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Autore: Fiore di Giada    30/01/2023    3 recensioni
[Partecipante alla "Angst challenge". Il prompt scelto è il numero 8, ossia "Illusione".]
Un mezzo sorriso sollevò le labbra sottili di Mathias. Il saluto di prima nascondeva un'anima ben lontana dalle folli ideologie naziste.
Tuttavia, pur di aiutare quei soldati sfortunati, figli di un indottrinamento crudele, celava il suo cuore.
Sospirò. Il suo amico Siegfried, nei suoi ultimi istanti, aveva conosciuto un medico umano e generoso.
Forse, era una fortuna, nella sua tragedia.
Genere: Angst, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Guerre mondiali, Olocausto
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A passo rapido e deciso, Mathias Meier entrò nell'ospedale, lo sguardo verde fisso davanti a sé.

Di tanto in tanto, la sua fronte si corrugava e la sua bocca si contraeva in una smorfia. suoi sensi avvertivano con intensità dolorosa l'odore ferrigno del sangue mescolarsi al tanfo dei medicinali e delle deiezioni umane.

Urla strazianti, come lamenti di animali morenti, si levavano dai soldati feriti, ormai quasi del tutto privi di cure.

Un ringhio, a stento frenato, risuonò sulle labbra sottili del giovane. Questo era il glorioso risultato dei sogni di potenza di Hitler e dei suoi servi.

Tanti, troppi giovani morivano per compiacere le sue brame di dominio.


Un forte calpestio interruppe il corso dei suoi pensieri.

Mathias si girò e, a poca distanza da lui, vide un medico di mezza età, di media statura, dai corti capelli biondi e dagli occhi celeste chiaro.

Heil Hitler!* – scandì il dottore, deciso.

Heil Hitler! – ricambiò il soldato, il tono incolore. Che senso aveva quel saluto?

Hitler si era ritenuto un condottiero geniale, erede di Napoleone, aveva condotto la Germania su un abisso.

Lui, che proclamava di volere ridare splendore alla Germania, aveva sacrificato le vite di tanti suoi compatrioti.

E, in quel momento, erano costretti a difendere la loro capitale.

Cosa fai qui? Non mi sembri ferito. – domandò il medico, perplesso.

Ho dolore al polso destro. Può darmi un'occhiata? Poi, ho saputo che qui è stato ricoverato il camerata Siegfried Huber. Potrei vederlo? – chiese.

A quella richiesta, il medico aggrottò le sopracciglia.

Non ne avrà per molto. Le sue ferite erano troppo gravi. – mormorò, lugubre, dispiaciuto.

Il gelo, implacabile, coprì il cuore di Mathias. La guerra aveva deciso di prendersi anche lui.

Quel senso di ingiustizia, di nuovo, trafiggeva il suo cuore.

Con un gesto nervoso, allontanò le lacrime, che minacciavano di cadergli sulle guance, poi fissò il medico.

La ringrazio, dottor... –

Mi chiami solo Karl. Anche se, per tutti, sono dottor Wolf. – rispose il dottore, ironico.

Un mezzo sorriso sollevò le labbra sottili di Mathias. Il saluto di prima nascondeva un'anima ben lontana dalle folli ideologie naziste.

Tuttavia, pur di aiutare quei soldati sfortunati, figli di un indottrinamento crudele, celava il suo cuore.

Sospirò. Il suo amico Siegfried, nei suoi ultimi istanti, aveva conosciuto un medico umano e generoso.

Forse, era una fortuna, nella sua tragedia.


Sollevò la manica della divisa e scoprì un polso robusto, su cui campeggiavano diversi lividi.

Il medico esaminò con attenzione il polso, poi lo sfiorò con un tocco leggero.

Una fitta di dolore attraversò il braccio del soldato e, d'istinto, strinse i denti.

Che idiota... – sibilò, irritato contro se stesso.

Karl scosse la testa.

E' solo una slogatura. In condizioni normali, ti direi di tenere il polso a riposo. Ma vi sono ora delle necessità superiori. – sospirò.

Non si preoccupi. Anzi, mi ha rassicurato. – replicò il giovane. In quelle parole, gli era parso di avvertire un vibrante e beffardo sarcasmo.

Poi, si alzò e seguì il medico.


Si fermarono davanti ad un letto su cui era disteso un giovane di statura media e di corporatura snella.

I folti e riccioluti capelli castani erano sparsi sul cuscino, come un'aureola, e il suo viso, dai lineamenti delicati, era dominato da un pallore spettrale.

Sul torace si apriva un ampio squarcio, rosso di sangue e la sua mano destra sporgeva inerte dal letto.

Mathias si irrigidì, come se il suo corpo fosse diventato di ferro, e rilasciò un debole sospiro. Come erano diversi loro...

