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Autore: Cesca_Haibara20    29/01/2023    1 recensioni
[Kagehina] [⚠️I personaggi sono +18⚠️ La storia contiene solo alcuni personaggi di "Haikyuu", il contesto in cui sono è totalmente diverso⚠️]
{Due perché siamo noi. Due lottatori, due reduci, due canzoni d'amore comunque io e te. Se amore, amore vedrai di un amore vivrai.}
Tobio Kageyama è un ragazzo incazzato e incattivito dalla vita, poteva avere tutto ma non ne ha avuto la possibilità a causa di una malattia diagnosticatagli alla giovane età.
Shoyo Hinata è un ragazzo dal sorriso pronto e trova sempre un modo per vedere il lato positivo delle cose senza farsi trasportare dalla negatività.
I due ragazzi finiranno per incontrarsi in un contesto che è stato e sarà un tasto dolente per entrambi, ma alla fine riusciranno a dare voce ai loro pensieri più intimi e profondi.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Shouyou Hinata, Tobio Kageyama
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Finalmente è iniziato novembre, il tempo si fa sempre più freddo e l'atmosfera spaventosa di Halloween sta per essere sostituita da quella magica legata al Natale anche se con largo anticipo.
La giornata di Tobio è iniziata con il suo solito tran-tran, con la sua solita svogliatezza si alza e raggiunge pigramente la mensa per iniziare la sua colazione composta da una brioches vuota, uno yogurt alla fragola, una mela verde tagliata in spicchi e un bicchiere pieno di succo all'arancia.
Si siede al suo posto con un sospiro e osserva le sue pietanze con aria spenta.

«È questo che mi tocca mangiare oggi...?»

Borbotta tra sé e sé.

«Buongiorno Kageyama.»
lo saluta una ragazza sulla trentina, Shina Yamamoto, la psicologa che lo segue da quando è arrivato.
«Che succede, la colazione non è di tuo gradimento oggi?»
«Sono stufo di mangiare le stesse cose tutti i giorni.» sbuffa il ragazzo.
«Ma come? Avevi detto che ti piaceva tanto la mela e lo yogurt alla fragola.»
Lo prende in giro con un sorriso.
«L'ho detto un anno fa, non credi che sia il tempo di cambiare?»
«Va bene allora, cosa desidera dal nostro menù?»
«Dubito fortemente che ogni mia richiesta venga ascolta.»
«Sei più sveglio di quanto pensassi.»
«Perché non vai al bar e mi prendi qualcosa da lì?»
«Perché non è corretto nei confronti degli altri pazienti che mangiano le tue stesse cose. E poi, non ho il portafoglio con me in questo momento e l'unica cosa che potrei offrirti dal bar con le poche monete che ho in tasca è...» controlla le tasche. «Posso offrirti una Goleador.» sorride. «La vuoi?»
Nonostante la poca convinzione sul suo volto accetta ugualmente.
«Okay, allora io adesso vado al piano di sotto a prenderti la Goleador, però voglio che almeno mi finisci la mela e mi bevi il succo. Siamo d'accordo?»
«D'accordo...»

Appena la psicologa si alza e si allontana Tobio finisce pezzo per pezzo la mela e la brioches lasciando lo yogurt e mezzo bicchiere di succo.
Venti minuti dopo ritorna e lascia sul suo piatto due Goleador e un bicchiere di moccaccino direttamente dalle macchinette.
Alza lo sguardo confuso.

«E questo da dove viene?»
«Consideralo un piccolo extra perché hai mantenuto l'accordo.»
«Grazie...
«Allora, hai sentito i tuoi genitori stamattina?»
«Oh, perché ho dei genitori?»
Replica sarcastico e seccato.
«Tobio...»
«Guardi Shina, forse è meglio così: loro non mi cercano ed io non cerco loro. Non vengono a farmi visita da più di quattro anni, io sono qui da quando ne avevo dodici e a dicembre ne farò diciannove.»
«Non rispondono nemmeno alle chiamate?»
«Sono maggiorenne, i dottori non si disturbano più di contattarli, dicono tutto direttamente a me. Lo sai anche tu.»
«Io non intendevo le chiamate dei dottori, intendevo le tue. Ho saputo da una infermiera che ieri sera hai provato a chiamare tua madre ma lei non ha risposto.»
Rimane in silenzio per alcuni istanti.
«Sì...» libera la Goleador dall'involucro di plastica e la addenta. «Ho provato a chiamarla per sentire come stanno lei e papà ma non ha risposto, era tardi e probabilmente non ha sentito la suoneria... Succede sempre così...»
Shina gli dona un sorriso dolce e gli da una carezza sui capelli.
«Dopo provo a chiamarli io, così gli dico di rimanere in allerta per le prossime chiamate soprattutto in caso tu-...»
«In caso che io cosa? Che io muoia?»
«Smettila. Volevo dire in caso che tu riceva il trapianto.»
«È inutile raccontarsi questa storia... Ormai ho preso le speranze.»
«Tu avrai perso le speranze ma noi no.» replica decisa. «Ed ora bevi il moccaccino che se no si fredda.»

Tobio finisce la sua colazione e si dirige a passo lento verso la sua stanza ma la sua spalla finisce contro quella di un ragazzo dai mossi capelli color arancia.

«Ehi, attento dove cammini!»

