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Autore: Milly_Sunshine    31/01/2023    1 recensioni
Una serie di one-shot slegate le une dalle altre, scritte molto tempo fa (ma recentemente riviste almeno parzialmente), accomunate dall'essere racconti romantici senza lieto fine. Contesto generale/ vago per i primi tre, perché non ci sono contesti più adeguati, contesto sovrannaturale per il quarto.
QUELLA STELLA È KIT: una gravidanza tragicamente interrotta a causa di un "incidente" e una stella che brilla nel cielo. Sarà il bambino perduto che cerca di comunicare qualcosa?
L'ACCORDO VIOLATO: un'attrazione innegabile e un'accesa rivalità professionale, protagonista la stessa coppia, perché l'amore vince su tutto, ma non va sempre così.
TORNERÒ: un uomo e una donna con importanti relazioni fallite alle spalle messi di fronte a una seconda chance. Dopo la morte di lui, la donna vorrebbe vederlo rivivere nella persona che più gli somiglia.
L'ALBA DI NOVEMBRE: l'amore è trascorrere tutta la vita insieme e, se ciò non è possibile, trascorrere insieme ciò che verrà dopo, il che si coniuga male con il fatto che uno dei due sia ancora in vita.
Genere: Dark, Drammatico, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
Capitoli:
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TORNERÒ

Il sole sembrava scivolare lentamente in quello sconfinato specchio d'acqua. La stagione delle vacanze era ormai terminata e la spiaggia pareva un'incantevole e deserta distesa di sabbia dorata. Un uomo e una donna, affiancati, camminavano sul molo.
"È meraviglioso il mare, questa sera" mormorò Marina.
La brezza scompigliava i suoi lunghi capelli e gettandole davanti agli occhi le punte castane, facendola rabbrividire, nonostante il calore di quella giornata di settembre.
"Tu sei più meravigliosa del mare" rispose Guglielmo.
Era una frase fatta, le aveva già fatto capire che a lui non piaceva il mare.
Non importava. Marina lo guardò: sorrideva. I suoi occhi lo scrutarono avidamente, adorava vederlo sorridere. Quel sorriso significava tanto, per lei: significava che, mentre la soglia dei quarant'anni era sempre più vicina, ciascuno dei due aveva avuto la propria personale seconda possibilità.
"Andiamo sulla spiaggia?" propose Marina.
"Siamo venuti per questo" le ricordò Guglielmo, in tono piatto.
Gli occhi di Marina si specchiarono negli occhi azzurri di Guglielmo.
"Sì, ma non avevamo ancora pensato a quanto fosse bello vedere il mare dal molo."
Guglielmo guardò ciò che aveva intorno.
"Mia sorella dice di essere fortunata ad abitare qui."
Marina annuì.
"Certo, a parte d'estate c'è veramente poca gente, ma anch'io vorrei tanto vivere in un luogo così meraviglioso."
"Un giorno vivremo in un luogo splendido come questo, te lo assicuro."
"La nostra vita è altrove, abbiamo i nostri lavori."
Guglielmo rise.
"Un giorno non ci saranno più i nostri lavori. Quando saremo anziani, potremo venire a vivere qui."
Marina esclamò: "Non me lo ricordare in ogni momento, tanto invecchieremo lo stesso, anche se non ci pensiamo. Godiamoci quello che abbiamo ora, ce lo meritiamo."
Si erano conosciuti tre anni prima ed entrambi uscivano da relazioni tormentate. Marina aveva creduto di non riuscire a reggere lo shock che le aveva provocato la rottura con quello che aveva considerato l'uomo perfetto e che soltanto a un passo dal matrimonio le aveva confidato di temere il giudizio della propria famiglia e di non sentirsi sicuro di volere sposare una ragazza madre.