Tanto lui era alto e imponente, quanto Siegfried era snello e delicato.

Quel corpo, però, celava una forza immensa.

Nulla però restava di lui.


Il medico si allontanò e Mathias si inginocchiò alla destra del suo letto.

Siegfried... Siegfried... – lo chiamò, gentile.

L'interpellato, sentendosi chiamato, girò la testa e aprì gli occhi grigi, lucidi di dolore, in quelli verdi dell'amico.

Un sorriso sollevò le labbra, rosse di sangue, di Sigfried. Il suo compagno e mentore era lì.

La fame aveva lasciato il segno sul suo corpo, ma non aveva annientato la luce determinata del suo sguardo.

Era un degno guerriero tedesco.

La Germania non avrebbe mai perso, con simili, meravigliosi combattenti.

Sono felice di vederti qui... So che non dovrei pensarlo... – dichiarò.

Mathias scosse la testa e appoggiò la mano sulla sua spalla.

Non darti troppe pene, amico mio. Pensa a riprenderti. – lo incoraggiò.

Sono un idiota, pensò. Il medico glielo aveva detto.

Per Siegfried non c'era alcuna speranza.


Le dita del ferito, ad un tratto, si strinsero attorno alla mano dell'altro.

Mathias... Ricordi... Ricordi i nostri campeggi? – domandò ad un tratto Siegfried.

A stento, l'altro trattenne un singhiozzo. Con quelle parole, il suo amico aveva rievocato i ricordi della loro permanenza della Hitler - Jugend.*

Quei giorni, che pure risalivano a pochi anni prima, gli parevano così lontani.

In quei campeggi avevano creduto in un destino glorioso.

Certo... Certo che li ricordo... – disse, la voce incrinata.

Sigfried, sovrastato dalla fatica, chiuse gli occhi e rilasciò respiri ansimanti.

Io... Io credo che la Germania rinascerà... Ho fiducia nel nostro Fuhrer... Lui... Lui ci guiderà attraverso questo fuoco... Lui... Lui è la Germania... E io... Io sono felice di morire per liberare la Germania dai suoi nemici... – scandì, risoluto, lo sguardo perso in un punto indefinito.

Mathias, a fatica, frenò un gemito e alcune lacrime tremarono nei suoi occhi. Il suo amico Sigfried non aveva perduto la sua ingenua fiducia nelle virtù divine di Hitler.

Come aveva fatto a non comprendere l'inutilità di quel conflitto crudele?

Mathias... Ti prego... Ho bisogno di un favore... Me lo farai? – domandò Sigfried, supplichevole.

Un mezzo sorriso sollevò le labbra di Mathias.

Ad una condizione. Se sopravvivo. E non è scontato. – rispose.

Siegfried, a quell'affermazione, ridacchiò. Forse, non tutto era perduto.

L'ironia di Mathias non era svanita.

Se sopravvivi... Porta questo messaggio ai miei genitori... Sono morto nel nome del Fuhrer e della Germania... – dichiarò, gli occhi grigi fissi nelle iridi verdi dell'altro.

Provò ad alzare il braccio destro nel saluto militare, ma fitte di dolore dilaniarono il suo corpo e si abbandonò, inerte.

Con delicatezza, Mathias strinse l'arto e lo sollevò. Doveva tacere.

Sigfried meritava di morire in pace.

Lui, così giovane, era una vittima della loro età crudele e il suo animo gentile era stato corrotto.

Gli occhi grigi di Sigfried luccicarono di commozione. Mathias era rimasto un camerata splendido.

Grazie, amico mio. –


Poco dopo, il respiro di Sigfried cessò e la sua testa si abbandonò sulla spalla.

Per alcuni istanti, Mathias rimase immobile, mentre le lacrime , ormai prive di controllo, bagnavano il suo viso. Sigfried aveva cessato di soffrire.

Forse, il suo destino, per quanto doloroso, era ben più felice di quello di altri.

Sigfried era morto puro, malgrado i crimini commessi, perché aveva mantenuto le sue illusioni d'eroismo e gloria.

Lui, invece, si sentiva privo di qualsiasi scopo nella vita.

Con premura, appoggiò la mano di Sigfried sul suo petto, ormai fermo, poi, con il pollice, gli terse le labbra, umide di sangue.

Addio. Spero di incontrarti di nuovo, amico mio. –

Si alzò, girò le spalle e si allontanò.


*saluto nazista

* Gioventù hitleriana.

Settore giovanile del partito nazista. Uno dei suoi capi fu Balduch von Schirac.

Per cementare il senso di appartenenza al nazismo, venivano organizzati dei campeggi all'aria aperta, con attività sportive e di addestramento militare.








   
 
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