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Autore: moira78    31/01/2023    6 recensioni
Nel manga, Albert salva Candy da un leone. Ed è proprio così che comincia la storia, con il racconto di quella giornata incredibile. Seguono tre storie alternative sullo stesso tema. Molto alternative... E se le cose fossero andate diversamente?
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Candice White Andrew (Candy), William Albert Andrew
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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È una cosa divertente tornare a casa. Niente cambia. tutto sembra lo stesso, anche gli odori. Realizzi che ciò che è cambiato sei tu.
(F. Scott Fitzgerald)


 
 
 
Candy e Albert tornano a casa

"Pensi di tenermi il broncio per tutto il tempo?", le chiedi vedendola quasi marciare come un'altezzosa soldatessa davanti a te, l'orlo della gonna che ondeggia a ogni passo nervoso.

Quella semplice domanda innesca in Candy una reazione esilarante. Ruota su se stessa quasi fosse una ballerina classica in cima a un carillon molto realistico e pianta su di te quelle due iridi verdi che sono acqua e distesa d'erba al contempo: "E me lo chiedi anche? Ti rendi conto di cosa hai fatto?!".

Fai spallucce, sapendo che dovresti risponderle a tono, ma tentando solo di non scoppiare a ridere perché di certo la faresti arrabbiare ancora di più: "Quello che ho fatto io è diretta conseguenza di quello che hai fatto tu". Eppure, la componente infantile nel vostro discorso surreale emerge persino da te, che dovresti essere l'adulto, l'uomo maturo, quello... beh, di undici anni più grande di lei. Sì, perché sottolinei i due pronomi indicando prima te stesso e poi lei, che accusa il colpo spalancando la bocca.

"Ora è colpa mia che io sia inciampata? ". Da come vibra la voce, capisci che non è mai stata tanto furibonda con te e che è pronta a farti una scenata in piena regola.

E tuttavia, scuoti la testa senza perdere la tua proverbiale compostezza e, sopratutto, non provando più lo stimolo a ridere: "Non parlo di quando sei inciampata sulle radici dell'albero, ma del... dopo. Dopo che il leone ti ha attaccata".

I suoi lineamenti si rilassano e cogli come acqua fresca l'istante in cui diventano seri e poi mutano in una smorfia che sembra renderla ancora più bella, con le sue lentiggini come cornice: "Ti sei messo in mezzo e ha attaccato te". Adesso il tono è privo di inflessioni rabbiose. È piuttosto pervaso da una tristezza profonda, da un senso di sconfitta che le fa stringere i pugni e darti le spalle, negandoti la visione sublime del suo viso. "E comunque sai benissimo che si tratta anche... del resto".

Già, il resto...

La segui nel tramonto incipiente che getta fasci di luce arancione per le vie, dove gli ultimi avventori entrano nei negozi alla spicciolata o ne escono con le braccia piene dei loro acquisti. Superi una signora che tiene per mano un bambino piccolo vestito con una giacca logora e un berretto consunto e finalmente ti decidi a raggiungerla, cercando la sua mano per stringerla: "Basta parlarne, va bene? Torniamo a casa e basta".

La sua espressione contrita ti pugnala al cuore, ma il sorriso che ti regala dopo ti dona un'estasi quasi fisica.

"Va bene, andiamo".

E ti sembra di tornare indietro nel tempo, quando lei arrivava dall'ospedale e tu l'attendevi appoggiato a un lampione per accoglierla, magari aiutandola con la busta della spesa. Ancora non sai come mai oggi fosse in giro per il parco, ma la tua supposizione è quasi certezza e decidi che, se bisogna parlarne, tanto vale farlo ora.

"Che è successo in ospedale?". Quella semplice domanda la fa bloccare di colpo. Ma siete in mezzo alla strada e non credi sia una buna idea sostare a quell'incrocio: rabbrividisci al ricordo dell'ultima volta in cui ti sei distratto e sei stato investito da un pirata della strada, anche se sei certo che non ricapiterà più.

Così, con gentilezza, la induci a raggiungere l'altro lato del marciapiede, lasciandoti alle spalle i negozi e scorgendo i primi lampioni sfarfallare brevemente prima di accendersi. Ti fermi in un angolo illuminato dagli ultimi scampoli di tramonto e dalla luce elettrica e incroci le braccia inarcando un sopracciglio, attendendo la risposta.