Poi aveva incontrato Guglielmo, che al matrimonio c'era arrivato, diversi anni prima: un matrimonio naufragato quando sua moglie aveva iniziato ad arrendersi al potere che l'alcool aveva su di lei. Da quell'unione Guglielmo aveva avuto un figlio, di un paio d'anni più piccolo di Michele.
Pensando al bambino, Marina constatò: "Non possiamo rimanere qui ancora a lungo. Cristina potrebbe essere infastidita dal dovere tenere anche Michele."
"Non c'è assolutamente problema" la rassicurò Guglielmo. "A mia sorella piacciono i bambini, e puoi stare sicura che per lei non fa differenza se Michele è soltanto figlio tuo. Quindi possiamo rimanere qui e andare sulla spiaggia."
Pronunciate quelle parole, prese il telo che la donna teneva in mano, e si avviò verso il punto in cui il molo si incrociava con la spiaggia. Dopo una breve attesa, Marina lo seguì, barcollando lievemente sui tacchi. Non era stata un'ottima idea camminare lungo il molo con i tacchi alti, nonostante fossero le scarpe più adatte al vestito che indossava. Una volta giunta sulla spiaggia se le sfilò, poi raggiunse il suo compagno.
"Stendila qui, la coperta" gli disse.
Guglielmo mise a terra quel vecchio telo, su cui Marina immediatamente gettò le scarpe, poi vi si sedette.
"Sembra che il sole stia tramontando solo per noi due" osservò Marina, nel vedere il mare colorarsi di rosso. "Com'è possibile che siano persone che non si rendono conto della bellezza delle piccole cose? Per essere felici, a volte, bastano i raggi di sole che si riflettono con l'acqua. Il sole e il mare che sono di tutti, ma che per un attimo ti sembra che siano soltanto tuoi."
"So com'è non rendersene conto. Nemmeno io pensavo che fosse possibile, prima di conoscerti" replicò Guglielmo. "A volte mi chiedo come sia stato possibile incontrarti. Quello che c'è tra noi è così perfetto da farmi pensare che finirà presto."
Marina negò.
"Quello che ci lega continuerà a legarci fino alla morte. E non importa se la morte arriverà tra una settimana, tra un anno, oppure tra quarant'anni. Io e te abbiamo scoperto una nuova vita e nessuno potrà negarlo mai."
Marina si alzò in piedi e si diresse verso la riva. Guglielmo, dopo essersi sfilato le scarpe e i calzini e arrotolato i pantaloni sollevandoli fino al ginocchio, la raggiunse.
"Perché mi hai lasciato solo? "le chiese, dolcemente.
Marina si girò verso di lui. Sorrise, ma Guglielmo si accorse che non era serena.
"Perché hai gli occhi lucidi?"
Marina sospirò.
"Stavo pensando a come sarebbe stato se ci fossimo incontrati molto tempo prima."
"È così importante saperlo? Quello che conta è che ci siamo incontrati e che possiamo essere felici insieme, io, te, Manuel e Michele."
Marina avanzò verso il mare. Lasciò che una piccola onda le bagnasse i piedi e le caviglie. Proseguì ancora, fino ad avere l'acqua alle ginocchia. Era fredda, ma non le dispiaceva la sensazione che le lasciava sulla pelle. Forse fu la freschezza del mare a darle il coraggio di girarsi verso Guglielmo e di riprendere a parlare.
"C'è una cosa che devo chiederti" gli confidò.
Guglielmo la guardò perplesso, ma abbassò lo sguardo, abbagliato dal sole che sembrava conficcarsi nel mare.
Andò a raggiungerla, nonostante trovasse l'acqua troppo fredda e l'espressione che gli comparve sul volto non lo nascondesse.
"Qualcosa di importante?"
"Sì. Quando tu e Anna sarete divorziati, vorresti sposarmi?"
Guglielmo abbassò lo sguardo, come se stesse ripensando ai ricordi del suo precedente matrimonio infelice. Marina sapeva che si era ripromesso di non sposarsi mai più, ma credeva fosse giunto il momento di fargli cambiare idea.
