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Autore: stefy_81    29/01/2023    1 recensioni
"Era l’alba di un nuovo giorno quando tre piccole imbarcazioni raggiunsero la spiaggia dorata sotto il promontorio dove si trovava il giovane Reafly. Era un ragazzo di appena tredici anni, i capelli rossi incorniciavano un volto delicato sostenuto da penetranti occhi verdi e uno sguardo vivace di chi è in cerca di rivalsa."
Eragon e Saphira hanno lasciato Alagaesia per sempre come aveva predetto Angela. Nuove ed emozionanti avventure attendono il giovane caliere !
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Arya, Eragon, Murtagh | Coppie: Eragon/Arya
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Eragon sedeva su di una branda nella stanza in cui era stato rinchiuso da quando aveva fatto ritorno nella capitale di Zàkhara. Era passato più di un mese dagli avvenimenti che avevano portato alla sua cattura.

Le sue dita andarono a sfiorare la sottile fascia metallica che gli cingeva ancora una volta il collo. Il dolore provocato dalla magia del collare era sempre li a ricordargli come fosse ancorato alla realtà nonostante avesse completamente perso interesse per il mondo che lo circondava.
La sua Saphira non c’era più: La carne, le ossa e le scaglie che costituivano il suo involucro mortale si sarebbero presto dissolte e così anche il suo èldunarì. Nessuna luce si era accesa nel petto della sua compagna mentre inginocchiato di fronte a lei aveva sentito la sua vita scivolare via, e con la morte Eragon aveva perso anche la voglia o il desiderio di lottare.

La cosa più straziante di tutte, però, era che trascorsi i primi giorni in cui aveva creduto di impazzire, il dolore per la sua perdita si era lentamente attenuato. Il vuoto lasciato dalla sua assenza, che all’inizio aveva creduto insopportabile, era diventato accettabile.

Al di fuori di quelle quattro mura la vita continuava ad andare avanti anche se Saphira non era più al suo fianco.
Nonostante il ricordo della sua morte era un’immagine indelebile nella sua mente, nel suo cuore era come se non se ne fosse mai andata, come se una parte di lei gli fosse ancora vicina e potesse ancora sentirlo.
Era forse questa la pazzia? Eragon non lo sapeva, né gliene importava.
Ogni tanto gli tornava nella mente ciò che Saphira gli aveva chiesto prima di recidere il loro legame mentale: vivi per Arya e per tuo figlio. Quando riaffioravano, quelle parole, Eragon le cacciava subito indietro. Era consapevole di non star nemmeno provando a mantenere quella promessa, i giorni trascorsi in isolamento lo avevano logorato mettendo a dura prova la sua tempra e la sua sanità mentale.

Non arrendersi era sempre stato innato nel suo carattere, ma dalla morte di Saphira qualcosa dentro di lui si era come spezzato. Da tempo aveva anche abbandonata la speranza che qualcuno potesse venire a salvarlo, assopendo quel sentimento e relegandolo in un angolo della sua mente.

Con sua grande sorpresa, a impedirgli di arrendersi del tutto, era stata Isobel. I suoi frequenti tentativi di entrare nella sua mente lo avevano costretto a tenere alte le sue difese mentali ricordandogli che, nonostante tutto, ancora teneva a qualcosa. Anche se si era arreso a lottare per sé stesso non significava che avrebbe lasciato alla regina la libertà di appropriarsi anche dei suoi ricordi. Non avrebbe mai tradito i suoi amici e tutto quello per cui avevano lottato e sofferto. Non deliberatamente, almeno.

Fu con questa nuova consapevolezza nel cuore che Eragon affrontò l’arrivo di Oliviana.

La giovane donna ebbe un lieve sussulto nell’osservare il notevole cambiamento nell’aspetto del cavaliere: i suoi occhi, un tempo di un nocciola vivido, erano diventati cupi, mentre una fitta barbetta ne incorniciava il suo viso conferendogli un‘aria stanca e affranta.
- La regina ritiene che il tuo isolamento debba terminare oggi – gli disse agganciando il collare alla cinghia che stringeva nelle mani e invitandolo a seguirla.