Candy abbassa il capo e si morde il labbro, sembra una bambina colta in flagrante come qualche ora fa. Unisce gli indici una, due, tre volte, quasi decidendo come dirtelo e, ancora, senti l'impulso di ridere e di stringerla a te al contempo.

"Beh, ecco... immagino che sia inutile ormai dirti una cosa per un'altra, vero?".

"Direi di sì". Ci ripensi su, sussulti, e ora sei tu quello arrabbiato. "Candy, volevi raccontarmi una bugia?". E, subito dopo, ti mordi la lingua. Tu di raccontare bugie non ne sai nulla, vero? E non osare pensare che le tue fossero a fin di bene!

"Non volevo farti preoccupare o... sentire in colpa". Ecco, avete avuto lo stesso pensiero, quindi togliti quel cipiglio irritato dalla faccia e ascoltala! "La verità è che... il dottor Leonard ha scoperto, non so come, che vivo con te e mi ha licenziata". Candy chiude forte le palpebre, come se attendesse da te un rimprovero.

Invece hai solo la conferma che ciò che avevi immaginato è reale e ti senti triste e amareggiato. Dopotutto, gli eventi delle ultime ore sono in parte tua responsabilità. E di chi non ha prestato attenzione a richiudere come si doveva la gabbia di quel povero leone che avrebbe dovuto trovarsi in Africa con i suoi simili e non in un circo di Chicago.
Mentre Candy è ancora a occhi chiusi aspettandosi da te chissà quale eccesso, come se le avessi mai dato motivo di attendersi da te manifestazioni esagerate, la chiudi in un abbraccio che speri sia caldo e confortante. "Mi dispiace, piccola Candy".

Lei vibra contro di te come una foglia al vento e ti rendi conto che, anche se ora è una donna, racchiudere quello scricciolo pieno di energie e vitalità ti fa sentire completo da sempre. Ti è successo quando dovevi inginocchiarti per arrivare alla sua altezza e ti succede tutt'ora che avverti le discrete forme femminili premere contro il tuo torace.
Questa completezza, però, somiglia all'unione di due anime.

"Ora tocca a te". È soffocata dal tuo petto la voce di Candy, percepisci il calore delle sue parole contro il cuore. Sì, tocca a te spiegarle come mai, mentre vi stringevate come ragazzini guardando a occhi spalancati la pozza del vostro sangue che si mescolava, lei ha rabbrividito così forte che ti sei chiesto cos'altro stesse succedendo.

Ma non c'è stato bisogno di attendere a lungo, perché nelle grida e nel caos generali hai potuto leggerlo nei suoi occhi sconvolti. Allora, nulla ha più avuto senso, se non la necessità vitale di avere il suo perdono. L'hai inseguita quando, forse per la prima volta dacché vi conoscete, Candy si è allontanata da te. Le hai riservato qualche parola di spiegazione prima che la questione centrale riprendesse il sopravvento, mostrando a entrambi cosa avesse significato veramente il gesto di mutua protezione che avete compiuto.

Hai avuto la conferma che saltare tra lei e il leone non è stato sufficiente e sai che daresti un'altra vita perché Candy non fosse corsa di nuovo fra le tue braccia nel disperato tentativo di staccare le mefitiche fauci dal tuo collo. Il groviglio di arti e l'odore del sangue. Il dolore cupo e il respiro che si spezzava quando cercavi di muoverti o solo chiamare il suo nome. Il nome che diventa gorgoglio vermiglio, vista appannata, orrore e persino un bastone brandito dal dottor Martin per staccare l'animale da Candy. Da te. Da voi.

E te la sei ritrovata fra le braccia dopo una strana pausa, quella nella quale il raccapriccio di ciò che stava accadendo si è celato ai tuoi occhi. Ci hai messo, anzi, ci avete messo alcuni istanti per capire, comprendere, rabbrividire dinnanzi a voi stessi inerti e ancora allacciati. Lo sparo ha riempito il mondo e ti sei persino rimproverato di non aver salvato nemmeno quel povero animale.

"Ho sbagliato tutto, perdonami". Hai sbagliato a pensarti immortale e invincibile; hai sbagliato a non proteggerla meglio; hai sbagliato a non fuggire via con lei; hai sbagliato... a nasconderle tutte quelle verità che le si sono riversate addosso in un momento troppo delicato nel quale c'erano già troppe altre cose da capire.

Coglie il tuo sussurro e ti porta una mano al viso: "Sei così diverso da allora... e da come ti immaginavo. Eppure sei sempre tu, Il mio principe. Il mio benefattore".

