra di noi nelle ultime settimane, anche se so quello che succederà.»
«Cosa dovrebbe succedere?»
«Dirai che te ne vai, che vuoi staccare, ma non ti allontanerai davvero da Kevin. Credo che tu tenga a lui più di quanto dici.»
Ellen puntualizzò: «Non ho detto niente su Kevin, hai detto tutto da solo, senza che io lo menzionassi.»
Steve replicò: «L'ho tirato in ballo perché è stato lui l'inizio di tutto, quando ci siamo lasciati, molti anni fa. Credo che sia la ragione per cui te ne vai anche adesso: Kevin potrebbe accontentarsi di avere con te una relazione a metà.»
«Cioè scopare e basta? Oppure non abitare l'uno attaccato all'angolo dell'altra? Ti viene mai il dubbio che ci sia dell'altro? Ho un lavoro che potrei fare anche qui, è vero, ma ho una figlia che non voglio né portare a Goldtown né tenere a distanza.»
«In tutto questo, però, non mi hai risposto. Cosa provi per Kevin?»
«È importante?»
«Sì.»
Ellen sospirò.
«Non cambierai mai. Continuerai a pensare che tra noi non abbia funzionato perché c'era lui.»
«E ti dispiacerebbe, se lo pensassi?» obiettò Steve. «Ti dispiacerebbe se fosse una base concreta a convincermi che devo mettermi il cuore in pace? Vorrei solo capire se ti ho chiesto troppo, oppure se sarebbe andata comunque allo stesso modo.»
«Non mi hai chiesto niente e io non ho chiesto niente a te» ribatté Ellen. «Le nostre strade si sono incrociate, di nuovo. Non sono brava con le parole, almeno non in queste situazioni. Se il mio futuro fosse con te, ti avrei già sbottonato i pantaloni per convincerti a smetterla con le domande. Ti confesso che, se non corressi il rischio di confonderti le idee o di confonderle a me stessa, probabilmente potrei arrivare a farlo ugualmente.» Si alzò in piedi. «Meglio che vada, prima di fare altri danni. È stato un piacere rivederti. Intendo dire, incontrarti oggi pomeriggio: da quando sono tornata, sono successi ben troppi fatti poco piacevoli.»
Steve le propose: «Ti accompagno alla porta, se stai andando via.»
«Va bene.»
Vi si diresse insieme a Steve e, una volta giunta all'uscita, si fermò un attimo a guardarlo negli occhi.
«Mi dispiace, per tutto» ribadì.
«A me no» rispose Steve. «Ne è valsa la pena.»

 