* *

Raggiunsero una porta che dava su un grande cortile, poi, con una smorfia di profondo disappunto, Oliviana sganciò il guinzaglio e, girandosi sull’uscio, rivolse a Eragon uno sguardo di ammonimento.

– Dovrai proseguire da solo adesso – gli disse facendosi da parte.- la regina ti aspetta -    

Eragon alzò istintivamente un braccio a schermare gli occhi mentre la vista venne invasa da una miriade di piccoli puntini bianchi e rossi; dopo tanti giorni passati nella penombra gli ci volle del tempo per riabituarsi alla luce diretta del sole.

Mentre avanzava e la vista tornava a schiarirsi udì alla sua destra la voce distinta di Isobel.
- Questo è Eragon da Alagaësia – disse con voce affabile rivolta a qualcuno che Eragon non riuscì ancora a vedere.

- Eragon ti presento Rebekha Coleman – continuò la donna.

Raddrizzando le spalle Eragon si trovò di fronte a una fanciulla dai lunghi capelli bruni e dagli occhi grandi e penetranti che lo fissavano con curiosità.

Coleman! Nel momento in cui udì quel nome, non ebbe alcun dubbio che si trattava della sorella di Reafly. Ma, prima che potesse dire o fare qualcosa, la sua attenzione venne attirata da un rumore assordante proveniente dall’alto. Eragon alzò lo sguardo, ed ecco con stupore, vide planare vicino a loro un drago; le sue dimensioni superavano di gran lunga quelle di un albero, e le sue squame rilucevano di un intenso viola cobalto.
Accortasi del suo stupore sul volto di Rebekha si allargò un sorriso.
- Avvicinati pure, non temere. Lei è Kima, la mia dragonessa – disse con tono che rasentava la spavalderia.
Per un attimo Eragon credette di rivedere la sua Saphira, ma fu solo un momento, il suo sguardo andò subito alla regina che riprese a parlare.

- Da oggi Rebekha e Kima saranno le tue allieve – lo informò Isobel inviandogli al contempo una leggera sferzata attraverso il collare che si riverberò lungo la spiana dorsale. Eragon si massaggiò il collo con una smorfia - Che cosa dovrei insegnargli? – chiese camuffando con orgoglio che la voce gracchiante. Anche Rebekha aveva reagito alla notizio con stupore mostrando uno sguardo basito.
- Ad essere un drago e un cavaliere. Dovrai completare il loro addestramento - continuò Isobel con voce calma passando il suo sguardo dall’uno all’atra - ho introdotto Rebekha alle arti magiche. Ma ciò che non posso insegnargli e che tu solo possiedi, è il significato profondo del legame tra un cavaliere ed il suo drago. -
- Tu sei un cavaliere!? – esclamò Rebekha con autentico candore; la sua, più che una domanda, era una esclamazione di stupore. D’istinto la ragazza girò il polso in modo da mostrare il palmo lucente. In tutta risposta Eragon girò appena il suo e abbassò lo sguardo.

Improvvisamente si rese conto di quanto era stato sciocco da parte sua pensare di potersi estraniare così dalla realtà senza aspettarsi delle conseguenze. Si era così concentrato sul proprio dolore da avere perso di vista l’insieme e, mentre nel suo cuore piangeva Saphira, Isobel tesseva la sua trama.

Dall’altra parte, Cavaliere e Drago si scambiarono brevi sguardi carichi di dubbi e domande. Se è un cavaliere, dov’è il suo drago? Le fece notare Kima attraverso il loro legame mentale. Rebekha realizzò solo ora che il giovane uomo era solo. Non lo so Kima, ma hai visto anche tu il suo marchio. Kima annusò l’aria in direzione del cavaliere. Rebekha la sentì come gelarsi sul posto. C’è molta sofferenza in lui. Disse con tono di profondo cordoglio.

Rebekha si limitò ad annuire. Era la prima volta che la sentiva mostrare rispetto nei confronti di qualcuno. Kima era stata sempre molto parca nei giudizi, non si era mai pronunciata apertamente nemmeno nei confronti di Isobel. I suoi occhi indugiarono sull’aspetto di quel giovane uomo che non corrispondeva affatto all’idea che si era fatta di un cavaliere dei draghi. Sembrava si fosse appena azzuffato con una tigre e ne portava evidenti i segni. Cosa avrebbe potuto insegnarli se non riusciva nemmeno a badare sé stesso?