A quel punto Guglielmo alzò lo sguardo e rispose: "Se fosse per me, ti sposerei anche domani."
Marina lo fissò e con la mano sinistra accarezzò i suoi capelli neri.
"Speravo in una risposta del genere."
Scattò verso di lui, la sua bocca in direzione delle labbra di Guglielmo. Lo baciò avidamente, carica di passione, finché qualcosa di estraneo e incontrollabile non rovinò quel momento.
"Maledetta onda!" esclamò Guglielmo.
I suoi pantaloni si erano bagnati quasi interamente e lo stesso si poteva dire dell'estremità del vestito di Marina. Lei, però, non si curava degli indumenti inzuppati d'acqua. Guardò il mare che aveva intorno. Quell'onda era stata più alta di tutte le altre.
"E se fosse un segno?"
"Un segno?" replicò Guglielmo. "E di che cosa?"
"Un segno a proposito dei nostri progetto: stavamo parlando di sposarci, un attimo fa."
"E perché mai un'onda dovrebbe impedircelo?"
Marina sospirò.
"Lo so, è strano, ma quando ho sentito l'acqua arrivarmi addosso, ho capito che voleva dire qualcosa. Forse che io e te non ci sposeremo mai."
"Mi sembra decisamente improbabile. E poi, se anche fosse? Non saranno due anelli con i nostri nomi e una data incisa all'interno a cambiare quello che proviamo l'uno per l'altra. Matrimonio o non matrimonio, quello che c'è tra noi due ci sarà sempre."
Le parole di Guglielmo rassicurarono Marina.
"Prima che il mare rovini i nostri progetti per il futuro, cosa ne dici di tornare sulla spiaggia?" le chiese Guglielmo, "Anche perché qui inizia a fare freddo."
Marina annuì.
Insieme a Guglielmo uscì dall'acqua e andarono a sedersi sulla vecchia coperta che avevano appoggiato a terra al momento del loro arrivo.
"Sai, sono felice che tu mi abbia portata qui, a casa di Cristina" osservò Marina. "La tua famiglia sta iniziando ad accettarmi.
"La mia famiglia ti ha sempre accettata" replicò Guglielmo.
"Sai bene che non è così" obiettò Marina. "Tua madre non voleva nemmeno vedermi, quando ha scoperto che ho un figlio. Sei sicuro che approverebbe, se ci sposassimo? Continuerebbe ad accusarmi di volerti rifilare il figlio di un altro e..."
Guglielmo la interruppe: "Basta parlare di mia madre. A parte che non mi stai rifilando il figlio di un altro, perché Michele non ha mai avuto un padre che si occupasse di lui, che cosa me ne importa dell'approvazione di mia madre? Ho trentanove anni, quando ci sposeremo ne avrò quaranta o più, un'età più che sufficiente per decidere se una donna merita o no di diventare mia moglie. Inoltre non è un reato avere un figlio. Anch'io ho un figlio."
"Ma il tuo non è un figlio nato fuori dal matrimonio. Tua madre ci tiene, a questo tipo di cose."
"Mia madre dovrebbe badare un po' agli affaracci suoi, non credi? E comunque non voglio rovinare questa serata parlando di lei, quindi vediamo di cambiare discorso."
Guglielmo si avvicinò a Marina, dandole un lieve bacio sulle labbra.
"Per quanto riguarda Cristina, invece, è felicissima di averci qui. Certo, il fatto che rimaniamo un solo weekend ha contribuito parecchio, ma non è perché le date fastidio tu e Michele. È che a lei piace la solitudine. È quasi un'eremita, dal mio punto di vista."
"È una donna strana, tua sorella" ammise Marina. "Trovo strana la sua scelta di vita."
