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Autore: NyxTNeko    28/01/2023    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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Capitolo 144 - Fu solo nella sera di Lodi... -

Mentre i soldati festeggiavano la vittoria, cantando e ballando, più o meno sobriamente, il comandante aveva deciso di fare due passi per riprendersi un po' dalla convulsa giornata di battaglia, in cui aveva partecipato in prima persona; era dai tempi del Vendemmiaio che non lo faceva. "Eppure, nonostante la mia esposizione costante, neppure una pallottola mi ha sfiorato, attorno a me ne morivano a decine" era come se fosse stato protetto da una barriera invisibile, ancor prima di essere circondato dai suoi sottoposti, a scudo, per evitare i colpi.

Il cielo azzurro stava lentamente lasciando posto a quello blu intenso della sera, la luna acquisiva sempre più visibilità, circondata dalle prime stelle che non la lasciavano mai sola: tra queste Venere, non voleva essere seconda a nessun'altra, non a caso portava il nome dell'antica e vanitosa dea della bellezza romana.

Napoleone si accorse di tremare, inizialmente pensò che fosse a causa del vento freddo, che si era improvvisamente alzato e che gli era penetrato fin nelle ossa, essendo ancora molto magro e malaticcio, non era raro che si raffreddasse facilmente. Non si era mai abituato del tutto ai climi rigidi. Tuttavia, passato quel momento, comprese che il tremore era dovuto ad altro: all'eccitazione scatenata dal combattimento. Quel ponte gli faceva venire i brividi per quante emozioni gli stava scatenando, pur essendo stata, quella di Lodi, una battaglia secondaria, che non aveva scalfito particolarmente l'esercito asburgico.

"Cos'è questa sensazione che provo?" Si chiedeva, stupito egli stesso da una simile emozione. Era davvero difficile descrivere cosa si stesse smuovendo nell'animo inquieto di Napoleone, in quegli istanti. Si toccò il petto, all'altezza del cuore, batteva all'impazzata, anzi galoppava, senza pace. Man mano che il tempo passava, si faceva strada la consapevolezza di aver compiuto qualcosa di più di una impresa di minore importanza "A livello militare non ha portato a grandi risultati, questo è vero, però a livello morale sì, l'ho notato subito dal comportamento dei soldati, mi osservavano con un rispetto e una considerazione che prima non tutti provavano con convinzione" constatò voltandosi nella direzione dei bivacchi.

Dopodiché chiuse gli occhi e sulle labbra si formò un sorrisetto "Se prima di cominciare la Campagna d'Italia non ero ancora del tutto sicuro delle mie capacità e non trovavo risposte alle mie domande, adesso, dopo quanto è accaduto, ho compreso finalmente ciò che il destino vuole che io compia" quel visionario e folle disegno che aveva concepito soltanto nella sua mente poteva concretizzarsi. Non sarebbe stato più soltanto un sogno su cui fantasticare, leggendo le pagine ingiallite di poemi e libri di storia, relegandolo nei meandri della mente, sospirando e invidiando quei grandi destini, quei nomi resi eterni dalla gloria. "Altrimenti non potevo spiegarmi il perché avessi ricevuto in dono dal fato questa intelligenza superiore, che mi ha sempre fatto spiccare sulla massa, nel bene e nel male, nessuno ha potuto ignorarmi".

Il respiro si fece sempre più affannato per poter reggere il battito cardiaco irrefrenabile, riaprì gli occhi smaniosi e si poggiò su una delle assi del ponte e inspirò profondamente. Doveva calmarsi, per sua fortuna i suoi uomini erano abbastanza lontani e non potevano accorgersi di quelle sue reazioni, così inusuali e strane, nei confronti di un conflitto. "Specialmente adesso che ho conquistato la loro piena e incondizionata fiducia nei miei riguardi, le vite dei soldati sono nelle mie mani e presto se ne aggiungeranno sempre di più, fino ad avere il consenso dell'intera Francia, anzi perché no, dell'Europa intera".