Il cavaliere ci sta guardando, rimanda a dopo i tuoi dubbi Beck. La rimproverò Kima. Rebekha si morse un labbro e si trovò ad arrossire quando andò a incrociare lo sguardo di Eragon. Fu allora che anche lei, nel breve attimo di un battito di ciglia, vide qualcosa, una scintilla nascosta dietro quell’aspetto trascurato.  

Mentre osservava la giovane dragonessa e la ragazza Eragon prese un profondo respiro. - Se dovrò allenarvi vorrò prima valutare le vostre capacità. – disse avanzando verso di loro.

- Ma certo Cavaliere. È una richiesta più che legittima. – intervenne Isobel dandogli il consenso di agire.
Eragon iniziò con il chiedere alla giovane una serie di semplici incantesimi che Rebekha eseguì senza alcun problema per poi passare ad altri più complessi.

- Ho anche fatto in modo di trasportare me e Kima da un luogo ad un altro – si affrettò a rivelargli Rebekha, una volta rotto l’imbarazzo iniziale la ragazza aveva preso una maggiore confidenza. Eragon sgranò gli occhi con sgomento, non era possibile che fosse sopravvissuta a un tale incantesimo. Si costrinse a calmare i propri pensieri e propri sensi e incrociando le braccia dietro la schiena le fece cenno con la testa di proseguire – raccontami come hai fatto -

Rebekha sembrava non aspettasse altro. E sorridendogli iniziò a descrivere con dovizia di particolari ciò che era accaduto quando l’uovo di Kima si era schiuso per lei, compreso il momento in cui la strana pietra datagli da Isobel si era illuminata fornendogli le energie necessarie per eseguire fino in fondo l’incantesimo.

Lo sguardo divertito che la regina rivolse ad Eragon fece capire a cavaliere che lo scopo di quell’incontro era proprio arrivare a quel punto.

Eragon deglutì a vuoto mentre realizzava che era dai suoi papiri e non da Galbatorix che avevano appreso la combinazione di quelle parole. Ma la cosa più sconvolgente era aver scoperto che Isobel possedeva un èldunarì.

Lasciare che un cavaliere così giovane come Rebekha maneggiasse quel genere di energie era semplicemente sbagliato; ricordava fin troppo bene gli ammonimenti di Oromis a riguardo.

- Ho detto qualcosa di sbagliato? – chiese allora Rebekha interrompendo il filo dei suoi pensieri. Eragon scosse la testa le sorrise mesto.

- No, Rebekha. Sei stato in gamba, date le circostanze.

Ora vediamo come te la cavi con una spada.

Prima di iniziare, però – aggiunse - smusserai entrambe le lame, non vorrei che ci ferissimo per colpa di una distrazione – Eragon le mostrò le parole da pronunciare. Come era successo per i primi incantesimi, eseguire quelle semplici parole non fu un problema per Rebekha che già si vedeva vincitrice in uno scontro fisico con il giovane uomo.

Nel momento i cui le loro lame si incrociarono Rebekha capì immediatamente di aver sottovalutato le capacità del suo avversario. Sotto a quell’aspetto malandato, infatti, si nascondeva una corporatura estremamente agile d forte.