"In tanti l'hanno trovata strana. Quando suo marito è morto, lasciandole tutto il patrimonio che si ritrova, non aveva che trent'anni. Da allora ha sempre vissuto nel suo ricordo. Anzi, dal mio punto di vista non ha affatto vissuto. Mi raccomando, Marina, se io dovessi mancare, promettimi che non ti ridurrai come lei."
"Non fare questi discorsi. Perché mai tu dovresti morire?"
"Prima o poi dovrò morire, e vorrei che tu riuscissi a vivere con serenità."
Marina sorrise.
"Tu faresti altrettanto, vero, se fossi io ad andarmene?"
"Diciamo che ci proverei" rispose Guglielmo, "Almeno per i bambini.
"E se io dovessi morire, ti occuperesti di Michele?"
Guglielmo annuì.
"Prima di morire, però, dovrai aspettare di avermi sposato, altrimenti non potrei ottenere il suo affidamento."
"Sì, hai ragione" concordò Marina, "Altrimenti finirebbe a vivere con mia madre... e sai che noia?"
"Tu, invece, ti occuperesti di Manuel, se io dovessi mancare?"
"È naturale. Anche se sarà difficile poterlo fare, dato che una madre già ce l'ha."
"Vista la madre che si ritrova..."
"Anna ce la sta mettendo tutta. Si sta impegnando. Sono sicura che presto starà meglio. Mi auguro che possa stare meglio."
"Lo spero anch'io. Ha fatto tanti errori, ma merita un po' di felicità anche lei."
I due rimasero in silenzio, a fissare il mare che attendeva che calasse la sera. A Marina parve di avvertire una fitta al cuore, nel momento in cui i suoi occhi andavano a cercare il rosso del tramonto che si rifletteva sull'acqua. Il bagnato sul vestito che indossava le ricordò quell'onda.
Guardò Guglielmo.
"Ho paura" gli confidò.
"Paura di che cosa?" le chiese Guglielmo.
"Paura di tutto, è da troppo tempo che combino casini. Mi sembra strano, adesso, l'essere riuscita a trovare una stabilità. Avrai capito che non sono perfezionista come te."
Guglielmo sorrise.
"Non hai più bisogno di essere perfezionista. Io lo sono talmente tanto che posso esserlo anche per te."
Anche Marina finì per sorridere.
"Inoltre vorrei poter dimostrare a mia madre che non valgo così tanto di meno, rispetto alle mie sorelle. Lo so, non dovrei preoccuparmene, ma questa cosa mi tormenta. Il suo giudizio non sono mai riuscita a ignorarlo."
Guglielmo abbassò lo sguardo.
"Tua madre ha cercato di renderti la vita impossibile."
"Non è proprio così" replicò Marina. "Diciamo che non le è mai andato giù il fatto che Michele sia nato fuori dal matrimonio. E torniamo sempre sullo stesso punto, sembra che sia un problema così grande."
Guglielmo le confessò: "Tua madre ne ha parlato anche con me."
Marina si girò di scatto verso di lui.
"Che cosa ti ha detto? E quando?"
"Tempo fa, quando siamo andati a pranzo a casa sua" le spiegò Guglielmo, "Mentre tu e tua sorella siete andate in cucina a tagliare il dolce, tua madre mi ha preso da parte e mi ha suggerito di fare attenzione a te. Ha detto che non sei una persona affidabile e che non sei in grado di tenerti stretta gli uomini e che era sicura che anch'io avrei finito per lasciarti."
"Fantastico. È questo che pensa mia madre di me? Perché non me l'hai detto?"
"Perché ti sarebbe dispiaciuto."
Marina concordò: "È vero, ci sarei rimasta malissimo. Però, adesso, a pensarci bene, non dovrei preoccuparmene. Anche perché mia madre non sa come stanno veramente le cose."
"A che proposito?"
"A proposito del padre naturale di Michele."
Era un argomento di cui Marina non gli aveva mai parlato.
"Chi è?" le chiese Guglielmo.