La sua forza di volontà era talmente grande ed incrollabile che neppure il Direttorio sarebbe riuscito a scalfirla; fin da giovane aveva dimostrato la stoffa del capo, di colui che non si sottometteva a nulla e che, invece di inchinarsi o di abbassare la testa, era disposto a subire punizioni che non gli spettavano. Anche se con fatica aveva attraversato parecchie difficoltà, dalle angherie dei compagni di accademia all'esilio dalla propria isola natìa, aveva vissuto nell'indigenza per anni, sia per colpa dei debiti del padre, sia per la cacciata da parte dei paolisti.

C'erano stati momenti di scoramento, durante i quali credeva che fosse finita, che non valesse più la pena combattere con tutte le proprie forze per raggiungere i propri obiettivi, ma erano durati poco tempo, e, con maggiore testardaggine di prima, aveva continuato a percorrere quel tortuoso cammino chiamato gloria.

Maturando aveva compreso anche le scelte di suo padre, che inizialmente aveva criticato e disprezzato; nonostante l'intelligenza, era pur sempre un ragazzino che aveva conosciuto soltanto la realtà corsa, che non sapeva nulla del mondo e della sua spietatezza, della realtà francese. I libri non erano tutto, bisognava vivere per davvero, uscire dal nido e spiccare il volo, pur sapendo che si rischiava di piombare al suolo e non rialzarsi più.

"Padre" si rivolse al cielo, illudendosi potesse davvero sentirlo e che potesse fargli compagnia in quel solitario momento di consapevolezza personale "Voi volevate per me, per i miei fratelli e le mie sorelle soltanto il meglio, dall'istruzione all'abbigliamento, alle buone maniere, desideravate che noi fossimo all'altezza del titolo nobiliare che avevamo acquisito da poco e che ci ha permesso di poter studiare in istituti, che sarebbero stati interdetti a dei semplici borghesi, la vostra ambizione voleva affrancarci anche dalle catene del patriottismo corso, anche se amavate la Corsica con tutto il cuore, avevate intuito che Paoli non bastava più, serviva una nazione grande, potente come la Francia per poter liberare tutte le potenzialità della nostra famiglia" più rifletteva su questo, più si sentiva uno stupido per esserci arrivato troppo tardi.

"Ebbene padre, mi assumo il compito e la responsabilità di portare avanti questo progetto, ma ad un livello ancora più elevato, con i debiti che ci avete lasciato è stato davvero difficile rialzarsi, ma adesso sono un uomo completo, ho raggiunto il grado di generale e comando un'armata personalmente, padre e manterrò fede al giuramento fatto verso la mia famiglia, non dovranno più soffrire la fame, vivere in povertà, sentirsi umiliati e spaesati, debitori verso lo stato" strinse i pugni con forza, le nocche divennero quasi bianche "Anche verso mia moglie e i miei figliastri, che amo dal profondo del mio cuore, ho promesso che non sarebbe mancato loro più nulla e che avrei migliorato la mia posizione". Non serviva più celare troppo, porre a freno all'ambizione più sublime, straordinaria, irrefrenabile che fosse mai apparsa nella storia, dando vita ad un epoca quasi epica e ad imprese al limite dell'incredibile. Era pronto a portare sulle proprie spalle un simile peso.

- Stai cercando tuo fratello? - domandò una voce calma e gentile alle spalle di Luigi Bonaparte. Questi, che si stava recando alla tenda del fratello maggiore, si voltò e vide che era il Capo di Stato Maggiore, il generale Berthier, che si stagliava davanti a lui, con la sua delicata imponenza. Seppur fosse abbastanza grande d'età, il ragazzo era rimasto sbalordito dalle grandi capacità di controllo e di coordinamento delle truppe, durante l'assalto del ponte. Non aveva mai visto tanta compostezza ed eleganza in guerra.

- Sì - annuì Luigi - Perdonate il disturbo generale, spero di non averlo arrecato - si scusò, sforzandosi di non mostrare eccessiva stanchezza e la visibile scocciatura "Uffa, perché dovevano incaricare proprio me? L'essere il fratello del comandante mi pare soltanto un pretesto per affidarmi dei compiti inutili".