La consapevolezza di essergli inferiore non le impedì lo stesso di tentare di vincere.
Da parte sua Eragon non si volle mai impegnare fino in fondo. Questo indispettì ancora di più Rebekha, che si tuffò in una serie d’affondi particolarmente feroci, che fecero indietreggiare il suo avversario solo apparentemente in difficoltà. E proprio quando la giovane credette di portare la battuta finale, Eragon fece scivolare la lama con un rapido movimento del polso disarmandola con precisione ed eleganza.
Tremante di collera, Rebekha andò a riprendere la sua lama andata a finire a qualche iarda di distanza rimettendosi in guardia disse con rabbia:
- Riprendiamo! -
Fu allora che Eragon prese a darli una serie di consigli su come muoversi e colpire. Rebekha eseguì le indicazioni del cavaliere, e i due iniziarono a volteggiare in mezzo al campo. Dopo una buona mezz’ora d’affondi e parate dall’una e l’altra parte, Rebekha si bloccò ansimante. Fu solo allora che Eragon le concesse il riposo.
- Ti sei battuta bene, ma hai ancora molto da imparare. Ora è il turno di Kima. – In risposta la giovane dragonessa inarcò il collo, ed emise un basso verso gutturale.
Eragon osservò attentamente la dragonessa, esaminandole la corporatura robusta e muscolosa. Rebekha si stupì nel percepire imbarazzo e vergogna da parte della sua compagna.
- Quanto tempo ha? – chiese Eragon distrattamente.
- Ha poco più di un mese - rispose pronta Rebekha.
- Cosa?... - Eragon allora si girò di scatto verso Isobel. Doveva capirlo fin da quando era planata su di loro. Kima era stata fatta crescere più in fretta del normale sviluppo di un drago con la stessa magia che in passato aveva alimentato i corpi di Skruikan e Castigo. Eragon stava per protestare ma una sferzata proveniente dal collare gli ricordò quale fosse il suo posto.

Costretto a mettere da parte i suoi dubbi si rivolse direttamente a Rebekha per chiedere a Kima di eseguire une serie d’evoluzioni. La magia poteva aver forgiato il suo corpo con una muscolatura forte e potente, ma questa non valeva molto senza l’agilità e la maestria nel volo. Eragon avrebbe valutato quelle qualità.

Fin dai primi volteggi Kima dimostrò di possedere un’innata abilità al volo proprio, proprio come l’aveva la madre prima di lei. Eragon le chiese di eseguire una serie di manovre, alcune anche molo difficile, Kima le superò tutte con uno straordinario istinto che sopperì alle numerose carenze tecniche.
Quando Eragon si ritenne soddisfatto, chiese alla ragazza di richiamarla.
Kima atterò di nuovo in mezzo a loro. Le acrobazie avevano messo a dura prova la sua resistenza, e la dragonessa si ritrovò ad ansimare, per lo sforzo.
Sei stata molto brava! Gli sussurrò con dolcezza Rebekha nella mente.

Isobel si avvicinò a i due cavalieri, lo sguardo fisso solo su Eragon.
- Ho bisogno di parlare con il cavaliere da sola - disse la regina senza distogliere i suoi occhi dal giovane uomo – tu puoi ritirarti, Rebekha -
La ragazza annuì, sollevata di lasciare il campo d’addestramento. Aveva visto tante volte quello sguardo severo dipinto sul volto della sovrana e riconosceva quando la donna era determinata ad ottenere qualcosa. In quei casi Isobel sapeva essere inesorabile e spietata come nessun’altra. Rebekha non avrebbe voluto essere al posto del cavaliere. Anche Kima percepite le sensazioni del suo cavaliere puntò i suoi grandi occhi cobalto su Eragon e con un sonoro sbuffo prese il volo.

– Impressionante come hai saputo tirare fuori le abilità dalla ragazza e dal suo drago -   Parlò Isobel una volta rimasti soli - le mie aspettative su di te sono state ben riposte. –

- Aspettative per cosa? – Chiese Eragon corrugando la fronte. Isobel rise in modo sommesso.    

- Tu non puoi saperlo. La tregua che garantiva la pace tra noi e gli elfi oscuri è stara rotta mesi fa. Da allora, con l’aiuto di tuo fratello, re Arold sta armando il suo popolo. Perciò se voglio vincere questa guerra, avrò bisogno di tutti i miei alleati. Per questo sei qui. –

- Non sarò mai tuo alleato – rispose Eragon, ma si pentì subito di quella riposta quando una nuova sferzata del collare lo colpì.

- Tu sarai quello che io voglio che tu sia – sibilò a denti stretti Isobel.  Eragon digrignò i denti mentre il dolore si propagava per tutte le ossa.