"Un perfetto idiota" rispose Marina. "Ebbi con lui una breve relazione di cui subito mi stancai. Mi ero resa conto, finalmente, di che tipo fosse. Mi sembrava uno che non avrebbe mai concluso niente nella vita così, quando scoprii di essere incinta, invece di andare a cercarlo, sparii. Tutti credono che sia stato lui a lasciarmi, ma sono stata io. Non lo volevo come padre per mio figlio, piuttosto era meglio crescerlo da sola."
"Sei stata una donna coraggiosa" osservò Guglielmo. "E lui? Ti ha più cercata? Ha scoperto dell'esistenza di Michele?"
"Se voglio sparire, io sparisco davvero."
Guglielmo la fissò.
"Lo immagino. So quanto tu sia determinata. Spero soltanto che non riserverai lo stesso trattamento anche a me."
Marina rise.
"Non credo che tu farai mai qualcosa per meritartelo, quindi, da questo punto di vista, puoi stare tranquillo."
Guglielmo stava per dire qualcosa, ma Marina non gli lasciò il tempo di parlare e si impossessò delle sue labbra. Fu un bacio profondo e passionale, quello che si scambiarono, stavolta senza che l'ambiente circostante potesse disturbarli.
Marina chiuse gli occhi, mentre Guglielmo le abbassava e spalline del vestito.
"Io non sparirò" sussurrò Marina. "Con te non sparirò mai."
Guglielmo rispose: "Nemmeno io sparirò mai. Non sono bravo come te a sparire. Quindi, se un giorno dovessi credere che io sia sparito, puoi starne certa: tornerò."

******

Il sole sembrava scivolare lentamente all'orizzonte, un orizzonte che non si vedeva. Le case coprivano la visuale stupenda che senza dubbio si poteva ammirare dal molo o dalla spiaggia.
Il cancello era accostato e Marina si guardò intorno. Nessuno la vide, nessuno fece caso a lei, fasciata nel suo lungo abito di raso nero. Entrò più in fretta che poteva e si addentrò nel giardino, dedicato alla memoria del marito defunto di Cristina. Quella donna continuava a vivere nel suo ricordo e la casa che lui le aveva lasciato in eredità era divenuta nel tempo una sorta di mausoleo in suo onore.
Era già così l'ultima volta che Marina l'aveva vista, tanti anni prima, durante quella breve vacanza con Guglielmo e i bambini. Ricordò la sera in cui lei e Guglielmo erano andati alla spiaggia al tramonto. "Tornerò", le aveva detto Guglielmo quella sera, prima di fare l'amore con lei e di addormentarsi al suo fianco sulla spiaggia.
"Tornerò", aveva detto Guglielmo, ed era questa la ragione per cui Marina aveva fatto tanta strada. Voleva andare alla spiaggia. Era impossibile incontrare di nuovo Guglielmo, ma almeno avrebbe avuto l'illusione di averlo un po' più vicino, andando sul luogo in cui si erano scambiati la loro promessa di un futuro matrimonio.
Nel piccolo angolo del giardino dedicato al "resto del mondo", alcune targhette di ottone giacevano spente e piene di polvere, con le loro dediche a chi non c'era più.
Con la mano destra, Marina pulì come poteva una di queste. Vi era scritto: "in ricordo del nostro Guglielmo, 7 luglio 1949 - 18 ottobre 1988".
Non vi era null'altro, soltanto il nome di un angelo e il breve periodo che aveva passato sulla Terra.
"Mi manchi, amore mio, non puoi immaginare quanto mi manchi" mormorò Marina.
Di colpo, a distanza di quasi dieci anni, comprese per la prima volta quale fosse lo stato d'animo di Cristina: perenne attesa di qualcosa che non poteva accadere, impossibilità di trovare una spiegazione. Perché proprio lui? Una domanda che la stessa Marina si poneva da troppo tempo.