Lo rimprovera Tobio sistemandosi i tubicini dell'ossigeno nel naso.

«Oddio, mi dispiace tanto!» si affretta a rispondere il ragazzo. «Non ti ho proprio visto! Ti sei fatto male?»
Nell'osservare il viso luminoso e ricoperto di lentiggini del suo interlocutore, Tobio non si sente più rabbioso come pochi secondi fa.
«No, non mi sono fatto male.»
«Oh, menomale!»
«Sembri di fretta, devi andare da qualche parte?»
«In verità, ho una visita di controllo.»
«Una visita di controllo?» inarca un sopracciglio. «Sei stato qui?»
Il ragazzo annuisce.
«Sono stato paziente qui più o meno sette anni fa, io ero nel reparto oncologia.»
"Oncologia...?" quella parola gli rimane impressa come uno stiker.
«Però credo di essermi perso.» ridacchia imbarazzato. «Ho ricevuto indicazioni molto blande e non ricordo bene dove si trova lo studio del Dottor. Abe. Tu sai dove si trova?»
«Oh... Emh... Si trova dopo la reception, tu mantieni la destra seguendo il corridoio, dovrebbe essere la terza o quarta porta.»
«Aaah, ora ho capito! Ti ringrazio-... Emh... Mi ripeti il tuo nome?»
«Non ti ho rivelato il mio nome.»
«Perfetto, allora mi presento: io sono Shoyo Hinata!» sorride porgendogli la mano. «Tu sei?»
«Tobio Kageyama.» risponde freddamente senza stringerli la mano.
«Non sei tipo da strette di mano, capisco...» mormora Shoyo. «Mi dai il tuo cellulare?»
Il ragazzo nero crinito lo osserva con un'espressione confusa.
«Che ci devi fare?»
«Ti do il mio numero, ora siamo amici io e te.»
"Amici...?" era da anni che qualcuno lo considerasse suo amico nonostante non si conoscano per niente.
Con scetticismo gli porge il cellulare e l'allegro ragazzo inserisce il proprio numero e si salva il suo.
«Bene, spero di sentirti presto per messaggio. Ora però devo correre nello studio o faccio tardi. Arrivederci Tobio!»

Senza dargli il tempo di replicare Shoyo si allontana a passo spedito per poter arrivare in tempo nello studio e fare la visita lasciando Tobio nel corridoio confuso.
Shoyo Hinata… non so nemmeno quanti anni abbia ma da come si comporta sembra un ragazzino delle medie…
Sospira e riprende il suo lento cammino verso la propria stanza mentre Shoyo ha raggiunto sano e salvo lo studio del dottore e non riesce a togliersi dalla testa l’aria stanca e sciupata del ragazzo incontrato poc'anzi ed il perché degli occhialini collegati all'ossigeno del ragazzo. Si era perfettamente reso conto che se si trovasse ricoverato lì è perché è malato ma non riesce a capire di che malattia soffre il ragazzo.

Alla fine la mattina di Tobio riprende senza alcun intoppo, con le solite premure che gli riservano le infermiere e con la speranza che arrivino dei polmoni compatibili, anche la mattinata di Shoyo riprende con la sua routine e le partite di pallavolo fino a sera insieme ai suoi amici ed ex compagni di classe.

La sera stessa il cellulare di Tobio pigola a causa di una notifica da un nuovo numero.
Ciao Tobio! Sono io, Shoyo, ci siamo incontrati stamattina!

Anche se svogliato gli risponde.

Più che “incontrati”, io direi che ci siamo “scontrati”.
Ahahah! Sì, hai ragione. Perdonami ancora!
Non fa niente. Ti sei già scusato abbastanza.
Che fai di bello?
Sono sdraiato sul letto ad annoiarmi. Tu?
Ho appena finito di cenare dopo un lungo pomeriggio passato a giocare a pallavolo. Tu ci giochi?
 
“La pallavolo… da quanto tempo che non ci gioco… per colpa di questa mia “condizione” mi è severamente vietato fare anche il minimo sforzo…” sbuffa il ragazzo.

Anni fa. Facevo da alzatore.
Che figo! Io sono un’esca!
Con l’altezza che ti ritrovi non credo che tu possa puntare più in alto.
EHI! Bada a come parli tu! Io sono stato soprannominato “L’esca perfetta”! E poi, scommetto che non mi hai mai visto giocare, non puoi giudicarmi senza conoscermi!
Okay, okay. Non c’è bisogno di scaldarsi tanto.
Voi spilungoni pensate di essere superiori solo perché siete più alti ma nessuno è agile e sa schiacciare come me.
Schiacci? Ma non sei solo una esca?
Sì, sono un’esca ma sono anche un centrale!
Tu?
Io.
Un centrale?
Affermativo. Anche se ora come ora non ho bene un ruolo definito perché non sto giocando come giocatore professionista ma passo il tempo a giocare con i miei ex compagni di classe.
Ah. Capisco. In che scuola eri?
Ero al Karasuno!
Ah, quella dove è stato “Il piccolo gigante”.
Affermativo!
Forse vi ho visti in TV anni fa ora che mi ci fai pensare…
Sì! Siamo stati ai nazionali quando ero solamente al primo anno ed abbiamo sbaragliato via tutte le squadre!
Ah, ora ricordo. Tu eri il piccoletto della veloce assurda.
   
 
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