- Galbatorix prima di te ha tentato la tua stessa strada. Mettere due fratelli l’uno contro l’altra, ma ha fallito -

Isobel alzò le sopracciglia riservandogli uno sguardo sdegnato – in ogni caso tu addestrerai Rebekha, per me. Lo farai perché te l’ho letto negli occhi, perché temi quello che potrebbe accadere se Rebekha usasse le magie che le ho insegnato,

E perché vuoi scoprire come sono entrata in possesso di un èldunarì – Eragon serrò le mascelle. Isobel aveva centrato il colpo. Rebekha non aveva né la preparazione né la forza sufficiente per poter controllare quegli incantesimi senza recare danno a sé stessa o agli altri. Il successo dell’ambasciata era stata una combinazione fortunata di ingenuità e audacia e non si sarebbe ripetuto ancora. Insegnargli la disciplina e il controllo era il solo modo per salvarla.

Con un gesto vittorioso Isobel chiamò nuovamente a sé Oliviana.

- Oliviana ti mostrerà i tuoi nuovi alloggi qui nella caserma. Sarai libero di muoverti al suo interno, ma ti avverto, se proverai a scappare i Ra-zac ti riprenderanno e allora ti verrà negata qualsiasi libertà. D’altronde non credo potrai andare tanto lontano senza la tua dragonessa -
Le spalle di Eragon fletterono in un brivido mentre sbarrava i suoi occhi in uno sguardo di puro dolore.
- Lascia Saphira fuori dai tuoi giochi Isobel! - sibilò a denti stretti tremando di rabbia.

La regina non disse nulla mentre un violento spasmo mise Eragon in ginocchio, lasciandolo ansimante. Questa volta il dolore era stato tanto forte da mozzargli il fiato. Incurante di tutto Isobel oltrepassò il cavaliere per poi bloccarsi a metà strada
- Devi rivolgerti a me con rispetto. Non provare a sfidarmi nuovamente cavaliere -


* * *

Era sera al palazzo di Antàra quando Murtagh rientrò nelle sue stanze. Era stata una giornata sfiancante, sia fisicamente che mentalmente. Le partenze di Eragon e Saphira prima e di Xavier e Daco dopo, avevano messo in moto la grande macchina difensiva degli elfi e di cui Murtagh era diventato una parte integrante. Il compito di allenare Reafly e l’esercito di maghi continuava a ritmo costante e lo impegnava quotidianamente. Ogni tanto il re lo convocava per affidargli alcuni incarichi o anche solo per avere un parere. Arold aveva imparato presto ad apprezzare il suo modo di ragionare fuori dagli schemi e li teneva spesso in gran considerazione nonostante andassero a contrastavano con quelli del Consiglio. “Quale modo migliore per tenere la mente dei suoi membri sempre all’erta…” gli aveva confessato un giorno il re dopo che Murtagh gli aveva chiesto il motivo del suo interesse alle opinioni del cavaliere.

Quella sera Arold lo aveva nuovamente convocato, questa volta non per un mero consiglio ma per un incarico di una certa importanza. Quello che aveva ora in mano, infatti, erano dei rapporti estremamente confidenziali. Le informazioni che contenevano venivano direttamente dal palazzo di Abalon.

Si trattava delle prime informazioni che ricevevano dalle sue spie da mesi.

Dopo la notizia dell’incidente avvenuto nella città di Gratignàc, per cui era stato necessari l’intervento dei Ra’zac, la capitale era diventata una fortezza inespugnabile per le spie del re. Questo rendeva quelle informazioni altamente preziose ma allo stesso tempo poco decifrabili ad un occhio poco avvezzo a maneggiare questo genere di documenti.

Murtagh sperava nell’aiuto di Jill, non lo avrebbe mai ammesso a sé stesso, ma una parte di lui temeva che contenessero notizie su Eragon e Saphira. Soppesò per un attimo il plico quindi lo posò sul tavolo; quei documenti sarebbero stati li anche l’indomani. Se vi fossero state brutte notizie le avrebbe affrontate meglio a mente fresca e riposata. Inoltre, pensò a come le occasioni di stare solo con Jill si fossero ridotte così tanto da potersi contare sulla punta delle dita.

Si sfilò gli stivali e si spogliò degli abiti per stendersi accanto alla giovane donna.