Kevin attese che Danny si sedesse, poi gli domandò: «Allora, come va il nuovo lavoro?»
Danny non sembrava molto interessato a discutere di quell'argomento. Disse che era tutto a posto, ma passò subito ad altro.
«Ho scritto a Janice su Forevernet. Mi ha risposto.»
«Oh.»
«Voglio dire, abbiamo chattato a lungo, ieri sera» riferì Danny. «Mi ha fatto molto piacere. Temevo che non l'avrei né vista né sentita mai più. Le ho chiesto se tornerà a Goldtown, ma mi ha detto che verrà solo a prendere le cose che ha lasciato a casa di Callahan. La polizia ha tolto i sigilli all'appartamento, credo. Tu hai sentito Ellen in questi giorni?»
«No, non mi ha chiamato» rispose Kevin, senza scendere troppo nel dettaglio.
«Potevi chiamarla tu.»
«Temevo di disturbare. So che era ospite a casa di Jack, in questi giorni.»
«E tu non eri a lavorare. Potevi andare a trovarla.»
Kevin scosse la testa.
«Non ne avevo motivo.»
«Non ho ancora capito» ammise Danny, «Se state insieme o no.»
«Direi di no, o almeno Ellen non ci ha tenuto a mettere in chiaro il contrario» rispose Kevin. «Non fa niente. La mia vita va avanti anche senza di lei.»
«Sul serio o solo perché pensi di non avere alternative? Pensi che Janet...»
Kevin interruppe quel discorso sul nascere.
«Non penso niente, a proposito di Janet. Mi ha fatto piacere rivederla, dopo che entrambi siamo tornati, ma per me finisce qui. Non sempre quello che esisteva in passato deve essere replicato tale e quale.»
«Mi stai dicendo» azzardò Danny, «Che per Janet nella tua vita non c'è più posto, ma che questo non dipende da Ellen?»
«Janet faceva parte della mia esistenza molto tempo fa» mise in chiaro Kevin. «È cambiato tutto da allora. Non so se essere stato con Ellen, nei mesi scorsi, per me abbia cambiato qualcosa, ma che importanza ha? Non so se Janet si sia fatta dei film, ma non ne sono responsabile. Non posso controllare quello che passa per la testa ad altri, già mi è difficile badare a me stesso.»
«E se Ellen tornasse a cercarti? Cosa faresti?»
«Non lo so, ma non penso che mi cercherà. Da questo punto di vista è inutile parlarne. Veniamo alle cose serie: domani Steve riapre il negozio, riprendiamo a lavorare. Ormai l'interesse morboso sta iniziando a calare. Con un po' di fortuna non ci troveremo nessuno che venga per chiederci di parlare del precedente proprietario.»
«Tu, da parte tua, non dovresti comunque avere problemi. Non hai mai conosciuto Roger Callahan, o sbaglio?»
«Esatto, non l'ho mai conosciuto e adesso non potrò conoscerlo mai più. Non posso dire che mi dispiaccia. Avrebbe potuto ammazzarci tutti, se le cose fossero girate più a suo favore.»
«Cos'è successo esattamente?»
«Per favore, non chiedermelo anche tu. Ormai ne ho avuto abbastanza.»
«Non voglio dettagli macabri» chiarì Danny. «Sto solo cercando di capire. Hai detto che ha sequestrato Steve e che tu e Phyllis avete fatto irruzione in casa cogliendolo di sorpresa. Come ci siete entrati?»
«Con le chiavi di Ellen» rispose Kevin, senza preoccuparsi di riferire come se le fosse procurate. «Phyllis è entrata d'impulso, senza neanche andarci cauta. Callahan se l'è ritrovata di fronte, non aveva ancora visto che ci fossi anch'io. Quando l'ha accoltellata, Phyllis ha cercato di schivare il colpo, venendo colpita solo di striscio. A quel punto Callahan si è accorto anche di me. Ho pensato che avevo solo una possibilità: fuggire e chiamare aiuto. Se fossi rimasto là dentro, saremmo morti tutti, se fossi scappato, forse Callahan mi avrebbe inseguito, lasciando per un attimo da parte Steve e Phyllis. Mentre scendevo le scale ho visto Roberta e suo padre che venivano su. Li ho supplicati di aiutarmi e di fare attenzione. Poi è capitato tutto in un attimo. Non saprei dirti cosa sia successo con esattezza. Callahan mi stava seguendo. È inciampato, pare. È inciampato e ha battuto la testa.»
«Stai dicendo che il caso vi abbia aiutati? Anzi, che il caso vi abbia salvati?»
«Sto dicendo quello che ho detto e ripetuto più di una volta.»
«Okay, però è così strano.»
Kevin scoccò a Danny un'occhiata gelida.
«Non so che cosa tu stia cercando di insinuare, ma dovresti essere contento che questa storia sia finita.»
«Non fraintendermi, ne sono contento, ma sembra tutto così maledettamente semplice» obiettò Danny. «Quell'uomo ha ucciso gente per anni e anni, poi all'improvviso batte la testa e muore. Inciampando per caso.»
«Ti assicuro che non sono stato io a farlo cadere» ribatté Kevin. «Mi sono solo ritrovato nello stesso posto.»
«Non ho mai accusato te di avere facilitato la sua caduta» replicò Danny. «Magari ci ha pensato qualcun altro.»
Kevin scosse la testa, dandogli del visionario. Era meglio fare così, piuttosto che rivelare di avere lo stesso tipo di sospetto.

   
 
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