- Non arrechi alcun disturbo ragazzo - rispose cortesemente Louis Alexandre - Non stavo facendo nulla di impegnativo, se non controllare che non ci sia troppo caos, hai visto pure tu l'euforia che dilaga tra gli uomini, ma non mi stupisco di certo, dopo quanto è accaduto su quel ponte - Lo vide annuire nuovamente, un po' impaziente, probabilmente era interessato a sapere dove fosse il fratello - Immagino tu sia qui per altro, o meglio per Bonaparte, ma non è nella sua tenda in questo momento, mi ha riferito che voleva starsene un po' per fatti suoi, a metabolizzare il risultato della battaglia

Luigi sbuffò a braccia conserte - Sempre il solito, fa sempre così, ogni qualvolta accade qualcosa di importante si isola, non può godersi la vittoria come tutti gli altri? - sospirò spazientito - Non lo capirò mai!

- Ognuno vive le esperienze a modo suo, ragazzo, c'è chi lo fa bevendo o festeggiando e chi, invece, meditando e riflettendo per trarre dei vantaggi futuri, non siamo tutti uguali - gli diede una pacca amichevole sulla spalla, era incredibile come, pur essendo agli antipodi di carattere e di indole, era evidente, quei due si somigliassero molto certo determinate reazioni, come ad esempio quell'impazienza che aveva notato anche nel comandante, doveva essere una caratteristica di famiglia - Tu lo conosci meglio di me, quindi non dovresti stupirti no? - gli rivolse un sorriso rassicurante e aggiunse - Se vuoi puoi aspettarlo con me in tenda - controllò l'orologio da tasca - Dovrebbe tornare tra poco, ho imparato perfettamente i suoi ritmi, altrimenti non potrei stargli dietro

- Volentieri generale - rispose solamente Luigi, per ricambiare la cortesia, inoltre, pensò che sarebbe stato giusto dirgli il motivo della sua visita - Così vi posso confessare il perché lo stia cercando con tanta lena - ricambiò il sorriso.

- Ah quindi non è solo una visita di cortesia - emise stupito il generale, nel mentre raggiungevano la tenda del comandante, disordinata come al solito.

- No, al contrario, sono stati i soldati a mandarmi qui, dato che sono il fratello del comandante, hanno pensato che fossi il più adatto a consegnargli il titolo di piccolo caporale - prese l'attestato piegato e glielo mostrò - È pure firmato da uno di loro

Berthier lo prese tra le mani e lo lesse, sembrava davvero un attestato di promozione, sorrise nel vedere come il firmatario fosse poco più che analfabeta, a malapena sapeva scrivere il proprio nome, ma lo aveva fatto con orgoglio, perché ci teneva al suo capo. Era contento di vedere come il comandante fosse adorato ormai - È una buona cosa questa, ragazzo, significa che ormai il tuo caro fratello, oltre al ponte ha conquistato anche i loro cuori, la loro fiducia, cosa non da poco, se pensiamo a com'era questo esercito - gli ridiede il foglio - Uomini come Bonaparte sono rari al giorno d'oggi e sono fiero di poter lavorare al suo fianco - ne parlava con ammirazione sincera - Riesce a valorizzare tutti, senza troppa difficoltà, a parte qualche eccezione, nessuno è davvero inutile ai suoi occhi

Nell'udire questo Luigi spalancò gli occhi: Napoleone era riuscito ad ottenere rispetto e obbedienza assoluta e cieca in poco tempo? Tutti sembravano dipendere completamente da lui, dialogando con molti colleghi e soldati, all'avanzare della Campagna e dei risultati sempre più sorprendenti e gli rivelavano della fortuna nell'averlo come parente stretto "Come ha giustamente detto Berthier lo conosco meglio di lui, per questo so benissimo che ciò che ama più di ogni altra cosa è esercitare una qualsiasi forma di controllo e dominio sulle cose e sulle persone che lo circondano e che gli possono essere utili ai suoi scopi e il non essere contradetto troppo, senza dimenticare che si è imposto come capofamiglia, pur essendo il secondo, sin da subito".