Jill era stesa di spalle, nel corso delle ultime settimane il caschetto nero dei suoi capelli era cresciuto fin sotto alle scapole, Murtagh le scansò alcune ciocche e le accarezzò la schiena nuda, con dolcezza. Lei si girò piano, gli sorrise e in quel momento Murtagh sentì tutta la tensione della giornata scivolare via come acqua fresca di un torrente.

- Sei tu, finalmente. – gli sussurrò lei, ma mentre gli accarezzava una guancia la giovane si accigliò.

- Conosco troppo bene quella ruga in mezzi alla fronte - continuò lei – Che cosa ti preoccupa? – Murtagh sospirò rumorosamente, Jill lo conosceva troppo bene.

- Proprio stasera ci sono arrivate notizie da Abalon. –

Jill scattò in su con il busto puntellandosi con il gomito. – Dici sul serio? È quello che aspettavamo da mesi!  Si tratta di quei fogli che hai posato sul tavolo? – gli chiese facendo cenno con gli occhi alle sue spalle. Murtagh le annuì pensando a come difficile nasconderle qualcosa.

- Vuoi che gli diamo un’occhiata adesso? - Jill stava per alzarsi ma Murtagh la bloccò trattenendola da un polso.

- No Jill. Stasera non voglio palare né di Isobel né di Arold - Jill lo guardò negli occhi e comprese ciò che albergava nel cuore del cavaliere. Lo baciò sulle labbra con tenerezza. – d’accordo per oggi può bastare. Vieni qui – Jill lo prese e girandosi nel letto lo trascinò con lei tra le lenzuola. La ragazza emise una risata limpida e cristallina quando sentì le mani e le gambe di lui che la cingevano con ardore e desiderio.

Quella sera si amarono fino a notte fonda.

-. Ti amo Jill – gli sussurrò lui sfiorandole un orecchio con le labbra, quindi la strinse a sé, con forza, prima di ricadere indietro, la testa contro il cuscino. Jill le si accostò accanto posando la mano sul largo petto rimanendo in silenzio. Il giovane chiuse gli occhi con un sorriso stampato sulle labbra cadde in un profondo sonno.

**

Quando Murtagh si svegliò si girò nel letto e allungando un braccio verso il posto accanto a lui, vuoto. Le lenzuola erano fredde al tatto. Jill doveva essersi alzata da parecchio. Sgomento si girò dall’altra parte e infine la intravide in piedi intenta in qualcosa.

 – Da quanto tempo sei in piedi? – le chiese lui con la voce ancora impastata dal sonno. Fuori dalla finestra stava albeggiando.

- Da un po' – rispose lei - Non ho potuto farne a meno, sto esaminando i documenti – Murtagh sopirò e si alzò dal letto per avvicinarsi a Jill e cingerle i fianchi da dietro.

- D’accordo, hai vinto tu. Che cosa dicono? – Iniziò lui stringendolo a sé.

- Non ci sono notizie su avvistamenti di draghi. – gli disse lei con un sorriso mesto - So che è questo che temevi di sapere ieri sere –

Murtagh la guardò sollevato. – Evidentemente Par ha mantenuto la sua parola. – sussurrò lui di rimando.

- A quanto pare sì, e con un po' di fortuna Eragon e Saphira potrebbero aver già raggiunto le terre selvagge – entrambi lasciarono che quella possibilità alleggiasse un altro po’ nell’aria poi Jill riprese un foglio.

- Qui dice che la regina ha assoldato un maestro per allenare la sorella di Reafly, Rebekha. – continuò lei porgendogli un paio di fogli tra i tanti sparsi. Murtagh alzò un sopracciglio e iniziò a leggerli sommariamente. – Una mossa prevedibile. Non ci vedo nulla di strano – ammise lui. In tutta risposta Jill scosse la testa e corrugò la fronte.