"Parliamone a casa, vuoi?". Vorresti cucinare ancora per lei, sederti a tavola, versarle un bicchiere di vino e parlare anche per tutta la notte. Spiegandole, raccontandole. Ma ti limiti a varcare la soglia di una casa vuota e ancora buia dove le luci sono state spente ore fa, dove non vi servono le chiavi e dove quel tavolo giace al centro del piccolo salottino come il relitto di una nave fantasma.

Sedete lì, in silenzio, e la conferma che non vi trovate in una specie di limbo che somiglia al vostro appartamento la trovi nel rumore ritmico della goccia che cade nell'acquaio in cucina, quello che non hai avuto tempo di riparare.

"Allora?".

Sai che Candy sta battendo il piede a terra e torna a guardarti con l'espressione indispettita di poco fa. Ti schiarisci la voce, non sapendo da dove cominciare e alla fine lo fai dall'inizio: dalla tua infanzia complessa, dalla collina, proseguendo per i boschi di Lakewood in un viaggio mentale nel tempo. Un tempo che si snoda attraverso l'oceano, fino a Londra, ti riporta in Africa e alla Casa della Magnolia, fino al momento in cui...

"Candy, ma tu tutto questo lo sapevi già in parte, vero? Devi averlo sentito". Quella consapevolezza ti colpisce e comprendi che forse lei ti sta punendo per il tuo silenzio.

"In parte", ti conferma intrecciando le dita delle mani sul tavolo, slacciandole, unendole di nuovo. Percepisci il suo nervosismo che diventa tuo.

"Perdonami, come ti ho spiegato... avevo i miei motivi per nasconderti queste cose. Te le avrei rivelate, un giorno".

"Quando?". Candy alza la voce e ti accorgi che succede una cosa strana: la lampada a muro dietro di lei sfarfalla brevemente come se tentasse di accendersi ma non ci riesce. Si rispegne e la luce del lampione e quella lunare sono di nuovo le uniche che ti fanno distinguere i suoi lineamenti tesi.

"Presto, davvero. Solo che ero molto combattuto. Mi sono messo in contatto con Georges per fargli sapere che ero ancora vivo e per riprendere in mano gli affari, ma non mi decidevo a...".

"Allora è per questo che stavi via di casa così spesso, anche di domenica!". Ti interrompe Candy e la tensione diventa comprensione, stupore. "Lo sai che le vicine di casa cominciavano a sparlare di te, pensando che fossi coinvolto persino con la malavita?!".

Sussulti, sconvolto. Avevi immaginato che le tue lunghe assenze le avrebbero dato da pensare, ma non avevi compreso quanto il tuo comportamento la stesse mettendo in difficoltà.

"Scusa, Candy. Non lo sapevo". Sei contrito, curvi le spalle, vorresti toccarla ma capisci che le hai appena rovesciato addosso, in due minuti, le verità di un'intera vita.
Restate in un silenzio carico di tutto e di niente, non sai neanche quanto tempo sia passato, quanto ne avete ancora. Sai solo che, ovunque dovete dirigervi, ci andrete insieme. Eppure per ora tutto è sospeso, strano, etereo. Odi delle voci per le scale, una porta che si chiude, il rumore di una vettura che passa per la strada.

"Stavi per dirmi... qualcos'altro, prima. Cosa non ti decidevi a fare e perché?". Te lo meriti il suo interrogatorio, lo sai. Come sai che adesso è il momento di un'altra verità.
"Non mi decidevo a tornare a casa perché non volevo lasciare la vita che stavamo conducendo insieme".

Gli occhi spalancati, le labbra che si socchiudono, lasciando fuggire un mormorio indistinto prima di richiudersi. Il capo che si scuote, il sorriso che non sa se affiorare. La tua Candy sembra davvero non sapere bene che reazione avere davanti a questa tua mezza confessione: "Te ne saresti andato senza dirmi nulla?". E tuttavia, non manca di affondare il dito nella piaga

le zanne nel collo

con quella domanda.

"Io...". Prima che tu possa deciderle se mentirle è lei a toccarti, allungando una mano sulla tua. Sai che le basta questo, se non il tuo sguardo colpevole, per leggerti dentro.
La sua mano sulla tua si ritrae e lei scatta in piedi, furiosa come prima: "Volevi andartene di nascosto, dunque! Magari con un biglietto!". La luce dietro di lei fa lo stesso giochetto di prima e stavolta la fissi mentre ti alzi a tua volta e lei si gira seguendo il tuo sguardo.