Si tranquillizzò, non era affatto un problema, quanto un'opportunità per lui, sfruttare maggiormente a proprio vantaggio la crescente popolarità del fratello "So che non potrò mai raggiungere il livello di Napoleone, per quanto possa impegnarmi, tuttavia questa rivelazione non mi disturba affatto, in fondo il genio è una qualità preziosa ed estremamente rara, può esserci solo un prodigio nella nostra famiglia, persino Luciano lo ha ammesso" fissò il foglio che aveva poggiato sulla scrivania del fratello "Sarà decisamente più facile ottenere prestigio, onori e ricchezze, d'ora in poi" sbadigliò.

- Devi essere decisamente stanco ragazzo - ridacchiò Berthier - Attendi ancora un paio di minuti e poi sarà il comandante stesso a mandarti a letto

- Non ho la stessa resistenza di mio fratello, purtroppo - confessò ridendo, stiracchiandosi e dandosi degli schiaffetti per svegliarsi un pochetto. L'ultima cosa che desiderava era di ricevere una ramanzina del fratello davanti ad una persona sconosciuta, non voleva fare brutta figura.

La conversazione fu interrotta dall'arrivo di Napoleone, giunto al pari di un fulmine, nella tenda - Luigi, generale Berthier - disse fissandoli - Mi avete aspettato per molte ore?

- In verità da poco meno di mezz'ora - rispose prontamente Luigi, alzandosi in piedi.

- Meno male, almeno non vi ho fatto perdere tempo - cadde sulla sedia, era evidentemente esausto, ma cercava in tutti i modi di non farlo notare. I due fingevano di non accorgesene - Ah so perché sei qui fratello, quando stavo ritornando un gruppetto di soldati mi ha riferito che avevi un documento da darmi, ossia la nomina di piccolo caporale

- Giustamente erano impazienti di rovinare la sorpresa - sospirò sarcastico - Comunque l'ho messo proprio davanti ai tuoi occhi - gli indicò il primo foglio.

- Ah giusto, grazie fratello - e lo lesse attentamente, sorrise divertito - Si sono proprio impegnati, bene, ciò sta a significare che mi considerano uno di loro, è una tradizione abbastanza diffusa e antica questa dei soprannomi, lo facevano anche con Cesare, che veniva chiamato calvo adultero, potete ben immaginarne il motivo - poi poggiò la testa sullo schienale, gli doleva dappertutto, i segni dell'attività incessante si presentarono tutte insieme - Mi ha fatto piacere rivederti Luigi, in un contesto abbastanza tranquillo - si massaggiò il collo - Non sono l'unico ad essere stanco, vai pure a riposarti, te lo sei meritato - aggiunse in italiano - Buonanotte fratello

- Buonanotte Napoleone - ricambiò, scorgendo qualcosa di diverso nel fratello - E anche a voi Berthier, bonne nuit - ed uscì sbadigliando vistosamente.

- Bonne nuit a te, ragazzo - rivolse, per poi dedicarsi a Bonaparte - Dovete fare qualcosa prima di dormire o posso andarmene comandante? - chiese educato.

- Avete ragione, in questi giorni vi ho strappazzato peggio di un uovo - si massaggiò le tempie - Ma vi chiedo un ultimo sforzo, prima di mandarvi a riposare, dobbiamo mandare un'altra lettera al Direttorio...

Parigi, 11 maggio

- Non pensi di aver esagerato con tuo marito questa volta, Rose? - domandò un giovane tenente ussaro, di piccola statura, dagli occhi azzurri, la pelle leggermente scura, dai folti baffi, di nome Hippolyte Charles, vice di Leclerc uno degli ufficiali più vicini a Bonaparte, che gliel'aveva presentata poco tempo prima - Inventare addirittura di essere incinta!

- È necessario per tenerlo buono, Hippolyte - rispose la donna, sdraiata accanto a lui, con gli occhi socchiusi. Era stata una notte di fuoco - Magari così possiamo ritardare ancora la partenza per l'Italia - si fiondò tra le braccia del suo giovane amante ventitreenne - E io dovrò non subire la sua soffocante gelosia - lo baciò appassionata.

