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Autore: ordnassela    29/01/2023    0 recensioni
Una giovane ragazza che ha perso da poco i genitori, si ritrova a dover andare a vivere con la sorella nella vecchia casa dei nonni nel fitto dei boschi montani.
Questo cambiamento la porta a conoscere persone nuove e una nuova realtà, che non avrebbe mai potuto aspettarsi.
Nella tranquilla cittadina vicina, si annida qualcosa di innaturale; a Luna bastano pochi giorni per trovarsi in un nuovo mondo tanto incantato quanto crudele.
[PS. Ho notato che c'erano problemi per la visualizzazione su telefono, dovrei aver risolto. Buona lettura!]
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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CAPITOLO 5
La festa - Parte 3


 


Mary si alzò barcollando.
“Beeene, ora che avete finito con tutte queste smancerie vi vorrei invitare a seguirmi! Forza! Tutti dietro di me.”
Esclamò la ragazza ancora alticcia, aprendo le braccia a mo’ di uccello e mettendosi a imitare il brusio di un aereo con la bocca. Corse in mezzo ai rovi e alle foglie impantanate nel fango e, prima che qualcuno nel gruppo potesse dire qualcosa, era già sparita nel fitto buio del sottobosco.
Thomas si alzò sbuffando, pareva stanco, le occhiaie e la barba sbarazzina lo facevano apparire un uomo fatto e finito, abbastanza grande da poter sposarsi e mettere su famiglia, o almeno così parve a Luna in quell’istante.
“Vado a prenderla, non sarà andata lontano. Non serve che veniate anche voi, rilassatevi e godetevi la serata.” un sorriso sicuro gli attraversò il viso, per poi girarsi verso gli alberi e mettersi in marcia. 

Luna si guardò attorno. Dan alzò le spalle e prese in mano il cellulare pigiando sullo schermo che gli illuminava il volto, probabilmente scriveva a Lothiel, che prese il cellulare appena vibrò. Lo sguardo di Luna si incrociò con quello di Jackyll, con un cenno del capo cercò di invitarlo a seguire l’uomo, ma ricevette in cambio solo un sorrisetto imbarazzato e un cenno del capo di invito a stare con loro.
‹‹Devo fare sempre tutto da sola!›› pensò seccata la ragazza, alzandosi e sbattendosi la gonna dalla polvere.
“Se non ti dispiace vengo con te!”
Fece una breve corsa e raggiunse il barman. La guardò un po’ sollevato.
“Ci vediamo fra poco ragazzi, non fatemi pentire di avervi lasciati soli!”
“Per chi ci hai preso? Sappiamo pensare a noi stessi!” rispose Dan con aria spavalda, senza guardare l’uomo in faccia, ma guardando Luna con la coda dell’occhio, la quale cercò di evitare di incrociare il suo sguardo, voltandosi velocemente.
“Sei tutta rossa, stai bene?”
“Certo che sto bene! Mi sono solo… alzata troppo velocemente. Ho sangue alla testa. Ora cammina!” Luna si sentiva imbarazzata, anche se non sapeva bene il perché, ma sapeva che doveva, o almeno voleva, distogliere l’attenzione di Thomas dal suo rossore immotivato e per sua fortuna ci riuscì in fretta. Continuarono ad avanzare ed entrarono nel bosco. 

Era passata una decina di minuti da quando i due si erano addentrati in quel buio torbido. La luce del cellulare pareva a luna sempre più tenue, come se il buio la inghiottisse prima che potesse toccare il terreno. Thomas, a circa cinque metri da lei, si muoveva veloce e agile fra i rami e i rovi distaccandosi sempre di più dalla giovane che cercava di stargli al passo. 

“Mary!”
Di tanto in tanto l’uomo si fermava e chiamava a gran voce la ragazza scomparsa sperando in una risposta, ma non arrivava nessun rumore dal sottobosco oltre alle gocce d’acqua che cadevano dagli alberi bagnati e lo zampettare di qualche animale notturno che si stava aggirando fra i rami o fra i cespugli.