Una finestra che sbatteva la scosse. Alzò gli occhi dalla piccola targa commemorativa dell'uomo che non aveva fatto in tempo a sposare. Era entrata abusivamente in una proprietà privata, era meglio andare via, specie considerando che quella proprietà privata era di Cristina, che l'aveva allontanata insieme a Michele subito dopo la morte di Guglielmo.
Cristina e gli altri parenti stretti avevano mosso contro di lei accuse false, arrivando a sostenere che Guglielmo avesse mandato a monte il proprio matrimonio a causa di Marina e che la sua ex moglie Anna fosse precipitata nel tunnel dell'alcolismo per quella ragione.
"Me ne sbatto delle vostre maledette favole" si disse Marina. Avevano semplicemente voluto evitare che Manuel si affezionasse a lei. Le avevano impedito di vederlo, dopo che aveva iniziato a considerarlo come un figlio proprio. "Maledetti. Quando Guglielmo e Anna si lasciarono, io e lui nemmeno ci conoscevamo."
Doveva andarsene subito. Giunta finalmente al cancello, uscì silenziosamente quanto era arrivata. Per poco non le scivolò a terra la coperta che teneva stretta a sé. Era la stessa su cui si erano sdraiati lei e Guglielmo quella notte di dieci anni prima.
Marina si diresse alla spiaggia. Sentì un tuffo al cuore: erano passati dieci anni dall'ultima volta che vi si era recata e in quei dieci anni erano cambiate tante cose, ma non per lei. Era ancora la stessa donna di allora, in attesa di un matrimonio che non sarebbe mai stato celebrato. L'unica differenza era che adesso, a differenza di allora, ne era consapevole e non si faceva più illusioni. Si sfilò le scarpe e iniziò a percorrere quella distesa di sabbia. I colori del tramonto avevano la forza di abbagliarla, mentre il mormorio del mare le rimbombava nelle orecchie. Stese il telo a terra e si sedette.
"Guglielmo, dove sei?" domandò, ad alta voce.
Naturalmente non udì alcuna risposta, ma le parve che il rumore emesso dalle onde fosse aumentato. Le onde stesse sembravano essersi fatte più intense. Verità o suggestione? Marina non era in grado di comprenderlo. Non era più in grado di comprendere la realtà che la circondava, restava semplicemente in attesa, per giunta senza essere sicura di ciò che stava aspettando.
"Guglielmo..."
Il suo urlo si spense mentre il vento le spettinava i capelli. Si alzò in piedi, si guardò intorno, come inebriata dai raggi del sole. Avvertiva la presenza di Guglielmo nell'aria, nelle onde, nel cielo rossastro, dentro di lei.
"Marina" mormorò il mare.
Verità o suggestione? A Marina parve che l'acqua la stesse attirando a sé. Le sembrava la voce di Guglielmo, che la richiamava dal profondo degli abissi.
"Assurdo" provò a dirsi. Perché Guglielmo avrebbe dovuto chiamarla dal profondo degli abissi? Era morto su una strada, investito da un camion mentre era a bordo del suo motorino, a chilometri e chilometri di distanza da quel luogo; nulla aveva più a che vedere con quel tratto di mare in cui per un attimo avevano vissuto il loro incanto.
"Marina!"
Alzò gli occhi, guardò da dove la voce provenisse. La voce non veniva dal mare, e quando Marina se ne rese conto comprese che non bisogna mai perdere le speranze.
"Marina, sei tu?"
Lo guardò avvicinarsi. Non riuscì a trattenersi.
"Guglielmo" sussurrò, prima che l'ultimo barlume di raziocinio che le era rimasto la mettesse di fronte la propria stupidità.
Perché Manuel era così maledettamente uguale a suo padre, soltanto di vent'anni più giovane rispetto a com'era Guglielmo quando se n'era andato?
Il ragazzo si avvicinò a lei, andò a raggiungerla sul telo su cui era seduta.