- Leggili con più attenzione – Murtagh fece quello che le aveva chiesto Jill rimanendo in silenzio. - Non noti che le informazioni sono frammentate e spesso discordanti? – insistette lei. - Alcune affermano che sia un uomo molto giovane, dalle fattezze delicate e dai modi gentili, altre che possiede capacità di combattimento di un veterano, un mastro di spade che sta attirando l’attenzione di molti con movenze mai viste Tutte, in ogni caso, concordano nel dire che sia come comparso dal nulla circa due mesi fa –

- Nessuno compare dal nulla e nel periodo in cui sono stato ad Abalon non ho avuto sentore di un ospite di tale calibro – commentò Murtagh meditabondi - Qualcuna di queste informazioni potrebbe essere falsa? – chiese infine cercando di seguire il ragionamento di Jill.

- E se fossero tutte vere? – incalzò lei lasciando Murtagh spiazzato. - Che cosa vuoi dire? -

- Non lo so, ma non c’è motivo di mentire in questi rapporti. Per cui la mia domanda è chi mai potrebbe essere questo individuo con tutte queste qualità ma soprattutto è qualcuno che dovremmo temere? -

- Nonostante venga nominato spesso non c’è molto su di lui. Temo che per rispondere alle tue domande dovremo avere informazioni più dettagliate. Nel frattempo, dobbiamo accontentarci di quello che siamo riusciti a sapere – ammise Murtagh accarezzandole lentamente la testa. Jill annuì poi riprese altri fogli.

- Non è finita qui. Per ultimo, ma non per questo meno importante, Isobel sta richiamando attorno a sé i suoi alleati. Ci sono state reazioni diverse da parte dei diversi regni. Il periodo di pace deve aver cambiato alcuni accordi. Ma Isobel sembra aver messo a tacere ogni protesta. –

- Le sue nuove armi – finì di dire Murtagh con un sospiro.

- Esatto. Qui parla di diverse dimostrazioni fatte a beneficio dei vecchi alleati. Una ostentazione della sua forza – disse guardando il volto di Murtagh farsi pensieroso.

- Trascriverò tutti i nomi presenti in una lista che potrai consegnare ad Arold – aggiunse alla fine. Murtagh le sorrise senza gioia

- Il re e il consiglio lo apprezzeranno molto. – rispose solo. Jill guardò il compagno intuendo che in quel momento la sua testa era da qualche altra parte.  

- Continui a pensare che se non fosse stato per le richieste del consiglio Eragon non sarebbe partito? – chiese lei nel guardare il volto scuro del cavaliere.

- Non è solo questo il punto Jill. Semplicemente mi manca. Mi ero così abituato ad averlo accanto a me ed ora avrei solo bisogno della sua presenza. Nella mia mente avremo affrontato insieme Isobel, e non c’era dubbio che l’avremmo sconfitta. Ma adesso tutto questo sembra sfumare via. E non posso fargliele una colpa perché è lui che sta correndo il rischio maggiore –

- È tuo fratello, è normale che tu sia preoccupato per lui e che ti manchi – Murtagh le rivolse uno sguardo riconoscente. La strinse a sé le baciò teneramente la testa.

- Sono anche il maggiore tra di noi, e per quanto Eragon protesti, ho delle responsabilità nei suoi confronti. – Fu il turno di Jill a protestare

- Sei troppo severo con te stesso, siete entrambi adulti non puoi pretendere di sopportare un tale peso sulle tue spalle – Murtagh rimase alcuni minuti in silenzio prima di parlare.

- Pensi anche tu, come Castigo che io stia esagerando? – gli chiese poco dopo. Jill gli rivolse uno sguardo di profondo affetto prima di rispondere.

- Credo che tra te e Saphira Eragon abbia due genitori iperprotettivi. – disse lei sorprendendo Murtagh che sorrise nel pensare a come la dragonessa si prendeva cura del fratello. Anche lui credeva che Saphira avesse atteggiamenti molto materni, ma immaginare lui come un padre era tutt’altra cosa. – ho afferrato il concetto Jill -

- Non sto dicendo che sbagli – continuò lei - ma tuo fratello sa badare a sé stesso meglio di chiunque altro. - 

- lo so anche se a volte ho bisogno che qualcuno me lo ricordi sai? -

- sono qui per questo. Ora Che ne dici andiamo a vedere cosa c’è nelle cucine. Ho fame. Poi andrò da Arya, anche lei vorrà sapere che cosa abbiamo scoperto. –

 

* * *

 

  
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