“Ehi… aspetta…” disse Luna, appoggiandosi con la mano sinistra ad un albero, mentre con l’altra puntava la torcia del telefono addosso alla sua guida.
“Scusa, sono andato troppo veloce? A volte non mi rendo conto che non tutti sono abituati a questo bosco quanto me.” cercò di scherzare Thomas, fermandosi e avvicinandosi alla ragazza per permetterle di riprendere fiato.
“No.… figurati... sono io che non sono molto in forma. Però, conosci bene il bosco, ci andavi da ragazzo?” Luna si inventò la prima domanda che le passò per la testa al solo scopo di guadagnare preziosi attimi per recuperare il fiato.
“Da bambino, sì.” specificò l'uomo “Mio padre mi portava spesso nel bosco per cacciare. Lui considerava la vera caccia non quella con fucili e trappole, ma con obbiettivo e rullino. Non sai cosa significhi? Beh, è semplice...”
Thomas riprese a camminare, ma con andatura molto calma, per cercare di farsi sentire sempre da Luna.
“Mio padre aveva la passione per la fotografia e al contempo adorava la caccia, ma non le morti inutili. Ogni fine settimana io e lui andavamo per i boschi e dormivamo in tenda e la sera lui mi raccontava un sacco di storie assurde e divertenti, mentre di giorno mi insegnava a seguire le tracce, a braccare le prede e ad averle a portata di tiro, inermi. Ricordo ancora che un giorno, avrò avuto circa undici anni, lui mi disse che nel bosco c'era un cervo grande come un furgone e con le corna talmente imponenti da poter essere scambiate per i rami di un giovane albero spoglio. Ero così eccitato che quel giorno mi impegnai al massimo e cercai di trovare il cervo da solo, senza l'aiuto di nessuno, per avere io l'onore di aver cacciato tale creatura, per avere le corna come trofeo credo, ora non ricordo, ma ero motivato al massimo. Passammo tutto il primo giorno a girare a vuoto e a pomeriggio inoltrato della domenica riuscimmo a trovarlo: maestoso, imponente e bellissimo. Mio padre mi fece imbracciare il fucile, puntai con la precisione di un militare e.… non premetti il grilletto. Non ebbi il coraggio di farlo, ma un rumore meccanico attirò l'attenzione dell'animale, che ci vide e scappò veloce. Pensai erroneamente di aver premuto il grilletto, invece fu mio padre che aveva premuto lo scatto della sua polaroid. Mi guardò sorridente e disse questo è il miglior trofeo che tu possa mai sognare di avere dandomi la fotografia. E poi aggiunse: anche perché il fucile è scarico. Io scoppiai a ridere talmente forte che mi si formarono le lacrime agli occhi. Conservo ancora quella foto nel mio portafoglio, per ricordare quel momento di infantile felicità.”
“E dopo?”
“Dopo?”
“Sì, una volta tornati alla tenda cosa avete mangiato? Se è vero che non cacciavate.”
“È talmente vero che, dopo quella caccia, tornammo all'accampamento e mio padre tirò fuori un branzino congelato dal frigo da campeggio come se nulla fosse. In più, quando crebbi, capii che il cervo che aveva immortalato con la sua polaroid non era altro che un cervo qualsiasi. Uno giovane, con le corna corte.”
“Tuo padre è un tipo stravagante. Pure il mio lo era.”
“Magari ora vanno d'accordo e sono entrambi lassù a tenerci d'occhio.” ironizzò Tom, riprendendo un passo spedito, preoccupato dato che non aveva più nessuna notizia di Mary da più di quanto sperasse.
“Tuo padre invece?”
“Cosa?” rispose Luna, iniziando ad accelerare il fiato e le gambe.
“Hai detto che era stravagante anche tuo padre, cosa faceva?”
“Niente di ché, solo...” la voce di Mary interruppe il discorso ed entrambi i ricercatori partirono scattanti nella sua direzione.
Uscirono dal sottobosco e si ritrovarono in una radura con al centro una quercia, davanti ad essa Mary. 