"Marina, mi sei mancata tanto."
Lo guardò, come se fosse stato al di là di una lastra di vetro. C'era qualcosa di incomprensibile, in lei, e se ne rendeva conto. Come poteva vedere Guglielmo dentro a colui che per un paio d'anni aveva considerato come un figlio? Lo abbracciò, per la prima volta dopo dieci anni.
Quando il loro abbraccio si sciolse, gli occhi azzurri di Manuel la scrutarono a lungo.
Marina gli confidò: "Ti stavo aspettando."
Perché si rivolgeva a Manuel con l'idea di parlare a Guglielmo? Non poteva essere soltanto la loro somiglianza, doveva esserci qualcosa di più. Sì, ne era sicura: non aveva di fronte semplicemente il figlio dell'uomo che aveva amato tanto e perduto troppo presto.
Manuel sorrise.
"Mi dispiace che non ci siamo più visti" le disse, come a giustificarsi. "La mia famiglia non ci teneva e... e poi mia madre, quando si è ripresa, mi ha portato in un'altra città." Marina annuì. Anna si era portata via Manuel, si era portata via quella copia più giovane di Guglielmo, che adesso le chiedeva: "E tu, Marina? Hai trovato la tua strada? Ti sei sposata? Hai avuto altri figli?"
Marina negò.
"Io ti ho aspettato, Guglielmo."
Manuel cambiò discorso.
"Come sta Michele?"
"Bene. Lo saluterò da parte tua, se vuoi."
"Sì, volentieri."
Marina sorrise, tornando alla carica.
"Guglielmo, perché mi hai fatto aspettare così tanto?"
Manuel sospirò, prima di replicare, in tono gentile: "Mi dispiace, ma non sono Guglielmo."
"Per me è come se lo fossi" rispose Marina. "Tu non puoi non essere Guglielmo. È da quasi dieci anni che ti aspetto. Quella sera di dieci anni fa, su questa spiaggia, mi hai promesso che non te ne saresti mai andato definitivamente. Ho atteso abbastanza, ormai."
"Marina, mio padre non c'è più e io non sono lui. Devi accettare la realtà, mio padre non..."
La voce del ragazzo si spezzò.
Marina replicò: "Non mi interessa se non c'è più. Lo rivedo nei miei sogni, rivivo ogni notte quello che è accaduto il giorno dell'incidente. Ogni notte il finale è diverso, ma Guglielmo riesce sempre a cavarsela. Poi la notte finisce e la realtà mi piomba addosso. Non so se lo sai, Manuel, ma non c'è niente di più terribile che sognare qualcuno che se n'è andato. Nel sogno rivive, solo per te, e appena ti svegli ti rendi conto che ormai è morto e non lo rivedrai più. Non hai idea di quanto sia straziante."
"Non è una buona ragione per cercare Guglielmo in me" obiettò Manuel.
Marina lo guardò negli occhi.
"Lo credi davvero?"
Manuel abbassò lo sguardo.
"Ti prego, sii Guglielmo, solo per me e solo per stasera."
Manuel alzò lo sguardo, infine annuì.
"Non andartene più" lo supplicò Marina. In quell'istante eterno il suo disagio svanì e la lieve consapevolezza di avere di fronte un ragazzo di diciassette anni e non l'uomo con cui avrebbe voluto condividere il resto della vita si disintegrò definitivamente, mentre il tramonto colorava di rosso lo specchio d'acqua vicino a loro.
Il ragazzo sorrise. Non si ritrasse quando sentì le labbra di Marina entrare in contatto con le sue, non si ritrasse nemmeno quando la donna gli infilò la lingua tra le labbra.
Dovevano dirglielo tutti, in continuazione, che era identico a Guglielmo. Doveva essere quella la ragione per cui si era piegato a sottostare ai desideri di Marina.