- Sì però da come me ne hai parlato, dubito fortemente che possa starsene tranquillo, dopo aver ricevuto una simile notizia - disse Charles, guardandola dritta nei suoi occhi scuri e provocanti - Si è affezionato molto a te e a soprattutto ad Eugène ed Hortense, perciò la notizia di un figlio tutto suo non può che renderlo ancora più euforico e sicuramente insisterà nel volerti vedere

- Oh Hippolyte, se ti ho scelto come amante è proprio perché, al contrario di Bonaparte, tu mi fai sorridere, sei simpatico, con te si può parlare di qualsiasi argomento, persino di moda - lo baciò ancora sul quelle labbra così dolci e morbide. Era quello che si poteva definire un autentico buffone, un comico, che sapeva fare ridere chiunque fosse presente nella stanza. Per questo lo amava, aveva bisogno di una presenza maschile che la lasciasse libera, che non avesse troppe pretese e geloso quanto bastasse per averlo con sé - Perciò non ci pensiamo troppo, per il momento, capito?

- Sì sì hai ragione tesoro - si svincolò dalle sue braccia e si mise seduto, era nudo, si coprì le parti intime con il lenzuolo - Auguriamoci che tuo cognato sia come il colonnello Murat e che creda a questa bugia...

- Questo non lo so, ma lo spero fortemente, devo cercare di non creare ostilità nella famiglia di Bonaparte verso di me - rimase ancora sdraiata, come una divinità scolpita, ma non del tutto liberata dal marmo dagli scalpellini - E comunque anche quel Murat non era poi così male, è alto, possente, dai boccoli corvini e dalla voce profonda, le donne gli cascavano letteralmente ai suoi piedi e all'interessato non dispiacevano i complimenti - diceva questo per farlo ingelosire un po'. Era esilarante vedere la rivalità di due uomini.

Hippolyte comprese la sua tattica e non ci cascò, conosceva bene la sua amata - Io sono meglio di lui, mia cara, dubito che uno spilungone come quello riesca a farti sentire sollevata come faccio io - Joséphine scoppiò a ridere fragorosamente, era così buffo e divertente, non si sentiva così da anni, il suo gesticolare, il tono della voce erano esilaranti - Però un complimento a tuo marito lo devo fare, altrimenti non sarei onesto - si ricordò poi, con serietà.

- Tu che parli a favore di Bonaparte? Questa sì che è una notizia da far stampare su tutti i giornali! Avanti su! Parla, mi hai incuriosita! - si mise a gattoni, dietro di lui, poggiando le mani sulle spalle larghe dell'ussaro. I lunghi capelli castani della donna scivolavano sul corpo con grazia e dolcezza.

- Be' ci vuole davvero fegato nel mettersi contro il governo - emise sinceramente stupido Charles - Soprattutto contro Barras, che fu uno dei suoi benefattori e che gli ha permesso di avere quell'armata che sta conducendo ad una vittoria dopo l'altra!

Joséphine, civettuola, rispose in tale maniera - Così impara a lasciarmi dopo anni di relazione per unirsi con donne più giovani di me - tale atteggiamento l'aveva comunque ferita nel suo orgoglio di donna - Inoltre se pensa di spaventare mio marito con delle letterine minacciose, non ha davvero capito chi sia Bonaparte! - anche se non lo amava alla follia, era convinta dell'arrogante sicurezza che lo stava portando a superare i suoi limiti "Ho con me la mia spada e con essa andrò lontano" rimembrò persino la determinazione che brillava, al pari di una stella, in quegli occhi grigi, che l'avevano suggestionata non poco - Ha affrontato le disgrazie a testa alta e le difficoltà sono il suo pane quotidiano, non cederà facilmente! E nonostante i tradimenti, lo aiuterò se sarà necessario! Sono pur sempre la moglie!

- Così potrai vantartene davanti a tutti quanti, nostra signora della vittoria - la burlò scherzosamente, scimmiottando l'epiteto che le riservavano ogniqualvolta la vedevano. Joséphine, fingendosi offesa, gli lanciò un cuscino e se ne andò via, aspettando che la rincorresse e si facesse perdonare, del tutto ignara del progetto che il marito aveva in mente e che avrebbe sconvolto il mondo intero.



 

 

   
 
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