"Candy, ammetto il mio errore, ma non c'è bisogno di far esplodere le lampadine. Non vorrai diventarmi un poltergeist, vero?". Sei ironico eppure serio e lei gonfia le guance come una bambina arrabbiata. La trovi adorabile.

"Non so neanche cosa fa un polte... quella cosa lì! Ma so che non voglio fare danni nella nostra casa e che vorrei... vorrei solo tornare a vivere qui con te e dimenticarmi di questa giornata orribile! Beh, non tanto orribile. Alla fine ho scoperto delle cose bellissime. Però... però...". Si porta le mani al viso e scoppia a piangere, così fai il giro del tavolo per stringerla a te.

"Ssssst, va tutto bene, piccola Candy, va tutto bene...", le mormori quasi cullandola.

"Non sono piccola", piagnucola proprio come una bambina. O una donna irritata.

"Lo so, lo so. Se una meravigliosa ragazza che ha un coraggio da vendere. Un coraggio da leone". Il sussulto delle spalle si ferma e alza il volto per guardarti, con quei boccioli di ninfea su cui vorresti solo posare teneri baci.

"Sciocco", ti soffia in faccia. Come se fosse vera. Come se fosse viva e tu lo fossi altrettanto. Invece no. Ci avete lasciato la pelle, ai piedi di quell'albero, vicino alla clinica del dottor Martin, nel giorno in cui Candy è stata licenziata dall'ospedale. Perché tu hai cercato di proteggere lei. E lei si è messa in mezzo per salvare te.

Due sciocchi, sentimentali suicidi.

E di colpo la senti dentro di te la luce e anche dentro Candy. Non hai bisogno di dirle nulla, né tantomeno di baciarla. Bastano il vostro abbraccio e questo sguardo che illumina il vostro mondo. E, tuttavia, le sfiori la fronte con le labbra.

"Andiamo", sussurri accorgendoti che annuisce.

"Qui lasciamo tutto così? Voglio dire...".

"Pensi forse che abbiamo modo di metterci a fare le pulizie o di riparare il tubo sotto al lavabo?". Alzi un sopracciglio, divertito, mentre ti stacchi da lei solo per prenderla per mano.

"Beh, ma... quando sono uscita stamattina non ho neanche rifatto il letto! Penseranno che sono davvero disordinata!".

Le sorridi, cominciando a guidare i suoi passi. Eppure, dentro di te sai benissimo che nessuno si soffermerà su un dettaglio così insignificante, quando la tragedia piomberà

come un leone

sulle loro vite.

"Candy, ci ho pensato io se può consolarti".

"Hai rifatto il mio letto?".

"Certo". Alzi il capo, t'impettisci, sei orgoglioso di aver lasciato la casa come lei vorrebbe. Anche se non del tutto.

Come se la strada corretta fosse stata evocata dai vostri stessi sentimenti, si para dinnanzi a voi pervasa da un sole che sulla Terra non hai mai visto: luminoso, sì, ma non accecante. Caldo, ma non soffocante. Ma, soprattutto, privo di ombre.

"Dove stiamo andando, Albert? Ci sarà anche... Anthony?". Ti irrigidisci, dalla sua mano avverti come una scarica elettrica il senso di colpa fluire da lei.

"Può darsi". E, ancora una volta senza parole, le comunichi ciò che devi. No, Candy, tu non hai colpe. Semmai sono io che ho preso la decisione di organizzare quella caccia alla volpe, dopo averti fatta adottare dalla famiglia.

La sua mano ti stringe più forte: sai che ha percepito tutto e ti rimanda una cosa così potente che non credi di meritartela. Il perdono. Non è nemmeno colpa tua, è stato un incidente.

Se fossi ancora vivo, sai che si riempirebbero gli occhi di lacrime, ma ti accontenti di lasciarti trasportare dalla sensazione di leggerezza più incredibile che tu abbia mai provato. Sei una piuma, sei vento, sei cielo. E con la tua Candy procedi dove è giusto andare, lasciando dietro di te la zavorra di preoccupazioni e dolore che, tuo malgrado, sai che saranno l'eredità di Georges, della zia Elroy e dei tuoi nipoti e amici.

Non è facile, eppure lo diventa, mentre la luce diventa un caleidoscopio di colori.

"Andiamo", ripetete a una voce.
   
 
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