Le loro labbra si staccarono e allora Marina gli disse: "Amore mio, non sai quanto mi sei mancato. Non poterti baciare, in questi dieci anni, è stato straziante."
"Straziante, sì, ma non quanto sia stato per me baciarti adesso" replicò Manuel, di colpo.
Fece per alzarsi in piedi, voleva andarsene, ma Marina lo trattenne. Con una mano iniziò a sbottonargli la camicia, mentre con l'altra gli accarezzava i capelli.
"Ti prego, Marina..."
"No Guglielmo, non dirmi di no."

Manuel si arrese. Mentre Marina gli sbottonava la camicia, ripensò a tutte le volte in cui non si era opposto, in quei dieci lunghi anni, quando veniva paragonato a suo padre o qualcuno rimarcava la loro somiglianza.
Mentre sentiva il corpo di Marina sopra di lui, non poteva più reclamare ciò che non aveva mai reclamato in dieci anni.
"Guglielmo, staremo sempre insieme, io e te."
Furono le ultime parole che udì, mentre si rendeva conto di non sentirsi più se stesso, mentre Marina lo spogliava.
Più tardi, Manuel si risvegliò sotto il vento sempre più forte che soffiava dal mare. I ricordi di quella sera gli precipitarono addosso in un istante quando vide Marina, completamente nuda, accanto a lui. Non riusciva a credere di avere davvero fatto l'amore con lei, e poi, come se nulla fosse accaduto, di essersi addormentato con lei, l'uno tra le braccia dell'altra, sulla spiaggia deserta.
Fortunatamente Marina dormiva ancora, così non gli fu difficile raccattare i propri vestiti e indossarli, per poi andarsene senza attirare la sua attenzione.
La luce del faro spezzava il buio della notte.
Meglio così, pensò, cercando l'orologio dentro la tasca dei jeans. Riuscì perfettamente a scorgere l'orario: mezzanotte e un quarto. Sospirò di sollievo, sua zia Cristina l'aveva pregato di essere in casa a mezzanotte. Affrettandosi, sarebbe stato a casa per mezzanotte e un quarto. Quindici minuti potevano essere giustificati facilmente, inventandosi di avere fatto tardi con degli amici o con una ragazza.
Solo mentre correva verso quella sorta di mausoleo in cui la zia lo stava ospitando, Manuel si sorprese di se stesso. Come poteva pensare al proprio banale ritardo, dopo quello che era accaduto?
Era disgustato, non dalle azioni di Marina, ma dalle proprie. Non era stata Marina a ingannare lui, ma lui stesso a ingannare Marina, poco importava che essere ingannata fosse il suo desiderio.
Continuò a correre, rievocando la sua infanzia, quando Marina gli faceva da madre, e iniziò ad avvertire un forte senso di nausea.

Mentre l'alba rischiarava la spiaggia, Marina finì di rivestirsi. Doveva andarsene, sparire il più lontano possibile. La sua automobile non era tanto lontana. Avrebbe potuto raggiungerla senza essere notata, a quell'ora non c'era nessuno in giro.
Fece per raccogliere la coperta, ma al momento di lasciare la spiaggia decise di non farlo. Era un ricordo di dieci anni prima e apparteneva a quel luogo. Era giusto che rimanesse lì. Il mare non era in grado di fare del male alla memoria di Guglielmo, né tanto meno a se stesso. Lei sì, ne era stata capace. I ricordi della sera precedente la scioccavano. Non aveva sentito Manuel andarsene, quella notte, ma lui l'aveva fatto, senza lasciare traccia.
Le era indifferente. Non si sarebbero visti mai più, non poteva certo riapparire nella sua vita. Se ne sarebbe andata, così come Guglielmo se n'era andato via da lei da ormai molto tempo. Si era solo illusa, la sera precedente.
"Tornerò" le aveva detto Guglielmo, tanti anni prima, ma non era così: non sarebbe tornato mai più e doveva accettarlo.

   
 
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