Dal tronco dell'albero, più precisamente da una pietra trapezoidale incastonata in esso, una spettrale luce blu illuminava il volto di Luna e Thomas e rendeva Mary una sagoma oscura. Era girata a guardare la strana roccia.
“Mary... che cos'è?”
La giovane dai capelli verdi si voltò a guardare Thomas. Ogni segno di ubriachezza pareva svanito e aveva lo stesso ghigno compiaciuto di quando Luna l'aveva vista la prima volta. I suoi occhi languidi di un bianco spettrale scattarono in direzione di Luna. Le iridi grigie come il cielo in tempesta si poggiarono su quelle blu di Luna.
Rimasero immobili qualche per secondo, come un mare calmo osserva le nuvole che prospettano burrasca.
Luna, però, non era affatto calma, ma non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Un’esplosione nel cielo seguì la saetta che era appena passata.
“Mary? Stai bene?”
Luna non ricevette nessuna risposta, qualche goccia iniziava già a bagnarle i capelli e il viso.
Thomas si avvicinò con passo deciso, ma con le mani tese, come pronto ad afferrarla in caso cercasse di scappare.
“Ammettilo Mary, hai iniziato a drogarti, ti avevo detto che non ti avrebbe fatto bene. Ora vieni qua e torniamo indietro, ha ripreso a piovere, non vorrai stare male!”
Mary non distolse lo sguardo da Luna e appoggiò una mano sulla pietra che sprigionò ancora più luce.
“Mi dispiace T! Non centri nulla in tutto questo e spero potrai perdonarmi!” Mary stava urlando per sovrastare il rumore della pioggia che si era fatta scrosciante e fitta.
“Di che stai parlando! Torniamo al capannone, non è successo nulla! Ti prometto che non dirò nulla al vecchio Barney!”
Thomas cercò di farsi ascoltare dalla ragazza urlando, con una voce così profonda che Luna alzò spontaneamente la faccia al cielo, credendo si trattasse di un tuono.
Tutto ciò che Luna aveva sentito prima di quel momento erano i passi dell’uomo strisciare nel fango e la pioggia, fredda come la neve in inverno, bagnarle il viso tremante.
Le parve di essersi appena risvegliata da un sogno. La luce azzurra la accecava, la voce di Thomas non era più ovattata, la pioggia non più tanto rumorosa e i passi che sentiva venivano da dietro di lei, non dall’uomo, fermo all’inizio della prima grossa radice dell’albero.
“Luna, stai bene? Dov’è Mary? E cos’è questa luce?” Dan le aveva afferrato la spalla, mentre cercava di farsi strada fra le fronde bagnate e marce del sottobosco.
Con un piccolo passo Luna si allontanò dalla mano del ragazzo che, assieme a Lothiel e Jackson, stavano assistendo alla scena.
“Che ci fate qua! Perché non siete rimasti al capanno?!” li rimproverò Thomas
“Scusaci T, siamo partiti poco dopo di voi! Ci dispiaceva non avervi…”
“Smettila di trovare scuse ragazzino! Mary è là e non so cosa voglia fare, so solo che quello che ha in mano una specie di… pietra luminosa o non so che!” rispose Luna.
L’ennesimo fulmine squarciò la distesa oscura sopra le loro teste, cadendo talmente vicino che Luna temette che avesse colpito il capannone, ma non disse nulla e cercò anche lei di avvicinarsi a Mary.
“Mary! Mi senti?”
Insieme a lei iniziò ad avvicinarsi anche Dan, raggiungendo l’altezza di Thomas. Jackson stava dicendo qualcosa a Lothiel, che aveva iniziato a fare qualche passo incerto. Luna non capì neanche una parola per via della pioggia incessante e dei continui balbettii del ragazzo. Decise di ignorare tutto e tutti, mancavano pochi metri per raggiungere Mary. Scattò scivolando per qualche passo e rischiando di cadere, preparò le braccia in avanti per attutire la caduta. 

 

Per un istante le sembrava di essere appena scesa dal gommone del rafting e di star rivivendo la stessa situazione, eppure questa volta non cadde. Con una presa salda Mary l’aveva afferrata al braccio e tirata verso di sé. Luna stava per ringraziarla, ma il sorriso che si trovò di fronte agli occhi, una fessura ricurva che faceva traspirare solo malizia e sicurezza, la fece stare zitta.
Mary avvicinò la bocca all’orecchio di Luna. Alcuni capelli verdi le accarezzarono il volto, mossi dal vento.
“Grazie principessina…” le bisbigliò all’orecchio.
“Cos…?”
“ORA!”
La luce della pietra si amplificò tanto da inglobare ogni sagoma distinguibile, perfino il corpo stesso di Luna si stava iniziando a confondere con il bianco, che aveva appena preso il posto dell’azzurro, che stava prendendo il posto di tutto. A Luna parve di sentire un urlo lontano, in una lingua che non conosceva, ma con una voce familiare, femminile. Dopodiché, il nulla.

   
 
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